Merthur

Abbiate pietà di me, ho visto Merlin un sacco sconnesso. Vi allego in fondo il post da cui ho preso ispirazione per questa storia.

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Categoria: Alternative Universe
Fandom: Merlin
Personaggi: Merlin e Arthur
Rating: Verde
In collaborazione con: storiesofallworlds

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Merlin stava guardando un punto in lontananza dalla finestra, assorto nei suoi pensieri.

Sarebbe voluto andare via da lì, in quel momento, scappare da quel posto. Lontano da tutti i suoi pensieri, da tutte le sue sofferenze.

Lontano da lui.

Il ragazzo sospirò mentre un'immagine piuttosto nitida della fonte delle sue sofferenze si faceva largo in mezzo alle nuvole.

Arthur. Un nome comune, o almeno, abbastanza comune, sicuramente più di Merlin. Un nome che a lui era piaciuto fin da subito, così come il suo proprietario, un ragazzo dai capelli chiari, abbastanza alto e slanciato, portato per gli sport e determinato.

Aveva qualcosa di perfetto quel ragazzo. Di certo non l'orientamento sessuale, quello per Merlin non era affatto perfetto.

Al giovane lui piaceva davvero, e ad Arthur piacevano le ragazze. Un colpo basso che gli aveva impedito di fare qualunque cosa e di isolarsi per giorni dopo quella scoperta.

Ma ci aveva provato comunque, eccome se lo aveva fatto. Arthur poteva essere determinato, ma Merlin era cocciuto e aveva deciso che avrebbe avuto lui l'ultima parola.

Era diventato suo amico, in qualche modo. Ancora non aveva ben capito come avesse fatto, dato che si era fatto ansia da solo quando era andato a chiedergli: "Ciao, io sono Merlin. Vorresti essere mio amico?".

A posteriori, se fosse stato al suo posto avrebbe detto di no, ma per il biondo non era stato un problema ed erano diventati amici per davvero, quasi per la pelle.

Intanto la cotta per lui era cresciuta e insieme ad essa un senso di pazzia che, Merlin ne era certo, non doveva esserci. Lo vedeva ovunque, lo sentiva ovunque, anche quando era solo nel proprio appartamento, come in quel momento, era come una persecuzione.

Aveva sperato, in cuor suo, che Arthur se ne accorgesse. Che il ragazzo si accorgesse del malessere che stava provando in sua presenza, ma sapeva che Arthur non aveva la sfera di cristallo e non poteva saperlo.

Per fortuna, o i suoi sogni notturni lo avrebbero tradito con crudeltà.

Merlin a tutto quello aveva reagito isolandosi, e le persecuzioni erano aumentate. Ormai sentiva anche veri e propri colpi alla porta, nella sua mente di Arthur, ma dopo le prime cinque volte che ci aveva creduto aveva smesso di ascoltare quei rumori e quei richiami. Tutto frutto della sua fantasia.

Avrebbe dovuto chiedere a qualcuno di bravo di risolvere il suo problema, era da giorni che se lo ripeteva. Guardando l'immagine di Arthur nel cielo, se lo ripeté a vuoto di nuovo.

Distolse lo sguardo dal cielo e si concentrò sul televisore acceso su non sapeva nemmeno lui che programma. In sottofondo sentiva delle continue urla e un continuo suono di pugni che battevano contro la porta.

"Dannazione, Merlin, apri!", urlava la voce. L'aveva sentita così tante volte, quella frase, che semplicemente la ignorò di nuovo.

"Te la sfondo questa dannata porta se non mi apri immediatamente!", sbraitò la voce di Arthur. Merlin pensò che le allucinazioni non potevano farlo davvero e per fortuna che quella lo era, o avrebbe anche dovuto trovare i soldi per ripararla, quella porta.

Andò in cucina e si prese da bere - un semplice the alla pesca, niente di insolito - e tornò sul divano, ascoltando distrattamente la voce alla porta.

"Okay, Merlin, lo hai voluto tu!".

Non aveva mai avuto delle allucinazioni così forti, osservò distrattamente sentendo un colpo secco contro la porta. Sembrava che davvero ci fosse Arthur fuori.

Doveva andare davvero a farsi visitare. Sorrise leggermente, ricordandosi che continuava per davvero a ripeterselo e che non lo aveva ancora fatto, né lo avrebbe fatto in futuro, lo sapeva bene.

Il sorriso gli si spense quando sentì un fracasso tremendo provenire dalla porta d'entrata. Si alzò dal divano e guardò la porta scardinata e buttata a terra, con sopra Arthur.

Lo guardò con dubbio. Era certo che le allucinazioni non potessero sfondare le porte, ma del resto l'Arthur vero non aveva motivo di essere lì, non lo aveva mai cercato...

Quando la figura lo prese per la maglietta si sentì forse anche più confuso.

"Allora sei davvero qui! Cosa diavolo ti viene in mente, Merlin?! Sei sparito per giorni!".

"Ah sì?", chiese sbattendo le palpebre il ragazzo. Si stava sforzando di non arrossire per la vicinanza con Arthur.

"Come sarebbe a dire 'Ah sì?'?!".

"Aspetta un secondo", disse Merlin toccandogli una guancia.

Era solida. Il ragazzo sorrise e abbracciò di slancio Arthur urlando: "Sei reale! Sei il vero Arthur!".

Il biondo dal canto suo restò un momento fermo, totalmente confuso, poi disse: "Certo che sono reale! Ma che ti prende? Sei scomparso per giorni, non hai risposto a mezzo messaggio mio o di Morgana, praticamente scomparso, e ora mi parli come se nemmeno ti fossi accorto di nulla!".

Merlin si staccò e lo guardò un istante, poi disse: "Non è così semplice da spiegare".

"Non ho intenzione di uscire di qui finché non mi avrai detto tutto, e se non lo fai giuro che ti prendo a sberle".

Il ragazzo lo guardò di nuovo, poi guardò la porta. Anche Arthur la guardò e nel giro di cinque minuti era di nuovo nei cardini come prima.

"Ecco fatto. Ora parla".

Merlin si inventò la prima cosa plausibile che gli passò per la mente, qualcosa su un'infestazione di pidocchi o simili, qualcosa di così stupido che non ci credette nemmeno lui, tanto meno Arthur.

"È la storia più stupida che io abbia mai sentito. Dimmi la verità".

"Io... non posso". Non poteva confessarsi in quel modo, in quel momento. Non poteva.

"Merlin, seriamente, sono preoccupato per te! Voglio che mi dici tutto, anche se dovessero esserci cose strane. Si vede che non stai bene, per l'amor del cielo, dimmi tutto piuttosto che tenerti tutto dentro!".

Il ragazzo abbassò lo sguardo. Non se la sentiva di dire tutto, non se la sentiva proprio, ma sapeva che non se ne sarebbe andato senza una risposta seria e definitiva. Non sapeva nemmeno come dire una cosa del genere, lo avrebbe preso per uno psicopatico ossessionato, uno stalker.

"Merlin, sputa il rospo".

Lo fece. Disse ogni cosa, senza incrociare neanche per errore il suo sguardo. Non aveva il coraggio di vedere il disgusto sul suo volto nello scoprire di che razza di amico aveva, proprio lui che era popolare e noto da tutti.

Quando finì regnò per un momento il silenzio più assoluto. Merlin si sentiva sul punto di piangere, ma non voleva dimostrarsi debole di fronte a lui. Si sarebbe solo sentito peggio.

"Dannazione, Merlin, sei un dannato cretino", fu il commento finale di Arthur, che andò a sedersi accanto a lui sul divano e lo abbracciò strettamente. Il ragazzo arrossì e sbiancò insieme.

"Io...".

"Tu niente. Sei un dannato imbecille, sei letteralmente impazzito per causa mia. Sei un cretino. Diamine, non pensavo che il ragazzo che mi interessava era un tale deficiente".

Di tutta la frase sentì solo la parola "interessava".

"Cosa?".

Arthur si staccò e guardò intensamente Merlin, inchiodando il suo sguardo nel proprio.

"Ora non è il momento adatto per parlare di questo. Intendo riparlarne perché c'è molto di cui parlare, ma prima pretendo che tu vada da qualcuno che ti aiuti, perché non ho intenzione di trovarti di nuovo in queste condizioni. Sono stato chiaro?".

Merlin annuì, senza riuscire a distogliere lo sguardo.

"Bene. Ora ti porto fuori a mangiare una pizza, dato che ti vedo dimagrito. Pago io".

Merlin annuì, ancora scosso da quella che a lui era sembrata a tutti gli effetti una confessione, e andò a cambiarsi, per poi uscire con lui dal suo appartamento.

Gli faceva un effetto strano vedere il vero Arthur accanto a sé e non un'illusione, ma proprio il fatto che fosse proprio lui lo fece sorridere.

"Che hai da sorridere?", chiese il biondo guardandolo.

"Sono felice di andare in giro con qualcuno di reale, tutto qui".

Arthur sospirò e disse: "Sei un caso perso", poi lo abbracciò e gli diede un bacio sulla guancia.

"Appena sarai di nuovo te stesso riprenderemo l'argomento, d'accordo?".

Merlin, dello stesso colore della sciarpa rossa che aveva sempre al collo, annuì.

"D'accordo".

***

"Ah, finalmente sei uscito! Pensavo che la psicologa ti avesse adottato".

"Non è una psicologa, è una psichiatra. Credo, la psicologa originale mi ha spedito da lei dicendo che le allucinazioni di questo livello non potevano essere risolte con due parole e una seduta, quindi presumo sia una psichiatra".

Arthur, in maglietta e jeans, alzò gli occhi al cielo e disse: "Quel che è, l'importante è che tu ora stia meglio".

Merlin si era accorto già dalle prime sedute che la situazione era già migliorata. Non aveva più visto l'immagine di Arthur nel cielo o accanto a sé, da una parte perché era in giro con il vero Arthur, ma anche quando era solo si ritrovò effettivamente solo.

I progressi erano stati evidenti e il biondo era decisamente orgoglioso di vedere questi miglioramenti nell'amico.

"Beh, adesso di Arthur ne vedo semprensolo uno, quindi direi che va benone. Ti ricordo che dobbiamo ancora affrontare quell'argomento".

In realtà il comportamento del biondo era cambiato già da dopo la sua mezza confessione, diventando più affettuoso con il moro, ma Merlin voleva sentirglielo dire come una dichiarazione e voleva, ancor di più, baciarlo, sentire finalmente le proprie labbra sulle sue.

Arthur sbuffò, arrossendo lievemente, poi disse: "C'è un parchetto poco distante da qui. Te ne parlerò là".

Il parchetto in questione era una sorta di giardinetto attraversato da un fiumiciattolo piuttosto piccolo, ma grande abbastanza da aver costruito un ponte per attraversarlo.

I due percorsero il ciottolato che conduceva a quel ponte, guardando gli alberi in fiore e il prato pieno di colori. L'estate era a dir poco splendida in quei giardini che si trovavano per tutta la cittadina.

Si sedettero su una panchina nascosta in mezzo agli alberi. Arthur raccolse un dente di leone e ci giocherellò, pensando a come iniziare a dire ciò che doveva.

"Non so di preciso quando", iniziò titubante, "Ma tu mi hai sempre incuriosito. Eri... diretto, testardo come un mulo, ed eri la prima persona a cui piacevano i maschi che vedevo. Si, Merlin, si vedeva, vedevo anche io che mi sbavavi dietro come una lumaca".

Merlin si coprì la faccia con entrambe le mani, totalmente rosso, e attese il continuo.

"Sono stato stronzo. Sapevo che ti piacevo, avevo idea che anche tu piacessi a me, ma non mi piaceva questa cosa e ho iniziato a frequentare più ragazze, sebbene mi stessero tutte antipatiche. Oche da quattro soldi. Poi sei sparito e ho capito della cazzata colossale che avevo fatto, e i sentimenti sono emersi, direi, prepotentemente. Così sono venuto a cercarti".

Un'altra pausa. Merlin non aveva il coraggio neanche di spiare attraverso le dita per vedere la faccia di Arthur.

"Sono stato un idiota, Merlin, è colpa mia se sei finito in quel modo. Io ti amavo, ti amo tutt'ora, e ti ho fatto del male".

Il moro si lanciò addosso a lui con abbastanza slancio da far finire entrambi sul prato. Lo strinse saldamente a sé, quella confessione gli era bastata.

"So che vuoi sentirtelo dire, ti conosco. Ti amo, Merlin".

Il biondo, una volta ripreso il respiro per la caduta, lo baciò, un bacio che lasciò di pietra per la gioia il moro.

Ricambiò il bacio, che fu interrotto dal suono di una macchina fotografica.

Si girarono entrambi verso Morgana, che stava shignazzando come una matta.

"Queste foto le metterò negli inviti per il vostro matrimonio".

"Morgana! Che diavolo ci fai qui?!".

La corvina li guardò e disse: "Conosco i miei due polli e sapevo sareste venuti qui. Ora andare su quel dannato ponte, la foto più bella non posso che farvela lì sopra".

Merlin non era convinto, ma Arthur se lo trascinò dietro. Salirono sul punto più alto del ponte e il biondo lo strinse a sé. Il moro ricambiò impacciato, poi attesero che Morgana si mettesse sospesa sul ruscello, di fronte a loro.

Si guardarono e si baciarono, ignorando la serie infinita di scatti che Morgana fece loro.

Erano felici, e quello bastava ad entrambi.

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Foto da cui si ispira questa storia:

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