Ballata di caos e sottomissione - IX
Pav era non furioso, di più. Stava ribollendo di rabbia. Aveva sprecato l'ultimo proiettile, quello con il suo nome inciso sopra, quello in cui aveva riposto tutto l'odio accumulato in oltre venticinque anni di sofferenza. Quello che avrebbe dovuto mettere fine a Kaiser, a tutto.
Ed il cancelliere del piscio si era invece preso il suo braccio sinistro, glielo aveva tagliato via con la stessa facilità di quando si infilza un panetto di burro con il coltello. Nonostante quella maledetta magia glielo avesse fatto ricrescere come nulla fosse accaduto, sentiva che ci fosse qualcosa di diverso, che non gli appartenesse interamente. Come sentiva anche il dolore fantasma del suo petto squarciato, ora chiuso e perfetto. Si tolse tutte le bende di fortuna ed ora inutili che aveva attorno al corpo.
Guardò Maddalena, ancora inginocchiata per terra, e le offrì la mano. Lei la prese e si fece in piedi.
Rimasero fermi per qualche secondo, mentre le accarezzava il palmo della mano con il pollice, tastando la pelle ricucita. Finalmente, quella era la stessa mano che aveva tenuto nelle fogne perché lei era troppo impaurita, con nessuna benda a dividerli. Morbida, liscia, immacolata.
La gonna le era ormai cortissima; scopriva interamente le sue gambe magre ed ossute, le ginocchia particolarmente all'infuori e costellate da cicatrici che ne raccontavano la storia.
Anche il suo viso era guarito e dopo tempo immemore aveva potuto vedere entrambi i suoi occhioni blu. Con la testa scoperta pareva completamente un'altra persona, con quella matassa di ricci ed onde informi in assenza di alcuna regola che li domasse; stava guardando la vera donna nascosta sotto a quell'orribile sacco nero, ma allo stesso tempo aveva incrociato lo sguardo con la bambina persa e sola nascosta dentro di lei, l'uccellino in gabbia.
Senza dire nulla, senza lasciarle la mano, iniziò a camminare verso l'uscita della magione, con lei che lo seguiva mestamente ed in silenzio.
Al piano terra vide il disastro che lei aveva fatto; ciò che restava di quel tizio strano dall'olfatto sopraffino, trasformato in un mostro orrendo le cui budella erano immerse in un lago di sangue e sparse sul pavimento.
Raccolsero velocemente le spade ed uscirono. Non voleva che Maddalena dovesse sopportarne ulteriormente la visione, o la sua sanità mentale sarebbe colata a picco. In un posto del genere non potevano di certo permettersi degli altri crolli mentali. Ormai era chiaro che influissero sulle trasformazioni ed aveva il terrore che anche a lei potesse accadere qualcosa di simile... si ricordò quando disse di "avere il filo spinato che le usciva dagli occhi" e si chiese se fosse stato in grado di fermarlo in tempo. In quale abominio sarebbe mutata, una persona con così tante sfaccettature e sofferenza come lei...? In niente di buono. In qualcosa di impossibile da abbattere.
E lui stesso...? Non voleva neanche prenderlo in considerazione; il solo pensarci lo faceva sentire come se qualcosa lo stesse divorando dall'interno e fosse pronto ad uscirgli dalla schiena spaccandogli la gabbia toracica.
Dopo essere usciti, passarono dalla parte del villaggio piena di quei poveracci che si strappavano la carne dal viso a mani nude e presero l'ascensore che li portava direttamente al seminterrato della chiesa o, in alternativa, alla cripta sotto di essa. Era davvero strano un ascensore in quel punto, considerando cosa ci facessero in quel dannato seminterrato. Non era da escludere il fatto che potesse essere stato piazzato lì per rapire più facilmente persone da usare nei loro orridi rituali. Da brividi. Ne aveva vista di merda in guerra e nell'esercito, ma a quei livelli... era tutto talmente esagerato da sembrare un racconto di finzione. Eppure era tutto vero e loro due stavano cercando di uscirne vivi.
Mentre camminava, ogni tanto osservava Maddalena che lo seguiva in silenzio, con lo sguardo basso... era ovviamente provata da tutta la situazione, ma lui non aveva idea di come consolarla se non ripetersi ulteriormente con "seppellisci il trauma e vai avanti"... probabilmente gli avrebbe sputato in faccia; ormai era chiaro che fosse al limite, era fisicamente al massimo ma mentalmente al minimo.
Sul pavimento c'era una scia di gocce di sangue e Pav capì fosse suo. Ancora si chiedeva come lei avesse fatto a portarlo in braccio fino a lì... e quella stupida credeva di essere debole. Ma quando mai!
Attraversarono la chiesa ed il passaggio come se quelle macchie fossero state diretta indicazione per la strada che dovevano percorrere. Uscirono dal mausoleo e... tornarono alla piazza della torre. Adesso c'era il tempo per notare tutti i cadaveri impalati e smembrati, il loro sangue rovinare lo splendido mosaico di sampietrini azzurri, ocra e rame. La torre era davvero imponente e guardarla da sotto faceva sembrare che da un momento all'altro potesse cader loro addosso. Ma non c'era tempo per ammirarla, ormai la notte stava per arrivare e, se ciò che diceva quel giullare in cima ad essa fosse stato vero, il festival sarebbe presto giunto alla propria fine. Ed aveva paura che, con "fine", intendesse la loro trasformazione in abomini qualora non si fossero ammazzati a vicenda.
Prima di proseguire, Pav vide il suo stesso braccio sinistro per terra, immerso in una pozza di sangue fresco e con ancora la manica dell'uniforme addosso. Istintivamente si guardò la mano nuova. Era una visione surreale, un incubo vero e proprio.
Il museo da fuori sembrava davvero piccolo, ma non era l'edificio stesso ad interessargli, bensì ciò che Kaiser aveva detto a Maddalena. "Sotto il museo"... la posizione della X sulla mappa corrispondeva perfettamente. Il Bunker Bianco era proprio sotto i loro piedi.
Prese un profondo respiro ed aprì la porta.
Vennero accolti da un uomo con la faccia distorta vestito da maggiordomo, mentre attorno a lui c'erano delle persone mascherate in abiti eleganti riunite in gruppi. Cosa stava succedendo?
- Saluti. Benvenuti alla grande mascherata. Stiamo celebrando la fine dei tempi, il festival di Termina.
Sono sicuro che ormai siate a conoscenza del festival.
Ma non siamo giovani per sempre, non è vero? Capisco che il vostro tempo sia denaro. Ed il denaro è quasi giunto.
Se non sbaglio, state aspettando il suono delle campane, corretto? Ma, prima che accada, avrei il piacere di presentarvi alcuni dei miei più cari conoscenti.
Hmm... ma sembra che io non ricordi dove possano essere andati... devono per forza essere al ballo, da qualche parte.
Beh, in caso doveste incontrarli, dite loro che vi ho mandato io. Coloro di cui vi ho parlato sono "Il Diavolo Rosso", "La Sacerdotessa del Sole" ed il "Venditore dalla Maschera Contenta".
Sono sicuro che li riconoscerete.-
Pav si chiese per quale diamine di motivo avesse ascoltato per intero quella pappardella inutile. Che cazzo gliene poteva fregare a lui di uno con la maschera contenta?!
Conoscendosi lo avrebbe potuto prendere a parolacce o semplicemente minacciato di morte, ma non aveva ulteriore tempo prezioso da perdere.
Si voltò e poi vide Maddalena in piedi davanti ad una grande statua. Era un uomo senza capelli, inginocchiato a terra che però si protraeva con le braccia tese verso l'alto. Lei aveva gli occhi fissi sul volto della scultura; le sue labbra erano schiuse, sembrava sull'orlo del pianto.
- Puniscimi, Alll-mer... – Sussurrò, con un filo di voce quasi impercettibile. – la tua grandezza mi rende piccola...-
- Di cosa diamine stai parlando, uccellino...?-
Lei si girò verso di lui, guardandolo con quegli occhi persi.
- Posso confessarti una cosa...? – Invece di risponderle a parole le prese una mano e la avvolse con entrambe le sue. – Ricordi... quando ti ho detto che sono scappata dalla mia famiglia per non dovermi sposare...? – Annuì. – L'uomo che ho ucciso... era il padre del mio futuro marito... si chiamava Caligura...
E... e mi ha riconosciuta quando sono fuggita dal bar. Mi ha tirato un pugno sul viso di sorpresa e quando sono caduta a terra mi sono tagliata le mani con dei cocci di vetro... poi è salito sopra di me e ha iniziato a strapparmi le calze mentre urlava cose oscene e piene di rabbia.
L'ultima cosa che ricordo è la vista delle mie mani insanguinate, poi tutto nero e di essermi ripresa in braccio a te in quel negozio.-
- Per favore, dimmi che non ti ha stuprata.- Si ritrovò a stritolarle la mano.
Lei si appoggiò quella libera sotto al ventre.
- Ho... ancora tutto addosso... e non ho mai sentito dolore... non credo sia stato in grado di farlo.-
Pav si ritrovò ad esalare un respiro che non sapeva di aver trattenuto.
- ...
Sai, mia madre e le mie sorelle sono state violentate ed uccise davanti ai miei occhi quando ero bambino.
Sono... – Si morse il labbro per sopprimere l'onda di emozioni che lo aveva improvvisamente travolto. – sono contento che non sia accaduto anche a te... almeno a te... per quanto ti stia turbando, hai fatto bene a scavare un buco nella pancia a quel vecchio di merda.-
- Eppure mi sento così in colpa, così—
... Se mi concentro, vedo ancora il sangue sulle mie mani.-
- Lo so, uccellino... lo so bene. Più vai avanti, meno ti sentirai in colpa e diventerà routine.
... Mai andare avanti. Quando il festival sarà finito, promettimi che dimenticherai tutto e ricomincerai a vivere la tua vita come se nulla fosse accaduto.-
- Vieni con me.-
- Io... sai già cosa ho intenzione di fare.-
- Non credo di poter davvero andare avanti senza di te... non sono pronta a lasciarti andare, né a dimenticare il tempo passato insieme.
Questi tre giorni sono stati i più belli della mia vita... finalmente qualcuno si è interessato a me. Si è preso cura di me.-
Pav in un primo momento non riuscì a risponderle, tormentato dalla colpa. Diamine, lui voleva solo scoparsela. Voleva farsi un'ultima scopata prima di crepare e lei gli era sembrata la vittima perfetta: chi meglio di una suora oppressa da mille regole che sopprimevano la sua sessualità? La ricetta perfetta per una bomba ad orologeria, credeva gli si sarebbe concessa ad uno schiocco di dita...
E invece aveva trovato una giovane donna spaccata in due, tra una bambina spaventata in cerca di puro e semplice affetto ed una vecchia anziana con una scorza d'acciaio che aveva vissuto e sopportato nient'altro che orrore e solitudine nella propria vita.
... Era proprio come lui. Per quanto fossero totalmente opposti, erano identici. Si incastravano perfettamente in un puzzle.
E lui era un bastardo perché ormai era troppo tardi e non voleva nient'altro che uccidersi. Non voleva lasciarla da sola, ma allo stesso tempo sapeva che le avrebbe fatto solo del male e rovinata ulteriormente. Lei meritava qualcuno che l'amasse per davvero, ma non lui. Non Pav. E nemmeno Pavel. I morti non possono più amare.
Sospirò, buttando fuori tutta l'aria che aveva nei polmoni e poi ritrovò il coraggio di guardare all'interno di quegli splendidi occhi blu.
- Se ne usciremo vivi... verrò con te. Te lo prometto.
Quando lei gli sorrise, sentì il suo cuore spaccarsi in mille pezzi. Maddalena non sorrideva mai, ma quando lo faceva il suo viso sembrava proprio irradiare luce. Forse era la prima volta che il suo minuscolo sorriso raggiungeva anche gli occhi.
E invece lui era il solito bastardo perché non aveva la benché minima idea della quantità di tempo in cui sarebbe stato in grado di portare avanti la farsa e mantenere la promessa. Doveva solo sperare che lei si sarebbe stancata rapidamente di lui, che i lati spigolosi e detestabili del suo carattere lo portassero a farsi odiare.
Insieme, sempre mano nella mano, iniziarono ad esplorare il museo. Le luci erano soffuse e tutti gli ospiti della festa in maschera riuniti in gruppi sparsi, ma erano parecchio strani, quasi in trance... l'atmosfera in generale risultava insolita ed inquietante. L'unica parte positiva era che non fossero ostili. Spade o no, militare allenato o no, se tutte quelle persone li avessero attaccati... sarebbero stati cazzi.
L'edificio in sé poteva definirsi solamente "strano". Da fuori era minuscolo, ma l'interno sembrava infinito, se si andava troppo a lungo nella stessa direzione ci si ritrovava in un loop interminabile. Pareva assurdo anche solo pensarci, ma con tutto quello che avevano visto... era una delle cose più normali e, finalmente, meno letali.
Più il tempo passava a girovagare inutilmente, più saliva la frustrazione. In partenza non sapevano dove andare; se ci si mettevano pure i corridoi infiniti, prima di trovare quel benedetto bunker sotto l'edificio sarebbe passata una settimana. E non ce l'avevano una settimana.
Dopo aver esplorato stanze piene di cimeli e dipinti provenienti da tutta Europa... la trovarono. Una porta a doppia anta sotto un'altrettanto doppia scalinata. Doveva essere quella, non c'era alcun dubbio. Dietro di essa, l'inizio del Bunker Bianco.
Pav si avvicinò e cercò di girare entrambi i pomelli, ma nulla da fare, era bloccata. Buttarla giù sarebbe stato letteralmente impossibile, data la sua imponenza ed il legno denso di alta qualità.
- Fanculo! Dannazione! – Diede un pugno ad una delle ante, constatandone l'effettiva durezza. Sì, era un bel macigno. – Quel bastardo vuole essere seguito e poi ci chiude la porta in faccia?!-
- Pavel, calmati... ci sarà una soluzione...- Maddalena si avvicinò cautamente, sussultando quando lui colpì di nuovo la porta.
- Non abbiamo tempo per questi indovinelli del cazzo!-
- Ricordi cosa mi ha detto Kaiser stamattina...? – Si fermò, per poi girarsi verso di lei. – Quattordici e trentacinque.-
- E cosa mi dovrebbe significare? Sono i numeri vincenti del lotto?-
- Non sembra un orario?-
- ... Santo Alll-mer in croce, giuro che se questa porta di merda si apre solo alle due e mezza del pomeriggio io mi ammazzo sul posto. Ti rendi conto che è quasi notte? Le quattordici sono passate da un po'.-
- E se riavvolgessimo il tempo?-
- Non prendermi per il culo, uccellino. Ne ho già abbastanza.-
- C'è un orologio in cima alle scale.-
Pav si congelò. E poi qualche secondo dopo si riprese di colpo e corse in cima alla scalinata con talmente tanta foga da inciampare un paio di volte.
Entrambi si ritrovarono quindi in fronte all'imponente pendolo. Sembrava essere fermo, ma effettivamente l'orario era diverso da quello indicato, perciò Pav mosse le lancette a mano in modo che quella dei minuti segnasse VII e quella delle ore fosse a metà tra II e III. Poco più delle due e mezza. Quattordici e trentacinque.
Ma non successe nulla. Maddalena scese anche a ricontrollare, eppure niente da fare. Stava già perdendo le speranze.
- C'è una terza lancetta... – Disse lei. – Sicuramente servirà a qualcosa.-
- Non so neanche cosa voglia dire.-
- Sono simboli delle divinità, ma Kaiser non mi ha detto nulla a riguardo...-
- ... Okay. Allora la muoverò a caso finché non accade qualcosa.-
Riconobbe alcuni dei simboli, tra cui quello intricato di Vinushka, la vagina di Sylvain -la quale l'avrebbe fatto sempre ridere...-, Rher e, infine, quello del Dio di Zolfo. Non sapendo quale scegliere, fece fare uno primo scatto alla lancetta, la quale si fermò proprio sull'ultimo simbolo citato. Il pendolo iniziò a suonare e si udì il rumore di un meccanismo.
Maddalena scese qualche scalino e si sporse dal corrimano.
- È aperta!
I due si apprestarono a raggiungere la porta, ma un suono di passi giunse alle loro spalle.
- Sei in ritardo, sai?
Pav si voltò di colpo quando sentì una voce inquietantemente familiare. Familiare perché era la voce che più aveva udito nella sua vita, una voce che apparteneva a qualcuno che conosceva fin troppo bene, più di chiunque altro al mondo.
Quel qualcuno era proprio lui.
Davanti a loro c'era... lui stesso. Tenente Pavel Yudin dell'esercito dell'Impero di Bremen. Divisa militare, petto esposto con delle cicatrici, capelli perfettamente curati, viso spigoloso. Non era qualcuno che gli somigliava. Era lui. Sembrava avere uno specchio davanti a sé, o di stare allucinando. Guardò Maddalena con la coda dell'occhio e lei alternava veloci sguardi a lui stesso ed alla sua copia. Non era un'allucinazione.
- Tutti questi anni passati nel silenzio, a nasconderti come un codardo tra coloro che ti hanno portato via tutto.
AVRESTI DOVUTO FARLO FUORI SUBITO, APPENA RICEVUTI GLI STIVALI! DEBOLE! – Nonostante parlasse esattamente come lui, aveva sbalzi di voce improvvisi ed a volte si ritrovava ad urlare.
– Gli hai permesso di portare avanti la guerra che tanto odi. Di farti insozzare quelle manacce di sangue.
Per questo porti i guanti neri, ti nascondi. Non lo vuoi vedere quel sangue.
Sei inutile. La tua famiglia ti odia. Saresti dovuto morire con loro.
... Ed ora sei qui, dopo tempo immemore. Ricordi ancora perché stai portando avanti questa farsa?
Perché non ti sei subito fatto strada tra i deboli? PERCHÉ HAI CONTINUATO A PERDERE TEMPO, ANCHE QUI?!
PERCHÉ NON SEI DA SOLO?!
PERCHÉ C'È LEI CON TE?! PERCHÉ NON L'HAI UCCISA?!
È COSÌ DEBOLE. ROMPILA. È SOLO UNA SUORA.
TU SAPEVI GIÀ DOV'ERA. IL BUNKER BIANCO. SEI IN RITARDO!
TROPPO LENTO! TROPPO LENTO! – Pausa.
– Finiamola qui ed ora. Vediamo chi è davvero degno di piantare quel proiettile in testa al Kaiser.
TI INGOIERÒ INTERO.-
Pav si fiondò direttamente su Maddalena, buttandosi sopra di lei e lanciandola per terra. Lo aveva visto, quel movimento impercettibile, velocissimo, con cui aveva tirato fuori la pistola ed aveva sparato all'istante un colpo che l'avrebbe centrata in fronte. La sballottò in giro come se fosse stata una bambola di pezza per evitare altri colpi sparati a raffica, almeno cinque.
Se conosceva sé stesso, sapeva di avere una mira e precisione formidabili, ma sapeva anche riconoscere i propri movimenti e prevedere dove avrebbe sparato, guardando solamente la posizione della mano e la direzione della canna.
Quell'imitazione aveva eccome la capacità di finire tutto in quel momento, come lui stesso aveva avuto la capacità di freddare Maddalena sin dal principio. La differenza tra loro era che uno voleva farlo, l'altro no.
- Lasciala perdere! È me contro cui vuoi combattere, no?-
- LEI TI INTRALCIA LEI TI INTRALCIA LEI TI INTRALCIA STAI PERDENDO TEMPO STAI PERDENDO TEMPO STAI PERDENDO TEMPO LENTO LENTO LENTO LENTO LENTO LENTO LENTO—-
Dannazione. Era a dir poco un disco rotto estremamente irritante, ma ciò sembrava averlo distratto. Spinse la suora in un angolo tra una colonna e le scale dicendole di stare rannicchiata e partì all'attacco, raggiungendolo velocemente e sferrandogli un destro dritto sulla mascella. Poteva non aver usato la mano dominante, ma la rabbia che aveva in corpo e la paura che lei si facesse male gli avevano dato una scarica adrenalinica da fargliela bastare eccome. Vedere sé stesso con la mascella completamente dislocata schiantarsi a terra era stata una visione sorprendentemente piacevole. Gli stava facendo rendere conto al meglio il modo in cui si fosse ridotto per correre dietro ad un tizio vestito di un orrendo giallo canarino. Ma ormai era troppo tardi per ritirarsi, trovare una moglie, farci dei figli e vivere una vita serena in campagna, no? Chiedersi come avesse fatto a raggiungere il punto della sua vita dove avrebbe tirato un cazzotto violentissimo in faccia ad una copia di sé stesso con evidenti problemi di linguaggio sarebbe stato stupido. Ogni passo lo aveva già calcolato nel momento in cui a dodici anni gli avevano incendiato il villaggio.
Perciò si lanciò su quella stupida imitazione, bloccandole le braccia con le ginocchia e mettendole le mani al collo, pressando a lato della trachea con i pollici. Sentiva le vene pulsare da sotto le dita.
- Cosa cazzo sei?!-
- Ce... cenence Hav, al... ciuo ceshviccio. – Data la mascella interamente fuori sede, era davvero difficile capire le sue parole. – Scihoscia hegnie huescio gnioie.-
Ma una cosa sapeva. Lo stava prendendo per il culo.
"Tenente Pav, al tuo servizio. Ricorda bene questo nome". Ma davvero. Ma davvero.
A quel punto non gli interessava più minimamente di capire perché cazzo esistesse una creatura del genere. Gli strinse le mani al collo con tutta la forza che aveva, finché non sentì un crack ed il corpo sotto di lui si afflosciò.
Pav gli lasciò la gola e lo guardò con disprezzo.
Era così debole... anche lui lo era altrettanto?
Ucciderlo era stato estremamente facile. E ciò lo portava a chiedersi se Kaiser lo avesse risparmiato di proposito solo poche ore prima... che sapesse che Maddalena lo avrebbe salvato, perciò lo aveva ridotto in quel modo solo per prendere tempo e rintanarsi nel Bunker Bianco. Aveva giocato con la sua vita come se Pav fosse stato un mero strumento da usare e sfruttare nel momento del bisogno, proprio come aveva fatto con la sua famiglia e con tutti i villaggi rasi al suolo durante entrambe le guerre.
Spogliò della giacca e della camicia quella stupida creatura e le indossò. Finalmente non era più costretto a girare a petto nudo ed in quel modo poteva lasciare la sua vecchia e distrutta uniforme a Maddalena. Gli rubò anche il cappello e la Luger.
Tirò indietro il ginocchiello e ci trovò dentro due singoli proiettili. Li prese per sé e mollò l'arma per terra con disprezzo, per poi dirigersi verso dove lei era ancora rannicchiata e spaventata.
- Hey, uccellino, scusami se ti ho sballottata qua e là come una bambola di pezza... di nuovo. Probabilmente ti verrà qualche livido. Stai bene?-
- È stato orribile vedere il tuo volto e la tua voce agire in quel modo. Sembrava un incubo.
...
Ma lui... qualunque cosa fosse... non ti somigliava per niente. Una pessima imitazione.-
- Penso che non dovresti venire nel Bunker Bianco.-
- Perché...?-
- Abbiamo affrontato tante cose in questi giorni e più volte ho dovuto salvarti da persone e mostri che volevano farti del male.
Ma questa è stata l'ultima goccia. Vedere me stesso cercare di ucciderti... insopportabile. Se non avessi riconosciuto il suo linguaggio corporeo, ora avresti un buco in fronte. – Lo disse toccandola con l'indice. – Proprio qui.
Sono sicuro al mille per cento che l'esercito di Bremen sarà là sotto assieme al bastardo. E tu sei una civile. Non hai idea di quanto tu sia in pericolo, Maddalena.-
- Hai intenzione di lasciarmi da sola, Pavel...?-
- È più sicuro qui.-
- Ma hai appena promesso che saresti venuto con me.-
- Sconfiggerò Kaiser e tornerò subito da te.-
- Non ci credo.-
- Uccellino, ragiona. I soldati dell'Impero non sono come me. Loro nell'esercito ci sono per scelta. Non puoi parlarci per farti risparmiare, non quando stiamo andando nella tana del lupo... o dell'aquila.-
- Se non fossi voluta venire con te sarei tornata al treno. Non puoi farmi cambiare idea. Voglio seguirti fino alla fine.
So che si tratta di un'idea stupida, so che dovrei ascoltarti, ma non ci riesco. Se Kaiser dovesse farti di nuovo del male, voglio essere lì a proteggerti, Pavel. Anche sono per un secondo.-
...
Sapeva che sarebbe stato impossibile farla desistere, ormai. Le prese le mani e la tirò in piedi. Insieme, finalmente varcarono la porta aperta per trovarsi dinnanzi ad una voragine scavata nel pavimento, con ancora un escavatore sul bordo ed i detriti tutti attorno. La scala a pioli portava ad un buco nero la cui fine non si riusciva a percepire.
Maddalena insistette per scendere per prima -scaltra... voleva già proporsi di aprire la fila con la scusa del "ti proteggo io", e invece... niente bis delle sue mutande, proprio ora che erano più libere- e lui la seguì a ruota.
Il buco era profondissimo, al punto che ci misero cinque minuti buoni a raggiungerne il fondo. Là sotto l'aria era fresca, ma umida, molto simile alla grotta che avevano raggiunto dalle fogne.
- Pavel, vieni a vedere! – Lui scese l'ultimo paio di scalini e la raggiunse. – ... Ecco perché hanno bloccato il treno.-
... Rotaie sotterranee, le quali poi si schiantavano contro un portone enorme circondato da cemento armato bianco. Adesso capiva bene perché l'esercito avesse impedito al treno di arrivare alla stazione.
Davanti alla struttura c'era un computer identico a quelli trovati negli altri bunker, perciò Pav iniziò a smanettarci.
C'erano due opzioni; controllare la connessione o, in alternativa, aprire direttamente la porta. Ovviamente scelse la seconda. Sulla mappa i teleelettroscopi erano tre e tre ne avevano attivati.
Infatti si aprì, gli ingranaggi iniziarono a girare e l'enorme pezzo di lamiera scomparve nel pavimento.
Varcarono la soglia del bunker e, non appena entrambi furono dall'altra parte, essa risalì e si richiuse con un forte eco. Pav e Maddalena si guardarono negli occhi e poi guardarono quella che una volta era l'uscita.
... Romantico, avrebbero condiviso la tomba a quanto pare.
Maddalena osservò l'ambiente circostante, rivolgendosi successivamente a lui.
- Ho fatto bene a venire con te.-
- Lo sai che non possiamo più tornare in superficie, vero? A meno che non ci sia un'altra uscita, da qui non ce ne andremo più.-
- Lo so. E mi spaventa. Ma alla fine... non è che io fossi tanto importante per il mondo. Che io ci sia oppure no, non cambia niente.
Quindi... andiamo avanti. Hai un sogno da realizzare, no?-
La sua voce -ed anche il suo corpo- tremava, ma gli sorrise ugualmente. Fece qualche passo in avanti verso il corridoio del bunker e poi si voltò per incitarlo a seguirla.
- Non andare per prima.
Pav la raggiunse e prese il suo posto in cima al gruppo, già con guardia alta e spada pronta. Oh, non vedeva proprio l'ora di, finalmente, affettare qualche bastardo bremenite. Desiderava farlo sin dalla sua prima uccisione, quando aveva sparato in testa a quel caporale pedofilo tanto ossessionato con il lui dodicenne. Il ricordo dei suoi pantaloni alle caviglie, il cazzo moscio di fuori e quel buco in testa lo facevano sempre sorridere come al momento stesso in cui aveva compiuto quello scempio.
... Un altro parallelismo con l'uccellino. Prima uccisione, colui che voleva abusare di te. Era incredibile quante cose avessero in comune seppur provenissero da mondi opposti.
Il famigerato Bunker Bianco era ben diverso da quelli che avevano già visitato; mentre l'interno degli altri somigliava quasi a container, prevalentemente fatto di metallo, questo era tutto cemento candido, illuminato da luci fredde accecanti. Nell'aria aleggiava ancora flebile odore di vernice, il quale denotava il fatto che la struttura fosse stata costruita non molto tempo prima e, a giudicare dai corridoi stretti, probabilmente anche in fretta e furia. Era incredibile come lui sapesse in realtà ben poco degli affari di Bremen, nonostante il suo grado decente e tutti gli anni di servizio. Probabilmente quello che veniva da uno dei villaggi rasi al suolo dall'esercito non era così affidabile... ed onestamente non poteva dar torto a nessuno. Gli alti ranghi conoscevano benissimo la sua storia.
I due proseguirono all'interno dei corridoi labirintici in silenzio assoluto. L'edificio sembrava deserto e ciò era estremamente strano e sospetto. Con il braccio spinse Maddalena dietro di sé... si sentiva nel profondo che qualcosa sarebbe presto accaduto.
Ed infatti, alla prima biforcazione, vennero accolti da un soldato d'élite. In piedi, statuario, baionetta nella mano sinistra, scudo balistico nella destra, armatura ed elmo addosso. Tutti i sensi di Pav si allarmarono ed iniziò a pensare velocemente a mille soluzioni per uscire da quella situazione, eppure non riusciva a deciderne una, la mente troppo affollata dalla paura che Maddalena si potesse fare male. Doveva lasciarla in superficie, lo sape—
Il soldato fece un passo in avanti e questo bastò a bloccare di colpo tutto ciò che gli stava balenando in testa.
Cosa fare? Cosa fare? Cosa fare? Cosa fare?
Un altro passo ed ormai era già pronto ad attaccare alla cieca.
- ...
Kaiser... ordina... che la donna dagli occhi blu... vada da lui... ed assista... alla nascita di Logica.-
La voce provenne ovattata da sotto il metallo dell'elmo, spezzata come se facesse fatica a parlare.
- Che significa tutto questo? – Chiese Pav, con una nota di rabbia nelle parole. – Perché Kaiser è interessato proprio a lei?-
Ma il suo interlocutore fece scena muta, ormai aveva finito ciò che doveva dire ed aveva esaurito il proprio compito. Il tenente era sollevato di aver evitato il combattimento, ma allo stesso tempo tutta la situazione gli puzzava... e parecchio. Perché cazzo tutti ce l'avevano con Maddalena? Gli stava nascondendo qualcosa, od era anche lei stessa ignara di tutto? Quella specie di lupo umanoide aveva parlato di altri mondi, ma cosa c'entrava con Kaiser tutto ciò...?
Prima di rimettersi in marcia le diede un ultimo sguardo che lei ricambiò. Le leggeva la confusione e frustrazione in viso.
- Uccellino, – Le chiese dopo un po', per spezzare il silenzio. – cosa vuoi fare, una volta usciti di qui, sempre che esista un'uscita?-
- Voglio prendere un cane!-
- Un cane?-
- Sì... ricordi? Ti avevo detto che i miei genitori non hanno mai voluto che ne avessi uno... ma io li adoro, perciò ho deciso. Ne voglio uno a tutti i costi.
E poi voglio viaggiare, magari proprio con lui. Questo viaggio al di fuori del Vaticano mi ha fatto capire che ho ancora tanto da vedere...-
- Ammirevole.
Beh, magari riuscirai a trovare il tuo posto nel mondo, finalmente...-
- Vuoi venire con me?-
- ... Non so.-
- Hai detto che lo avresti fatto.-
- Non mi è mai interessato girare il mondo. Preferirei fermarmi da qualche parte... ho corso avanti ed indietro per troppo tempo.
Un posto in campagna, guardare il tramonto seduto fuori, a volte accompagnando il tutto con una sigaretta.-
- Mh... allora prenderò solo il cane.-
- Non tarparti le ali, uccellino. Non per me. Ti aspetterò.-
- Ho paura che, se dovessi lasciarti da solo, una volta tornata non ci sarai più.-
- Non dire stupidaggini.-
A volte dimenticava quanto quella suora fosse intelligente. Sì, l'avrebbe lasciata partire e poi si sarebbe ammazzato. Ma lo avrebbe fatto per il bene di entrambi.
Per liberare sé stesso dal peso di tutti i suoi errori e per liberare lei dalla sua presenza tossica. Il volerla salvare consisteva anche in questo.
E, ovviamente, lei aveva capito tutto. Stupido cervello che funzionava fin troppo bene (solo quando voleva lui).
Quel maledetto bunker era tutto uguale, tutto noioso, quel bianco puro e le luci fredde facevano venire il mal di testa a Pav, gli sembrava di essere rinchiuso in una stanza di manicomio -o forse lo era per davvero-, l'aspetto asettico del tutto rendeva l'atmosfera ancor più pesante. Quel tipo di ambienti non gli era mai piaciuto; strano ma vero, preferiva la natura incontaminata, gli ricordava casa sua, il villaggio in cui era cresciuto ed il bosco dietro casa, tutte le volte in cui ci si era perso e sua sorella maggiore che la sera lo trovava in lacrime su un ramo da cui non era capace di scendere. E la sua mano calda che lo stringeva e riportava a casa, non prima di averlo abbracciato e rassicurato. Gli mancava sua sorella Olja, lei era quella a cui più era legato, la sua seconda mamma. Quella tremenda notte era stata proprio lei a nasconderlo dentro una delle ante della dispensa per non farlo trovare dai soldati. Aveva visto con i suoi occhi, da uno spiraglio, mentre la stupravano a morte, sfruttando ogni orifizio del suo corpo e, quando non bastavano, creandone di nuovi.
Il suo flusso di pensieri si arrestò quando, attraversata una porta, si ritrovarono su un ponte. In realtà non era proprio un ponte, bensì un tubo di dimensioni gigantesche che si collegava ad un'altra porta in fronte a loro. Grossi cavi si diramavano da quello che sembrava un pozzo senza fondo, un incubo per chi soffre di vertigini.
Andò per primo, fece un passo e, nonostante la ben ampia superficie del tubo, il fatto che fosse così liscia non aiutava a sentirsi sicuri. Si voltò, tese la mano a Maddalena e, insieme, riuscirono a superare l'ostacolo con facilità.
- Dovrebbero licenziare l'architetto che ha progettato questo posto.- Si lamentò lei, facendolo ridere.
- Forse è per quello che la porta si chiude in automatico quando qualcuno ci entra. Per non raccontarne lo scempio.-
La seconda parte del bunker non era molto diversa dall'altra. Girovagarono un po' a vuoto, sentirono lo strano verso di un corvo e cambiarono direzione. Incontrarono un altro soldato, il quale ripeté le esatte parole di quello trovato in precedenza; la donna dagli occhi blu, Logica, bla, bla, bla...
Iniziava a credere che, chiunque fosse giunto a Prehevil assieme a Kaiser, avesse subito un qualche tipo di lavaggio del cervello, o addirittura mutazione. Non poteva vedere i loro volti, ma gli élite erano tutti giganteschi, imponenti, veri e propri armadi silenziosi. Quando lui era nell'esercito, avevano la forma di persone normali. E parlavano.
Seguendo la direzione indicata dal soldato -ma che gentile...-, attraversarono un altro "ponte" costruito con un tubo enorme, il quale li condusse a quello che sperava fosse il cuore della struttura, o la sua fine. Non importava in realtà, bastava trovarci il cancelliere del piscio.
Camminarono finché non giunsero davanti ad una saracinesca, la quale si alzò in autonomia. Dietro ad essa si rivelò esserci un... e adesso che cazzo era, quello?
Sembrava un'enorme palla di carne con una larga bocca e denti grossi quanto un adulto, con quattro lunghe braccia ed altrettante mani. Pav notò che il "corpo" di quel coso era formato da vere e proprie persone fuse insieme, si potevano distinguere chiaramente decine di facce agonizzanti che sparivano sotto al carapace posizionato sulla parte superiore della creatura. Al posto degli occhi aveva il cannone di un carrarmato, incastonato nella carne come il diamante su un anello.
Seduta su di esso, con le gambe accavallate, vi era quella che dalla silhouette sembrava una donna ricoperta interamente di latex nero; sulla testa aveva due corna che ricordavano orecchie da coniglio e l'unica parte veramente visibile del suo corpo era la bocca. Stava giocherellando con una frusta.
Cosa, esattamente, Bremen stava facendo?
Sapeva che Kaiser avesse un'ossessione per l'occulto e sapeva anche delle storie che circolavano su di lui, ma fino a pochi giorni prima gli erano sembrate, appunto, solo storie. Racconti gonfiati per il puro scopo di mettere paura alle masse.
Eppure aveva visto con i suoi occhi il proiettile attraversargli il cranio e non sortire alcun effetto... ed ora... qualunque abominio fosse quell'ammasso di persone, quasi un'orgia finita male. Un po' gli aveva ricordato il mezzo umano mezzo cavallo trovato nella foresta, forse un altro prodotto dell'esercito. Dopotutto stava proteggendo il bunker.
La donna saltò giù dal cannone e, muovendo i fianchi in modo sensuale, camminò loro incontro, giocherellando con la frusta.
- Uff! È tardi, tesori. Potevate metterci di meno... – Si avvicinò a lui, osservandolo (con quali occhi...?) dal basso verso l'alto. Poi guardò Maddalena. – Lei può andare avanti, l'imperatore la sta aspettando con ansia. Mentre tu... – Gli si rivolse di nuovo, sfiorandogli il petto con il dito. – puoi unirti al plotone.-
Pav la spinse via con forza, quasi facendola cadere.
- Fanculo a te ed al plotone. Non ho tempo per queste cazzate.- Prese Maddalena per il polso ed iniziò ad andarsene, quando sentì la frusta sbattere per terra.
- Kaiser vuole solo lei. Ed io voglio te.-
A quel momento, la donna sembrava davvero adirata. Il mostro sembrò agitarsi anch'esso ed iniziò a muoversi.
Maddalena si frappose fra loro due, con le braccia larghe.
- Mi— mi dispiace, ma senza Pavel non vado avanti. Combatti prima me.-
- Stupida. Devi arrivare intatta nel fondo del tunnel.-
- Allora lasciaci andare! Se non lo farai... – Si rigirò la spada nella mano, puntandosi la lama al ventre. – Kaiser non mi troverà intatta.-
Approfittando del momento di stallo, Pav le afferrò di nuovo il braccio e superò anche l'ammasso di corpi, correndo nel buio.
- Sei matta?!-
- Ha funzionato!-
- E se a quella non fosse interessato eseguire gli ordini?-
- Con i "se" e con i "ma" non si va da nessuna parte, Pavel.-
- Dannazione, Maddalena, abbi dello spirito di conservazione una volta ogni—-
- Che posto è questo...?-
- Mh?-
Si decise ad alzare lo sguardo. Non erano più avvolti nell'oscurità, l'ambiente circostante era cambiato completamente. Il pavimento era a scacchi grigi e blu e tutto attorno a loro erano posizionati dei tavoli giganteschi, ai quali stavano sedute persone altrettanto grandi. Tutti umanoidi, ma alcuni di loro erano mutati. Quello che catturò la sua attenzione fu un uomo completamente spellato.
Maddalena si guardava attorno, girovagando.
- Siamo già stati qui... era parte del bunker?
"Già stati"...?
Diamine, aveva ragione! Quel luogo era stato parte del sogno fatto durante il viaggio in treno, l'aveva raggiunto dopo aver massacrato quel tizio nudo che voleva costringerlo a lavorare. Cosa stava a significare tutto ciò? Che ora avrebbero raggiunto di nuovo la torre? Ma che senso avrebbe avuto? Era Kaiser quello a cui stavano dando la caccia. Avevano sbagliato strada? O quel bastardo vestito da giullare aveva diverto i loro piani?
- Questo posto... sento delle presenze...- Disse lei, continuando ad aggirarsi attorno ai tavoli.
- In che senso?-
- Non so spiegarlo... è un po' come sentire la presenza di Alll-mer quando prego od evoco la spada di sangue... ma molto più tenue, come se fosse sopita o si stesse esaurendo.
Queste sembrano... divi—- Non riuscì a finire la frase che cadde in ginocchio, urlando e tenendosi la testa.
- Hey—!-
Ma, subito dopo, la stessa cosa colpì lui, mandandogli scariche elettriche nel cervello così forti da farlo crollare. Era come se gli stessero aprendo la testa pugnalandogli continuamente il cranio con un coltello poco affilato.
Quel dolore tanto intenso terminò all'improvviso, esattamente com'era arrivato, e si ritrovò a fianco di Maddalena, nuovamente in mezzo all'oscurità. Una stanza minuscola, il pavimento a scacchi bianchi e neri, un tavolino, una lampada, una poltrona... e Kaiser sopra di essa.
Avvolto nel suo solito lenzuolo giallo, a piedi nudi, le mani sul ventre ed un serpente avvolto attorno al collo. Il volto nascosto dal cappuccio, i capelli bianchi sul petto.
Pav sentì bollire il sangue e risalirgli al cervello. Ce l'aveva di nuovo davanti, ma questa volta non si sarebbe fatto prendere di sorpresa. Avrebbe torto il collo a quel bastardo a costo di rimetterci la vita intera. Doveva distruggerlo, prima che potesse farlo con altre vite innocenti.
Il tempo sembrava essersi fermato. Tutti e tre si scambiarono sguardi silenziosi finché, proprio lui, il cancelliere del piscio, non chinò il capo e da sotto il cappuccio non uscì una risata che non riuscì a contenere, dal tono quasi addolorato.
La sua scenata era strana, a tratti imbarazzante assistervi.
- Una volta, una cara alleata mi lesse un libro all'ombra di un albero, accanto ad un precipizio... Dopodiché mi sono alzato, e ho osservato il fiume scorrere sotto di me.
E ho iniziato a covare il piano che mi avrebbe portato fino a questo momento, a trovarmi voi due di fronte.
Per un istante, ho immaginato me stesso, insieme a lei, ancora all'ombra di quell'albero. Come se fossi stato intrappolato in un loop, che tutto questo tempo fosse servito solo a ripetersi d'accapo. – Che cazzo era quel sentimentalismo, adesso? – Qual è il tuo nome, anima sottomessa?-
- Perché lei ti interessa così tanto? – Pav allungò il braccio davanti a Maddalena, come per farle da scudo. – Lasciala in pace. Il discorso è tra me e te.-
Kaiser alzò la testa, ma non abbastanza dal mostrare il viso. Sembrava osservargli l'arto ricresciuto.
- Pavel... usare un'innocente per i tuoi scopi. E poi vieni a parlare a me di egoismo. Tutto per una misera, insignificante vendetta. Uno spreco di tempo.-
- NON CHIAMARMI COL NOME DI PAVEL! PAVEL È MORTO!-
- Dentro di te hai il fuoco. Un fuoco che io stesso avevo, tanto tempo fa. Ma, anche il più grande degli incendi, prima o poi finisce per estinguersi, dopo aver divorato, soffocato ed incenerito tutto ciò che aveva attorno a sé.
Forse, siamo più affini di quanto tu possa mai ammettere, tenente Yudin. È un peccato che tu faccia parte del mio esercito come nemico e non come alleato.-
Pav strinse l'elsa della spada che aveva in mano con una forza tale da sentire i muscoli del braccio contrarsi. Alleati... alleati... mai, nemmeno in un milione di anni, sarebbe entrato nell'esercito di Bremen, in diverse circostanze. Mai. Mai. Mai.
- Hai usato questa donna per i tuoi scopi, l'hai portata fin qui sapendo che non le sarebbe successo nulla perché io stesso la desideravo qui, davanti a me. L'hai lasciata in vita solo per poterla usare come un semplice oggetto, la chiave di una porta, di un'opportunità.
Cosa farai, dopo il nostro duello, la ucciderai? Da qui non c'è via d'uscita, ti sei infilato in una trappola mortale di tua spontanea volontà perché sei stato troppo ingenuo quando ti avevo dato l'occasione di sfidarmi.
Era stufo di tutti quei discorsi stupidi, supercazzole atte solo a fargli perdere tempo, a cercare di confonderlo ed indurlo a credergli ed inginocchiarsi e magari pure succhiargli il cazzo—
Aveva già iniziato ad alzare la lama, ma Maddalena gli avvolse le dita attorno al polso, frenandolo. Per qualche motivo, per una volta le diede ascolto.
- Kaiser... il mio nome è Maria Maddalena.-
- Ironico. Un nome fin troppo adatto a qualcuno con la tua fede.-
- Non è il nome con cui sono nata. Ho sepolto il mio vero nome e ne ho scelto uno nuovo.-
- ... Sembra che anche noi abbiamo qualcosa in comune.-
- Perché mi hai rivelato come entrare nel bunker?-
- ... Forse un atto di stupidità.
Per un momento ho rivisto un'anima conosciuta attraverso il tuo sguardo. Ma ora... mi rendo conto di aver sbagliato. Tu non sei lei. Nonostante quella spada nelle tue mani, stai tremando. Hai paura. Lei non ne avrebbe avuta. – Kaiser si alzò in piedi. – Ho fatto un errore, e per tale devo pagare. Il battito del cuore di Logica è ancora fragile, non posso permettermi di sbagliare ancora. – Alzò la lama, puntandola verso di loro. – Ti ucciderò prima ancora di potervi comparare nuovamente. En garde.-
Fu un battito di ciglia. Kaiser partì all'attacco con l'intento di colpire proprio Maddalena, ma Pav si mise in mezzo e parò il fendente posizionando la sua lama in orizzontale davanti a sé. Ci fu uno stridio ed il cancelliere del piscio indietreggiò di qualche passo, per poi tornare di nuovo all'offensiva.
Quell'uomo aveva una forza sovrumana, lo aveva già dimostrato quando gli aveva tagliato il braccio di netto, ma Pav non si fece intimorire. Duellarono come cavalieri in un'arena, ogni singolo movimento di mani e braccia ponderato in modo da eguagliarlo in potenza e ridurre lo spreco di energia all'osso.
Pav non stava lottando per la propria vita, ma per quella di tutti coloro che l'avevano persa ed erano destinati a perderla nel futuro a venire, sotto il suo dominio tirannico fatto di sangue e fuoco. Forse era davvero il martire di cui Maddalena gli aveva affibbiato il titolo con tanta leggerezza.
Alle spalle di Kaiser si era formato un oggetto fluttuante dorato, dalla forma simile ad una chiave di violino. Era molto veloce e sembrava senziente, volava attorno a Maddalena e cercava di colpirla con piccole esplosioni di luce, mentre lei agitava la sua spada-crocifisso in aria come se volesse schiacciare una mosca che le dava fastidio. La situazione sarebbe stata quasi comica se un misero errore da parte di lei -o di lui- non li avrebbe potuti portare alla morte.
Il cancelliere del piscio tentò di nuovo l'offensiva con un fendente rivolto proprio alle sue gambe. Pav indietreggiò all'ultimo secondo e la lama gli scalfì solo i pantaloni e gli graffiò le cosce, ma l'atto gli fece perdere l'equilibrio e cadde a terra. Il suo avversario ne approfittò per attaccare di nuovo, ma un'ombra nera si parò tra i due, bloccando il colpo e salvandolo.
Gocce scarlatte tinsero di rosso la scacchiera del pavimento. Lui spalancò gli occhi.
Maddalena aveva fermato la lama con la mano sinistra. La stringeva ed il sangue le colava dal palmo al braccio fino ad impregnarle la manica del vestito. Stringeva i denti ed era chiaramente dolorante, ma rimase in quella posizione, per niente intenzionata a dargliela vinta.
- Quell'insetto dorato non è servito a nulla, Kaiser. Ricorda che siamo in due ad affrontarti in questa battaglia. Non ho... intenzione... di fermarmi...
Lui rimase in silenzio e Maddalena gli sferrò un calcio in pancia, il quale fu solo in grado di smuoverlo quel quanto che bastava per mettere un po' di distanza tra loro e separare la mano di lei dalla lama.
Il sangue che colava quindi si raggrumò lentamente nella forma di quell'inquietante spada di sangue. Vederla con due spade in mano era quasi divertente, sembrava il personaggio di un fumetto di fantascienza.
Kaiser non aspettò ulteriormente e tentò di passare all'attacco con un fendente, parato da lei incrociando le due lame in una croce. Il colpo fu tanto forte, però, che la scagliò a terra, facendola rotolare. A quel punto, Pav, nonostante il bruciore derivante dal taglio alle cosce, scattò in piedi e lo bloccò dall'avanzarle contro e ferirla.
Il loro duello ricominciò, il clangore del metallo che si scontrava riecheggiava nella stanza poco illuminata. Era una battaglia difficile, la più ardua della vita di Pav, Pavel, aveva immaginato per tanti anni come sarebbe stato quel momento, ma in nessuna delle sue fantasie aveva pensato che con lui ci sarebbe stata una suora capace di evocare armi dal suo stesso sangue e che il tutto sarebbe finito a colpi di spada, come nel medioevo. Lui gli aveva sempre voluto sparare, e lo aveva fatto, ma tutto aveva rischiato di finire in tragedia e, per qualche ragione, gli era stata data una seconda possibilità. Forse, la fede non era poi così inutile, ed era stato fortunato ad avere al suo fianco Maddalena e la sua disperazione nel tenerlo in vita. Quella donna era incredibile.
Con un colpo ben assestato, Pav fu in grado di evadere le difese di Kaiser e fargli una profonda ferita in diagonale sul petto, simile a quella che lui stesso gli aveva provocato quasi uccidendolo. Lui indietreggiò, ma Pav fu abile a sferrarne altri, finché non venne bloccato nuovamente con un colpo talmente violento da farlo cadere all'indietro.
Si aspettava un altro attacco, ma quando alzò la testa e lo guardò, vide il serpente sussurrargli all'orecchio e le ferite richiudersi in gran parte, lasciando solo le macchie di sangue sulla veste.
Rivolse uno sguardo incredulo a Maddalena e lei gli mimò la parola "Sylvian" con la bocca. Aveva senso. Dovevano liberarsi del serpente.
Pav si rialzò e subito ricominciò con l'offensiva, incrociando nuovamente le lame con quel bastardo. Uno dei colpi lo ferì alla spalla destra, ma non gli importava; era mancino e quello importante era l'altro braccio.
Alla miglior occasione, mentre le spade erano occupate l'una con l'altra, tentò di allungare la mano e strappargli l'animale di dosso, ma esso tentò di azzannarlo e dovette ritirarsi. Così non sarebbero arrivati a nulla, aveva bisogno di Maddalena.
Si scambiarono brevi sguardi complici, dicendosi tutto solo con gli occhi. Non aveva mai avuto una simile connessione con nessun'altro e lei aveva dimostrato, ancora una volta, di possedere un cervello superbo. Se solo il suo passato non l'avesse frenata, avrebbe potuto fare grandi, grandissime cose.
E misero in atto il piano.
Pav si separò da Kaiser ed indietreggiò, facendo subentrare Maddalena che nel frattempo aveva mollato la spada-crocifisso ed era passata a tenere quella rossa con due mani. Giocarono per un po' in quel modo, attaccandolo insieme, alternandosi e dando una parvenza di disperazione mentre, lentamente, Pav si spostava sempre più alle spalle di Kaiser. Lui sembrava avere il focus su Maddalena, ormai aveva compreso che della sua vendetta non gliene fregasse proprio niente... lo avrebbe fatto pentire di ciò. Non avrebbe dovuto fingersi cieco dinnanzi a tutto il male che aveva fatto. "Passo necessario per il genere umano"? Fanculo. Gliel'avrebbe fatto vedere lui il "passo necessario per il genere umano".
Sapeva che la suora non avesse troppe speranze a sostenere i suoi colpi, per giunta -nonostante servisse a potenziarle l'arma- la sua mano sinistra era ferita gravemente, le leggeva in faccia la sofferenza, nelle gocce di sudore in fronte ed il respiro pesante. Perciò doveva fare in fretta.
Mentre lei continuava a duellare, Pav gli andò dietro e, alla prima occasione, afferrò il serpente, glielo strappò dal collo e lo lanciò via prima che l'animale potesse reagire e morderlo. Kaiser si irrigidì, chiaramente confuso. Tentò di girare la testa per capire cosa fosse successo, ma a quel momento aveva già la spada piantata nella schiena, la lama che lo attraversava completamente e gli usciva dall'addome. Sputò sangue sul pavimento, cercò di prendere aria ma non ne fu in grado.
L'arma gli cadde, il metallo sul pavimento fece eco. Alzò le mani, tremanti, e le mise sulle guance di Maddalena.
- D'arce...
La risposta di lei fu quella di infilzarlo anch'essa, facendogli uscire la lama dalla schiena.
Le mani scivolarono giù e lui crollò, dissolvendosi in una poltiglia che successivamente sparì senza lasciare traccia. Scomparve tutto di lui, dalla tunica al serpente... scomparve persino l'arma, lasciando la suora e -l'ex- soldato l'uno di fronte all'altra, a guardarsi negli occhi.
Pav esalò un profondo respiro che non credeva di aver tenuto, il cuore che gli batteva forte. Indietreggiò lentamente fino a raggiungere la poltrona dove Kaiser stava seduto e ci si sedette lui, chinando il capo e mettendosi le mani nei capelli.
- ...
È... è davvero finita? È morto... Kaiser è morto... – Rise, ma un singhiozzo gli rovinò la risata. – Finalmente. Ho aspettato così a lungo... mamma, papà, avete visto? Non ho sprecato la mia vita.
Il bastardo è morto! Il cancelliere del piscio è morto! – Si asciugò gli occhi e tirò su col naso, poi alzò il capo e sorrise, sospirando nuovamente. –
È come se un peso se ne fosse andato dal petto. Adesso posso veramente uccidermi in pace.-
- Pavel... quindi lo vuoi fare veramente...-
Pav la osservò. Era in piedi, tremava, con lo sguardo sulle scarpe. I suoi capelli biondi si erano appiccicati al viso per il sudore.
- Che alternativa c'è, uccellino? Non c'è uscita da questo posto.-
- Lo so... ma... il solo pensiero che tu possa suicidarti mi fa stare male.-
- Scusa. – ... – E tu? Hai intenzione di vedere questa "Logica"?-
Maddalena scosse il capo.
- Non mi importa di Logica. Non mi importa di Kaiser. Non mi importa più di niente ormai. Perché io non ho più niente.- Si sfilò il suo cappello che aveva ancora addosso e lo fece cadere per terra. Non sembrava più una suora ormai, solo una donna con un abito corto a pezzi, una giacca militare insanguinata a cui mancava una manica e le calze strappate.
- ... Quindi cosa farai?-
- So che può sembrare egoista... scappare dalle mie responsabilità... ma vorrei che fossi tu ad uccidermi. Non avrei il coraggio di farlo da sola e... non voglio vederti morto.-
- Non preoccuparti. Lo farò.-
E lui non voleva vedere lei morta. Ma le rispose con leggerezza, l'ultimo ordine che avrebbe eseguito. Aveva intrapreso quel viaggio per proteggere gli innocenti da Kaiser ed anche quello faceva parte del suo compito. O almeno di ciò voleva convincersi.
Aveva il cuore stretto nel petto.
- Vieni da me, uccellino.
E l'uccellino obbedì, zampettandogli in contro. Quando fu abbastanza vicina, la prese per i fianchi e se la mise sulle gambe, lei venne giù senza opporre resistenza, con la schiena contro il bracciolo della poltrona. Le mise una mano sulla coscia, accarezzando la sua pelle morbida.
Da così vicino era bellissima, non lo erano stati così tanto da quando lo aveva consolato nel bar la prima sera... ma ora aveva davvero il tempo di ammirarla. Sembrava un angelo, nonostante fossero stati entrambi nello schifo per tre giorni, nonostante la puzza di sangue e sudore, nonostante le sue labbra screpolate ed i capelli unti ed arruffati. Come facesse ad esserlo sempre, era un mistero. Forse un dono, forse una piaga.
- Sai, uccellino, ora che siamo soli... che ne dici di un happy ending?-
- Depravato...!- Si alzò di colpo dalle sue gambe, ma l'afferrò per il polso.
- Aspetta! Scherzavo... so che queste cose sono un trauma per te. Rimani qui... per favore, Maddalena.-
Lei gli fece un'occhiataccia, ma obbedì. Pav frugò in una tasca della sua vecchia uniforme che lei indossava e tirò fuori una sigaretta, quella che Daan gli aveva dato la sera prima, e l'accese. Inspirò del fumo e lo buttò fuori, per poi offrirla a lei.
- Non posso...-
- Suvvia, nessuno ti punirà per aver smezzato una sigaretta con un soldato.-
Lo osservò con sguardo titubante, i suoi occhioni blu alla ricerca di un'approvazione, un velato terrore di sbagliare ed arrivare a gravi conseguenze. Quasi tremando, alzò la mano e prese la sigaretta accesa tra pollice ed indice, portandosela successivamente tra le labbra ed inspirando.
... Solo per iniziare a tossire violentemente per aver inalato troppo fumo. Pav non riuscì a non ridere e nel frattempo le massaggiò la schiena.
- Woah, calma, non così! Più piano, non devi aspirare tutta la sigaretta in una volta. Te la devi godere.
Maddalena aveva persino gli occhi lucidi, uno spettacolo esilarante. Dopo essersi ripresa, tentò di nuovo la fortuna, stavolta facendo un tiro più corto. Trattenne il fumo nei polmoni per un po' e poi lo buttò fuori, infine gliela restituì.
Pav fece un tiro, gliela passò di nuovo e così continuarono finché non ne rimase solo il mozzicone, che buttò a terra e calpestò con lo stivale.
- Oh, ci siamo dati un bacio indiretto! Tu hai lasciato la tua saliva sul filtro, io pure, e ce la siamo messa in bocca...-
- Stai riducendo l'atto del bacio ad un semplice scambio di saliva...? Superficiale.-
- Che ne dici, allora, di mostrarmi cosa significa per te un bacio?- Le sorrise, avvicinando il viso al suo solo per prenderla in giro e metterla in imbarazzo.
Maddalena, rossa in viso, gli mise una mano sulla guancia e gli girò la testa.
- Bella mossa, Pavel... lo sai che ho un voto.
... Non posso romperlo. Non potrei nemmeno essere seduta qui, sulle tue gambe, senza il velo.-
- Non puoi questo, non puoi l'altro... mi spieghi dove sarebbe la libertà che avresti raggiunto grazie al tuo caro Alll-mer? – Lei lo guardò, in silenzio. Si stava mordendo il labbro. Voleva farlo lui. – Tu, uccellino, Maria Maddalena, cosa vuoi? Vuoi stare sulle mie gambe? Lo vuoi questo bacio? Per una volta, l'ultima, prendi una decisione perché sei tu stessa a volerlo, non perché impostati da altri.-
- Io ho paura.-
- Paura di cosa?-
- Di sbagliare. Che fare un errore possa portare a gravissime conseguenze.-
- Un bacio nel bel mezzo di una strana dimensione senza uscita, con un dio aldilà della porta, non ha mai portato a "gravissime conseguenze", come ti ostini a chiamarle tu. Stai creando e successivamente ingigantendo un problema inesistente.-
- Quando ero bambina, il minimo errore mi faceva finire allettata per colpa delle troppe botte subite. Credo che l'unico motivo per il quale io ora non sia completamente sfigurata sia perché in quel modo i miei genitori non avrebbero potuto darmi in sposa a nessuno. Loro, tutti quelli attorno a me, avevano riconosciuto la mia bellezza ed avevano lottato per preservarla e trasformarla in merce di scambio. Ti hanno mai picchiato con un giornale bagnato, con un cuscino pressato sul volto? Quelli non lasciano segni permanenti.-
- ... – Pav si ritrovò a stringere la stoffa della sua gonna nel pugno, gli occhi posati sulle cicatrici che le rovinavano le ginocchia. – Più mi parli di loro, più mi disgustano. Ma è per questo che devi cominciare a disobbedire, a far vedere che, nonostante tutto, tu sei sopravvissuta. Te lo chiedo di nuovo: lo vuoi questo bacio?-
- Io... – Lei gli prese il volto con le mani, appoggiando la fronte contro la sua. – Non me la sento... scusami se sono debole... – Poi, scese con la testa, appoggiandoglisi alla guancia e sussurrandogli all'orecchio. – lo faresti, quando sarò morta?-
- ... Certo, uccellino. Tutto quello che vuoi.-
- Grazie, Pavel.-
Si separò da lui, mostrandogli uno dei suoi rarissimi sorrisi.
Pav si maledisse per l'ennesima volta, perché non l'aveva costretta a rimanere fuori dal tunnel. Non la voleva uccidere. Per la prima volta nella sua vita, aveva paura. Paura di togliere la vita a qualcuno. Di toglierla a lei. Una semisconosciuta che nel giro di tre giorni gli aveva fatto provare emozioni che credeva morte insieme al suo intero albero genealogico quasi tre decadi prima. Era solito non provare alcun rimorso nell'uccidere un altro essere umano, negli anni aveva imparato a seppellire tutto dietro la maschera del bastardo soldato di Bremen per non impazzire. Ma quella maschera ormai gli era caduta nel momento stesso in cui aveva incrociato quegli innocenti occhi blu per la prima volta. Su quel treno che ormai sembrava lontano migliaia di chilometri. Ed in un certo senso lo era.
Pavel Yudin non era un bastardo di Bremen, era un bastardo e basta, perché aveva trascinato la persona che aveva giurato di proteggere con la propria vita in una situazione dove l'unica uscita sarebbe stata la morte. E giustamente, ancora una volta, i panni del cupo mietitore li avrebbe vestiti lui stesso. Se lo meritava. Ma non l'avrebbe mai lasciata compiere il peccato del suicidio, preferiva commettere un ennesimo crimine. Dopotutto aveva due proiettili con sé. Lo aveva voluto il destino.
- Pavel... come ti senti?-
- Perché me lo chiedi?-
- Perché Kaiser è morto. Era il tuo sogno.-
- ... All'inizio, una scarica di adrenalina. Forse anche felicità. Ora... soddisfazione. Sono solo stanco. Non ho riposato per più di venticinque anni.-
- Non credo di avertelo mai chiesto... quanti anni hai?-
- Sarebbero stati trentotto tra qualche mese.-
- Sembri più giovane...-
- Mi stai facendo un complimento?-
- Questo dipende da te.-
- Tu quanti ne hai...?-
- Ventuno.-
- Avresti avuto tutta la vita davanti. Ed invece guardati, in braccio ad uno di diciassette anni più vecchio il cui unico pensiero è levarti i pochi vestiti che ti sono rimasti. A pochi passi dalla morte.-
- Non importa, te l'ho già detto. E poi... mi piace stare seduta sulle tue gambe. Mi... trasmetti calma.-
Avrebbe voluto dirle che le sarebbe piaciuto ancor di più mettersi a cavalcioni su di lui, ma preferì evitare. Si limitò a stringerla a sé in un lungo abbraccio. Avevano finito di parlare, non avevano più niente da dirsi e lui lo sapeva, entrambi lo sapevano. Per questo ci si era aggrappato con tutte le sue forze, stava cercando di perdere tempo. Voleva godersi il suo calore per un altro po', l'odore della sua pelle, il suo respiro, il battito del suo cuore. Erano passati solo tre giorni, eppure gli aveva smosso qualcosa. Forse si era addirittura innamorato. Incredibile, Pavel Yudin che teneva ad una donna al punto da innamorarsene... chissà se lei provava le stesse cose, o se le negava per via di quello stupido voto.
Passò tempo immemore, durante il quale si rifiutava di lasciarla andare; ma, prima o poi, doveva farlo. Ed il tempo era giunto, ormai.
Si guardarono negli occhi e lei si alzò in piedi. Pav prese la sua Luger, tirò indietro il ginocchiello e ci inserì i due proiettili. Improvvisamente, quell'azione tanto meccanica gli risultava essere uno scoglio insormontabile, come se non avesse mai tenuto in mano un'arma da fuoco. Gli tremavano violentemente ed aveva rischiato di farla cadere più volte.
- Scusa.-
- Per cosa?-
- Per averti creato tanti problemi. Questo problema.-
- Il problema l'ho creato io in primis, uccellino. Ed ora devo affrontarne le conseguenze.-
La Luger era carica. Si alzò e la raggiunse. Tolse la sicura e le appoggiò la canna alla tempia sinistra. Fece un profondo respiro, riuscendo a fermare il tremolio della mano, il cuore gli stava per esplodere nel petto. Maddalena non si scompose, continuava a guardarlo negli occhi, a cercare di rassicurarlo solo con lo sguardo ed un sorriso sereno in volto. Dannazione, non aveva idea che ciò stesse sortendo l'effetto opposto.
Era un bastardo. Era un bastardo. Non era stato capace di salvarla.
- Grazie per avermi fatto uscire dalla gabbia. Ti voglio bene, Pavel.-
- Anche io, non sai quanto, Maddalena.-
Lei chiuse gli occhi e lì entrambi seppero che il momento fosse, purtroppo, finalmente giunto.
Il grilletto venne premuto. Fu lo sparo più assordante che avesse mai sentito.
Il proiettile le attraversò il cranio uccidendola sul colpo, facendole uscire parte del cervello dalla tempia destra assieme al suo sangue. Liquido scarlatto le uscì dalle orecchie, dal naso, dalla bocca. Il corpo di Maddalena si afflosciò, le ginocchia cedettero e Pav le avvolse il braccio destro attorno al busto, accompagnandola fino a farla distendere sul pavimento con dolcezza, inginocchiandosi di fianco a lei. Aveva uno sguardo così pacifico, privo della tensione che la caratterizzava quando dormiva. Si chinò su di lei, le accarezzò il volto e spostò i capelli insanguinati in modo da vederla meglio, e la baciò. Premette le labbra contro le sue in un bacio casto, come avrebbe voluto lei. Si leccò via il sangue.
Le mise le mani in grembo come se stesse dormendo, si tolse la giacca e la coprì, poi indietreggiò quasi barcollando, tornando a sedersi sulla poltrona.
Si rigirò la pistola tra le mani, stringendo i denti. Non riuscì a trattenere i singhiozzi, i quali si trasformarono presto in un pianto. Pianse, piegato in avanti, come un bambino, come aveva pianto quando aveva realizzato, dopo ore, che non avrebbe mai più rivisto la sua famiglia. Aveva sempre pensato che quello dopo l'uccisione di Kaiser sarebbe stato il momento più bello e soddisfacente che avesse mai vissuto, ma invece era lì, a petto nudo, che tremava non per il freddo ma per gli spasmi del proprio corpo. Maddalena era morta, Daan era morto, tutti erano morti, anche Kaiser. Era da solo, sapeva già lo sarebbe stato, ma non sapeva che avrebbe avuto la sfortuna di trovare compagnia proprio nei suoi ultimi momenti, e che quella compagnia gli avrebbe fatto provare così tanto.
...
Con la visione sfocata dalle lacrime, si appoggiò allo schienale della poltrona, fece un profondo respiro, aprì la bocca... e sparò il suo ultimo colpo.
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