𝘀𝗼𝗺𝗲𝗯𝗼𝗱𝘆 𝘁𝗼 𝘁𝗮𝗸𝗲 𝘆𝗼𝘂 𝗵𝗼𝗺𝗲 𝘁𝗼𝗻𝗶𝗴𝗵𝘁

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– Merda, avrei dovuto prendere la giacca. –

– Nah, io sono contento così. –

– Sarai ancora più contento quando domani mi sveglierò con quaranta di febbre, Yūji. –

– Vieni qui, allora, ti scaldo io. –

Sento le sue braccia avvolgermi da dietro, come stamattina, quando stavamo lavando i piatti. L'ambiente circostante è decisamente meno intimo e decisamente meno confortevole, è pieno di gente qua, nel cortile interno del locale dove siamo, ma l'effetto è sempre e comunque lo stesso.

Mi scaldo.

Inevitabilmente, mi scaldo.

E non so quanto abbia a che fare col fatto che mi stia abbracciando qualcuno quanto con la consapevolezza che ad abbracciarmi sia proprio lui.

Ridacchio.

– Come fai a fumare con le braccia addosso a me? –

– Così. – risponde, sporgendo il collo oltre la mia spalla e appoggiando le labbra sul filtro della sigaretta che io ho in mano.

Aggrotto le sopracciglia.

– E chi ti ha dato il permesso di fumare la mia sigaretta? Magari sono germofobico, che ne sai. –

– Oh, sì, sicuramente, sei germofobico e super schifato dalla mia saliva, come ho fatto a non capirlo. Probabilmente sono stato ingannato dal modo in cui ieri cercavi di farti mangiare la fa... –

– Ok, ok, 'fanculo, fuma la mia sigaretta. –

Ride di nuovo, si sporge di nuovo, smetto di protestare di fronte alla palese evidenza dei fatti.

Questo stronzo.

È troppo... troppo per il suo stesso bene.

La mia testa cade verso la sua spalla, vedo dall'alto le sue braccia stringermi forte la pancia un po' per coprire la mia pelle nuda dal freddo, un po', credo, anche solo per toccarmi.

Lascio perdere e fisso lo sguardo di fronte a me.

Futa e Bob sono così a loro agio con se stessi e col contatto fisico che quasi paiono finti.

Il primo sta tutto tranquillo come se niente fosse con le braccia incrociate e la sigaretta fra le dita, il secondo ha letteralmente la testa appoggiata sopra quella del suo fidanzato e più che su una persona pare appoggiato su un appendiabiti da quanta nonchalance dimostra nel gesto.

Gli tira la faccia mentre parla.

Gli pizzica la guancia e la stira come se stesse infilando le mani in un pezzo di pongo, gli tocca gli zigomi, le orecchie, i capelli, ci gioca e quell'altro lo lascia fare, probabilmente così abituato da non rendersene nemmeno conto.

Sono carini.

Sono di quelle coppie che ti fa venire il diabete, tranne che essendo loro due, che sembrano e sono due persone davvero fuori dal comune, probabilmente mi troverei più a disagio se non fossero in questo modo.

– È da prima che volevo chiedertelo, ragazzo dei fiori, che cos'è che ti stavi dicendo con quella tipa? Ti guardava come se volesse saltarti addosso e non nel senso simpatico della cosa. –

Sbatto le palpebre verso Futa e torno a concentrarmi sulla conversazione.

– Chi, la ragazza al bancone? –

– Sì, quella riccia. –

Alzo le spalle, so che Yūji dietro di me sta sorridendo anche se non lo vedo.

– Mi ha chiesto se io e Casanova qui fossimo fidanzati o cosa. –

– E tu che hai risposto? –

Le labbra di Yūji si chiudono accanto alle mie dita.

– Non ancora. –

Futa ridacchia, Bob guarda accanto alla mia faccia il suo amico negli occhi con un'espressione tutto tranne che sottile, sento i bordi delle mie labbra alzarsi istintivamente.

– Poi mi ha detto che se proprio le cose stavano così allora avrebbe aspettato che Yūji mi mollasse per riprovarci. –

– Sul serio? –

– Giuro. –

– E tu...? –

– E io le ho detto che dopo che avremmo fatto sesso allora gli avrei chiesto quando aveva intenzione di lasciarmi. –

Terushima ride, dietro di me, una risata più aperta, più chiara, Bob alza le sopracciglia al cielo, Futa imita la mia espressione tirando su gli angoli della bocca in quello che più di un sorriso sembra una strana, maliziosa promessa.

– Mmh, una serpe, il ragazzo dei fiori. La rosa ha le spine, eh? –

– Non è che ho le spine, è che c'è un limite alla quantità di cose che puoi dire ad una persona che manco conosci, e lei l'ha superato. –

– Sono d'accordo, – mugugna Yūji dietro di me – e comunque se Tadashi fosse un fiore sarebbe un girasole. –

– Come dici tu, come dici tu. –

Batto via la cenere dalla sigaretta che non sto fumando, sento un bacio nascondersi sulla parte più esterna della mia guancia e lascio perdere la tipa, che è stata la prima ad esprimere il suo malcontento nei confronti di un'eventuale Yūji occupato ma che sono piuttosto sicuro non sarà l'ultima.

Torno a Futa, che ora ha le mani di Bob sulla collana che porta a girargliela attorno al collo non so se per rimetterla a posto o per cos'altro.

– Comunque ti dà fastidio che io abbia parlato di sesso? Non so, non ho mai conosciuto nessuno che fosse asessuale e sono super ignorante sull'argomento, quindi non vorrei... –

– No, no, tranquillo. Nessun problema. Non mi dà fastidio. Ad alcune persone sì, ma a me non fa né caldo né freddo. –

– Davvero? –

Scuote la testa.

– Prometto. –

Mi mordo l'interno della bocca, lo guardo un secondo, le rotelle del mio cervello girano.

Cerco di porla nel modo meno stupido che posso, la domanda che faccio poi.

– Non voglio suonare indiscreto e giuro che se ti metto a disagio mi sotterro da solo, però posso chiederti come... funziona? –

– Il sesso per un asessuale? –

– Sì, ecco. Non mi piace l'idea di non saperne nulla, visto che siamo amici vorrei evitare di fare casino o di dire la cosa sbagliata. –

Futa apre ancora di più il suo sorriso, e questa volta è dolce, carino. Si sporge verso di me e mi accarezza una guancia.

– Lo sai che sei adorabile, ragazzo dei fiori? Te l'ha mai detto nessuno? Yūji, se gli fai qualcosa di male potrei persino arrivare ad arrabbiarmi con te. –

Terushima ride, oltre la mia spalla.

– Non voglio fargli niente di male, prometto. Oddio, dipende dai punti di vista, un paio di cosacce in mente le ho, però niente di... –

Gli pianto la sigaretta in bocca.

– Sta' zitto, questo è il momento in cui imparo delle cose, non quello in cui tu fai il broccolone. –

– Il broccolone? Anche tu con questa storia? –

– Yūji, fuma e non fare rumore. –

Capitola con un sospiro che più che esasperato pare molto divertito, mi stringe più forte e finalmente fa silenzio.

Torno con la mia attenzione completamente verso Futa.

Lui mi sorride.

– Allora, prima di tutto c'è da fare una premessa. Asessualità è un po' un concetto generico, nel senso che ci sono tantissimi modi in cui le persone la vivono e tantissime sotto-categorie all'interno dello spettro, quindi quello che io ti dico riguarda me ma potrebbe non riguardare un'altra persona asessuale, ok? –

– Ricevuto. –

– Per fartela facile io il sesso lo vivo come la tachipirina. Non la prendo tutti i giorni, solo se il mio corpo ha bisogno che la prenda. Prenderla non è di per sé un problema ma se non ne sento la necessità allora rimane là dove sta sul comodino del bagno. Non la cerco quando non mi serve, non ne sento la mancanza, non ne sento attrazione. Per me funziona così. –

Annuisco brevemente, per fargli capire che ci sono.

– Per altre persone asessuali invece è più come... i bastoncini di sedano crudo che ti danno quando chiedi l'alternativa vegetariana ai buffet. Non è che ti piacciano, però se ci sono uno li mangia. –

Lo vedo alzare le braccia, incrociarle di fronte a sé.

– Per altre ancora è tipo il cianuro. No, no, non se ne parla. Nessuno vuole saperne nulla. Tenete quella robaccia lontano da me. –

Lascia cadere le braccia, prima che possa riuscirci però Bob si sporge e gli stringe i polsi, gioca con gli anelli sulle dita, Futa non sembra neppure accorgersene.

– Appurato questo, poi, la difficoltà a parlarne dipende molto più dalla persona che da altro, perché è vero che alcune persone asessuali sex-repulsed sono proprio schifate dal sesso e non vogliono sentirne parlare, però non è uno standard, è una preferenza personale. Ci sono anche tante persone eterosessuali per cui parlare di sesso è un problema, non c'entra tanto con l'orientamento, più con la personalità. Tipo... –

Per un attimo pare pensare a qualcosa, ricomincia a parlare dopo qualche istante.

– Io ora come ora non ho alcun problema, però a prescindere dal mio orientamento sessuale ci sono stati anni in cui per me anche solo sentire la parola era un problema. Però non c'entra l'asessualità, ecco, c'entra... oddio, come lo dico senza rovinare la serata, diciamo che... –

Yūji s'irrigidisce dietro di me, lo sento chiaramente, il modo sereno e senza pensieri in cui Bob teneva le mani addosso al suo ragazzo diventa più intenzionale, più protettivo, apro la bocca per dire che non c'è alcun bisogno di affrontare un argomento che generi tali reazioni ma prima che possa, Futa mi precede.

Si gira un po' di fianco, prende la gonna che ha indosso e la tira su sulla coscia.

Quando vedo i serpenti attorno al volto di una donna, capisco senza bisogno che lo espliciti.

So che cosa significa avere un tatuaggio della Medusa addosso.

Mando giù la saliva con più fatica di quanto mi sarei aspettato e cerco di reprimere l'istinto di sporgermi e abbracciarlo perché se ha voluto dirmelo senza le parole so che è perché al momento non vuole minimamente affrontare l'argomento.

Lo guardo nel modo più dolce che posso, però.

Giusto per tentare di fargli capire che mi spezza il cuore sapere che qualcosa del genere gli sia successa e che gli sono davvero grato per aver voluto condividere con me un evento tanto traumatico della sua vita.

Quando lascia cadere la gonna e alza le spalle, sia Yūji che Bob rilassano la loro tensione, tornano tranquilli com'erano prima, probabilmente tranquillizzati nel vedere Futa sorridere esattamente come stava facendo qualche minuto fa.

– Però ora non c'è nessun problema con l'argomento, davvero, quindi sentiti libero di dirmi tutte le zozzate schifose che fai, per me è assolutamente ok. È passata una vita e tutta la pet therapy che ho fatto tenendo in casa quella scimmia del mio ragazzo ha funzionato alla grande. –

Rido appena, Bob aggrotta le sopracciglia, lo vedo mugugnare qualcosa che non sento, Futa gli batte piano la guancia un paio di volte e gli bacia l'altra subito dopo, quando si sorridono persino a me che sono tutto tranne che romantico viene da sospirare.

Ho visto l'amore in diverse rappresentazioni, dal vivo e non, ne ho letto, l'ho guardato nei film, credo persino di averlo provato in determinate parti della mia vita e sono consapevole che il germoglio che in questo momento sto annaffiando dentro al mio petto potrebbe seriamente sbocciare in quel giardino.

Però Bob e Futa...

Condividono qualcosa che non credo le persone normali possano provare.

Qualcosa di così forte e di così perfetto e di così profondo che non riesco nemmeno a esserne invidioso, tanto colpito da quanto due persone possano essere parti speculari della stessa cosa.

È il tiro successivo di Yūji a distogliermi dai miei vaneggiamenti.

La sigaretta è finita, la carta è bruciata fin quasi al filtro e la sento... scottarmi le dita.

Sobbalzo, mi rilasso quando mi chiede scusa a mezza voce e torno con la mia marea più verso chi mi sta dietro che chi mi sta davanti.

Sfila il mozzicone dalle mie dita, lo spegne sul bordo del cestino che ha a fianco e la butta, distante giusto un secondo prima di rimettere gli occhi sui miei e riprendermi fra le braccia.

Quando gli chiedo se possiamo rimanere ancora fuori così posso fumare anch'io mi sgrida perché "ma che cazzo chiedi il permesso Tadashi tu fai quello che vuoi" e torniamo com'eravamo prima, solo col filtro fra le mie labbra invece che le sue.

Futa e Bob sono tornati all'ordinaria amministrazione.

Futa super rilassato e Bob con le mani ovunque tranne che su di sé.

– Comunque, ragazzo dei fiori, non se te l'ho già detto ma stasera sei pure più bello del solito. Giuro che mi stai facendo diventare il fan numero uno delle lentiggini. –

Yūji sbuffa.

– Numero due. Numero uno sono io e non accetto contraddizioni. Stai al tuo posto. –

Bob alza le spalle.

– Sì, topino, non mi sono fatto fare una testa così per poi vederlo farsi rubare il podio. Mi spiace. –

Alzo le sopracciglia, so che Yūji mi sente ridacchiare.

– "Una testa così"? Ti piacciono così tanto? –

– Il giorno dopo averti fatto il tatuaggio stavamo tatuando tutti e due la stessa persona e ha passato cinque ore, cinque, giuro cinque, a dire cose tipo "ah ma tu non hai idea le ha anche dietro le ginocchia", "ti assicuro che sono la cosa più carina che io abbia mai visto", "sono un simp per le lentiggini secondo te esiste un forum su internet", "sono lentigginisessuale" e ti risparmio il resto perché se ha fatto cadere le braccia a me non so cosa potrebbe fare a te. –

Giro la testa di novanta gradi.

– "Lentigginisessuale"? Sul serio? –

– Senti, vorrei vergognarmene ma non sono in grado di provare vergogna. Sì, l'ho detto, lo penso, visto che il forum di merda su internet non l'ho trovato sono a tanto così dal fondarlo io. –

Infilo la lingua fra i denti, abbasso drasticamente il tono della voce.

– E pensare che non le hai viste nemmeno tutte. –

– Già, è vero. Quand'è che me le fai vedere tutte? –

– Io volevo stamattina, sei tu che hai detto di no perché volevi portarmi fuori. –

– Ora che siamo fuori però è un altro discorso. –

Si sposta, tanto da potermi guardare bene negli occhi.

Poi gli occhi non li guarda, eh, che ha le pupille incollate alle mie labbra, però...

– Se fai il bravo tutta la sera poi te le faccio vedere tutte, ok? –

– Non so se sono capace di fare il bravo, e poi non eri tu che avevi un piccolo punto debole per i ragazzacci tatuati che si fanno la qualunque? –

Mi mordo l'interno della bocca.

– Potrei averlo detto, è vero. –

– E allora non chiedermi di essere qualcosa che non sono. –

Anche a me cade lo sguardo sulle sue labbra e quando mi cade vedo la pallina del piercing che balla contro l'arcata dei denti, inizio a fissarla e non riesco molto a pensare ad altro e...

– Tu non sei un bravo ragazzo, Yūji? –

– No, Tadashi. Decisamente non sono un... –

Lo bacio prima che finisca di parlare perché c'è un limite alla sopportazione umana e la mia a quanto pare è davvero scarsa.

Gli mugugno addosso quando il metallo entra a contatto con la mia lingua, è piacevole in un modo che prima non avrei mai immaginato e sono sicuro che se mi ritrovassi a baciare qualcuno che non è lui la prima cosa che penserei sarebbe che senza, è molto peggio.

Quando ci stacchiamo il mio cuore batte più forte, il mio respiro è più corto, il mio sangue più caldo.

Mi sento sempre come se mi stessi facendo di qualcosa di strano quando sono con te.

– Allora rientriamo? –

Mi giro verso Futa cercando di scendere dal settimo cielo.

– Arrivo. –

Prendo un paio di tiri, lascio a Terushima il mozzicone da buttare e annuisco.

Rientro seguito dalla mia improbabile ma perfetta compagnia di amici qualche secondo dopo.

Sono un po' più stanco, un po' più alticcio e un po' più rilassato qualche ora dopo, quando lascio che la porta del bagno si chiuda dietro di me mentre esco per tornare dagli altri.

Hanno messo la musica, dopo un po', e se prima l'ambiente era giusto influenzato dal tono di qualche canzone pacifica, ora il rumore mi rimbomba nella testa e le luci mi rendono un po' più difficile ritrovare la strada verso il nostro tavolo.

Mi sistemo i jeans sui fianchi, ci passo le mani ancora umide sopra di riflesso, stiracchio la schiena e cerco di ripercorrere la strada che ho fatto qualche minuto fa.

Terushima e Bob si notano come due lampioni in una strada buia, mi rendo conto, quando appoggio lo sguardo su di loro.

Sono davvero troppo alti per il loro stesso bene.

Sorrido d'istinto, stiro la schiena e tento di tornare dov'ero.

Sono circa a metà strada quando qualcuno che fino ad un attimo fa mi dava le spalle si gira dalla mia parte, palesemente intenzionato a parlarmi, e mi ritrovo a fermare le gambe per sentire cos'ha da dirmi.

All'inizio non capisco.

La musica è troppo forte, qui.

Gli faccio cenno di avvicinarsi.

Mi mette le labbra a pochi centimetri dall'orecchio prima di riprovarci.

– Sei qui con qualcuno? –

Se sono qui con...

Annuisco.

– Sì, sono qui coi miei amici, perché? –

Mi rivolge l'accenno di un sorriso, prima di rifare quel che ha fatto prima.

– Ti va se ti offro qualcosa da bere? –

Cerco di tenere il viso nell'espressione più pacata che riesco a produrre, mentre scuoto la testa.

– Mi spiace ma sono nel bel mezzo di un appuntamento, non credo davvero sia il caso. –

– Quindi sei fidanzato? –

– Fidanzato no, ma interessato ad un'altra persona di sicuro. –

Il ragazzo si allontana, mi guarda, il sorriso sul suo volto è un po' più grande di un attimo fa, però è meno genuino.

Alza le spalle.

Faccio per fare un passo indietro ma lo vedo tirare su una mano per interrompermi, io non mi ritraggo.

No, non m'interessa.

Ma non vedo un buon motivo per essere maleducato con qualcuno che mi ha fatto solo una domanda.

Si tasta le tasche della giacca, tira fuori qualcosa, credo un biglietto della metro. Si gira di spalle e urla qualcosa ai suoi amici che non riesco a sentire, nel giro di qualche secondo rimedia una penna.

Scribacchia qualcosa sul biglietto.

– Se poi il tuo appuntamento dovesse andare malissimo, lavoro in un bar che fa davvero un ottimo caffè. Quando vuoi. –

Mi porge il pezzetto di carta con quello che mi rendo conto essere il suo numero di telefono scritto sopra.

Sorrido, lo prendo, ringrazio.

Mi allontano per tornare dagli altri il secondo dopo.

Mi rendo conto, nei pochi passi che mi dividono da Terushima che sta lanciando il tovagliolo fatto in piccoli pezzi a loro volta ridotti in palline minuscole a Bob, che questa cosa mi fa sorridere.

Non avere ricevuto il numero di qualcuno, ma che non mi sia sentito tremendamente e schifosamente in imbarazzo a dire di no, che tutt'ora non provi disagio.

Questo posto mi fa bene, molto più di quanto credessi.

Loro, mi fanno bene, che sono folli, sono pazzi, però mi mettono nella condizione di essere sereno.

Sì, Yūji aveva ragione qualche giorno fa mentre mi tatuava.

Non è che fossi io, sbagliato, l'anno scorso tra le pareti di casa mia.

È solo che quel posto proprio non faceva per me.

Mi avvicino ad una delle gambe di Terushima e gli colpisco la coscia col ginocchio, aspetto che mi guardi, sventolo in aria il biglietto del tram.

– Mentre tornavo dal bagno un ragazzo mi ha dato questo. Fai attenzione, ho la fila. –

Sorride, si sporge per prendere il numero e glielo lascio.

– Ti mollo un secondo e rimorchi tutto il locale? Sei da rinchiudere, mi rubi la scena. –

– Esatto, i tuoi giorni da Dongiovanni sono finiti, sono la nuova star di questo posto. –

Allunga il braccio quanto basta per ancorarlo alla mia maglietta, mi tira giù e gli permetto di farlo, sento la sua mano stringermi le guance prima di trovarmi le sue labbra sulle mie.

– Non ci siamo manco messi insieme e già mi cerchi il rimpiazzo, Tadashi? –

– Se ti dicessi che è così? –

Fa "no" con la testa.

– Ti direi che ci vuole molto più di un tizio a caso che ti dà il numero per rimpiazzarmi. –

– Sei tanto sicuro di te, tu, te l'hanno già detto? –

– Un paio di volte. –

Ridacchio, lui mi fissa le labbra, mi bacia di nuovo, poi mi trascina giù. Mi sento prendere dai fianchi mentre cerco di non spiaccicarmi addosso al suo corpo, mi sposta facilmente, atterro seduto di traverso sulle sue cosce con le gambe che penzolano giù dal divanetto e una spalla premuta sul suo petto.

Forse mi sentirei in imbarazzo a mettermi così di fronte ad altre persone, ma qui nessuno pare interessarsene, e Futa e Bob sono avvinghiati in un modo tanto impensabile che immagino davvero di non potermi nemmeno preoccupare.

Sono presi a parlare di qualcosa che non sento, quando mi concedo di dar loro un'occhiata, e paiono talmente concentrati l'uno sull'altro che suppongo anch'io di potermi concedere più attenzione verso la persona per cui, alla fine della storia, sono qui.

Torno con gli occhi su Yūji.

Quando mi volto, lo trovo a guardarmi.

Prima che possa dire qualsiasi cosa mi stampa un bacio sulle labbra e sorride, poi apre le braccia sullo schienale, si lascia cadere indietro e aspetta che io dica qualcosa.

Non che sappia cosa dire, eh.

Ma quest'uomo mi dà la sensazione che qualsiasi cosa mi passi per la testa sia comunque un argomento accettabile.

– C'era davvero bisogno di farmi sedere sopra di te davanti a tutti? – mi ritrovo a chiedere poi, scherzando.

Annuisce.

– Certo che c'era bisogno, e se poi qualcun altro volesse provarci con te? Devo dichiarare i miei intenti. –

– E quali sarebbero i tuoi intenti? –

– Di tenerti tutto per me, assolutamente. –

Alzo un sopracciglio, mi aggrappo su una delle sue spalle per girarmi più dalla sua parte, per poterlo guardare bene in faccia.

– Dice quello che mi fa insultare dalle sconosciute perché si è fatto la qualunque. –

Fa spallucce.

– Mica è colpa mia se le persone non ascoltano quello che gli dico. Io sono onestissimo, sono loro che fraintendono. –

– Non ti sei davvero mai voluto frequentare con nessuno? Nemmeno una volta? –

Scuote il capo.

– Mai. Sesso e basta. Non ho mai sentito davvero il bisogno di altro. –

– Mi sembra così strano. –

– In senso negativo? –

– No, oddio, assolutamente no. Non ti sto giudicando. Non riesco a capirlo ma non perché sia una cosa brutta, solo perché è una cosa che non ho mai provato. –

Sorride, si china verso di me, mi bacia una guancia.

– Non farti prendere dal panico, lo so che non mi stai giudicando, ti conosco. –

– Oh, menomale. –

La tensione che per un istante mi aveva contratto i muscoli si scioglie, mi avvicino di più, prendo fiato per parlare con calma.

– È che comunque devi essere molto aperto con le persone per frequentarne così tante, ecco. Devi fidarti. Fare sesso con qualcuno è comunque qualcosa di privato. È davvero super distante da me questa cosa. –

– A me piacciono le persone. Mi piace condividere con loro. Non m'interessava legarmi perché non ho mai trovato qualcuno che mi facesse sentire come mi fai sentire tu, però ho sempre trovato divertente trovare una connessione con tante persone diverse. –

– E non ti è mai successo qualcosa di brutto? Non ti sei mai trovato in una brutta posizione perché avevi deciso di dare un'occasione a qualcuno che non se la meritava? –

Sospira piano, lascia che una mano s'inerpichi sulla mia schiena e muove pacatamente i polpastrelli sulla mia spina dorsale.

– È successo, sì. È successo che qualcuno infrangesse i miei limiti personali, che qualcuno ignorasse la mia volontà di non avere alcuna relazione dopo e che qualcuno non capisse che per me le cose sono esattamente come le dico, nulla di più, nulla di meno. Però non ci ho mai dato troppo peso, non voglio farmi affossare da chi non mi rispetta come persona, non se lo meritano. –

Lo guardo negli occhi, sento sulla mia faccia un'espressione totalmente naturale di sola dolcezza.

– Lo sai che sei davvero una bella persona? –

– Anche se mi sono fatto la qualunque? –

Rido piano.

– E mica è un punto di demerito, quello, più esperienza hai tu più cose magiche riesco a farmi fare io. Certo credo che il tuo fanclub prima o poi mi taglierà le gambe, ma alla fine sono solo gambe, dai. –

– Se ti tagliano le gambe mi incazzo io per te, mi piacciono le tue gambe, miseria. –

– Ok, allora ci conto. –

– Contaci. –

Incastro il retro dei gomiti dietro la sua testa, Yūji sposta le mani per tenermi stretta la vita, mi godo la sensazione delle sue labbra sulle mie per un attimo senza un briciolo di fretta o di foga, solo dolcezza.

Rispondo alla domanda che mi girava in testa da quando qualche settimana fa t'ho visto apparire di fronte ai miei occhi con un succhiotto sulla pelle tatuata.

Non sono geloso del tuo passato.

Sono geloso di te ma non del tuo passato.

Sono geloso di te nel contesto in cui tu ed io abbiamo questa cosa, ma che tu abbia fatto quel che ti divertiva non m'interessa.

Sarei solo un insicuro, se sapere che hai frequentato molte persone mi facesse desistere da quest'attrazione che provo nei tuoi confronti. Sarei ingiusto, sarei cattivo, perché oltre a giudicare le tue scelte, cosa che nessuno dovrebbe permettersi di fare, rinnegherei te come sei ora perché se quelle scelte non le avessi fatte non saresti la persona che sei.

Io non ci riesco ad essere un insicuro, qui con te.

Credo tu mi renda davvero una persona migliore.

Quando ci stacchiamo Yūji trascina le mani dai miei fianchi alle cosce, di nuovo mi tira su e mi sposta, mi ritrovo a cavalcioni su di lui e per quanto questo sia ancora più disinibito non credo che le persone in questo locale siano particolarmente colpite da qualcosa del genere.

Ignoro quel grammo di disagio che mi sale su dall'esofago.

Non sei più in un paesino di merda frequentato solo e sempre dalle stesse persone, Tadashi.

Sei in una città grande, con persone della tua età, in un luogo dove non ti è richiesto di fingere una compostezza che non hai e dove puoi comportarti come meglio credi nei limiti del rispetto degli altri.

Rilassati, qui puoi fare il ventunenne pazzo quanto ti pare, nessuno ti guarderà storto domani  mentre cerchi di comprare il pane perché ti baci coi ragazzi e non con le ragazze.

Stendo le braccia sulle sue spalle, sento il peso confortevole delle sue mani sui fianchi, mi sale un brivido lungo la spina dorsale mentre percorre col polpastrello le linee che lui stesso ha tatuato sulla mia schiena.

Sorride quando avvicino il naso al suo.

– Allora, adesso che inizia a farsi tardino, bilancio dell'appuntamento? Posso essere così audace da invitarti da me o sono stato un disastro e non vuoi rivedermi mai più? –

– Mmh, fammici pensare. –

Mi sento mordicchiare piano una guancia, fingo di rimuginare quando in realtà non sto facendo altro che flirtare e prenderlo in giro.

– Dal punto di vista estetico mi dico molto soddisfatto. Si riconferma la mia inclinazione per i ragazzacci tatuati, sempre una garanzia. –

– Senza i tatuaggi mi avresti mollato, stai dicendo? –

– Senza i tatuaggi non saresti stato tu, cretino. –

Annuisce, conviene con me, mi lascia pensare ancora.

– È stato molto carino poi che tu mi abbia offerto da bere. Certo sarebbe materialista da parte mia dire che è stato determinante, non mi permetterei mai, ma mi piace farmi viziare di tanto in tanto. –

– Oh, sul serio? –

– Non fare finta di non saperlo, lo so che lo sai. –

– In effetti me ne sono accorto la prima volta che ti ho portato il caffè. –

Sorride, si china verso il mio viso, fa per baciarmi ma lo spingo indietro con calma.

Non ho finito la mia valutazione, dammi tempo.

– Nota di merito per questa tua palese tendenza a non sapermi togliere le mani di dosso. Non mi rende tanto facile ragionare ma fa cose simpatiche alla mia autostima. E a quel che rimane del mio povero cervello. –

– Già che ragioni ti dovrebbero dare una medaglia, io è tutta la sera che cerco di far tornare su il sangue per pensare ma non ci riesco. –

Stringo le labbra, piego il capo.

– Saranno i pantaloni a vita bassa, forse è stato scorretto da parte mia. –

– Colpa mia, ti ho persino tatuato per convincerti. –

Ridacchio, quando le sue mani si stringono su di me sento la mia schiena inarcarsi naturalmente nell'aria.

– Mi dico anche molto soddisfatto della compagnia. Mi viene sempre l'ansia ad uscire con qualcuno e i suoi amici, ma i tuoi sono di tutt'altro livello. –

– Bob e Futa sono il colpo finale, se non vuoi rimanere con me dopo aver conosciuto loro davvero sei pazzo. –

– Sono d'accordo, non sapevo di volerli ma ora credo che se qualcuno provasse a togliermeli potrei fare davvero una strage. –

– Non dirlo a me, se me li tolgono perdo la mia Santa Trinità. –

– La tua Santa Trinità? –

– Sì, io Bob e Futa siamo le Powerpuff Girls. –

Scoppio a ridere, mi imita, lo sento toccarmi le cosce, accarezzarmi la pelle coperta dal tessuto spesso dei pantaloni.

Mi riprendo con un sospiro.

– Cosa manca d'altro da recensire? –

– Beh, ovviamente la mia impeccabile compagnia. Come sono, eh? Sono o non sono la persona più divertente del mondo? –

– Sei un cretino. –

Alzo le spalle, annuisco sconfitto.

– Però sì, sei la persona più divertente del mondo. Non posso proprio negarlo. –

Mi riserva un sorriso che più che suadente ora è proprio vittorioso, gli pizzico una guancia, lui non cede nemmeno di un millimetro.

– Quindi? Via libera? –

Appoggio la punta del naso contro la sua.

– Solo se prometti di fare le cose come si deve che lunedì devo andare a lavoro e non voglio morire dal dolore ad ogni passo. –

Inclina la testa, le sue labbra si avvicinano alle mie.

– Lo dici come se non sapessi che sarai tu a chiedermi di farti le peggio cose appena saremo da soli. –

– Non ti chiederò di ridurmi uno straccio, Yūji. –

– Lo farai e lo sai meglio di me. –

Lo farò?

Mi ritrovo con le pupille che oscillano dalle sue alla sua bocca.

Sì, lo farò.

Ha ragione.

Non ha senso che gli chieda di essere delicato perché è vero che non appena saremo in un posto privato sarò io a pregarlo di non esserlo.

– Puoi almeno provarci a fare piano? Non faccio sesso da quasi un anno, Yūji, sono decisamente fuori allenamento. –

– Non mi sono fatto una reputazione facendo piano, Tadashi, te lo assicuro. –

– Mi stai dicendo che ne uscirò mezzo morto e che non ho speranze di scamparla? –

Si lecca le labbra, pare più un gesto di riflesso che qualcosa d'intenzionale.

– Ti sto dicendo che in qualsiasi modo tu ne uscirai probabilmente l'unica cosa che vorrai dirmi dopo è "grazie". –

– Cazzo, sei quasi troppo sicuro di te. –

– Quasi. –

Non c'è traccia della dolcezza di prima, quando mi bacia di nuovo.

Non c'è traccia della dolcezza e non della delicatezza.

Mi sa che l'ho acceso, e non ho la minima, assolutamente minima intenzione di spegnerlo.

Mi stringe verso di sé, mi tiene una mano sulla schiena e l'altra sul viso, mi piega a suo piacimento e lascia che il metallo freddo del piercing sulla sua lingua incontri la superficie molto più calda della mia.

Stringe una mano fra le ciocche scure, sotto l'elastico.

Tira.

Mi stacca da sé, mi sposta, le sue labbra si muovono prima sulla mia guancia, poi si fermano vicino all'orecchio.

– Lo devo prendere come un sì? –

Mi sento mancare il fiato.

– Sì, è un sì. Va bene, al diavolo, fa' del tuo peggio. –

– Sicuro sicuro? –

– Se poi qualcosa non mi va bene te lo dico là sul momento. –

Mi bacia di nuovo la guancia, stringe i capelli tanto che quasi la fitta che sento vira più verso il dolore che verso il piacere.

– C'è qualcosa in particolare che non ti piace? Qualcosa che per te è proprio un "no" assoluto? –

– Al momento non mi viene niente, se pensi a qualcosa di davvero eccessivo dimmelo e ti dico cosa ne penso. –

– Ok, ok, va bene. –

Si sposta verso la mandibola, il tremore che sentivo a livello delle spalle scende fino in fondo alla schiena.

– Ora dovrei farti il discorsetto "sappi che comunque non intendo avere nessun coinvolgimento romantico dopo" ma non mi sembra proprio il caso. –

– Che c'è, vorresti dire che vuoi un coinvolgimento romantico dopo? – rispondo scherzando, con la voce che trema un po' per la sensazione della sua bocca sul mio collo, un po' per la risatina che mi esce dalla gola.

– Non c'è già? –

– Dimmelo tu, se c'è già, Yūji. –

Sento un'ombra dei suoi denti sull'incavo della spalla, fatico a non gemere, gli strizzo le spalle fra le dita.

– Non voglio uscire con nessun altro. Non voglio fare questo con nessun altro. Non m'interessa che qualcun altro ci provi con me. Non voglio svegliarmi assieme a nessun altro e non voglio nessun altro in generale. –

Inspira forte il mio odore, sento distintamente la sua mano spingermi giù perché il suo bacino e il mio s'incontrino, l'aria nei miei polmoni inizia a rarefarsi.

– Mi piace il suono della tua voce, mi piace il tuo corpo, mi piace portarti il caffè la mattina e vederti sorridere anche se sei ancora mezzo addormentato. Mi piacciono le cose che dici, quelle che fai, i fiori che mi porti, il fatto che i miei migliori amici ti adorino e che tu anche se sembri delicato abbia la testa dura almeno quanto me. –

Mi abbraccia, forte.

Tra il cuore che batte per l'emozione e l'eccitazione che mi serpeggia nelle vene mi sembra quasi di essere in un altro pianeta.

– Non lo so com'è avere una relazione, Tadashi, non ne ho idea. Non so nemmeno se ne sono capace. Però se mai dovessi meritarmi di scoprirlo vorrei davvero che fosse con te. –

– Questo suona pericolosamente come se mi stessi chiedendo di metterci assieme, Yūji. –

– È esattamente quello che sto cercando di fare. –

Per un attimo, uno solo, mi fermo e chiudo gli occhi.

Lascio che tutto si faccia distante, che il mondo diventi silenzioso, che il mio cervello si dimentichi del mio corpo, che quel che mi circonda passi in secondo piano.

È inutile dire che quel che ho appena sentito sia scioccante, perché non lo è.

Non sono scioccato.

Non è un fulmine a ciel sereno.

C'è stato un momento in cui mi sono reso conto, nel tempo che abbiamo passato insieme da quel giorno in cui ha comprato dei fiori per chiedere scusa di qualcosa che non aveva nemmeno fatto lui, che le cose fra noi sarebbero finite così.

Sapevo che avremmo preso questa piega.

Non per questo provo un'emozione meno forte a sentirglielo dire.

Mi riempio di una felicità smisurata, euforica, irrefrenabile, provo qualcosa che in questo modo non avevo mai provato.

Non è soltanto sapere che mi vuole, non è solo la consapevolezza che abbia scelto me, non è prendere atto del fatto che qualcuno che non ha mai provato qualcosa del genere ora lo stia provando per me.

È comprendere finalmente la realtà delle cose.

È capire che nonostante io qui non abbia mai fatto nulla per rendermi più accettabile, più disponibile, più gentile o semplicemente più blando, lui comunque mi voglia lo stesso.

Sono scappato sei mesi fa perché il mondo mi stava stretto.

Sono scappato perché sapevo che se avessi continuato a farmi trascinare dal flusso delle cose, alla fine mi sarei reso conto che di me non era rimasto nulla.

Sono scappato per avere l'occasione di essere me stesso dove nessuno aveva aspettative di me.

E nonostante fossi convinto di dover vivere in eremitaggio per potermi dare la chance di non nascondermi più, lui mi dice col cuore in mano che io vado bene così come sono.

Terushima Yūji, maledetto bastardo col sorriso strafottente e troppo inchiostro addosso.

Non è che tu mi sappia ascoltare, il punto. Non è che tu mi dia retta, non è che tu mi riservi la tua attenzione, non è che tu mi veda.

È che non ho mai avuto bisogno nemmeno di pormi il problema.

Non ho mai, mai, mai una sola volta neppure pensato che non sarebbe stato così.

Mi hai messo nella condizione di non ricordarmi nemmeno come sia, credere di non essere abbastanza per nessuno.

E ora mi chiedi se puoi... "meritarti di avere una relazione con me"?

Tu ti meriti molto di più, e se non lo sai da solo perché non sai come farlo, allora proverò ad insegnartelo io, anche se molto meglio di te non è che sia poi messo.

Ma alla fine troveremo un modo.

Che sarà pazzo, anticonvenzionale, inaspettato e totalmente fuori di testa come noi.

Perché se non fosse così, allora nessuno dei due lo vorrebbe.

– Sappi che se poi becco qualcuno ad allungarti le mani addosso divento una belva. A differenza tua sono abituato ad essere geloso e nemmeno me ne vergogno troppo. –

– È un "sì"? –

– Pensavi che ti avrei detto di no?  –

– Non so cosa pensavo, so solo che sono giorni che penso di volerlo fare e l'ho fatto. –

Lo stacco da me piano, afferro il suo viso con le mani e lo guardo dritto negli occhi.

– Sì, Yūji, è un sì. Tu sei molto più bravo di me a dirlo ma non credere nemmeno un minuto che tu non mi piaccia quanto io piaccio a te. Sono cotto come un pesce lesso dal momento in cui hai detto al viscido di buttare lo scontrino nell'indifferenziata. –

– Allora lo pensi anche tu che sia un viscido? –

– Lo penso, lo penso. Mi ero dimenticato per un attimo di cosa volesse dire frequentare una bella persona ma me l'hai ricordato più che bene. –

Ride, di un misto di gioia e divertimento, mi accodo e lascio che la mia voce esprima un'euforia che a parole non so raccontare.

Ci ritroviamo con la fronte l'una sull'altra, quando mi bacia per l'ennesima volta è più giocoso, più contento.

Poi però mentre i secondi passano tutto quello che avevo dimenticato per potergli rispondere me lo ricordo all'improvviso, il mio corpo ricomincia a fare casino, il mio cuore a battere, il mio sangue a scendere verso il basso.

Ci avvinghiamo così saldamente che inizio a pensare potremmo davvero rotolarci su questo povero divanetto.

Mi stacco col fiatone che chiamarlo fiatone è dire poco.

– Ok, ora però fine dell'appuntamento. Andiamocene di qui. Non reggo un minuto di più. –

– Stavo per dirlo io, Tadashi. –

Lo guardo e lo bacio di nuovo perché proprio non riesco a farne a meno.

– Se non mi togli i vestiti di dosso nel giro di dieci minuti potrei davvero morire. –

– Anche io, ti assicuro, anche io. –

Mi chino ancora ma prima che possa fare qualsiasi cosa lo vedo infilare una mano dietro di sé, sulla tasca dei pantaloni.

Prende il portafogli, mi sposta delicatamente, lo lancia in testa al povero Futa che è di spalle a guardare qualcosa sul telefono di Bob.

– Stasera offro io, amori, che si festeggia. –

Futa lo guarda, ci guarda come se non fosse stato fin ora seduto di fronte a noi.

– Si festeggia? Che cosa? –

– Il giorno in cui ho deciso di votare le mie incredibili abilità sessuali ad una persona sola. –

Bob aggrotta le sopracciglia.

– Vi siete messi insieme? Stai dicendo questo? –

– Esatto, Terushima Yūji versione walk-in di tatuaggi e sesso ha chiuso i battenti. Ora sono un uomo impegnato. Ora per calarmi le braghe ci vuole la password. –

Mi volto dalla sua parte con le sopracciglia al cielo.

– La password? –

– Sì, qualcosa tipo "Yūji-il-tuo-cazzo-è-davvero-enorme-sessantanove". –

La domanda mi viene spontanea.

– Perché sessantanove? –

– Perché se no è una password debole. –

Vedo Bob annuire.

– La "Y" maiuscola? –

– Certo. –

Futa si accoda.

– Il resto tutto minuscolo. –

– Sì, giusto. –

Li guardo.

Tutti e tre, li guardo.

Poi guardo me stesso.

Non sono loro che sono tre pazzi.

Siamo tutti e quattro.

Siamo tutti e quattro una banda di idioti senza speranza col filo logico arruffato e intrecciato a formulare non più di un pensiero coerente alla volta, possibilmente sconcio, volgare, o assolutamente senza senso.

Rido e mi accascio contro Yūji che continua a descrivere la sua oculata scelta di sicurezza.

Non mi sono sentito così a casa nemmeno dove sono vissuto per tutta la vita.

Non c'avrei mai pensato che sarebbe stato con un tatuatore troppo sicuro di sé, un drogato di infusi alla liquirizia e il più grande fan del mondo conosciuto dei soprannomi inopportuni da dare al proprio ragazzo.

Però 'fanculo, loro hanno iniziato questa cosa.

Ora il fioraio insicuro coi pantaloni a vita bassa, loro lo devono cacciare a pedate prima che si allontani di un solo passo da un posto che finalmente lo fa sentire davvero in pace con se stesso.

─── ・ 。゚☆: *.☽ .* :☆゚.───

ok allooooooooooooooooooooooora poche cose veloci

1) questo sarebbe dovuto essere l'ultimo capitolo MA NON LO è perché mancano sia la smut (zozzon* lo so che volete solo quello) sia il finale ma arrivata oltre le seimila cinquecento parole ho deciso di spezzarlo in due perché se no davvero era eccessivo

2) il prossimo è la prossima cosa che esce, o domani o dopodomani (dopodomani al cento per cento), così finisco la storia sisi

3) la cosa che esce dopo ancora è soap, se volete il calendario lo trovate su instagram (lo rimetto aggiornato) o se qualcuno di voi preferisce che lo metta anche qua lo posto anche qua come preferite

4) nel caso in cui qualcuno si stesse chiedendo perché in questa storia la cosa che fanno di più i personaggi è parlare (letteralmente me ne sono resa conto oggi) è che mi sono accorta che questi due dove li metti stanno nel senso never had una ship che avesse una dinamica talmente interessante da farmi dimenticare degli avvenimenti e niente mi fa ridere perché di solito non è così e boh certe volte sti cretini fan tutto da soli e io me ne rendo conto dopo (julia posseduta)

niente fine vi chiedo poi se vi sia piaciuto

ci vediamo prestissimissimo

un bacino

mel :D

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