54 - Il mio chiodo fisso
"Sei sicura di volerlo fare?" Mi domandò Sole in preda al panico ma allungandomi comunque il mio zainetto.
"Sole, Eduardo è in coma. Voglio... voglio almeno salutarlo." Dissi senza alcuna emozione nella voce.
Dopo quella notizia scioccante le mie emozioni si erano ufficialmente spente.
Non so in che modo, non avevo idea di quale processo avesse attuato il mio cuore per evitarmi di soffrire ancora.
O forse era il mio raziocinio ad aver preso il sopravvento e stava momentaneamente zittendo ogni parte di me che voleva piangere, urlare e continuare a vederlo vivo seppure lontano da me.
Perchè in fondo sapevo ormai da tempo che non vi era più un futuro per noi due e questa ne era la conferma.
Gli avrei dato il mio ultimo saluto per poi sperare di vederlo almeno nei miei sogni.
"Il volo 815 per il Messico è in partenza al Gate numero 5." Sentimmo pronunciare dalla voce meccanica femminile.
"Savannah è il nostro. Dobbiamo affrettarci." Dichiarò teneramente Jay che aveva deciso di accompagnarmi in quel viaggio contro il tempo.
Acconsentii velocemente per poi salutare Sole e dirigerci verso il Gate.
In quanto non avevamo bagagli evitammo di fare il check-in, il che fu molto meglio ed arrivammo al Gate in men che non si dica.
"Sei sicura?" Mi domandò anche lui prima di superare l'accesso al corridoio che conduceva dritto nella pancia dell'aereo.
Acconsentii nuovamente per poi prenderlo per mano e fargli strada.
Il volo durò poco più di un'ora e lo passai a contemplare le nuvole bianche che l'aereo spezzava in due: esattamente come il mio cuore.
Percepii più volte lo sguardo di Jay su di me, sapevo benissimo che era in pensiero ma non sapevo cos'altro fare per fargli capire che non si doveva preoccupare.
Una volta usciti dall'aeroporto trovammo Josè ad aspettarci fuori con una faccia mesta, probabilmente uguale alla mia.
Emily mi corse in contro chiamandomi "Vanna" e per un attimo mi persi nei suoi occhioni innocenti che mi fecero sorridere per la prima volta dopo la terribile notizia.
"Ciao piccola!" La salutai prendendo la bambina in braccio che subito prese a giocare con i miei capelli sciolti sulle spalle.
Dopo che José e Jay si presentarono, l'uomo mi guardò tristemente e mi diede un leggero bacio in fronte.
"Andiamo dai." Propose lui facendoci strada verso la macchina.
Durante il tragitto in macchina me ne stetti per i fatti miei, mi persi ancora una volta a guardare fuori dal finestrino senza sapere bene a che pensare.
Non vedevo le macchine, vedevo immagini ormai sfuocate di me ed Eduardo in Brasile quando le cose andavano bene.
Ripensai a lui e non riuscii neanche ad immaginarmi il suo volto che sapevo fosse bellissimo.
Anche il ricordo del suo piercing era sfuocato.
"Savannah, siamo arrivati." Annunciò Jay aprendomi la portiera.
Possibile che non mi fossi accorta che Josè aveva spento la macchina?
Presi il mio zainetto posato senza alcuna cura al mio fianco, uscii dalla macchina e chiusi la portiera.
Una volta cominciate a salire le scale Josè mi fermò a metà rampa.
"Non fissare troppo Bianca. È completamente cambiata per questa orribile situazione." Ammise tristemente ed io acconsentii.
Quando Jay arrivò prima di noi in cima alle scale, la porta d'ingresso si aprì lentamente rivelando una donna pallida e smorta.
Notai immediatamente i solchi violacei sotto ai suoi occhi e il fatto che avesse perso un po' di capelli diventati grigi alla radice.
"Ciao Savannah." Mi salutò sorridendomi tristemente ed invitandoci ad entrare in casa.
"Ciao Bianca." L'abbracciai come se fosse la mia mamma.
"Tu devi essere il suo nuovo ragazzo..." Disse priva di emozione chiudendo la porta alle sue spalle.
"No signora, sono Jayden il suo migliore amico." Si presentò il biondo porgendole la mano.
"Ah capisco." Si limitò a dire per poi guardarmi accennando un lieve sorriso speranzoso.
"Avete fame? Sete? Sonno?" Ci domandò Josè andando verso il bancone della cucina per prendersi un bicchiere d'acqua.
"No grazie." Rispondemmo in coro io e Jay.
In quel momento sbucò nel salotto una ragazzina mora vestita elegantemente.
"Chi è questa?" Ringhiò la parte inferocita di me.
"Oh Seline, sei arrivata giusto in tempo per conoscere i nostri ospiti." Disse Bianca abbracciandole le spalle per accompagnarla verso di noi. "Lei è Savannah, la...ehm...ex fidanzata di Eduardo e lui è Jayden il suo migliore amico." Spiegò la donna presentandoci.
Sì, mi aveva fatto male ciò che aveva appena detto.
"Potresti per favore mostrare loro le camere?" Le domandò gentilmente Bianca e la ragazza acconsentì facendoci strada su per le scale in quella casa per me così familiare.
Arrivati al primo piano una vagonata di ricordi mi invasero come un treno.
Ricordai quando avevo beccato Eduardo a fumare e per questo mi ero incazzata, lui mi chiese poi scusa per avermi detto di farmi gli affari miei, lui che mi dava la sua maglia preferita per dormire con su scritto "Diamond", la stessa maglia che avevo indossato durante il nostro primo bacio.
"Non cedere Savannah." Mi feci coraggio per poi proseguire fino alla fine del corridoio.
"Questa è la mia camera..." disse indicando la stanza in cui avevo dormito io. "Quella è la vostra." Disse indicando invece la stanza di Eduardo.
"Ah, noi dormiamo insieme?" Domandò Jay alla mora.
"Sì, le camere a disposizione erano finite ed avevamo capito che foste fidanzati, anche se secondo me state mentendo. Ma prego, fate come se foste a casa vostra." Asserì duramente e falsamente questa Seline che mi stava già sulle palle.
"Grazie..." Disse titubante Jay posizionando il suo zaino sulla sedia della scrivania.
"Seline!" La richiamai io prima che cominciasse a scendere le scale. "Non stiamo mentendo, è davvero il mio migliore amico." Le spiegai una volta raggiunta.
"Sì certo e io sono Kim Kardashan. Potrete prendere in giro la mia famiglia ma io non ci casco. Se fosse per me, non ti farei vedere mio fratello neanche con un binocolo. Sei la sua ex per un motivo, no?" Disse la mocciosetta alzando un sopracciglio con l'aria di chi sapeva tutto.
Tutto ciò che era sbagliato però.
"Ma ora vai pure a darti una rassettata con il tuo nuovo ragazzo." Pronunciò prima di sparire giù per le scale e lasciarmi in cima più mortificata di prima.
"Simpatica la ragazza eh?" Domandò Jay ironico non appena tornai in camera.
"Penso che non diventeremo amiche tanto presto." Ammisi un po' rattristata per quella situazione.
Non sapevo che Eduardo avesse una sorella, non ne avevamo mai parlato prima.
Che fosse lei la ragazza che mi rispondeva al telefono quando chiamavo Eduardo?
"Sav...ehm...come ci organizziamo con il letto? Se vuoi posso anche dormire sul tappeto..." Propose Jay un po' imbarazzato.
"Non dire sciocchezze Jay, dormiamo insieme e stop." Gli risposi un po' troppo acidamente. "Scusa, sono nervosa." Tagliai corto.
"Hey, capisco. Ma io sono qui con te." Cercò di rassicurarmi il biondo avanzando verso di me e prendendomi per le spalle.
Annuii lentamente provando a non guardarmi troppo in giro.
Quella stanza era fonte di ricordi felici e tristi allo stesso tempo.
*******
"Siete tutti pronti?" Domandò vana Bianca guardandoci con quei suoi occhi verdi e spenti.
"Sì, andiamo." Rispose Josè per tutti noi aprendo la porta di casa e facendoci uscire in fila indiana come una scolaresca in gita.
Dopo aver sistemato Emily sui sedili posteriori nell'apposito seggiolino, il marito di Bianca partì a razzo con la Mercedes bianca con cui era venuto a prenderci.
Passai i quindici interminabili minuti che dividevano la loro casa dall'ospedale ammirando il sedile dinnanzi a me, mentre Emily giocava con la bambola di pezza che le era stata regalata nella nostra precedente uscita a Puerto Vallarta.
Non ci pensai, sarei scoppiata a piangere davanti a tutti e volevo evitare piagnistei inutili.
Dopo aver parcheggiato poco lontano dall'entrata dell'ospedale di Santa Monica, venimmo accompagnati da una delle infermiere alla stanza che stavamo cercando.
"Stanza 19." Ci disse la donna riccia indicandoci il corridoio che ci interessava.
"Noi andiamo a prenderci un caffè alla macchinetta, vuoi andare tu per prima?" Mi propose Bianca prendendo in braccio Emily.
"Sì, grazie." Dissi a bassa voce.
"Vuoi che venga con te?" Mi domandò Jay preoccupato.
Scossi la testa velocemente: volevo vedere il mio Eduardo da sola se quella doveva essere l'ultima volta.
Li salutai prima di imboccare quel corridoio immacolato illuminato da una grande finestra posta alla fine di esso.
Stanza 15,16,17,18 e 19.
Appoggiai la mano tremante sulla maniglia e inspirai profondamente.
Non ero pronta a dirgli addio, non lo ero mai stata ma ero sempre stata obbligata a farlo.
Quello era il giorno decisivo.
Abbassai la maniglia della porta e molto lentamente l'aprii col cuore in gola.
Chissà in che condizioni l'avrei trovato.
Tremante come una foglia venni accecata dalla luce proveniente dall'ennesima grande finestra.
Era una bellissima giornata invernale ma Eduardo non la poteva vedere.
Non appena mi abituai al chiarore che illuminava l'abitacolo lo vidi sul letto intubato sino ai piedi.
Non sembrava un ragazzo, sembrava un aggeggio elettronico in carica.
Era pallido in tinta col camice, i suoi capelli ricci erano diventati quasi mossi ed avevano assunto un colore sbiadito.
Le palpebre erano bianco latte e si potevano vedere tutte le piccole venuzze viola che vi scorrevano.
Non vi era più la presenza costante del suo piercing ma le sue labbra erano ancora piene come le ricordavo.
La cosa inusuale era che su di esse vi era l'ombra di un sorriso.
EDUARDO'S POV.
La percepii: la mia Savannah era ad un palmo di naso da me.
L'avevo sentita abbassare lentamente la maniglia della porta, chissà quanti pensieri le vagavano per la mente.
L'avevo sentita quando era entrata in questa stanza che per me ormai significava "casa".
La sentii statica a lato del mio letto, probabilmente mi stava studiando ed analizzando come aveva sempre fatto.
Chissà se mi trovava ancora bello come prima, quando il mio colorito non era simile a quello delle pareti.
Stava in silenzio, probabilmente non trovava le parole.
Non piangeva a dirotto, forse non mi amava più e la cosa era più che plausibile e comprensibile.
Non mi toccava forse per paura di staccare un cavo.
Era immobile esattamente come me.
L'avrei capita se se ne fosse andata di li a poco senza dirmi una parola, d'altronde l'avevo abbandonata senza darle neanche una spiegazione e me lo meritavo.
Pochi giorni prima della sua visita avevo sentito l'infermiera che mi incitava a svegliarmi perchè, in caso contrario, questi tubi, non sarebbero più stati attaccati al mio corpo.
Sapevo benissimo che sarei dovuto morire nel giro di qualche giorno ma a me bastava anche solo saperla vicina.
"Ti ho sognato lo sai...?" Ammise con voce tremante. "Mi chiedevi di sposarti e dopo sei svanito come il fumo." Si interruppe. "Mi sono svegliata tutta sudata e tu non eri lì con me..." Disse cominciando a piangere. "Se fossi rimasto e mi avessi dato l'occasione di spiegare, adesso non ti ritroveresti in fin di vita a vent'anni. Tua madre sembra un fantasma, tua sorella mi odia perchè tu le hai detto che io ti ho tradito e Josè sta cercando di tenere la famiglia a galla. Stiamo tutti morendo con te Eduardo..."
"Mi dispiace Savannah..."
Avrei voluto tanto svegliarmi ed abbracciarla, accarezzarle la pelle ed annusare i suoi capelli profumati.
"Ti prego perdonami." Urlai nella mia testa consapevole che lei non riuscisse a sentirmi.
"Io ti amo ancora Eduardo, non ho mai smesso di pensarti in questi mesi... Oggi è il mio compleanno e il regalo più bello sarebbe rivedere i tuoi stupendi occhi azzurri in cui mi sono incastrata sin dalla prima volta che mi hai guardato." Disse tirando su col naso. "Ti ricordi la prima volta che ci siamo guardati? Stavi cucinando in riva al mare dove abbiamo sempre mangiato, ti sei voltato e mi hai ipnotizzato. Non ho mai creduto nel colpo di fulmine ma con te l'ho sentito, nonostante mi stessi guardando come se fossi la persona più inutile del mondo." Si interruppe per ridere impercettibilmente.
Dentro di me stavo sorridendo anche io ricordando di quanto mi fosse sembrato angelico il suo viso la prima volta che vi posai lo sguardo.
Pensai che fosse troppo buona e pura per essere costretta a lavorare così tante ore in mia compagnia.
"Eduardo, ti prego svegliati." Sussurrò nel mio orecchio appoggiandosi sul mio letto ed accarezzandomi i capelli. "Non potrò mai più amare una persona tanto quanto amo te... Se ti sveglierai ti giuro che sparirò per sempre dalla tua vita se sarà ciò che vorrai. So che ora non mi pensi più e che stai con qualcun'altra ma ti prego, non buttare così la tua vita!" Singhiozzò lasciando uscire le lacrime che sentivo cadere sulla mia spalla e sul mio bicipite.
"Savannah che stai dicendo? Io non sto con nessuna, ho sempre e solo amato te! Cazzo ascoltami!" Urlai più forte che potessi per farmi sentire.
Perchè non riuscivo a svegliarmi?
"Eduardo è ora di abbattere questo muro, sbrigati che se ne sta andando!" Sbraitai a me stesso invano.
Non potevo farla andare via così, con la consapevolezza che io amassi un'altra quando invece il mio chiodo fisso era sempre stata solo lei.
Non riuscivo neanche a vederla veramente: mi stavo immaginando una Savannah molto vaga, con i capelli raccolti in una crocchia, la pelle pallida e le labbra rosee come sempre ma non sapevo se fosse cambiata nel corso di questi mesi.
Ero stato così stupido e così maldestro, se l'avessi ascoltata o se anche avessi ascoltato il cuore non le starei procurando tutto questo dolore.
Ciao guys come state?
Io bene, sono arrivata ieri in Irlanda ed è tutto bellissimo e verde! 😍
Se non aggiorno molto spesso è perché non ho troppe bozze ed il tempo per scrivere è molto poco.
Ormai la storia è agli sgoccioli, cosa succederà?
Continuate a leggere la storia,
Baci 💋
A.
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