5 - Comincia la sfida
"Per causa sua mi ritroverò presto in manicomio!" Aveva esclamato quel pomeriggio Sole tornando dagli allenamenti di calcio e sbattendo la porta della nostra camera dietro di sè.
"Che succede Sole?" Le domandai preoccupata.
"Quel Finn è sempre in mezzo!" Disse buttando a terra la sacca sportiva. "Il coach Bolton ci ha divise in due gruppi e l'allenatore del mio gruppo è Finn Weston, un ragazzo del secondo anno. Uno degli amici pompati di quel cretino di mio fratello" mi spiegò dopo che notò la mia faccia disorientata.
Non stavo molto seguendo il suo discorso, non riuscivo a capire chi fosse questo Finn ma dopo le sue spiegazioni mi parve di avercelo presente.
"Che cosa combina questo ragazzo?" Le domandai mentre lavavo il costume che avevo appena usato in piscina.
"Mi sta sempre tra i piedi. Ecco cosa combina! Durante l'ora d'arte si è seduto vicino a me esclamando un "Hey" da vecchio marpione e me ne sono andata. Invece ad allenamento non riesco a fare neanche un mezzo palleggio che lui subito mi corregge. Ho fatto tredici anni di calcio, se permetti so come si fa ok?"
Puntualizzò arrabbiata.
Mi venne da ridere; vederla così accigliata mi ricordava un po' Viola.
E così smisi subito.
Mi sentii malinconica e triste e mi appoggiai col fianco al lavandino, guardando il mio costume stropicciato in mezzo all'acqua.
"Cos'hai Sav? Ho detto qualcosa che non va?" Mi chiese la mora appoggiandomi una mano sulla spalla.
Mi piaceva il rapporto che si stava creando tra di noi, sapevo di poter contare su di lei ma non volevo ammettere che mi mancava il mio Eduardo.
Non volevo fare pena a nessuno.
"No, Sole mi manca casa. Tutto qua" le sorrisi tristemente e lei ricambiò.
"Sai, ho visto che qui davanti c'è una piazzetta dove si allenano gli skaters, ti va di andarci?" Mi chiese dolcemente.
Perché no? Avevo voglia di uscire e non pensare che ancora mi sentivo un pesce fuor d'acqua lì dov'ero.
Mi sarei abituata, lo so, ma era solo il secondo giorno ed Eduardo non era con me.
Arrivammo in questa piazzetta che si trovava a qualche metro dalla VBU.
Era enorme e vi erano tantissimi ragazzi che facevano acrobazie con i propri skate.
Molti cadevano e si rialzavano come se niente fosse successo, altri riuscivano nella loro impresa.
Io mi sarei spaccata il coccige se avessi fatto una cosa simile, ma loro sembravano di gomma.
Io e Sole ci appoggiamo alla staccionata che circondava il posto.
Lei era ammaliata da tutti questi ragazzi che sfrecciavano su quelle tavolette e volavano.
Mi sembrò un po' come fare surf ma ciò che mancava era il contatto con l'oceano che in quel momento era proprio dietro di me.
In lontananza vidi qualche ragazzo intento a cavalcare le onde ma sentii una voce che mi chiamava.
Era Sole.
Ed era su uno skateboard.
"Guardami Savannah!" Mi urlò lei dalla cima di una piccola discesa.
Mi salii il cuore in gola.
Si sarebbe frantumata in mille pezzi?
Si lasciò prendere dalla forza di gravità e destreggiò il suo skate per tutto il percorso.
Quando finì la sua performance fui immensamente sollevata, non volevo essere l'infermiera di nessuno.
Ringraziò un ragazzo porgendogli la tavola e corse verso di me.
"Ti sono piaciuta?" Mi chiese elettrizzata.
"Sì, sei veramente brava!" Ammisi col cuore ancora in gola.
"Ti va di fare un giro? Dai ci divertiamo!"
"No grazie. Io preferisco cavalcare le onde" la informai. "Ti dispiace se faccio un giro giù in spiaggia?" Le domandai.
"No vai pure, ci troviamo qui dopo."
Camminai svelta superando qualche cespuglio tipico della California, scesi quei dieci gradini che dividevano la spiaggia dall'asfalto e, una volta arrivata, corsi verso l'oceano.
Mi tolsi le scarpe ed affondai i piedi nella sabbia calda.
Chiusi gli occhi e per un momento mi sembrò di essere tornata in Brasile quando di mattina presto c'eravamo solo io e l'acqua.
Sentii il sole accarezzarmi la pelle mentre il mare incontrava le mie caviglie e le abbracciava: che splendida sensazione.
"Hey tu che ci fai qui?" Una voce maschile interruppe i miei sogni.
Mi guardai in giro ma non vidi nessuno che si stesse rivolgendo a me.
Poi ad un tratto vidi un ragazzo col busto scolpito emergere dall'acqua, si portò i ricci bagnati all'indietro e camminò verso di me.
Era forse un miraggio?
Un'apparizione?
Un sogno?
Eduardo era davanti a me?
"Savannah!" Mi richiamò Jay schioccandomi le dita davanti al viso.
Fu come darmi la scossa ed indietreggiai allontanandomi da lui.
"Cosa vuoi?" Gli chiesi stizzita.
"No, cosa vuoi tu? Che fai? Mi segui?" Mi domandò assumendo un'espressione maliziosa.
"Ma guarda chi c'è qui! La nostra amichetta italiana. Cosa fai? Ci spii?" Indagò Kristal raggiungendo il suo ragazzo ed infilando la sua tavola da surf nella sabbia con una mossa rapida e decisa.
"Ero solo venuta a vedere i surfisti, non a spiarvi. Non mi interessano le vostre vite" informai quella vipera rifatta avanzando verso di lei.
Era così vicina che potevo vedere il buco attraverso il quale le avevano fatto il botulino. Per non parlare del seno, era ovviamente finto.
"Hey signore, calmiamoci ok? Savannah è venuta a vedere come si fa surf, perché non le diamo un assaggio?" Chiese Jay alla sua fidanzata viziata che riprese in mano la sua tavola viola e corse verso il mare.
"Guarda e impara, mia cara!" Esclamò per poi sdraiarsi sopra ed in seguito cominciò a pagaiare con le braccia.
"Esibizionista egocentrica" pensai tra me e me.
"È la ragazza più brava di Venice Beach" mi informò Jay seguendo Kristal con lo sguardo.
"Lo vedremo."
Guardammo la rossa allontanarsi sulla sua tavola fino a quando non si fermò.
Si sedette sopra e ammirò l'orizzonte in attesa.
Quando arrivò un'onda abbastanza alta la cavalcò da professionista per poi ributtarsi in acqua e raggiungerci sul bagnasciuga.
Mi chiesi se fossi ancora in grado di fare surf, non era passato tanto tempo ma comunque la curiosità c'era.
Avrei dovuto comprarmi una tavola!
"Allora? Che ne dici?" Mi domandò Kristal sistemandosi il suo costumino striminzito rosa di almeno due taglie più piccole della sua.
"Direi che è stata una buona performance" minimizzai.
Sentii Jay ridere mentre la sua ragazza inspirò sonoramente per l'affronto che le avevo fatto.
"Scusa?" Chiese lei arrabbiata portandosi teatralmente una mano al petto.
"Posso avere la tua tavola?" Reclamai io porgendole la mano.
Non so cosa avessi in mente di fare, il mio cervello voleva dare una lezione a quella bambola rifatta ed il mio raziocinio era probabilmente in stato di letargia.
Se fossi caduta avrei fatto una figura pessima e mi avrebbero preso in giro per il resto dei miei giorni.
Ma ero decisa nella mia impresa.
Kristal mi porse la sua tavola viola con fare riluttante mentre io mi toglievo le scarpe e i pantaloncini per restare in mutande e canotta.
Ma tu pensa cosa mi spingeva a fare quella montata!
Presi la sua tavola e corsi verso l'oceano.
Mi ci sdraiai e cominciai a pagaiare con le braccia lasciando che l'acqua mi infondesse la sua forza.
Era come se mi dicesse: "Puoi farcela, Kristal non vale niente in confronto a te!"
Arrivata abbastanza lontano, mi sedetti sopra di essa in attesa di un'onda alta.
Pensai ad Eduardo, ai suoi insegnamenti e ai ricordi legati a lui.
Ce la potevo fare, ero stata una brava allieva in fondo.
Eccola: mi girai dando le spalle alla mia onda e pagaiai per poi alzarmi in piedi.
Ero un po' arrugginita, rischiai di scivolare un paio di volte ma subito ritrovai l'equilibrio e così l'onda mi abbracciò completamente lasciandomi sospesa al suo interno.
Non riuscivo a vedere la faccia di Kristal ma me la immaginai con la bocca rifatta aperta e gli occhi scuri sgranati e super truccati.
Quando uscii fuori dal turbine dell'onda mi lasciai cadere in acqua per poi raggiungere il bagnasciuga dove mi stavano aspettando i ragazzi.
"Savannah sei bravissima! Fai surf in Italia?" Mi domandò Jay ignorando la sua ragazza visibilmente scocciata a cui porsi la sua tavola che, in seguito, se ne andò lasciandoci soli.
"No, mi ha insegnato il mio ragazzo quando eravamo in Brasile" ammisi ripensando solo per un secondo a quei giorni meravigliosi.
"Ah, ed è qui con te ora?"
"No, ma presto lo sarà" lo informai andandomene e lasciandolo lì con l'oceano.
Non mi piaceva che si facesse i fatti miei, non avevo niente da dirgli.
*****
"Ragazze oggi Jeremy mi ha sorriso durante l'ora di teatro!" Annunciò Troy elettrizzato.
"Inoltre quando ho sbattuto contro di lui, mi ha lasciato il suo orecchino" disse estraendolo dalla tasca dei jeans e ammirandolo come se fosse il più prezioso dei tesori.
"Secondo voi ho qualche chance con lui?" Ci chiese perplesso.
"Secondo me è gay... insomma, indossa gli orecchini!" Esclamò Sole portandosi alla bocca l'hot dog della mensa.
"Io concordo con lei. Forse è gay ma non lo sa, oppure non vuole ammetterlo. Prova a parlargli domani durante l'ora di teatro" gli proposi facendogli l'occhiolino.
"Tu che dici Ilianne?" Chiese Sole alla ragazza seduta alla sua destra.
"Sì, hanno ragione" minimizzò lei come appena risvegliata da un sogno.
Quella ragazza era così timida, non parlava mai e se lo faceva diceva giusto due cose.
Era strana, ma forse era una caratteristica dei francesi.
Buongiorno a tutti 😘
Eccoci al capitolo 5 ☕️
Spero che vi sia piaciuto! Nel prossimo capitolo scopriremo quale recita allestiranno e capiterà qualcosa a Troy 😉 restate aggiornati! 😘
Buona giornata e baci baci 😘
A.
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