35 - "Come mi hai chiamato?"
"Savannah!" Gridò mia madre dal piano di sotto. "È arrivato Levi!"
"Arrivo!"
La sera di capodanno era finalmente arrivata: mi sarei esibita con il mio gruppo e avremmo festeggiato tutti insieme il nuovo anno.
Ero un po' nervosa per entrambe le cose, ma molto di più per la seconda.
Cominciare qualcosa di nuovo mi rendeva sempre suscettibile poiché poteva essere una cosa buona o anche cattiva.
Il nuovo anno sarebbe potuto essere peggiore di quello appena passato e per questo non mi piaceva molto festeggiarlo.
Ad ogni modo mi piaceva davvero tanto il tubino rosso che indossavo quella sera: aveva le spalline sottili e scendeva lungo fino alle ginocchia.
Indossai la collana regalatami da Levi e dei semplici cerchietti dorati alle orecchie.
Lisciai i capelli per farci delle leggere onde senza renderli troppo boccolosi.
Per finire, mi ero truccata con un po' di mascara, un rossetto rosso acceso e avevo applicato sulle palpebre un ombretto glitter color oro.
Presi infine la mia pochette nera, un pellicciotto nero, indossai le mie scarpe scamosciate rosse e scesi velocemente le scale.
Salutai velocemente i miei genitori, che si erano messi in ghingheri per andare a festeggiare con i loro amici, per poi raggiungere Levi che mi aspettava in macchina.
"Che bella!" Mi fece i complimenti lui che era raggiante nel suo smoking.
"Stai molto bene anche tu!"
"Ginevra ci raggiunge là?" Mi domandò ed io annuii prontamente.
Le avevo chiesto di venire poiché ci saremmo esibiti con la band dopo tanto tempo e sapevo che a lei piaceva ascoltarci.
Speravo unicamente di non trovarvi anche Federico, poiché sapevo che Saul avrebbe trascorso la serata con noi.
Arrivammo in poco tempo davanti al luogo della festa chiamato Club.
Sembrava un piccolo hotel e all'ingresso vi era un enorme cancello di ferro ad arco che permetteva agli ospiti di entrare nel cortile.
Parcheggiammo alla sinistra della location e, seguendo dei lampioncini che emettevano una luce arancione soffusa e delle piccole siepi, entrammo nella grande sala addobbata.
Vi erano le decorazioni natalizie poste dappertutto: fasce, festoni, palline, lucine, rami di pino e un albero di natale innevato ed addobbato posto al centro, da cui partivano altre luci colorate in ogni direzione.
Era un ambiente davvero magico e suggestivo che mi ricordava un po' la sala da ballo de La bella e la bestia per quanto era grande e piena di vetrate.
Non facemmo neanche in tempo a gustarci quella bella vista che Niccolò venne verso di noi con fare nervoso.
"Siete in ritardo. Venite che il direttore di questo posto ci vuole parlare." Ci invitò a seguirlo con una certa fretta.
Attraversammo la sala centrale, per poi sbucare in una più piccola e appartata, che mediante un piccolo corridoio, arrivava ad una hall d'albergo.
Lì vi trovammo già Alberto, Andrea ed Edward con il presumibile direttore che era un uomo giovane, alto e prestante, con i capelli di un bel color castano chiaro portati all'indietro e gli occhi marroni e profondi.
"Buonasera." Ci salutò lui per poi baciarmi la mano destra.
"Mi permetta di farle i complimenti per quanto è bella stasera." Mi disse e subito sentii le mie guance arroventarsi.
Lo ringraziai con un flebile "Grazie" per poi lasciarlo continuare.
"Mi presento: sono il direttore di questo posto e mi chiamo Paolo Calderoni. Voi, seguendo la scaletta, dovrete cantare e suonare dalle 22 alle 23.30, dopodiché sarete liberi di festeggiare con gli altri il capodanno. Tra qualche minuto verrà servita la cena quindi vi invito a prendere posto al vostro tavolo riservato: il numero 23. In caso qualcosa cambiasse, ve lo riferirò nell'immediato. Tutto chiaro?" Domandò sorridente.
"Sì direttore, grazie di tutto." Parlai io per il gruppo.
"Chiamatemi semplicemente Paolo, non pretendo formalismi." Disse sorridendo nuovamente. "Ed ora andate che ci sono già alcune ragazze sedute al vostro tavolo, non vorrete farle aspettare." Fece l'occhiolino ai ragazzi.
Raggiungemmo il tavolo 23 al quale vi erano già presenti le mie cugine, Ginevra e Saul, i quali, salutammo calorosamente.
Dopo che i ragazzi si presentarono al ragazzo della mia amica, ci sedemmo a quel tavolo rotondo apparecchiato con un'elegante tovaglia bianca di raso con dei sottili ricami color oro e rosso.
Il centro tavola era una candela alta e sottile, addobbata con tante stelle di natale su cui ci avevano spruzzato dei brillantini.
"Vieni qui accanto a me, Ed!" Lo invitò a prendere posto mia cugina alla quale lui non disse di no.
Dio, quanto desideravo prenderlo a sberle in quel momento.
Quando lui mi guardò io gli lanciai uno sguardo truce al quale lui rispose facendomi spallucce.
"Ho una fame da lupi!" Mi disse il mio migliore amico al mio fianco.
"E quando mai?!" Scherzai io di rimando.
"Sono davvero contento che siamo insieme questa sera." Ammise lui guardandomi dolcemente.
"Anche io, sono così felice di aver recuperato la nostra amicizia." Gli dissi appoggiando leggermente la testa sulla sua spalla.
"Già..." Sentii dirgli quando venimmo attirati dai vassoi che i camerieri stavo cominciando a servire.
Sentii il mio stomaco rivoltarsi per la felicità, quando i miei occhi si posarono sul piatto che mi avevano appena servito: insalata di mare come antipasto.
Io amavo il pesce, Levi invece no.
"No dai non è possibile!" Lo sentii bisbigliare contrariato.
"Non ti preoccupare, ti aiuto io a finirlo!" Lo rassicurai facendogli un occhiolino furbo.
"Non avrei avuto alcun dubbio." Rise di gusto il riccio che si guadagnò un'occhiata scettica da Edward, che, in seguito, fissò il suo sguardo su di me.
Gli sorrisi debolmente, non sapendo bene che altro fare, per poi precipitarmi sul mio polpo e sugli scampi ma sentii il mio telefono squillare e vibrare.
Non appena lo estrassi dalla pochette, lessi sul display un numero sconosciuto che però sapevo bene di chi fosse.
Eduardo.
"Mi manchi." Vi era scritto.
Il mio cuore si surriscaldava per l'amore che ancora provavo per lui, mentre il mio cervello faceva la medesima cosa, ma per l'odio.
In tutto questo, non riuscivo a capacitarmi che le uniche volte in cui si ricordava della mia esistenza, era quando si ubriacava.
"Eduardo?" Chiese Levi sbirciando il display del mio telefono.
"Eduardo?" Domandò curiosa Ginevra al mio fianco leggendo il messaggio. "Che tenero!" Disse con la stessa vocina fastidiosa che usava quando vedeva un gattino carino in un video.
"Chi è Eduardo?" Domandò mia cugina Beatrice tagliando il polpo.
A quel punto Edward mi guardò in attesa di una risposta che non tardò ad arrivare.
"È il suo ex. Niente di cui preoccuparsi, ormai è acqua passata, vero tesoro?" Mi confortò Ginevra accarezzandomi dolcemente la mia spalla nuda ed io annuii.
"Che nome strano, di dov'è?" Mi domandò Niccolò che subito dopo fece uno scatto e, guardando torvo Levi, esordì con un "Aia!"
"È brasiliano ma ora basta con le domande indiscrete e pensiamo a goderci questa bellissima serata." Disse Ginevra salvandomi da quella situazione e riportandoci con la testa sul piatto.
Mi dava un enorme fastidio il fatto che, implicitamente, Edward si facesse così tanto gli affari miei.
Ma chi pensava d'essere?
E poi perché Eduardo continuava a scrivermi?
Non gli bastava quella ragazza che teneva sulle spalle nella foto?
"Savannah?" Mi richiamò una voce maschile che immediatamente non riconobbi. "Vuoi del vino?" Mi domandò Saul con la bottiglia in mano pronto a versarmelo.
Annuii debolmente: avevo bisogno di bere un po' per calmarmi.
"Vacci piano stasera, mi raccomando." Mi sussurrò debolmente all'orecchio Levi.
"Sì papà, farò la brava." Scherzai io, lasciandogli un leggero bacio sulla mandibola.
Ultimamente era diventato un gesto spontaneo nato da una profonda consapevolezza che non c'era vita senza il mio migliore amico.
Era un gesto che dimostrava il nostro profondo legame d'amicizia, né di più e né di meno.
"Io comunque pensavo che tu stessi con Levi." Ammise sorridente Beatrice, inconsapevole della gaf che aveva appena fatto.
Dov'erano i camerieri quando avevi bisogno che ti scavassero una buca profonda dentro alla quale sparire per il resto della tua vita?
"Oh siamo stati insieme, ma abbiamo convenuto che fosse molto meglio rimanere amici." Le spiegò sin troppo diplomaticamente il ragazzo.
Vidi il viso di Edward contrarsi in un'espressione confusa per un millesimo di secondo, per poi tornare a guardarci in maniera naturale.
"Ah wow, perché anche adesso sembrate fidanzati. Potreste riprovarci." Continuò Edward mentre io cercavo di farmi sempre più piccola ed invisibile sulla mia sedia.
"No grazie, Savannah è una fidanzata difficile." Scherzò lui per alleggerire la situazione.
"Hey, ma come ti permetti?" Lo spintonai leggermente stando al gioco.
"Scherzo riccioli d'oro, sei fantastica!" Ammise lasciandomi un lieve bacio sui capelli.
Come se mi avessero detto la cosa più bella del mondo, risi tra me e me.
Effettivamente era il complimento più carino che mi avesse mai fatto.
"Ragazzi tra un'ora sul palco!" Dichiarò all'improvviso il direttore del posto, facendoci sussultare sulla sedia.
"Scusate, vado un attimo in bagno." Mi congedai dal gruppo alzandomi dalla mia sedia.
"Vengo anche io se non ti dispiace." Disse una voce fastidiosa.
"Se proprio devi!" Pensai tra me e me.
Non potevo mica dirgli: "No, grazie. Rimani qui che non ti voglio tra i piedi!"
Non volevo dare l'idea che ci fosse dell'astio tra di noi, almeno non stasera.
Ci incamminammo così verso il lungo corridoio già percorso in precedenza in assoluto silenzio.
Alla fine di questo trovammo due porte su cui erano disegnati un omino stilizzato ed una donna stilizzata.
Quando ormai avevo già varcato la soglia lui parlò.
"Non mi avevi detto che sei stata anche con il chitarrista."
"Detta così è un po' brutto non credi?" Lo sfidai io.
"No, non credo. Rende a pieno la situazione."
"Non so se ho capito male, ma mi stai dando della poco di buono?" Cominciai ad arrabbiarmi.
"L'hai detto tu non io!" Mise le mani avanti.
"Senti, non ti devi permettere di giudicare la mia vita e con chi sono stata in passato perché non sono di certo affari tuoi." Lo ammonì spingendolo contro il muro parallelo alla porta del bagno.
Meno male che non vi era nessuno ad assistere a quella penosa scenetta.
"Sennò che mi fai, riccioli d'oro?" Disse abbozzando un sorriso malizioso e, prendendomi per i fianchi, azzerò la distanza tra i nostri corpi così che in quel momento aderissero l'uno all'altro.
Dio, quanto assomigliava al mio Eduardo!
La voglia di azzerare le distanze tra le nostre labbra era fortissima ma io dovevo resistere per il mio bene e per il bene di tutti.
I suoi occhi verdi brillavano guardando i miei e, da così vicino, riuscii a vedere il leggero velo di barba che gli stava crescendo sul mento e sulla mandibola.
Le sue labbra mi tentavano e io dovevo scrollarmelo di dosso.
Mi ritornò in mente la sera del compleanno di Rebecca, dopo che Eduardo mi salvò dall'imminente ed inaspettato bacio che quel Felix voleva che gli donassi.
Mi ricordo che si avvicinò pericolosamente a me e lì fu una delle prime volte che potei odorare la sua colonia maschile che tutt'ora mi mandava in estasi.
Gli gridai che avrei preferito non conoscerlo e non essere mai andata in Brasile e lui, con il suo solito fare sexy, mi domandò se anche in quel momento, così vicini, non avessi voluto.
Lui aveva già capito tutto, mentre io, cercavo di non guardare in faccia alla realtà.
Mi mancava immensamente.
Tutto ciò che avevamo costruito e condiviso lo rivivevo ogni singolo giorno per poi accettare che fosse solo un vano ricordo che col tempo sarebbe sbiadito sempre più.
Come parole su carta.
Come una fotografia: la stessa che conservavo sulla mia bacheca in America, per ricordare che lui non era stato un sogno, ma lo era diventato.
"Vai al diavolo, Eduardo!" Lo spinsi via da me entrando in quel benedetto bagno che significava privacy e nessuna domanda indiscreta.
"Come mi hai chiamato?" Mi chiese prendendomi per il polso e tirandomi verso di sé.
"Oh merda! Mayday mayday che diavolo ho detto? Trova una soluzione Savannah! Immediatamente!"
Come avevo potuto chiamarlo con quel nome?
Cos'avevo combinato?
"Col tuo nome! Come altro avrei dovuto chiamarti?!" Mentii spudoratamente sperando che me la lasciasse passare.
"Col cazzo che mi hai chiamato con il mio nome! Hai detto Eduardo, non sono sordo!" Disse alzando un po' troppo i toni.
"Abbassa la voce!" Sussurrai spingendolo fuori da una porta antipanico adiacente ai bagni che ci fece uscire sul retro del giardinetto.
Dovevo calmarlo e forse un po' di aria buona era quello di cui aveva bisogno.
"Smettila di spingermi, cazzo!" Si spostò da me guardandomi furioso.
Restammo in silenzio per un tempo che mi parvero giorni.
Non sapevo veramente che fare e come saltarci fuori da quella situazione.
Il mio subconscio continuava a prendermi in giro: era convinto che davanti a me ci fosse il vero Eduardo e non riusciva ad ascoltare il cuore che, invece, notava la differenza.
"Se non riesci a capire che sono Edward mi trovo costretto a fare ciò che ho fatto la prima sera..." Sentenziò guardandomi ancora torvo.
"E cioè? Dirmi che sono una stronza colossale?"
"No, baciarti." Disse per poi venire velocemente verso di me e prendermi il viso tra le sue mani grandi e calde.
Non mi spostai e non opposi resistenza, il mio cervello voleva stare lì dove mi ero piantata da prima.
Il mio cuore stava ormai per cedere alla pressione ma, quando le sue labbra toccarono nuovamente le mie, anche lui esplose di vita.
Baciarlo era spaventosamente piacevole e quasi famigliare, ma l'unica cosa che mi destabilizzava era l'assenza del piercing.
Ma neanche in questo frangente il mio corpo accettò la realtà: e cioè che lui non era Eduardo, ma semplicemente Edward Clarke.
Buongiorno guys come stiamo?
Io giusto ieri sera ho preso una storta e mi ritrovo leggermente claudicante 🤦🏼♀️ (ed è solo il mio secondo giorno di vacanza)!
Ad ogni modo: vi piace la piega che sta prendendo la storia tra Savannah ed Edward?
Lo so che anche voi fate confusione 😂
Inutile dire che Paolo è il nostro Paul Wisley
Ciao Figo assurdo 😍
Bene, scusate se aggiorno con un po' di ritardo ma, come ho già detto, sono in vacanza in questi giorni ☀️
Un bacione a tutti
A.
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