30 - Edward
Erano le 18.30 quando il mio telefono vibrò rivelando l'arrivo di un nuovo messaggio.
Uscii dal bagno con ancora il mascara fresco sulle mie lunghe ciglia bionde e quando lessi il suo nome, il mio cuore fece un balzo nel mio petto.
"Mi manchi." Aveva scritto.
Cosa significava?
Mi stava prendendo in giro?
Stava scherzando?
Era sincero?
Quel messaggio mi aveva procurato mille domande nella testa così gli risposi.
"Sei ubriaco?"
In Messico era mezzanotte e mezza quindi probabilmente era fuori con i suoi amici.
"Forse." Rispose semplicemente.
Non gli scrissi più niente, non ne valeva la pena essendo ubriaco.
Però il mio cuore trovò conforto per qualche secondo, in quanto aveva ammesso che gli mancavo.
C'era ancora qualche speranza di riaverlo con me.
Mi sentii in colpa per aver chiesto a Ginevra di trovarmi un accompagnatore, ma, d'altronde, non avevo grandi piani con questo Federico.
Tornai in bagno dove finii di truccarmi molto lentamente, in quanto, avevo deciso di cominciare a prepararmi con largo anticipo.
Misi una canzone che avevo composto e cantato con Levi e la band a vari festival intitolata "Written in the stars".
Che bei tempi che erano quelli in cui la mia unica preoccupazione era quella di azzeccare tutte le note delle nostre canzoni.
Adesso sembravo finita in un film in cui dovevo scoprire chi era il mio stalker, chi era questo J.P., vincere la gara di surf, togliere di mezzo Kristal e far tornare da me l'amore della mia vita.
Era davvero troppo.
Cenai con i miei, mentre Nicholas si era rintanato nella sua camera depresso per una ragazza egocentrica ed egoista.
Dopo aver mangiato ne approfittai per ricopiare qualche appunto sul computer quando mi arrivò un messaggio di Ginevra.
"La mia macchina è ufficialmente morta. Possiamo andare con la tua? Mi passi a prendere alle 10?"
"Addio alcool!" Pensai tra me e me.
Effettivamente era molto meglio così, dati i miei precedenti.
*****
Quaranta minuti prima dell'appuntamento con Ginevra, indossai il mio abitino corto e nero con uno scollo non troppo profondo e le spalline sottili che si incrociavano sulla schiena lasciandomela quasi tutta scoperta.
Indossai delle scarpe alte e nere, applicai sulle labbra un rossetto matte bordeaux e ripassai un po' di mascara sulle ciglia già truccate.
Pettinai i miei capelli mossi ammirando contenta le mie punte ancora turchesi.
Infine buttai il telefono nella pochette nera, indossai una giacchetta di pelle nera, presi le chiavi della macchina e sgommai nelle vie buie della mia città.
"Scusa per questo contrattempo, lo sai che la mia macchina è vecchia come mio padre!" Scherzò Ginevra entrando in auto per poi darmi un leggero bacio sulla guancia facendo attenzione a non sbavare il suo rossetto rosa carne.
Accendemmo il navigatore per farci portare in questa dannata discoteca siccome entrambe non sapevamo dove fosse.
"Carina questa giacchetta di pelle!" Disse la mora.
"Era di mia madre, gliel'ho rubata qualche anno fa." Scherzai io. "Stavo pensando di indossarla per incontrare il misterioso J.P." La informai.
"Secondo me questo J.P. è un figo assurdo! Però comunque stacci attenta." Si raccomandò lei.
"Come sempre." La rassicurai io svoltando in una stradina periferica. "Dovrebbe essere quella..." Indicai alla mia amica che subito mandò un messaggio a Saul dicendogli che eravamo arrivate a destinazione.
Rimanemmo in macchina al caldo fino a quando un'auto non parcheggiò dietro di noi e ci illuminò con gli abbaglianti.
"È arrivato!" Esclamò entusiasta la mia amica che buttò velocemente la giacca sul retro della mia 500 per poi uscire nella fredda aria invernale e notturna.
Purtroppo la imitai e raggiunsi la compagnia tremante.
"Federico, lei è Savannah. Savannah, lui è Federico." Ci presentò il biondo vestito completamente di nero.
Strinsi la mano a questo ragazzo che mi ricordava un po' Levi in quanto aveva il viso da bravo ragazzo.
Chissà se lo sarebbe stato veramente.
Non che avessi dei piani.
Entrammo in questa discoteca chiamata Las Vegas che da fuori sembrava enorme e chiassosa.
Salimmo delle scale illuminate da dei Led viola sulle cui pareti colorate di un blu notte, vi erano appesi una miriade di quadri con le foto della California, che un po' mi mancava.
O almeno, mi mancavano alcune persone e l'oceano pungente.
Non appena arrivammo in cima a queste scale, davanti a noi si aprì una sala enorme illuminata da altri Led di tanti colori.
Alla sinistra vi era l'angolo relax con dei divanetti bianchi in pelle disposti a mezzaluna che davano sul centro della pista.
Alla destra, invece, vi era l'angolo bar i cui scaffali erano illuminati da dei Led color oro e, la cosa particolare, erano le bottiglie di vetro che arrivavano fino al soffitto.
I barman erano già intenti a preparare cocktail per gli ospiti mentre la musica suonava forte.
"Io vado a prendermi qualcosa da bere, Saul vieni con me?" Domandò Ginevra al suo cavaliere trascinandolo via con sé e facendomi l'occhiolino.
"Maledetta!" Le mimai con la bocca.
Non pensavo che mi lasciasse di già con questo sconosciuto di cui sapevo a malapena il nome.
Restammo per un attimo a fissarci e a guardarci intorno finché non aprì bocca.
"Hai sete?" Mi domandò.
Annuii sorridendogli debolmente per poi dirigerci al bar anche noi.
Ci sedemmo un po' distanti da Ginevra e Saul in quanto, entrambi, volevamo dar loro il giusto spazio.
"Cosa volete?" Ci domandò urlando il barman.
"Per me un Sex on the beach." Disse Federico per poi farmi un occhiolino.
Lo guardai strana per poi ordinare un succo al cocco e ananas: la mia combinazione preferita.
"Non bevi alcolici?" Mi domandò il ragazzo.
"Sì, ma stasera guido io." Gli spiegai rassegnata.
"Allora..." Cominciò lui non appena il barman si allontanò. "Saul mi ha raccontato che studi in America?" Mi chiese togliendosi la sua giacchetta di pelle nera e rimanendo con una maglietta a maniche corte bianca che lasciava intravedere un po' di muscolo.
"Sì, precisamente studio a Venice Beach nell'università che ha frequentato anche mia madre. Sono anche nella squadra di nuoto e ho recitato come protagonista nello spettacolo prenatalizio. O quasi..."
"In che senso: quasi?" Mi domandò lui curioso.
"C'è stato un piccolo problema durante la recita: è caduta la scenografia e quindi è stata annullata." Gli raccontai. "E tu invece? Studi?"
"No, io suono con la mia band nei locali. Non mi piace studiare, mi sembra di perdere tempo. Credo che il nostro momento sia adesso e dobbiamo viverlo, non stare chinati sui libri. Siamo giovani e abbiamo bisogno di sperimentare, non credi?"
Annuii in parte d'accordo col suo discorso e in parte no.
"Sei fidanzata?"
Ecco la domanda da un miliardo di euro.
Cosa avrei dovuto rispondere?
Ma sopratutto qual era la risposta giusta?
Nel frattempo ne approfittai per ringraziare il barman che era arrivato con le nostre ordinazioni e prendere un sorso del mio succo.
"Ehm...ecco, è complicato." Dissi semplicemente cercando di fargli capire che era un argomento da evitare. "E tu?"
"Io sto frequentando alcune ragazze ma non sono mai come vorrei. O troppo logorroiche, o egocentriche, o noiose, o paranoiche, o troppo fissate con le diete... che palle!" Esordì ridendo.
Era carino quando rideva, si formavano due piccole fossette ai lati della sua bocca.
Ma non sarebbero mai state belle come quelle di Eduardo.
"Adoro le tue lentiggini, lo sai?" Gli dissi cercando di non farlo sembrare un modo per flirtare con lui.
Avevo da sempre questo amore per le lentiggini, erano davvero particolari.
Molte volte rimproveravo mia madre che non me ne avesse donate alcune delle sue e spesso facevo i complimenti a Sole che puntualmente mi diceva: "Se vuoi te le regalo!"
Era proprio vero che l'erba del vicino è sempre più verde.
"Grazie, io invece adoro le tue labbra. Sono così carnose..." Disse avvicinandosi pericolosamente a me.
In quel momento squillò il mio cellulare e quando lo estrassi dalla mia pochette lessi nuovamente il suo nome.
Ero contenta quando mi scriveva perché significava che mi stava pensando, ma quando lessi il messaggio non mi sentii più in quel modo.
"Devi smettere di chiamare o scrivere ad Eduardo. Lui è mio ora, infatti si sta facendo la doccia. ;)
Trovatene un altro, cara! Bye."
Mi sentii mancare, il mio peggior incubo si era puntualmente avverato.
Eduardo stava frequentando un'altra e, da ciò che lei mi aveva scritto, probabilmente erano anche andati oltre.
Come era potuto succedere?
Era stato così facile rimpiazzarmi?
"Tutto bene Savannah? Sei pallida..." Disse il mio accompagnatore.
Ignorai Federico per un attimo e chiamai Eduardo ma mi dava la segreteria telefonica.
Mi venne il vomito a pensare che forse questa ragazza l'avesse raggiunto sotto la doccia.
Mi sentii inerme, debole ed abbandonata.
Era davvero finita tra noi due?
Mi guardai in giro senza vedere realmente.
Era come se avessi gli occhi aperti però allo stesso tempo fossero chiusi.
Era come se stessi esistendo senza vivere.
Ad un tratto il mio sguardo cadde su un ragazzo che, di profilo, sembrava Eduardo.
O ero diventata pazza o lui era lì davanti a me.
Scesi dallo sgabello su cui ero seduta, lasciando Federico al bancone e, a passo di marcia, mi avvicinai a lui.
Non appena si girò mi mancò l'aria: come era possibile che Eduardo fosse davanti a me?
Non persi tempo e gli tirai uno schiaffo.
Il ragazzo era incredulo e statico, si portò una mano sulla guancia e continuò a guardarmi con la bocca aperta.
I suoi amici se la ridevano e lo indicavano e lui mi stava perforando gli occhi con i suoi.
"Ma che cazzo fai biondina?" Disse con un accento vagamente inglese.
In quel momento fu come risvegliarmi da uno stato di trance e vidi il ragazzo per la prima volta.
Era molto simile ad Eduardo: stessi capelli castani e mossi e stessi occhi chiari il cui colore, però, non riuscii a distinguerlo per le luci soffuse.
Aveva le stesse spalle larghe e muscolose da nuotatore e anche la voce era simile alla sua.
La colonia però non era sexy come quella di Eduardo e non aveva nessun piercing.
Mi venne da piangere: il mio subconscio lo vedeva ovunque, io speravo in qualcosa che ormai non esisteva più da tempo e non riuscivo a capacitarmene.
Corsi fuori più veloce che potessi, per quanto mi permettessero le scarpe.
Inspirai l'aria fredda di dicembre che mi pungeva la pelle delle braccia, della schiena, delle gambe e di qualsiasi altra parte del corpo entrandomi dentro sino al cuore.
Presi il telefono e cliccai sul suo nome.
Quando scattò la segreteria telefonica registrai il mio messaggio: "Come ti sei permesso Eduardo? Non mi hai mai creduto neanche per un secondo vero? Hai sempre avuto una pessima opinione di me, ero il tuo giocattolo perché sennò mi avresti creduta sin dall'inizio. Hai preferito credere ad una stupida foto, piuttosto a me che ti avrei dato mille spiegazioni. Se non volevi stare con me, bastava che me lo dicessi invece di farmi credere tutto il contrario e di illudermi. Sai alla fine sei meschino e stupido come tutti gli altri e rimpiangerò..."
"Hey biondina, non avrai freddo vestita così poco?" Sentii una voce alle mie spalle.
Mi asciugai le lacrime che solo in quel momento percepii sul mio viso, per poi accettare la giacca di pelle offertami da questo ragazzo.
"Comunque sono Edward, piacere." Disse porgendomi la mano gentilmente.
No, non ci potevo credere.
Rimasi immobile a fissarlo incredula.
Era tutta una candid camera vero?
O era proprio la vita che mi stava prendendo in giro?
"Ma vaffanculo!" Urlai per poi tornare dentro.
Dovevo andarmene, era davvero troppo.
"Hey ma che cazzo ti ho fatto di male?" Lo sentii imprecare alle mie spalle.
Raggiunsi la mia amica velocemente che stava ballando sulla pista col suo accompagnatore.
"Gin, mi dispiace ma non ce la faccio. Devo andare ora. Puoi farti accompagnare a casa da Saul?"
"Certo, la accompagno io." Mi assicurò il biondo seppur non stessi parlando con lui.
"Sav, che succede? Stai bene? Sei nelle condizioni di guidare? Vuoi che ti faccia accompagnare da Federico?" Mi domandò preoccupata la mia amica.
"No, sto bene. Ciao, ci sentiamo domani." La salutai dandole un bacio. "Ciao Saul, salutami Federico." Mi congedai.
Uscii in fretta da quella discoteca che non avrei sicuramente mai più rivisto.
Accesi la macchina pronta per sfrecciare via e dimenticare quella serata, quando un ragazzo si appoggiò con forza al cofano della mia 500.
"Togliti di mezzo!" Gli urlai abbassando il finestrino quel tanto per potermi sentire.
"Ridammi il mio giubbotto, ladra!" Sbraitò il riccio.
"Oh merda..."
Aprii lo sportello della macchina e, senza mai distogliere gli occhi dal ragazzo, mi sfilai il giubbotto e glielo buttai addosso.
"Ti hanno mai detto che sei una stronza colossale?"
"Ringrazia che ho deciso di non tirarti sotto quando mi hai braccato!" Lo ammonii ritornando allo sportello della macchina per andarmene ma lo sentii dietro di me.
"Hai anche un nome o ti fai chiamare Stronza biondina italiana?" Mi domandò chiudendo lo sportello che avevo appena aperto e così intrappolandomi tra le sue braccia.
"Mi chiamo Savannah e ora dileguati, non è serata." Mi divincolai io notando i suoi numerosissimi tatuaggi.
"Non era neanche la mia, fino a quando non mi sono imbattuto in una bionda stronza colossale." Disse per poi accorciare definitivamente le distanze con un bacio caldo che trovai spaventosamente ed inverosimilmente piacevole.
Buongiorno guys ☀️
Come stiamo?
Siamo arrivati anche al capitolo 30! 😍
Dite ciao 👋🏻 al nostro Harry Edward Styles che impersonerà per un po' il nostro Edward Clarke!!! ❤️
Siete contente? 😂
Buona domenica a tutti!
Baci baci 💋
A.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top