27 - Il mio posto preferito

Quindici ore dopo quel disastro ero finalmente tornata a casa.

Sicuramente mi dispiaceva lasciare i miei compagni, ma essere in Italia era un po' come aver risolto magicamente tutti i miei problemi.

Il pensiero che Eduardo fosse sparito, la gara di surf di marzo e la recita andata in fumo, mi avevano messo in uno stato d'ansia non indifferente.

Almeno per un mese non avrei avuto intorno quella vipera di Kristal e il mio stalker che, forse, erano la stessa persona.

Alle quattro del mattino la serratura della porta di casa mia scattò e, appena la aprimmo, trovammo Charlie assonnata pronta a darci il benvenuto.

Facendo già le fusa, la presi in braccio e la coccolai un po': mi era così tanto mancata la mia bambina soffice.

Dopo qualche minuto passato in tenerezze, presi il mio zaino e la mia valigia e le portai su in camera mia.

Fui così contenta quando scoprii che niente era cambiato e che era tutto come l'avevo lasciato: era come essere tornata la Savannah delle superiori che si rifugiava in quella stanza bianca e verde acqua.

Lasciai i bagagli davanti all'armadio e mi buttai a peso morto sul letto, pronta per dormire fino alle undici come minimo.

******

Venni svegliata dal rumore delle pentole provenienti dalla cucina.

Mi sentivo un leggero mal di testa a cui non diedi troppo peso.

"Dopo prenderò un Moment." Mi assicurai e non appena mi sedetti sul letto trovai Charlie accanto ai miei piedi ronfante.

Non la toccai per non svegliarla: era così carina quando dormiva.

Abbozzai un leggero sorriso a quella vista dolce ed in seguito presi il mio cellulare dal comodino.

Notai vari messaggi di Sole che mi malediva per averla lasciata da sola con suo fratello, Troy si lamentava che voleva stare con Jeremy e che non gliene fregava niente di quello che aveva deciso suo padre per lui ed infine Jay che mi chiedeva semplicemente com'era andato il viaggio e che gli mancavo.

"È andato tutto bene, sono sana e salva. :)
Mi manchi anche tu."
Gli scrissi per poi premere Invio.

Trovavo carino che Jay si preoccupasse per me, mi piaceva il rapporto d'amicizia che si era creato perché per me lui c'era sempre.

Non come Eduardo che alla prima occasione ne aveva approfittato per andarsene.

Chiamai Ginevra per sapere se anche lei fosse a Verona e magari andare al bar a berci una tazza fumante di cioccolata calda.

"Ciao americanaccia!" Rispose contenta al terzo squillo.

"Ciao inglesina!" La salutai fingendo un orribile accento inglese. "Allora dove si trova al momento la signorina Malaguzzi?"

"La qui presente si trova attualmente a Verona e lei Miss Zanetti?" Mi domandò.

"Anche io! Ti va di vederci questo pomeriggio? Cioccolata calda da Liston 12?" Sapevo che era una proposta a cui non avrebbe rinunciato mai e poi mai.

"Tu sai come tentarmi, furbetta!"

"Allora alle 15.30 lì. A dopo tesoro." La salutai.

"Aspetta Sav!" Mi fermò lei dall'interrompere bruscamente, come al mio solito, la chiamata. "Non so se lo sai ma Levi è tornato."

Levi, il mio migliore amico, era finalmente tornato in città dopo mesi e mesi che si era rifugiato da sua nonna in Salento, per fuggire all'accecante sentimento che provava per me.

"Levi è tornato, Levi è tornato." Rimbombava questa frase nella mia testa.

L'unica cosa che riuscivo a pensare in quel momento era che dovevo vederlo.

Buttai il telefono sul letto dimenticandomi che forse dall'altro capo c'era qualcuno che si aspettava una risposta o un ringraziamento e cominciai a vestirmi.

Felpa bianca, jeans e Puma nere, giacca e via.

Scesi le scale velocemente, presi le chiavi della macchina dal cesto in cui le tenevamo e avvisai gridando a chiunque fosse in cucina che non sapevo quando sarei tornata.

Accesi il motore della mia amata 500 grigia che tanto mi era mancata e velocemente cominciai a percorrere quella strada familiare che divideva casa mia dalla sua.

In dieci minuti ero sul suo vialetto con mille paranoie.

"Forse avrei dovuto avvisarlo del mio arrivo. Forse avrei dovuto interessarmi se avesse voglia di vedermi. Forse non sarei dovuta piombare a casa sua dopo quattro mesi di isolamento." Continuavo a pensare mentre ormai il mio dito era appoggiato al campanello che trillò sonoramente.

"Ciao cara, come sono contenta di vederti! Entra pure, non stare lì fuori che fa così freddo adesso!" Mi salutò sua madre.

"Ciao Rosa, scusa per il poco preavviso, ma sono arrivata stamattina e volevo vedere Levi. È in casa?" Le domandai.

"È di sopra in camera sua. Vai pure, conosci la strada!" Disse facendomi l'occhiolino.

Salii velocemente le scale, non riuscivo più ad aspettare di vedere di nuovo il suo candido viso.

Bussai alla porta dove vi era il cartello creato da me qualche anno prima: "Ai mondani è vietato l'accesso!"

Mi si strinse il cuore a vederlo ancora lì appeso alla sua porta, significava che non mi aveva del tutto dimenticata.

Sentii che stava strimpellando la sua chitarra e, conoscendolo aveva le cuffie alle orecchie, così presi l'iniziativa ed entrai piano.

Lo vidi di spalle con il suo strumento preferito in grembo e uno spartito davanti a sè.

Lo raggiunsi da dietro e gli misi le mani sugli occhi: lo facevamo sempre.

Si tolse le cuffie e poi disse un nome a me sconosciuto.

"Mmm vediamo... Sei per caso una ragazza dai capelli color carota di nome Emma?" Chiese divertito.

"No, ho i capelli color dell'oro e il mio nome è Savannah..." Dissi un po' delusa facendo cadere le mie mani lungo i miei fianchi.

Si girò con occhi sgranati.

Ero l'ultima persona che pensava di poter vedere?

Non era contento che io fossi lì.

"Scusa, ho sbagliato a venire!" Dissi indietreggiando verso la porta e fissando il pavimento visibilmente sconfortata.

Lo sentii attraversare la sua camera con grandi passi per poi chiudere alle mie spalle la porta che avevo leggermente aperto.

Alzai lo sguardo sul suo viso cupo e corrucciato, non capivo che intenzioni avesse visto che se ne stava lì a fissarmi, immobile.

Poi qualcosa successe ed era la sensazione più bella del mondo in quel momento: mi abbracciò forte, stringendomi a lui come per colmare quel lungo tempo che eravamo stati divisi.

Mi sentii rinascere, dimenticai tutto ciò che avevo passato in quei quattro mesi segnati dalla sua assenza.

Era come se fosse magicamente diventato il posto più bello del mondo, stare tra le sue braccia era da sempre il mio luogo preferito.

Percepii il battito del suo cuore accelerato e il suo respiro caldo sulla mia testa.

Era davvero tutto più bello in quel preciso istante.

Quando si staccò da quell'abbraccio che per me era fonte di vita, mi fece sedere sul suo letto come ai vecchi tempi.

Nulla era cambiato nella sua camera, era esattamente come l'avevo lasciata: poster di band e di città sulle pareti con qualche trofeo sulle mensole che tenevano in equilibrio i vari libri e fumetti.

La scrivania ordinatissima piena di spartiti e di plettri con, al centro, il suo Macbook blu. Il suo armadio a cinque ante su cui erano attaccati i suoi schizzi, la maggior parte dei quali ritraevano i Pokemon.

"Racconta: cos'è successo in tutto questo tempo?" Mi domandò mentre io ancora mi guardavo intorno sperando di non scorgere nessun cambiamento.

"Cosa vuoi che ti racconti? All'università vado bene, ho fatto amicizia e sono in camera con una ragazza romana di nome Sole." Scherzai io pensando alla mia cara amica che sicuramente passava le giornate a maledirmi.

"Wow, testarda?" Mi chiese sorridente.

"Non sai quanto, ma è anche molto dolce e ci prendiamo cura l'una dell'altra. Poi nel nostro gruppo c'è anche Troy: un australiano innamorato di un ragazzo che al momento non può ricambiare. Jay, il fratello di Sole, con cui ho molto legato nell'ultimo periodo, Finn un giocatore di football americano che sta con Sole, una ragazza francese di nome Ilianne e Xin, una giapponese." Dissi elencando tutti i miei compagni.

"E Eduardo? Non doveva raggiungerti?" Chiese molto ingenuamente.

Mi ero scordata per un momento della sua esistenza, ero così contenta di avere Levi accanto che il principale motivo per cui ero perennemente triste l'avevo momentaneamente dimenticato.

"Con Eduardo... sì insomma... se n'è andato." Ammisi scuotendo la testa per non raccontare tutto il casino che c'era dietro.

"In che senso?" Domandò curioso.

"È successo un casino Levi, tutto per colpa di una stronza colossale di nome Kristal... aspetta la conosci anche tu! Ti ricordi la ragazza dai capelli rossi presente al compleanno di Shawn?" Gli chiesi in preda all'euforia per il semplice fatto che avrebbe capito in pieno di che razza di persona stavo parlando.

"La cugina di Shawn frequenta la tua stessa università?" Mi chiese incredulo.

Annuii lentamente e rassegnata.

"Wow, quanto è piccolo il mondo però! Ed è quindi lei che ti rende la vita impossibile?"

Gli spiegai il fatto della foto, del braccialetto, della mia supposizione che Veronica avesse una storia con il Coach Bolton, del mio stalker e di cosa avesse spinto Eduardo a decidere di lasciare del tutto quell'incubo.

Levi era ammutolito, la sua mascella smussata pendeva verso il basso.

"Chiudi la bocca che entrano le mosche." Scherzai per alleggerire un po' la situazione e spingendo in su il suo mento con la mia mano.

In quel momento di silenzio e di incredulità mi tornò in mente ciò che aveva detto prima su questa ragazza dai capelli rossi.

"Allora chi è questa Emma?"

"Ah... beh Emma è una ragazza che sto frequentando." Ammise abbassando lo sguardo sulla sua coperta verde muschio.

Un fastidioso macigno si creò improvvisamente nel mio stomaco in seguito a quella dichiarazione.

Levi stava frequentando una ragazza?

Perché?

Ero gelosa?

"Beh non posso pretendere di averlo tutto per me per il resto della mia vita, no?" Riflettei tra me e me.

Ma odiavo l'idea di doverlo condividere con un'altra.

Avrebbe avuto meno tempo per me?

I miei pensieri vennero interrotti da una figura femminile che aprì la porta improvvisamente.

"Scusatemi ragazzi, volevo chiedere a Savannah se volesse rimanere per pranzo." Disse Rosa con un bellissimo grembiule beige addosso.

"No grazie Rosa, non voglio disturbare."

"Ma ho fatto la parmigiana..." Mi informò allargando la sua bocca sottile in un sorrisino malizioso.

"Beh allora credo proprio che capiranno a casa mia." Scherzai mandandole un bacio volante.

Quella donna sapeva come tentarmi e, a quel piatto pugliese, non ci avrei mai rinunciato.

******

Verso le 15.15 partii da casa di Levi per raggiungere Ginevra al bar di fronte all'arena.

Il pranzo preparato da Rosa era magistrale come al solito: era davvero una cuoca eccellente.

Salutai Levi con un rapido abbraccio ed un bacio sulla guancia.

"Scrivimi." Mimò con le labbra sul ciglio della porta prima che io partissi.

Mi commuoveva il fatto che Levi fosse tornato ad essere parte della mia vita.

Era davvero la mia ancora e, se non potevo avere Eduardo, almeno avrei avuto lui.

Parcheggiai in una zona abbastanza vicina al centro e camminai per le stradine sbirciando nelle vetrine dei vari negozi.

Quando arrivai davanti all'arena mi sentii in famiglia.

Ogni volta che vedevo quella maestosa architettura sentivo una voragine nel petto che mi riportava a quel 19 maggio del 2013 quando dopo tre o quattro ore ad aspettare fuori, finalmente vidi i miei idoli cantare per noi.

Ginevra piangeva come una fontana, cantava e gridava il nome di Liam come se potesse sentirla.

Io ero concentrata su ognuno di loro e cantavo, ma quando vi era un assolo di Louis, chiudevo gli occhi e sentivo i brividi in tutto il corpo.

La sua voce era vita per me.

"Savannah!" Sentii gridare da una voce a me familiare.

La vidi corrermi incontro con i suoi lunghi capelli corvini che si lasciavano trasportare dal vento.

Quando mi abbracciò forte a sè, sentii il suo profumo familiare che inondò le mie narici.

"Come stai Ginny? Ti vedo in gran forma!" Le dissi entusiasta di rivedere la mia amica dopo così tanto tempo.

"Ma non dire scemenze, in Inghilterra si mangiano solo hamburger e cosce di pollo. Non sanno fare il caffè, capisci?" Si lamentò teatralmente.

Ginevra era un'amante del caffè: a scuola, durante i cambi d'ora, mi chiedeva sempre di accompagnarla alla macchinetta.

Non riesco ancora a capacitarmi di quanti caffè abbia bevuto in quei cinque anni: è veramente incredibile.

"Non dirlo a me! Bevo acqua sporca ogni giorno!" Le diedi corda io.

Io non ero un'amante del caffè, lo bevevo ogni mattina solo perché mi dava la carica, sennò passerei le mie giornate in modalità zombie.

"Adesso ne ordino una cisterna intera." Disse sedendosi sulla poltroncina di vimini del bar.

Il Liston 12 era il bar in cui ci rifugiavamo sia in estate che in inverno poiché durante le stagioni fredde, circondava lo spazio esterno con un telone di plastica e lo riscaldava con alcune stufette.

Ciò permetteva di stare fuori senza giacca e di gustarsi la visuale sull'arena al caldo.

"Allora raccontami come va la vita ad Oxford! Indossi quei cardigan improponibili in stile nerd?" La presi in giro in attesa che arrivasse un cameriere a prendere la nostra ordinazione.

"Abbiamo delle divise odiose che mi danno prurito. Lo sai quanto la mia pelle sia delicata e passo le giornate a grattarmi. La gente pensa sicuramente che io abbia i pidocchi." Mi spiegò facendo finta di piangere.

"E con quel ragazzo? Come si chiama... Leonardo? Come va?" Le domandai.

"Un tale cretino! Mi ha lasciata perché diceva che lo assillavo col fatto del fumo! Fumava un pacchetto al giorno, ma ti pare normale? Io non assecondo una persona che si fa del male!" Disse scuotendo la testa e leggendo il menù del bar.

"Ciao ragazze, cosa prendete?" Ci chiese un cameriere sbucando dal nulla.

"Per me una cioccolata calda al caffè con panna e un croassant all'albicocca." Disse Ginevra.

"Per me una cioccolata calda al cocco senza panna e un donut al cioccolato." Ordinai.

"Grazie, arrivo subito." Disse facendoci l'occhiolino e prendendo i nostri menù.

"Era un occhiolino quello?" Chiese Ginevra con fare malizioso.

"Ma no, avrà un problema all'occhio!" Scherzai io imbarazzata.

"Beh è carino... Secondo te dovrei provarci?" Mi chiese ridendo.

"Ovvio! Un bel biondino così non lo vedi mica tutti i giorni!" Acconsentii accomodandomi sulla poltroncina di vimini.

"Sai Sav, ho voglia di fare una piccola follia..." Disse accarezzandosi la chioma scura e guardandomi con fare accattivante.

"Sarebbe?" Domandai già quasi convinta.

Mi piacevano le pazzie, ma ancora di più quelle fatte insieme.

"Ho voglia di colorarmi i capelli."

Buon pomeriggio popolo 🦋
Come stiamo?
Spero che il capitolo vi sia piaciuto perché tra 3 capitoli arriverà la new entry e nel prossimo invece qualcuno si farà un po' male 🤕
Baci baci 💋

A.

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