26 - Sbarazzarsi di me

Noi ragazze ci qualificammo al secondo posto, al primo la Los Angeles University.

Ero fiera di me stessa e delle mie compagne di squadra, avevamo lavorato sodo e ce l'eravamo meritata quella medaglia d'argento che sarebbe stata esposta in una delle vetrine dell'università.

Sole, invece, vinse la medaglia d'oro e quella sera decidemmo di andare a festeggiare con i suoi, i miei, Nicholas e Jay.

Stabilimmo di passare la serata in un pub irlandese poco vicino alla nostra università: non potevamo fare troppo tardi poiché la mattina seguente ci sarebbe stato lo spettacolo.

Ero nervosa ed esaltata, sarebbe stato il mio primo debutto come attrice.

"Farò brutte figure?

Cadrò?

Sbaglierò le battute?

Stonerò?"

Ero tormentata da mille domande alle quali, al momento, mi infastidiva non potervi dare una risposta che mi avrebbe di certo tranquillizzata.

Nicholas e Jay fecero subito amicizia e cominciarono a parare delle loro cose da maschi a cui io e Sole non eravamo interessate.

"Come stai?" Mi chiese la mia amica sussurrando.

"Bene." Le risposi sorridendole.

"Mi scuso ancora con te per averti lasciata da sola per così tanto tempo. Lo sai che non avrei mai voluto farlo, ma quella foto... Davvero sembri tu." Mi spiegò lei guardando un punto indefinito sul tavolo di legno.

"Lo so, anche Eduardo non riesce a superarla per lo stesso motivo..."

Sapevo benissimo che in quella foto la ragazza era uguale a me di spalle, indossava anche il mio braccialetto e quella era la prova schiacciante.

Non riuscivo a venirne fuori o più che altro a convincere lui del contrario.

Chissà cosa stava facendo in Messico.

Stava già con un'altra?

Mi aveva rimpiazzato così in fretta?

D'altronde erano quasi tre settimane che se n'era andato senza dire niente a nessuno.

Queste domande mi assillavano ogni giorno e di notte sognavo che lui mi presentava fieramente la sua nuova compagna.

Il mio subconscio tendeva a prendermi in giro poiché, costei, ero proprio io.

Quindi mi ritrovavo ad essere invidiosa di una me stessa che esisteva già ma che non era incasinata come lo ero io al momento.

"Comunque ho scoperto che la parola misteriosa comincia con la lettera C ma non riesco mai a sentirla tutta poiché credo che sia abbastanza lunga..." Ammise Sole perplessa.

"È meglio di niente, abbiamo tempo." La rassicurai io.

Sì, avevamo tempo, ma più passava e più stavo male.

Più tempo Eduardo trascorreva in Messico e più velocemente si stava dimenticando di me.

Più lui si stava dimenticando di me, più si stava avvicinando ad altre persone e forse ad altre ragazze.

E io sprofondavo nel vortice della tristezza per questa catena di avvenimenti e di probabilità. 

Ad ogni modo, passammo una serata piacevole in cui le nostre mamme fecero amicizia ed i nostri padri altrettanto.

Ero contenta del risultato di quella giornata, ma ero scontenta della piega che aveva preso la mia vita al momento.

Augurai la buonanotte a Sole prima di lasciare che raggiungesse Kristal nella sua stanza.

Infine mi diressi dalla mia nuova e provvisoria coinquilina, che, ironia della sorte, era colei che, in parte, mi aveva cacciato nei guai.

                                     *****

"Non riesco a trovare la parrucca!" Sbraitai per tutto il camerino.

"Ma come puoi essere così sbadata, Savannah?" Mi domandò retoricamente la professoressa Anton.

"Non sono sbadata, ieri l'avevo appoggiata proprio qui!" Mi lamentai in preda al panico mostrandole l'appendiabiti in ferro su cui vi erano stati delicatamente posti i nostri costumi di scena.

"Vai a controllare nel camerino dei ragazzi. Non si sa mai che uno di loro ti stia facendo uno scherzo!" Mi ordinò la professoressa. "E bussa prima di entrare!" Mi ricordò ridendo.

"Ovvio, l'ultima cosa che vorrei vedere adesso è un ragazzo nudo!"

In meno di una decina di passi arrivai alla meta, bussai e una voce maschile aprì la porta e mi invitò ad entrare.

"Scusate se vi disturbo, avete per caso visto una parrucca lunga e marrone?" Chiesi tenendo le mani davanti agli occhi per non vedere corpi scolpiti.

"Eccola!" Disse qualcuno.

"Davvero?" Domandai togliendomi le mani davanti agli occhi e aprendoli per la prima volta.

Intorno a me vi erano solamente dei ragazzi col busto scoperto ed i pettorali al vento, ma sopratutto, non vi era l'ombra della mia parrucca.

"No, è quella di Taylor McKessie." Gli spiegai affranta.

"Dove cavolo si è cacciata la mia? Non possono esserle cresciute le gambe!"

Tornando verso il mio camerino, notai delle piccole pietruzze color indaco sparse sul pavimento che mi ricordarono quelle del fermaglio attaccato ai capelli della mia parrucca.

Queste, sembravano formare un percorso e così, un po' ingenuamente, le seguii chiedendomi dove mi avrebbero condotta lungo il corridoio vuoto.

L'ultima pietruzza si fermava proprio davanti ad un piccolo sgabuzzino pieno di scope, stracci, cartoni e detersivi.

Quando alzai gli occhi dal pavimento la vidi.

Ero contentissima di aver ritrovato la mia parrucca, seppur non riuscissi a capire ancora come fosse arrivata fino lì. 

Entrai nella piccola stanzetta e vidi il fermaglio spoglio, senza più alcuna pietra attaccata, ma d'altronde ne avrei potuto benissimo fare a meno.

Non feci neanche in tempo ad afferrare la parrucca che sentii la porta chiudersi a chiave alle mie spalle: qualcuno mi aveva intrappolata.

"Hey apri la porta immediatamente!" Ordinai sbattendo i pugni sulla porta a colui o colei che mi aveva appena chiusa dentro.

Mi facevano male le mani, ma continuai ad urlare di farmi uscire.

Era come se fossi finita in un universo parallelo in cui mi trovavo sola e sperduta.

Non vi era più nessuno intorno a me, nessuna forma di vita, solo oggetti inanimati.

Non mi piaceva questa cosa, ero sicura che c'entrasse il mio stalker.

"Fammi uscire!" Riprovai un po' meno convinta ed, in seguito, accasciandomi a sedere a terra.

Mi sentii dimenticata e presa in giro e cominciai a piangere chiedendomi il perché di tutto questo.

Non mi interessava sapere chi fosse ad aver escogitato questo piano malvagio, volevo soltanto che la smettesse di prendersela con me.

Guadai la parrucca sulla quale si erano fermate, come gocce di rugiada, alcune delle mie lacrime e poi ebbi l'illuminazione.

Presi il fermaglio e cominciai a muoverlo a caso nel buco della serratura.

"Nei film funziona sempre..." Dissi a me stessa per darmi la forza di continuare a fare quei movimenti senza senso.

Sentii varie volte dei "click" che non portarono a nulla di concreto.

Senza dubbio stavo perdendo ogni speranza di recitare quando, alla fine, sentii uno scatto deciso diverso da tutti gli altri.

Girai il pomello della porta e questa, come per magia, si aprii ma mi trovai faccia a faccia con Veronica.

"Ti ho trovata!" Esclamò contenta la bionda. "Ma che ci fai chiusa qui dentro?" Mi domandò.

"Qualcuno era in vena di scherzi." Dissi uscendo velocemente dallo sgabuzzino.

Fu la sensazione più bella del mondo: mi sentivo di nuovo tornata nel mondo reale e libera.

"Mi stavi cercando?" Le domandai incamminandoci verso il nostro camerino.

"Sì, la professoressa Anton ti stava dando per dispersa quindi mi ha mandato a cercarti. Poi ho visto queste pietre per terra e le ho seguite e ti ho sentita piangere nello sgabuzzino." Ammise sorridente.

"Hai per caso visto qualcuno di strano nei dintorni?" Le domandai curiosa ma purtroppo lei fece spallucce.

Tornammo, con la mia parrucca in mano, nel nostro camerino dove la sventolai vittoriosa.

Ora la cosa importante era recitare e calarmi nella parte della ingenua e buona Gabriella Montez.

                                    ******

La prima scena era ambientata nella baita di montagna dove si teneva la festa per i ragazzi.

Alla sinistra del palco vi era il divanetto vecchio e beige sul quale ero seduta io leggendo assorta un bel libro.

"Gabriella, si è fatto tardi! Basta leggere." Mi ammonì Mary che interpretava il ruolo di mia madre nella recita.

"Dai mamma, ho quasi finito e..."

"C'è una festa. Ti ho preparato i vestiti, dai vai a cambiarti." Mi interruppe lei dolcemente dalla mia lettura sfilandomi Hemingway dalle mani.

"Posso riavere il mio libro?" Le chiesi facendole gli occhi dolci.

Mi guardò inizialmente scettica per poi cedere e porgermelo senza obiezioni.

Tornammo velocemente dietro le quinte dove mi aspettava il mio secondo cambio d'abito: un semplice maglioncino azzurro pieno di brillantini da cui sotto si intravedeva una maglietta di pizzo bianca, jeans blu e ballerine celesti.

Appena terminò la scena in cui Troy e suo padre vengono rimproverati dalla signora Bolton poiché stavano ancora giocando a basket durante la festa, rientrai sul palco con altri dieci ragazzi che facevano le comparse, dando il tempo a Jay di cambiarsi.

Risposi con un sorriso a degli apprezzamenti di un ragazzo per poi sedermi su un altro divanetto e aprire il libro sulle mie gambe.

Nel frattempo, Michael, che interpretava l'intrattenitore, cominciò a ringraziarci di essere lì, quella sera di capodanno e che da un momento all'altro sarebbe cominciato il karaoke.

"Allora chi vuole cantare?" Domandò sorridente.

Jay arrivò sul palco vestito molto elegantemente, sbadigliando e guardandosi intorno tranquillo.

Dei fasci di luce cominciarono a vorticare sui ragazzi presenti sul palco ed uno si fermò su di lui.

"No no io non canto, non so cantare." Sentenziò e una delle comparse cominciò a spingerlo al centro della scena.

Allo stesso tempo un secondo fascio di luce illuminò me che ero intenta nella lettura.

Non volevo cantare davanti a così tante persone, me ne vergognavo fermamente così un ragazzo mi prese per un braccio e mi lasciò esattamente accanto a Jay.

"Sapete una cosa ragazzi? Un giorno mi ringrazierete." Intervenne Michael per poi sparire con tutti gli altri ragazzi dietro alle quinte.

Cominciò a suonare una musica che non conoscevo ma almeno sullo schermo vi erano scritte le parole.

La canzone si chiamava "Something new".

Gabriella e Troy si sarebbero dovuti sentire molto a disagio in quel momento, infatti continuammo a guardarci intorno imbarazzati.

Living in my own world,

didn't understand

That anything can happen,

when you take a chance

Cantò Jay e poi fece per andarsene.

Non appena cominciai a cantare lui si arrestò di colpo.

Troy non immaginava che Gabriella sapesse cantare.

I never believed

in what I couldn't see

I never opened my heart

to all the possibilities, ooh

Cantai io.

Notai che mi guardava insistentemente, ma per la troppa vergogna di quel momento non me la sentivo proprio di ricambiare il suo sguardo.

I know that something has changed

Never felt this way

And right here, tonight

This could be the start

of something new

It feels so right

to be here with you, oh

Cantammo insieme.

And now,

looking in your eyes

In quanto imbarazzata, Gabriella, sbirciava il ragazzo accanto a sé e, non appena lui la guardava, lei tornava prontamente a guardare il proprio microfono.

I feel in my heart

the start of something new

Oh, yeah

A Gabriella piaceva quel ragazzo dagli occhi celesti che cantava con lei quella sincera canzone d'amore.

Per un attimo dimenticai di essere lei e mi sentii solo Savannah.

Jay non aveva gli occhi celesti, erano di color verde muschio con qualche sfumatura marrone.

Mi stavo immaginando degli occhi azzurri e come esempio presi il mio Eduardo che si era rifiutato di interpretare quella parte che gli sarebbe calzata a pennello.

Continuammo a cantare quella bellissima canzone d'amore, divertendomi ogni secondo di più poiché Jay, cercando di mettermi a mio agio, faceva un po' il buffone fingendo di essere un cantante nato.

Il suo talento era palpabile e cercai di seguirlo, finendo anche per fare le sue stesse mosse.

Terminata la canzone restammo a lungo, per quel che mi parve, a guardarci negli occhi consapevoli che si era acceso qualcosa tra di noi.

Ci sentimmo legati ed intrappolati l'uno nell'altra e fu come se gli occhi di Jay fossero sinceri, senza veli di finzione.

"Troy." Si presentò porgendomi la sua mano.

"Gabriella." Dissi stringendogliela.

In quel momento ci accorgemmo che nella sala il pubblico si era alzato in una standing ovation: vidi i miei genitori e Sole che ci stavano applaudendo contenti.

Mi sentii un po' in imbarazzo come Gabriella, ma alla fine quelle attenzioni mi piacevano e Jay, di conseguenza, fece un inchino davanti a tutti.

"Buffone!" Pensai tra me e me sorridendo guardandolo.

Calò il sipario velocemente per permettere agli addetti di scena di cambiare lo sfondo del palcoscenico.

La prossima scena era all'aperto e venne simulata una soffice e scarsa neve cadente.

Vennero posti alcuni tavolini su cui erano appoggiate le comparse bevendo da una tazza una bevanda calda.

Appena si rialzò il sipario, io e Jay prendemmo una coperta che appoggiamo ognuno sulle proprie spalle e tornammo sul palco.

"Hai una splendida voce, sei una cantante?" Mi domandò curioso lui.

"Canto nel coro della chiesa. Una volta ho provato un assolo e stavo per svenire." Mi confidai ironizzando sulla mia situazione.

"Perché?"

"Ho visto tutte quelle persone che mi fissavano e in un secondo io fissavo il soffitto. Fine della mia carriera." Scherzai.

"Da come hai cantato stasera mi è difficile crederti." Obiettò lui sorridente.

"È la prima volta che faccio una cosa del genere ed è stato fantastico! Ma ho visto che ami cantare anche tu."

"Sì certo, la mia doccia è pazza di me!" Scherzò il biondo per poi scoppiare a ridere insieme, contenti del rapporto che si stava creando tra di noi.

Le nostre risa vennero interrotte dalle persone che, dall'interno della sala dalla quale eravamo appena usciti, avevano cominciato a fare il conto alla rovescia.

9...

8...

7...

6...

5...

4...

3...

2...

1...

"Buon anno!" Gridarono tutti insieme mentre nel cielo vennero proiettati i primi fuochi d'artificio.

Noi stemmo lì, in silenzio, guardando quelle luci fiammanti che illuminavano il buio cielo della notte.

Mi girai verso Jay e lui fece altrettanto. Non avremmo dovuto baciarci in quel momento, poiché nel film non accadeva, ma lui era talmente vicino a me ed io ero talmente intrappolata nel suo sguardo.

Sentii il suo respiro sulle mie labbra quando qualcuno dal fondo del palco gridò di spostarsi.

Ma spostarsi da dove?

Sentimmo come un enorme cigolio: la scenografia di carton gesso stava crollando pericolosamente sul palco su cui le varie comparse scorrazzavano impaurite.

Quando Jay comprese la gravità della situazione mi prese per mano e, insieme, spiccammo un salto atterrando in platea.

Il biondo mi prese sotto la sua ala protettrice e mi coprì col suo corpo. Mi ritrovai rannicchiata contro il suo petto e sentivo il suo cuore battere all'impazzata.

Vidi che teneva gli occhi ben chiusi ed io feci altrettanto fino a quando non sentimmo il tonfo sordo tra le grida del pubblico.

Una manciata di secondi dopo, che però a me parvero ore, il Preside Lodge apparve in platea con un microfono in mano.

"Siamo profondamente mortificati per ciò che è appena successo. Abbiamo ingaggiato i migliori professionisti per allestire questo bellissimo spettacolo interpretato da questi talentuosissimi ragazzi. Non posso non pensare che sia opera di qualcuno poiché le scenografie non cadono per loro volontà. Mi assicurerò che chiunque sia stato, venga punito severamente. Buona serata a tutti." Dichiarò per poi filarsela arrabbiato e scioccato.

Io e Jay ci rialzammo lentamente.

"Stai bene Savannah?" Mi domandò preoccupato accarezzandomi un braccio.

Annuii ancora scossa per poi sentire la voce ansiosa di mia madre che mi si avvicinava.

Quindi vi era qualcuno dietro a questo casino?

Il Preside Lodge ne era fermamente convinto.

Non riuscivo a non pensare che forse, chi mi aveva chiusa nello sgabuzzino e chi aveva fatto crollare la scenografia aveva qualcosa in comune: sbarazzarsi di me.

Ecco la nostra Savannah con la parrucca di Gabriella 😍 sempre più bella!
Come state?
Anche voi pensate che chi ha chiuso la nostra Sav nello sgabuzzino sia la stessa persona che ha fatto crollare la scenografia?
Continuate a leggere per scoprirlo 😉
-4 capitoli alla new entry 🦋

A.

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