18 - Come tutte le altre

Eduardo si alzò con una calma disarmante e se ne andò.

Io mi sentivo svuotata poiché vedevo che la gente intorno a me credeva a Kristal.

Ma come potevano credere a lei sapendo di ciò che era capace?

Sapendo che non gliene importava niente degli altri e tutto ciò a cui ambiva era primeggiare?

La situazione degenerò nel giro di pochi secondi: tutti i ragazzi gridavano continuamente il nome di Kristal, il professor Hutchinson annunciò a gran voce che avrebbe cacciato il Coach Bolton dalla scuola.

Infine Sole scese dal palco guardandomi disgustata e, prendendo Troy per un braccio, lo portò via con sé.

Finn la seguì a ruota ed io mi ritrovavo sola.

Mi sentivo sola, abbandonata e non creduta.

Come mi ero cacciata in quel guaio?

Come potevo uscirne fuori?

Ci sarei riuscita?

In quel momento in cui mi sentivo fuori posto ed indesiderata, corsi via dalla biblioteca accompagnata da alcuni fischi di disprezzo lasciando che le mie gambe mi portassero dove volessero loro.

Tra le lacrime cominciai a salire le scale del grande edificio fino ad arrivare all'ultimo piano dove incontrai una porta.

Spinsi la grande maniglia antipanico e uscii fuori: essa dava sul tetto su cui non c'era nessuno.

Vi erano solo alcune sedie, una brandina, qualche trave di legno e alcune piante morte.

Da quel momento capii che quello sarebbe stato il mio rifugio.

Ma proprio in quell'istante sentii la porta aprirsi.

Mi voltai e capii di non essere sola.

"Finalmente ti ho trovata." Disse Jay col fiatone.

"Vuoi deridermi in privato?" Gli chiesi duramente e dandogli le spalle.

In quel momento volevo stare da sola e lontana da tutti, non avrei sopportato altri insulti o occhiatacce.

"No Savannah. Perché dovrei? Io ti credo, conosco Kristal e, anche se da poco, conosco anche te." Mi spiegò lui con sincerità.

In quel momento mi girai a guardarlo, volevo capire dai suoi occhi se fosse vero.

Ed era così: era sincero.

Mi sedetti a terra e ricominciai a piangere ma subito Jay mi raggiunse e mi abbracciò dolcemente.

L'unica cosa di cui avevo bisogno in quel momento era affetto e qualcuno che mi credesse.

Strano, ma quel qualcuno era proprio lui.

"Sfogati Savannah, ma quando avrai finito dovrai cominciare a combattere." Disse il biondo.

"Che significa?" Gli chiesi tra i singhiozzi.

"Significa che adesso hai tutti contro e nessuno ti crede, ma se vuoi puoi capovolgere la situazione."

"E come dovrei fare?"

"Con il coraggio che possiedi puoi fare tutto." Mi rassicurò lui.

Da quando parlava in quel modo?

Chi era questo nuovo Jay?

Io avevo conosciuto il ragazzo superficiale ed infantile che era in lui, quello con cui mi scontrai il primo giorno e mi diede la colpa.

Questo Jay maturo e comprensivo mi risultava nuovo.

"Non sono coraggiosa come pensi..." Mi allontanai da lui asciugandomi una serie di lacrime appese al mio mento.

"Ah no? Hai tenuto testa a Kristal fino ad oggi, mi hai detto la verità sul suo tradimento pur sapendo che avresti peggiorato ulteriormente i rapporti con lei e ti sei candidata esclusivamente per non lasciarle le redini di questo posto. Tu come lo chiami?"

"Stupidità, considerando dove mi ha portata."

"Savannah, essere coraggiosa non significa vincere sempre: a volte devi cadere per capire quanta forza hai dentro nel rialzarti. Lascia che ti stia vicino come tu lo sei stata con me." Mi disse prendendomi per mano.

Sole non aveva idea di che persona fantastica fosse suo fratello: era davvero un ragazzo d'oro pronto ad aiutare tutti.

"Lo sai che se tu mi aiuterai verrai deriso da tutta la scuola vero?" Gli ricordai.

"Non penso che siano peggio di Kristal!" Esclamò ridendo.

"Grazie Jay. Sei davvero prezioso." Lo ringraziai abbracciandolo e quando mi staccai vidi l'imbarazzo nei suoi occhi.

Non so perché avesse reagito così ad un gesto tanto innocuo, ma era tenero.

Ad ogni modo aveva ragione: come si dice sempre, avevo perso una battaglia ma non la guerra.

Al contrario: la mia lotta contro Kristal era appena cominciata.

Questa volta aveva vinto lei e io avrei dovuto sconfiggerla una volta per tutte.

E come prima cosa, dovevo convincere Eduardo della mia innocenza in un modo o nell'altro.

Non sapevo ancora come fare ma avrei dovuto farlo.

"C'è sempre un modo!" Continuai a ripetermi mentre uscii dall'edificio per raggiungere il dormitorio maschile.

Non sapevo dove si trovasse il mio ragazzo, quello era il primo posto in cui l'avrei cercato.

Camera 17: eccola!

Bussai ripetutamente, non ammettevo scuse: dovevo entrare.

Avrei continuato a bussare per sempre, finché qualcuno non mi avesse aperto per sfinimento.

Sentii la maniglia scattare dopo un tempo che mi sembrò interminabile.

"Cosa vuoi?" Mi aprì Eduardo con gli occhi rossi e gonfi: aveva pianto e mi si spezzò il cuore nel vederlo in che stato l'avevo ridotto seppure non avessi alcuna colpa.

"Voglio che tu mi creda!" Gli dissi richiudendo la porta alle mie spalle e seguendolo nella camera. "Davvero pensi che io possa farti una cosa simile? Davvero credi a Kristal e non a me?"

"Savannah c'è la foto come prova, te ne rendi conto? Se fosse stata una diceria non l'avrei neanche ascoltata ma quella ragazza, chiunque sia, ha il tuo braccialetto! Come potrei non credere ad una foto?!"

"Ti chiedo di credere a me, alla tua fidanzata! Non ti è passato per la testa che forse quella ragazza avesse il mio braccialetto perché me l'ha rubato? Che forse Kristal ce l'ha con me dalla prima volta che ci siamo incontrate e non si è fatta nessuno scrupolo per incastrarmi e farmi apparire ai tuoi occhi come una facile?"

Vidi Eduardo pensarci per bene su, probabilmente era stato accecato dalla collera che provava nei miei confronti per ragionare lucidamente.

"Mi conosci, io amo solo te. Non potrei mai farti una cosa simile." Gli dissi più dolcemente avanzando verso di lui.

Eduardo era un ragazzo sensibile infondo, aveva sempre bisogno di affetto e che qualcuno gli ricordasse di amarlo.

Era stato solo in passato e si era chiuso in se stesso ma, con me, si era aperto e mi aveva donato il suo cuore, esattamente come io avevo fatto con lui.

Lo baciai per azzerare quella distanza tediosa, per fargli capire attraverso quel gesto che io amavo solo ed esclusivamente lui.

Ricambiò velocemente il mio bacio, prendendomi in braccio e stringendomi voracemente le cosce intorno al suo addome scolpito.

Sentivo tutta la sua paura di perdermi e lo capivo benissimo perché se lui non fosse entrato nella mia vita io avrei continuato a vagare nella confusione.

Mi sentii sollevata, lui aveva deciso di credere a me com'era giusto che fosse.

Mi adagiò con forza sul letto e si accese la nostra passione.

Quel tipo di passione che incendia sempre i nostri corpi rendendoli l'uno parte dell'altro.

Non appena cercai di togliergli i pantaloni lui si bloccò.

"Che c'è Edu?" Gli domandai leggermente affannata.

"Non ce la faccio..." Esclamò con una smorfia che faceva predire un pianto imminente.

"A fare cosa?"

"Non riesco a non pensare alle tue labbra sulle sue ogni volta che ti bacio io! Non riesco a non pensare che magari avete scopato in mia assenza, non riesco a non pensare che un altro uomo ti abbia toccata!" Esclamò con voce rotta dal pianto. "Non riesco a non pensare che tu sia come tutte le altre..."

Quella frase mi spezzò il cuore.

Davvero per tutto questo tempo pensava queste cose sul mio conto?

Non mi conosceva per niente allora.

Perché stava con me se pensava che andavo a letto con tutti?

Mi stava solo usando?

"Stupida cretina illusa!" Mi ripeteva il mio subconscio.

Me lo spostai di dosso con forza e non provò a fermarmi.

In fondo perché avrebbe dovuto?

"Se è questo che pensi allora non hai capito un cazzo di me. Possiamo anche chiuderla qui."

Mi tirai su la zip dei jeans ed uscii da quella stanza lasciandolo da solo sul suo letto a piangersi addosso.

Mi sentivo morire, non avrei mai voluto vederlo in quelle condizioni per causa mia, lo amavo tantissimo ma se pensava che io fossi come tutte le altre e allo stesso tempo stava con me, significava solo una cosa: che avevo sbagliato ancora una volta a fidarmi di un ragazzo.

In quel momento tutto ciò che desideravo era farmi cullare dalle mie coperte.

Non mi interessava di niente e di nessuno, avevo solo bisogno di calore e di conforto.

Sentivo già le lacrime bruciare calde sulla mia pelle.

Non appena entrai nel dormitorio femminile, mi scontrai con una ragazza.

"Scusa." Fu tutto ciò che riuscii a dire e nel mentre sentii un profumo a me famigliare di vaniglia mista a fiori.

Alzai velocemente lo sguardo per conoscere l'identità di questa persona davanti a me: Veronica.

Lei mi guardava sconsolata, come se fosse sua la colpa di tutto: come se non potesse farci niente.

In quel momento capii ogni cosa, ma avevo bisogno del sostegno del mio letto per riuscire a collegare il tutto.

Non appena entrai in camera guardai Sole, la quale, a sua volta, mi squadrò con fare minaccioso.

"Oh grandioso, non mi crede neanche lei."

"Ti sarei grata se per il momento non mi parlassi. Ho bisogno di tempo." Mi spiegò lanciando le sue scarpette da calcio nella borsa.

"Come vuoi." Sospirai affranta.

"Veramente nessuno di loro stava dalla mia parte?" Mi ripetevo.

Era come se mi conoscesse solamente Jay, che, paradossalmente, era la persona con la quale avevo passato meno tempo fino a quel momento.

Ma lui mi credeva perché conosceva molto bene Kristal e sapeva di cosa fosse capace.

Quando mi spogliai e, in intimo, mi coricai sotto le coperte mi sentii molto meglio.

Sole uscì velocemente dalla camera col borsone sulla spalla, mandai un messaggio a Xin per dirle che non mi sentivo bene e avrei saltato la lezione di nuoto e quella successiva di chimica.

"Xin!" Urlai sedendomi di scatto sul letto.

Lei avrebbe potuto risolvere questa situazione.

Lei sapeva che non ero io la ragazza della foto.


Zan zan zaaaaaaaaaan😱
Nessuno crede a Savannah!
Effettivamente quando c'è una foto come prova schiacciante risulta difficile credere il contrario MA lei sembra aver trovato una soluzione!
Sarà quella giusta? 😏
Continuate a seguire la storia e buon fine settimana a tutti ☺️
Baci baci 💋

A.

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