V. It is just my own fault
«Ho sentito parlare così tanto di te da provare un déjà vu, ora che ti ho davanti. Harry, vero?»
Harry annuisce impercettibilmente. Perché gli sembra di essersi accorciato di una decina di centimetri?
«Piacere. Spero ti abbiano già fatto gli onori di casa.»
Niall comincia ad agitare le braccia e affianca Louis. «A dir la verità non gli abbiamo ancora mostrato il posto. Loro due sono Will e Meryan, comunque. Lui è il grande capo, se già non l'avevi capito. Qualunque cosa, chiedigliela e te la—»
«Sei un leccaculo, Niall.»
«Rylee.»
Louis finalmente distoglie lo sguardo da Harry e lo punta sull'interpellata. Lei ha un viso molto dolce – in netto contrasto con il carattere – e sembra quasi una bambina, anche se Harry è più che sicuro che sia più grande di lui: non sa perché, ma crede di essere il più piccolo dei presenti. Nel tono di Louis si distinguono chiaramente autorità e voglia di dettare legge, qualcosa che tutti nella stanza sembrano riconoscere perché all'improvviso si ammutoliscono e Niall fa un passo indietro, guardando Rylee; lei scuote la testa e si alza, premendo i pugni sui fianchi e sostenendo l'occhiata di Louis.
Harry ora vuole più di tutto il resto scomparire.
«Mi avete rotto il cazzo, ok? Sono due giorni che non fate altro che dire "Rylee, Rylee, Rylee". Sì, mi chiamo così. E sì, ancora penso che questo qui ci procurerà solo problemi. Legalo e riportalo nel bosco. Sia mai che non se lo portino via i bastardi di Samuel!» urla e colpisce malamente Niall, uscendo dalla porta finestra.
Di che accidenti sta parlando?
Harry inizia a grattarsi le braccia e a tremare sul posto, come se facesse troppo freddo per la sua semplice maglietta, in preda a una crisi di nervi. Solo Liam gli si avvicina, accarezzandogli la schiena con gesti regolari, ma lui si scansa come scottato e piagnucola, senza sapere bene per che cosa e non riuscendo a trovare un valido motivo per smettere di farlo.
Gli sta scoppiando la testa.
«Ok, basta» Louis dice, allargando le braccia. «Voi tre, fuori. Niall, – Punta un dito contro il ragazzo e gli indica la porta, – tu vai a cercarla e assicurati che non faccia qualche stronzata.»
Liam sta per seguire Zayn, ma Louis lo prende per un braccio e «No, tu resti qui» dice.
Gli altri scompaiono prima che Harry possa anche solo accorgersene e, un secondo dopo, è seduto per terra, a gambe incrociate, e sta balbettando qualcosa a proposito di un coniglio che ha paura del buio, una storiella che sua madre gli raccontava spesso quando non riusciva a prendere sonno, da piccolo.
Liam annuisce in direzione di Louis e si inginocchia poi accanto al suo amico. Quando Harry scoppia improvvisamente a piangere e nasconde la testa nella sua maglietta, Liam sbarra gli occhi e cade sulla schiena, con i suoi ricci schiacciati sulla pancia. «Ehm... Lou?» Agita una mano. «Potresti... Mi dai una mano?»
Louis scoppia a ridere e solleva Harry, stringendo le mani sui suoi fianchi. Tutto quello a cui riesce a pensare quest'ultimo è che ha dei palmi bollenti ed estranei che gli stanno premendo contro la pelle; ma è comunque una situazione che non vuole – e non può – impedire... L'ha già detto che questo Louis è terribilmente affascinante?
Louis borbotta degli insulti mentre lo trascina fino al divano in pelle e lo lascia cadere tra i cuscini. Si stira la maglia stropicciata e fa un cenno a Liam, ricevendo in risposta altri versi di protesta; un ringhio gli scuote il petto e Liam gli è di fianco all'istante, testa china e mani intrecciate dietro la schiena.
È come se si stesse sottomettendo, pensa in un istante di lucidità Harry, ma poi si stringe nelle spalle e sprofonda tra i guanciali morbidi. Gli affari strani di Liam possono tranquillamente rimanere di Liam, perché a lui non interessano.
«Allora, Harry» Louis comincia, grattandosi la testa.
«Per gli sconosciuti sono Harry Edward Styles» risponde lui, con una smorfia. «E io non ti conosco, quindi chiamami così.»
Louis si morde le labbra, probabilmente per non ridere dello sciocco ragazzino che si trova davanti a lui. Si accomoda a sua volta sul divano, accanto a Harry, e incrocia le gambe sotto di sé. «Ok, Harold» dice, con un sorriso tutto denti smaglianti. «Vorrai sapere perché sei qui.»
Harry non ribatte al nome, o alla constatazione, e sbuffa soltanto.
«Quindi.»
Il bello di Louis è che va dritto al punto.
«Parliamo del licantropo che hai visto ieri nel bosco.»
Silenzio. La sola sensazione palpabile all'interno della stanza è il silenzio, quello opprimente e denso che penetra nel naso, in bocca, nelle orecchie e preme fino a far scoppiare il cervello. Liam lo avverte distintamente, intanto che analizza il volto di Harry, studiando le emozioni che vi si alternano a distanza regolare una dall'altra: prima di tutto c'è l'ansia, poi il terrore, il panico allo stato puro e forse anche la paura, perché è più che sicuro Harry sia terrorizzato, o dal fatto di aver avuto ragione, o dalla tranquillità con cui Louis ha scoperto le carte.
Beh, lui è il capo... Lui sa come deve comportarsi. Liam non intende metterlo in discussione.
Harry si stringe nelle spalle. «Non era un licantropo. Solo un lupo.»
«Ah sì? E tu come lo sai?»
«Perché i licantropi non esistono. È colpa mia che leggo troppi fantasy e mi convinco si basino su storie vere.»
Harry guarda Louis negli occhi; verde e azzurro si mischiano per la prima volta ed è un qualcosa di così potente e inaspettato che, preso alla sprovvista, il primo distoglie subito lo sguardo.
Louis inclina la testa. «Non puoi esserne sicuro. Tu sai che una cosa esiste solo dopo averla vista personalmente. Perché questa volta pensi il contrario?»
«Perché un fottuto licantropo può trovarsi solo in un fottuto libro. Non è come un semplice extraterrestre, che ogni due per tre passa tranquillamente vicino alla Terra e al quale tutti credono perché implicitamente sanno che gli alieni esistono. Un licantropo è come un vampiro e, di conseguenza, non può esistere se non nella mente di qualche povera casalinga annoiata. O di un coglione come me, sull'orlo di un esaurimento nervoso.»
Louis guarda Liam con incertezza, non sapendo bene come comportarsi, e l'altro si avvicina al suo amico; gli tocca una spalla e Harry sobbalza appena, ma non si scansa.
«Haz, quello che hai visto non era solo frutto della tua fantasia.»
«Sì, invece. Non sono un moccioso ingenuo e i mostri non esistono.»
Liam sospira. «Devi solo capire che—»
Questo è troppo.
«Perché! Perché devo credere a quell'affare? I lupi mannari non esistono e se anche fosse io non voglio averci niente a che fare. E tu dovresti capirlo, essere dalla mia parte, venire a casa mia per guardare un film e mangiare popcorn come abbiamo sempre fatto. Non dovresti cercare di mettermi in testa che quel coso l'ho visto davvero, Liam!» Harry si alza in piedi all'improvviso, traballando un po' sulle sue gambe e gonfiando le guance. «Voglio andare via da qui e allontanarmi da questa setta in cui ti sei andato a cacciare! Non voglio averci niente a che fare, ok?»
La verità è che Harry sa quello che ha visto, che gli piaccia oppure no: non ha visto un lupo normale e ne è certo; potrebbe anche conviverci, con quello, ma non capisce che cosa Liam e i suoi amici vogliano da lui, che cosa stiano cercando di dirgli e come di preciso si sia ritrovato in questa situazione da serie tv americana per adolescenti.
Liam e Louis lo stanno fissando, il primo preoccupato, mentre il secondo soprattutto annoiato. Ma ad Harry non importa di Louis, perché per quanto gli riguarda lui e la sua banda possono finire sotto un treno.
Non sarebbe dovuta andare così. Quando ha deciso di telefonare al suo migliore amico, solo la sera prima, non era questo che si sarebbe aspettato come conseguenza.
Louis gli si avvicina, dopo qualche minuto di analisi accurata del suo attuale stato mentale, portando i loro volti a pochi centimetri di distanza; incrocia le braccia e curva l'angolo della bocca. «Non ti lascerò andare via da qui finché non mi avrai detto com'era fatto il licantropo che hai visto.»
Harry sbarra gli occhi. «Cos—Non puoi tenermi qui!»
«Oh, posso eccome.»
Liam non fa niente, non interviene, e la cosa per Harry è abbastanza assurda. Conclude che, forse – trovandosi in una casa che non è la sua, circondato da ragazzi pazzi probabilmente convinti di essere dei mutanti –, è meglio assecondare il capo e fregarsene del proprio orgoglio. Perciò stringe i denti e «Aveva il pelo marrone chiaro, caramello. Era alto. Gli occhi erano... – Guarda Louis, improvvisamente terrorizzato da ciò che sta vedendo, dai collegamenti che sta facendo, – come i tuoi.»
Louis si getta sul divano, sprofondando tra i cuscini, soddisfatto di non si sa bene cosa e rivolgendo a Harry un sorriso sornione. «Che bravo bambino.»
A ragion di logica, c'è qualcosa di evidente non del tutto chiaro.
Liam aggrotta le sopracciglia e guarda il pavimento, sussurrando tra sé e sé. Alza lo sguardo sul viso rilassato di Louis e «No» dice. «No» ripete, scuotendo la testa come per cacciare un brutto pensiero.
Louis si stringe nelle spalle. «Ero a caccia e non mi aspettavo di incontrare degli umani in quella parte del bosco.»
«Dio, non ci posso credere. Mi hai sempre detto di non comportarmi mai in modo così avventato, o di rischiare. A sentirti ne sarebbe potuta andare della mia stessa vita.»
«Faccio sempre dei controlli del genere. Non è colpa mia se il tuo amichetto è stupido.»
«Scusate!»
I due ragazzi smettono di parlare e guardano Harry. Il cucciolo spaventato e confuso è stato sostituito da una comica faccia stralunata, l'intenzione di andarsene ormai accantonata in un angolo.
«Che c'è?»
«Che—Oh. Oh, calma. Ascoltami, tesoro, vuoi farmi credere che eri tu quella cosa? Seriamente? Perché mi avresti fatto portare qui, allora?»
Louis rotea gli occhi. «È stata un'idea di Liam.»
«Sì, ma hai deliberatamente esposto ai quattro venti una cosa che nessuno dovrebbe sapere. E poi, scusa un secondo, hai cercato di mangiarmi!»
«Ah, adesso ci credi, eh.» Louis si sistema distrattamente il ciuffo di capelli che gli cade sulla fronte e ride, continuando a squadrare Harry da capo a piedi come se provasse gusto a imbarazzare le persone.
«Stavi davvero per mangiarlo?»
«Liam. Volevo solo spaventarlo, nient'altro.»
«Certo! Ti assicuro che ci sei riuscito!» Harry ribatte, alzando la voce.
Louis spalanca le braccia e allarga gli occhi in modo spropositato, esasperato. «Qual è il tuo dannato problema? Hai detto a Liam di aver visto un licantropo, sei venuto qua negando ogni cosa e adesso credi a tutto quello che dico? Se ti dicessi che gli asini volano, mi crederesti?» Louis si alza dal divano. «La verità è che quel bel lupo ero io. Non ti avrei mai mangiato, ma tu mi stavi in mezzo ai piedi e sai la verità perché Payne qui presente è una persona emotivamente debole.»
Liam sospira.
«Per principio avrei semplicemente dovuto eliminarti, evitando un umano a conoscenza del nostro mondo, ma ti è andata bene e congratulazioni! Ora sai che i mostri esistono.» Louis ghigna. «Ma non siamo delle creature comandate dalla luna piena. Ci chiamiamo mutaforma.»
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