9.My Person

Pensateci.
Non è strano?
Ci sono milioni di forze nell'universo.
Forze che attraggono.
Forze che respingono.
Forze che ci tengono ancorati a qualcosa grazie a qualche movimento particolare.
Forze che ci fanno riscaldare e altre raffreddare.
Forze che ci permettono di sollevare oggetti e forze che permettono di muoverci.

È strano sapere di essere sotto l'effetto di queste numerose forze, e comunque vivere tranquillamente.

Per esempio, la terra.
La terra gira intorno al suo asse con velocità costante, provocando un moto circolare grazie al quale noi, poveri essere umani, potremmo essere sbattuti nello spazio, in posti lontani da quelli che siamo abituati a conoscere, e invece, grazie alla forza di gravità, restiamo con i piedi per terra.

Nessuno ci ha mai fatto caso.
Nessuno ha mai badato al fatto di essere continuamente sballottato da una parte all'altra senza nemmeno accorgersene.

E invece, l'amore?
Per colpa di uno stupido sentimento, la gente muore.
Muore dentro.
Muore ogni secondo senza saperlo.
Viene presa contro la propria volontà.
Viene scombussolata.
Muore come se l'amore fosse l'arma più potente mai scoperta.
Possibile che l'amore sia più dannoso di più di milioni di forze esistenti sul pianeta?
Capace si esistere e persistere.
Andare oltre alla comprensione e l'immaginazione umana.
Capace di assoggettarti e renderti schiavo.

Se avessero creato un arma di distruzione di massa basata sul far provare amore alle persone, credo che l'umanità sarebbe già stata in ginocchio da un pezzo.

Ci avete mai pensato?

Il fatto è che se si avesse la possibilità di prepararsi psicologicamente, anche se non si è mai pronti, se si avesse la possibilità di essere sicuri e dire "mi sto innamorando" sarebbe stato molto meglio.

Invece no.
L'amore arriva, ti prende, ti consuma, ti distrugge, ti svuota e poi ti butta.
Ti butta a terra come se fosse una delle forze più pericolose esistenti nell'intero universo.

Se avessimo la consapevolezza di ciò che sta per accadere, avremmo almeno il tempo per progettare un piano per convivere con la nostra anima che verrà irrimediabilmente distrutta.

Come è possibile che l'amore sia così dannoso e allo stesso tempo così bello?

Uno sentimento bipolare.
Insomma, quando sei felice, sei felice e basta.
Quando sei triste, sei triste e basta.
Quando odi, spacchi il muso a qualcuno e basta.
Invece, quando ami?
Come con un mucchio di sabbia in mano, con ogni granello che ti scivola tra le dita.
Così come l'amore, i sentimenti che provi, tra felicità, gelosia, odio, passione, ansia...
Sono così tanti che non riesci più a gestirli.
Ti scivolano dalle mani, ne perdi il controllo, e ti assalgono, insieme, senza lasciarti respirare.

"No,no, no Louis non ci siamo. Ci metti troppo sentimento.
Stai riproducendo uno spartito, non ne stai componendo uno tuo."
Albert fece riecheggiare la bacchetta sulla cassa facendomi sobbalzare per la milionesima volta.

Nella villa dei miei genitori regnavano il più totale silenzio e tranquillità, ma Albert Flink, uomo alto, biondo, con occhi grigi da far paura, riusciva a rompere questa tranquillità con qualsiasi cosa.

Con la bacchetta in legno che usava per guidarmi nell'esecuzione degli spartiti, con la sua voce grave e roca ma comunque molto alta, con i suoi passi che riecheggiavano nella stanza quasi come a guidarmi col tempo.

Per non parlare poi del fatto che la sala da ballo era enorme e vuota.
La maggior parte del tempo quella villa era popolata da me e dai miei pensieri.

Le mie sorelle si erano trasferite.
Quando avevo deciso di fare una vita normale hanno pensato bene di abbandonarmi a me stesso pur di non rinunciare alla fama.

Voi vi chiederete "come fa ad essere nascosto ai media nonostante le sorelle siano famose? Il cognome quello è."

Beh.
Bella domanda.

A quanto pare loro avevano deciso di portare avanti il nome del nostro primo padre, quello che ha portato l'eredità a quella che è adesso, quello ancora in vita, quello che ha ottenuto l'affidamento delle mie sorelle.
Troy Austin.
Non lo avevo mai considerato un padre.

L'unica persona che consideravo un vero padre era Mark.
Mi aveva cresciuto e aveva tenuto con se me e mia madre, amandoci, a differenza di Troy.

Per questo io avevo deciso di tenere il cognome di Mark.

Certo, ogni tanto andavo da Troy per stare un po' con le mie sorelle, ma niente di quella casa, e niente di quella vita, ha mai fatto parte di me.

E avevo fatto la scelta giusta.
La prova ne era Harry....

Harry...

Quasi come attratto da qualche forza strana il cellulare squilló.
Un messaggio.

Harry:
Ho bisogno che tu faccia una cosa per me, chiamami appena puoi.

Bloccai di nuovo lo schermo che si era illuminato per poi girarmi verso Albert.

"Per oggi basta così, grazie mille." Dissi poi rimettendo i milioni di spartiti nella mia valigetta preferita insieme ai miei componimenti.

"Louis." la voce di Albert era più bassa del solito.

"Ti vedo troppo deconcentrato in questi giorni, c'è qualcosa che non va? Sta iniziando a non interessarti più il piano?"

Sospirai picchiettando con le dita sulla valigetta.

"Tranquillo, è solo che sono un po sovrappensiero."

Con qualche altra scusa e un insieme di sorrisi teneri e irresistibili riuscì a convincere Albert.

Prima di diventare il mio tutore di piano era il migliore amico di mia madre.
Fu lei a chiamarlo per le mie lezioni private.
Si fidava di Albert più di ogni altra cosa al mondo, infatti molto spesso mi lasciava in sua custodia quando sia lei che Mark dovevano svolgere servizi importanti ai quali non potevo partecipare.

Il piano era l'unica cosa che mi ricordava di lei, oltre la villa, e non ci avrei mai rinunciato per nulla al mondo.

Salutai Albert per poi salire nella mia camera immacolata, senza nulla fuori posto, per chiamare Harry.

Ero un maniaco della pulizia e tutto doveva essere al suo posto, ho sempre avuto l'ossessione di voler ritrovare tutto li dove l'ho lasciato.

Quando andai per un periodo dalla psicologa mi disse che questa paura derivava dal fatto che un giorno tornai da scuola, e ritrovai mia madre a piangere sul divano.

Quando gli chiese cosa c'era che non andava lei mi disse che papà se ne era andato per sempre.

Certo.
Quella psicologa, secondo mia madre, non valeva a molto.
Magari era vero...dopo un paio di anni di terapia la psicologa, sedute continuate anche dopo la morte dei miei genitori, mi disse "forse la vita non è proprio per tutti".

Senza nemmeno accorgermene avevo digitato il numero del riccio.
Quando me ne resi conto iniziai a sudare freddo diventando improvvisamente nervoso e agitato.

TOMLINSON RIPIGLIATI, non stai mordendo, e non sei ancora in paradiso.

"Pronto? Louis?"

"Ciao angelo..." Dissi senza pensarci con voce strozzata e la testa tra i cherubini del mio paradiso immaginario.

Quando mi resi conto di cosa avevo detto, mi tappai la bocca con la mano arrossendo.

"Scusami...." Dissi poi con voce bassa.

Dall'altra parte il riccio scoppio un una risata di gusto.
Anche se era un suono metallico, era il suono più bello e dolce di tutti.
Lo avrei ascoltato per tutta la vita più un giorno.
L'avrei messa come tutte le suonerie del cellulare e come sveglia la mattina, per avere un risveglio da dio ogni giorno.

E irrimediabilmente mi ritrovai a pensare come sarebbe stato svegliarsi con il riccio.

Ma venni riscosso dai miei pensieri dallo stesso.

"A cosa devo questo appellativo molto dolce, Boo?" disse poi ridacchiando.

Mi morsi il labbro trovando quel soprannome veramente tenero anche se molto insolito.

"Boo?" Dissi poi curioso.

Il riccio dopo aver sbuffato una risata iniziò a parlare a bassa voce.

"Facciamo così, se mi raggiungi te lo spiego, anche perché devo dirti un altra cosa."

Sospirai acconsentendo facendomi dare l'indirizzo, e dopo qualche minuto, grazie un paio di pullman, riuscì ad arrivare, notando che l'edificio era l'Hotel nel quale ero stato la volta precedente.

Mi presi qualche secondo ad osservarlo, notando che da fuori sembrava molto più grande e più raffinato di quanto non sembrasse all'interno.

Le cinque rose di venere.

Non so se il nome si riferisse alle cinque stelle dell'hotel, ma la cosa sicura è che il nome ci stava tutto.

L'edificio aveva così tanti piani che non si riusciva a capire ne quanti fossero, ne se finissero.

Mi limitai a passare sul tappeto rosso che ora sembrava quasi deserto, per poi entrare ed avvicinarmi alla reception.

Mi sistemai il ciuffo tamburellando sopra al bancone della reception, cercando di attirare l'attenzione della bionda con camicetta bianca e cardigan rosso che vi sedeva dietro.

Quando la ragazza lo notò fece un sorriso, che sembrava come stampato e automatico, quasi come se fosse così abituata che la cosa venisse automatica.

"Posso fare qualcosa per lei?" disse poi con vocina acuta e troppo, troppo, trooooppo entusiasta.

Mi stai sul cazzo.

"Umh, si salve, volevo sapere a che piano è la stanza 258." Dissi mordendomi il labbro.

Cosa Louis, eri troppo preso dagli occhi del riccio per poter guardare il terreno che calpestavi quella sera?

"La stanza del signor Styles? Mi scusi ma questa è un'informazione che non posso dare, mi è stato chiesto esplicitamente." disse facendo una faccia innocente.

"La prego, non sono un paparazzo sono solo un suo amico."

La ragazza sospirò spostandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

"Mi dispiace..." iniziò per poi essere bruscamente interrotta.

"Hei Lou, perché ci stavi mettendo tanto? Gigi, ci sono problemi?" disse Harry sbucando da dietro l'angolo, guardando la receptionist sorridendo, per poi darmi un bacio sulla guancia.

Le mie guance arrossitono leggermente e mi lasciai scappare una risata molto lieve dopo aver ammirato la faccia sorpresa e currociata della bionda tinta.

"No, tranquillo, ero venuto giusto a chiedere il piano della stanza." Dissi mordendomi il labbro per trattenere le altre risate.

Harry salutò Gigi, ancora con la bocca spalancata, per poi mettere un braccio intorno alla mia vita un po' più sopra del fondoschiena.

Arrivammo nell'ascensore e solo allora notai che i piani erano molti di più di quelli che immaginavo.

Mi girai verso Harry per chiedergli cosa avesse così di importante da dirmi ma notai che il suo sguardo era fisso su di me.

Gli occhi di un verde intenso.
La mascella scolpita e rigida a dargli un aria così seria ma allo stesso tempo così sexy.
La camicia mezza sbottonata fino a mezzo petto, che lasciava intravedere due rondini tatuate.

Mi studiava attentamente come un predatore fa con la propria preda.
Lo studia nell'ombra pronto ad assaltare nel momento di debolezza.

"Hai un bel pò di cose da dirmi." Dissi io riscuotendolo dalla sua trans.

Strizzò appena gli occhi per poi mordersi il labbro.

"Del tipo?" disse storcendo la testolina come un bambino di cinque anni, per far ricadere i suoi ricci morbidi sulla spalla.

chiamate l'ambulanza qualcuno sta per venire....cioè svenire.

Balbettai annaspando dimenticando ciò che dovevo chiedere.

Il riccio rise leggermente mettendo in mostra le sue fantastiche fossette.

Ti vuole morto. Scappa.

Senza nemmeno accorgermene eravamo arrivati alla sua stanza e lui si era messo a gambe incrociate in mezzo al grande letto bianco che occupava la stanza.

Mi face segno di mettermi davanti a lui picchiettando appena sul tessuto difronte a lui.

Sospirai togliendosi la giacchetta, rimanendo in canotta, per poi imitarlo mettendomi difronte a lui.

Quasi sembrava di essere tornati bambini.
Come quando ad un pigiama party giocavi a rischio o verità e tutti si addossavano l'uno sul l'altro cercando di raccattare la migliore posizione sul letto più grande della camera.

"Da piccolo avevo un orsetto dal quale non mi separavo mai.
Si chiama Boo Bear." disse poi il riccio leccandosi il labbro superiore, quasi cercasse di ricordare qualcosa di molto vecchio.

"Quindi sarei un piccolo e tenero orsetto ai tuoi occhi." Dissi facendo una faccia tra il divertito e il 'seriamente?'

Harry annuì facendomi ridere.
"Solo che poi mio padre mi disse che dovevo crescere, e me lo fece togliere dalla badante, Jocelyn. Piansi tanto.
Ricordo che fu la stessa badante a ridarmi l'orsetto.
Adesso è ancora in camera mia." disse poi saltellando sul letto con aria di chi ha fatto qualcosa di illecito e allo stesso tempo emozionante.

"Che cattivo ragazzo, ha ancora il suo orsetto." Dissi ridendo così tanto che un ciuffo mi cadde davanti agli occhi.

Il riccio sorrise, prendendosi il labbro tra i denti, per poi posarmi una mano sul viso, spostandomi la ciocca.

La sua mano, rispetto al mio volto, era veramente grande.
Con tutte e due le mani probabilmente avrebbe potuto coprirmi l'intera faccia.

Mi ritrovai ad arrossire leggermente per poi girarmi di spalle di scatto.

Che ti prende Louis? Ti sei reso conto che lui è troppo per te?

La mia vicina mi fece gelare il sangue, poiché mi aveva fatto notare che più di una volta mi ero ritrovato a pensare ad Harry come la mia persona.

"Cos'altro volevi dirmi?" Dissi poi cercando di interrompere quel momento così imbarazzante.

"Volevo parlare di una cosa importante." disse con voce bassa poi probabilmente muovendosi, visto che il materasso iniziò a muoversi leggermente sotto il suo peso.

Pochi secondi dopo me lo ritrovai letteralmente col fiato sul collo.

La mia spina dorsale sembrò appena uscita in un ambiente freddo dopo un bagno bollente.
Brividi e scosse mi percorsero l'intera schiena facendomi diventare il fiato corto.

"Di c-cosa?" Dissi mordendomi il labbro.
Non feci in tempo a finire la frase che una mano mi tirò il polso facendomi girare bruscamente, costringendomi ad annegare negli occhi verdi del riccio.

"Di questo." la sua voce ora calda e roca attraversò le mie orecchie, e prima ancora di capire cosa stesse per accadere, le labbra del riccio erano sulle mie.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top