7.Can you see me?
"Adesso mi spieghi perché lo hai fatto?" Dissi io buttando la testa all'indietro e chiudendo gli occhi, godendomi i raggi caldi del sole che passavano attraverso le foglie degli alberi.
Il parco era tranquillo la maggior parte del tempo, ma di mattina non si vedeva nemmeno un gatto.
Gli unici rumori che si percepivano erano le fronde degli alberi che si muovevano col vento e un leggero cinguettare.
"Di cosa stai parlando?"
Il riccio sembrava assolto nei suoi pensieri.
Il ciuffo e la testa buttati all'indietro, le braccia aperte sulla spalliera della panchina, e le gambe accavallate.
Sembrava si stesse rilassando come non facesse da molto tempo.
Per un momento archiviai la prima domanda.
"Non ti capita spesso vero?" Dissi poi tornando a guardare le mie mani che torturavano i risvolti dei jeans.
Ero seduto a gambe incrociate, con i piedi sotto al sedere e la schiena dritta, quasi come se cercassi di essere me stesso ma in un certo senso non riuscendo a reprimere una certa aria di compostezza.
"Non si risponde ad una domanda con un altra domanda." disse poi lui ridacchiando mettendo di nuovo in mostra quelle fossette a dir poco fantastiche.
Si giró verso di me guardandomi con occhi di una persona che cerca di capirti, o solamente di essere capita.
"Comunque cosa intendi con 'non ti capita spesso'?"
Il riccio si morse il labbro storcendo appena la testa incastrando perfettamente il suo sguardo col mio.
"Intendo il rilassarti.
Magari il tuo essere famoso richiede così tanto tempo che non riesci nemmeno a pensare a come chiamare la tua quarta lamborghini" Dissi io forse un po troppo sincero.
Il mio odio verso gli aristocratici superava qualsiasi cosa e qualsiasi persona.
Non ci potevo fare niente, mi usciva naturale.
"Uh, questa bruciava, comunque si chiama Darcy." disse buttando gli occhi al cielo.
"Spero tu stia scherzando..."
Mi girai verso di lui con aria sconcertata, non volendoci credere.
"Infatti scherzavo, però Darcy dovrebbe essere il nome di mia figlia..." il suo tono sembrava oscillare tra il dolce e il rammaricato.
Non sapevo che pensare.
Due erano le alternative sul momento.
Uno: Non può avere figli.
Due: Non c'è nessuna donna che gli fa il filo.
Ci pensai bene, e non ci volle molto a capire che la prima era la risposta più plausibile.
"No, effettivamente no." ricominciando poi il discorso così dal nulla.
"Che significa?"
Sembravo disorientato, un po rincoglionito forse, e i lividi e il labbro spaccato non mi davano un aria di persona molto intelligente.
"Non ho molto tempo per rilassarmi...Sai, tra interviste, comunicati stampa, riunioni di famiglia, riunioni aristocratiche, Gala, e molto spesso anche ricevimenti importanti...non sembra ma porta via gran parte del mio tempo."
Il riccio si passò una mano sotto al mento quasi a pensare ad un elenco.
Pensai di essere stato fortunato ad evitare tutte quelle cose.
Ero fuori dalla mia famiglia, fuori dalla nomea di aristocratico, fuori da una categoria di persone che, col tempo, avevo imparato ad odiare.
Il telefono del riccio squillo facendo notare che gli erano arrivati alcuni messaggi.
Imprecazioni volarono dalla bocca del riccio, sorprendendo quasi anche me.
"Molto poco raffinato per una persona come te." Dissi guardandolo di sbiego.
"Mi sono contenuto...." disse con aria nervosa.
"Taylor di merda." aggiunse poi buttando il cellulare sulle sue gambe e la testa all'indietro per tornare nella posizione di prima.
"Cosa ti ha fatto questa povera Taylor per meritare tale nominativo?" Dissi con un atteggiamento fin troppo ironico.
"Beh, si da il caso che Taylor sia una giornalista del Daily, e questa " povera Taylor " come dici tu, ci ha scattato una foto mano nella mano.
Il mio manager mi ha contattato dicendomi che questa foto è già sulla rete."
Sembrava essere su di giri.
"A quanto pare i media sono gia allattacco per scoprire delle informazioni sul "misterioso ragazzo che girava con Harry Styles".
E non posso permettere che girino notizie del genere su di me, non ora."
All'improvviso si alzò prendendo il cellulare in mano voltandosi verso di me.
"Kim ha già mandato una limousine a prenderci. Su andiamo." disse poi schioccando le dita.
Mi alzai guardandolo male.
"Prima di tutto non sono un cane, quindi quelle dita te le puoi mettere nel posto che le tue orecchie da vippino non vogliono sentir nominare." Dissi aggiustandomi il pantalone e mettendo le braccia incrociate.
Lui di risposta si abbassò gli occhiali per poi sbuffare una risata.
"Se hai finito di ringhiare magari andiamo." disse poi girandosi per andare verso l'uscita del parco.
"Seconda cosa, non ho mai accettato di venire con te. Preferirei centomila volta tornare a casa o andare da Niall dopo la mattina di merda che ho avuto." Dissi prendendolo per il braccio facendolo girare.
Sembrava veramente nervoso, tanto che sbuffó e mi prese per il braccio.
"Senti, in questo momento i giornalisti sono dapertutto, ok? Quindi se ti vedono che sei andato via capiranno che abbiamo visto la foto e che c'è qualcosa sotto, quindi dobbiamo passare inosservati."
"ma non c'è niente sotto!" gli urlai in faccia.
"Non ho mai detto che i media dicono la verità!" disse lui rispondendomi con lo stesso tono, per poi girarsi e trascinarmi via.
Era molto veloce ed era difficile stargli dietro.
Da una parte aveva ragione.
I paparazzi ormai erano sulle nostre tracce.
E l'ultima cosa di cui avevo bisogno, era che raccogliessero abbastanza informazioni da scoprire chi ero in realtà.
Dopo qualche metro fatto di corsa una Limousine circondata da una ventina di fotografi sbucò da dietro al muro del parco.
Un brusio generale si scatenò quando anche solo il ciuffo di Harry entrò nella loro visuale.
"È li eccolo! E c'è anche l'altro ragazzino!" disse qualcuno attirando l'attenzione di tutti.
Ragazzino?
"Oh questo si che si dice non attirare l'attenzione." Dissi cercando una strada libera per poter entrare nella limosine.
"Copriti." fece poi il riccio alzandosi il cappuccio della giacca che si era portato dietro.
Lo imitai per poi sussultare notando che il riccio mi aveva preso per il fianco e portato più vicino a lui.
"Sei troppo piccolo gracile, li in mezzo potrebbero farti rimanere schiacciato."
Non sapevo se reagire bene o male, ma l'unica cosa che notai fu che l'ammasso di gente aumentava a vista d'occhio, e se non ci fossimo mossi immediatamente, non saremmo più riusciti ad andarcene.
Harry cominciò a camminare velocemente e io, anche se con fatica, tenni il suo passo, e quando arrivammo difronte al cancello di uscita la gente iniziò a venirci contro.
Chi con la fotocamera, chi con cellulari e altri ancora con blocchi di carta e penna.
"Harry, Harry chi è questo ragazzo?"
"Harry è un tuo amico? O e il tuo ragazzo?"
"Harry è vero che tuo padre sta male?"
Domande su domande provenivano da gente che arrivava da ogni dove.
L'ammasso di gente era così vicina a me che tutto sembrava così soffocante.
Finalmente dopo qualche altro passo arrivammo alla limousine ed entrammo, chiudendo tutta quella marmaglia fuori.
I finestrini erano oscurati, quindi dall'esterno non si poteva vedere, e proprio per questo il riccio sembrò tranquillizzarsi.
"Grazie Kim." disse poi il riccio sospirando.
Notai che un ragazzo, seduto vicino l'autista, alzò la mano per poi dire "è il mio lavoro".
Harry sospirò ancora una volta per poi chiudere una finestrella che separava noi due dai posti anteriori.
Prese una bottiglia di vetro con un etichetta bianca da un cassetto che sembrava un frigo bar per poi versarne un po del suo contenuto all'interno di un bicchiere.
Notando che lo stavo fissando il riccio sghignazzó.
"Vuoi un po? Vodka liscio, per scaricare la tensione." disse lui porgendomi il bicchiere.
Scossi la testa.
"L'unica cosa che potrei scaricare sarebbe lo sciacquone dopo aver vomitato quella roba." dissi indicando il bicchiere.
"Oh beh, poco male." disse per poi buttare giù il liquido tutto di un fiato per poi leccarsi le labbra e schioccarle rumorosamente.
Non dirò cazzate.
Sarei rimasto in eterno a fissare quelle labbra.
Carnose, lucide per colpa del liquido che aveva appena buttato giù.
Sembrerà da egoista ma avrei fatto di tutto pur di farle un altra volta mie.
"Te lo hanno mai detto che fissare qualcuno è maleducazione?" disse il riccio storcendo la testolina per poi versare altro vodka nel bicchiere.
"E a te hanno mai detto che bere troppo potrebbe farti venire una cirrosi epatica?"
Dissi continuando a fissare le sue labbra.
Rise fragorosamente per poi bere ancora.
"Touche."
-
Dopo una ventina di minuti arrivammo in un hotel che anch'esso era stracolmo di paparazzi.
"Ma dico io, cinque minuti di tranquillità?"
Mi misi le mani sul viso esausto.
Come faceva Harry a sopportare quello tutti i fottutissimi giorni?
Io ero con lui da poco più di due ore e già volevo sparire dalla faccia della terra.
Un uomo vestito in nero, ben piazzato, venne verso la macchina aprendo lo sportello facendo scostare tutti i giornalisti che si stavano accanendo contro la macchina.
Scendemmo e notai che il riccio aveva un viso strano.
Era spento, apatico, inespressivo.
Sembravo che in quei pochi venti minuti fosse cambiato radicalmente.
Sembrava essere un altra persona.
Oppure... Era tornato ad essere quello che era.
Camminammo verso l'entrata e una volta arrivati all'ascensore, ed aver evitato qualche altra decina di paparazzi, aspettai che le porte si chiudessero per poi girarmi verso il riccio.
"Hei, tutto ok?"
Nessuna risposta.
Harry continuava a guardare il vuoto come se la sua mente fosse piena di pensieri ingarbugliati, abbastanza da non permettergli nemmeno di vedere che le porte si erano aperte.
Gli passai una mano difronte agli occhi.
"Harry...cammini?" Dissi poi prendendolo da una mano.
Quasi come averlo risvegliato da un incubo sbattee le palpebre e mi guardò negli occhi.
"S-Si scusa..." disse per poi andare verso un gruppetto di quattro persone tutte vestite elegantemente.
Facemmo il nostro ingresso in una sala enorme, tappezzata interamente di rosso.
Era molto accogliente.
C'erano delle poltroncine in pelle che contornavano un tavolo di legno.
Attaccato al muro di fronte c'era un televisore più grande di me probabilmente.
"Oh Harry finalmente, ti stanno aspettando da un bel po." un uomo alto, sulla trentina, con i capelli castani e degli occhiali da vista, si avvicinò ad Harry prendendolo dalla spalla.
"Pronto?" disse poi il castano sulla porta.
Harry annuì per poi girarsi verso di me.
"Louis, Aspettami qui." disse per poi sparire dietro la porta.
Le quattro persone rimaste nella stanza accesero il televisore facendo apparire Harry a pieno schermo.
Mi sedetti sulla poltroncina e notai che Harry stava facendo un'intervista in diretta, oltretutto ubriaco.
"Quindi Harry ci puoi confermare che il contratto è stato fatto? Anche questa azienda è stata presa dalla tua famiglia?"
Senza nessun problema Harry si chinò verso il microfono e iniziò a parlare.
"Si, posso confermarlo. Il contratto è stato certificato qualche mese fa ineffetti, ma solo ieri la proprietà è passata direttamente a mio padre."
Parlava con tanta naturalezza e tranquillità.
Si vedeva che era abituato a farlo.
Non era da tutti avere una certa tanta confidenza con le telecamere.
Sapeva esattamente come muoversi o dove guardare.
Sapeva cosa dire senza uscire dall'argomento ma sapendolo comunque articolare nel migliore dei modi per non sembrare ne troppo riduttivo ne troppo noioso e petulante.
"Harry parlando di tuo padre, sappiamo che sta molto male e che gli hanno dato solo pochi mesi di vita, confermi questa voce?"
Il riccio chiuse gli occhi sospirando per poi avvicinarsi al microfono.
"Queste informazioni sono di dominio pubblico, ormai, non vedo quale sia il motivo di questa domanda." disse restando vicino al microfono, per poi aprire gli occhi.
Sembravano più scuri della prima volta che li avevo visti.
Magari era la telecamera, magari era la luce troppo fioca... O forse era perché nei suoi occhi si era aggiunta una sfumatura.
Una sfumatura strana, sembrava odio, mischiato a rabbia.
Teneva le sue mani occupate facendo picchiettare le dita sul tavolo dietro il quale era seduto.
Sembrava improvvisamente essersi innervosito, e in qualche modo magari si stava trattenendo dal saltare addosso a quel giornalista.
"Più che altro volevo chiedere.... Quando suo padre morirà, lei sarà il suo diretto erede di tutte le sue fortune.
Dovrà portare avanti una grande responsabilità, si sente pronto a questo?"
Harry Improvvisamente si alzò di scatto, provocando un mormorio generale.
"Credo che le domande possano finire qui."
Disse poi uscendo dalla porta.
La porta sbatté provocando un rumore assordante.
"Louis, andiamo." disse prendendo una bottiglia da un carrello li vicino.
"Harry....cosa succede?" Dissi io correndogli dietro.
Uscimmo da quella sala per poi entrare nel corridoio al quale si affacciavano tutte le stanze.
Dopo qualche passo e nessuna risposta Harry prese delle chiavi ed aprì la stanza 258.
"Aspetta Kim qui, quando avrà finito col cacciare i giornalisti verrà a prenderti e ti porterà a casa." disse.
"Harry cosa ti per..." non riuscì a finire la frase che mi sbatté la porta in faccia.
Rimasi letteralmente allibito.
Per quanto potesse essere una persona apparentemente gentile, mi stava iniziando a dare su i nervi.
Chi si credeva di essere? Cosa voleva da me? Perché mi aveva portato li?
Io non centravo niente in tutto quello, e non ci volevo far parte.
Non era mio quel mondo.
Era l'unica cosa da cui per tutta la mia vita ho provato a scappare.
"Vaffanculo, presuntuoso e stronzo!" urlai senza pensarci sbattendo il pugno contro la porta.
Notando che nessuna risposta provenne da quella camera, mi accasciai contro il muro, aspettando Kim.
-
Qualche minuto dopo un rumore di vetri rotti mi percosse.
Sembrava provenire dalla stanza di Harry ma non ne ero sicuro.
Intorno c'era una tranquillità assurda.
Un silenzio quasi assordante.
Mi alzai e posai un orecchio sulla porta.
"Harry...Harry ci sei?"
Nessuna risposta.
Magari non voleva parlarmi dopo quello che gli avevo detto.
Magari avevo esagerato.
Però in tal caso mi avrebbe comunque sentito.
"Harry... Mi dispiace sono stato troppo pesante. Non intendevo dire quello che ho detto... E non sono nemmeno nessuno per chiederti dei tuoi problemi.
Insomma mi conosci appena ma ti prego apri...voglio sapere solo che va tutto bene."
"Umh, Tomlinson? Cosa fa?"
Un ragazzo, probabilmente Kim, venne verso di me, mettendo il cellulare in tasca.
"Emh, salve, Harry mi ha chiesto di aspettarla qua ma ho sentito un rumore strano ed Harry non risponde." Dissi quasi entrando nel panico.
"Si sposti...Signor Styles? Mi sente? È tutto ok?" disse battendo forte contro la porta.
"Non ha una chiave di riserva?" Dissi torturandomi il labbro per il nervosismo.
All'improvviso sentimmo delle urla, molto lontane, che probabilmente venivano da fuori.
Kim sembrò agitarsi, per poi iniziare a colpire la porta con la spalla.
Due.
Tre.
Al quarto colpo la porta si aprì spalancandosi, mostrandoci uno scenario inquietante.
Uno specchio in frantumi, un letto disfatto, e una bottiglia di vodka vuota col collo rotto, ma di Harry nessuna traccia.
Vidi la finestra aperta, dalla quale veniva un brusio che sembrava un ammasso di voci agitate.
Mi sporsi verso la finestra e lo vidi.
Harry, seduto sul muretto del balcone che mi dava le spalle, con le gambe nel vuoto.
"Harry..." sussurrai.
Il riccio stava guardando la strada vuota sotto i suoi piedi, ma quando senti la mia voce sobbalzó senza però dire niente.
"Harry ti prego...guardami...scendi di li è pericoloso..." dissi con la voce tremolante.
Il vento era freddo ma non stavo tremando per quello.
Avevo paura.
Avevo paura che Harry si fosse buttato.
Avevo paura che Harry non ci avesse pensato due volte a sporgersi un po di più verso il precipizio.
Non lo conoscevo, non potevo avere delle certezze, ma una ce l'avevo.
Era ubriaco.
E questo bastò a farmi entrare nel panico, finché...
"Louis..." la sua voce era rotta dal pianto e aveva il fiatone.
Probabilmente se avessi potuto vedere il suo volto sarebbe stato rosso, umido sugli zigomi e gli occhi incerchiati.
"Dimmi Harry..." mi avvicinai di più a lui con molta calma.
"Tu riesci a vedermi...?" disse poi a bassa voce.
Rimasi spiazzato dalla domanda.
"In che senso?" Dissi io sempre più vicino.
Harry sembrò irrigidirsi.
"Non ti avvicinare...non voglio che tu mi veda in queste condizioni.
Non voglio che tu abbia un brutto ricordo di me." disse poi sull'orlo di una crisi di pianto.
"Harry, questo è l'unico ricordo che ho di te da quando ti conosco...
Non voglio che di te rimangano solo ricordi di quando mi portasti via dal ballo, non voglio che di te rimanga soltanto un viso senza nome, o un nome senza gloria.
Ti prego, se veramente non vuoi che io non abbia questo ricordo di te, allora permettermi di crearne altri."
Silenzio.
Quella fu l'unica volta in tutta la mia vita in cui lo odiai con tutte le mie forze.
Mi avvicinai di più per poi stringergli la mano.
Ma qualcosa andò storto.
Harry si sporse in avanti lasciandosi cadere nel vuoto.
"Harry no!"
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