Ventesima Parte

«Ti spiace se passiamo dal cimitero?» provò a chiedere Teodoro, sperando di cogliere Marianna in qualche momento di particolare comprensione.

Però lei sospirò e nonostante il tono dolce con cui lui aveva cercato di ammorbidirla, dovette rifiutare.

«Io capisco, Teo, però non puoi passare tutta la tua vita lì... dovresti cercare di andare avanti.»

Lui strinse i pugni, anche se il motivo della sua richiesta non riguardava sua madre in quel momento, si sentì pervadere da un senso di ira immediata.

«Allora evidentemente non capisci» sputò schietto, tenendo gli occhi fissi sugli alberi che scorrevano al di fuori della vettura.

La donna sospirò, accennando una lieve scrollata del capo: certo che lo capiva, anche se Gemma non era sua madre, era stata comunque la sua migliore amica fin dai tempi dell'università; erano cresciute insieme e chiamava nonna perfino la madre di Gemma.
Aveva visto nascere Teodoro e lo aveva visto crescere fino ai dieci anni.

Lo considerava un nipote, perché mai avrebbe preso il posto della sua cara amica.

Quando era venuta a mancare aveva pianto per giorni interni, guardando le loro foto da adolescenti impavide, quando credevano che il mondo sarebbe potuto essere loro.

E soprattutto decise che avrebbe tenuto fede alla promessa che le fece sul letto di morte.

«Anche io le volevo molto bene» quasi faticò a terminare la frase, timorosa di denudarsi dei propri sentimenti.

Teo strinse i pugni con più forza, non gli piaceva sentire quelle parole dette e ridette più volte.

«Ma io la amavo.»

E sempre la stessa risposta.

Marianna deglutì con forza e sentì le lacrime riempirle gli occhi, però si impose di non piangere: non poteva competere con il dolore che provava lui, lo sapeva, ma lui non sapeva neanche quanto ci tenesse a lei.

Perché non aveva mai voluto ammetterlo, ma anche lei aveva amato Gemma.




Ilaria corrugò la fronte, osservando gli operai che quasi facevano festa.

«Che succede?» chiese incuriosita.

I tre uomini si bloccarono dalle loro risate e posarono gli occhi stanchi su di lei, confusi.

«Ancora qui? Non dovresti essere a scuola o al lavoro, non so...» iniziò uno, sbuffando una risata scocciata.

«Sì, certo, ma...»

La ragazza si chiese perché mai avrebbe dovuto dare spiegazioni a persone così burbere, quindi girò i tacchi e si incamminò verso l'uscita, un po' stizzita dal loro comportamento e un po' nervosa per non aver visto il bel sorriso di Teodoro.

Orlando invece era pietrificato.

Aveva capito benissimo cosa stavano facendo gli umani e per questo non poteva permettere che lo spodestassero dal suo regno.

Della sua tomba non c'era praticamente nessuna traccia, se non il loculo scoperchiato e pronto a un nuovo uso.

"Non volevano aggiungere una famiglia..."

Volevano sostituirla a lui.




«Devo smetterla di pensarci» pronunciò Ilaria, sbuffando subito dopo.

Il parcheggio del cimitero era quasi deserto; si era fermata quello che le sembrava qualche secondo, ma che in realtà erano diventati minuti.

Voleva con tutto il cuore vederlo, ma perché? Perché sentiva che doveva vederlo proprio quel quattro settembre?

«Basta!» esclamò infine, riprendendo il cammino verso casa sua.

Ripensò alla domanda dell'operaio e un sospirò lasciò le sue labbra tremolanti: il lavoro.

Non avrebbe più voluto tornarci in quel posto, dove aveva compiuto quel gesto così vile, sporco, sbagliato, ma in quel momento credeva che fosse l'unica occasione che aveva per tenersi quel posto che in fondo non le piaceva neanche.

Ma cambiare lavoro era difficile e non poteva permettersi di rimanere a casa.

O almeno era quello che le diceva sempre suo padre.

«Il lavoro è fondamentale per vivere!» le ricordava ogni volta che provava a parlargli di voler cambiare, «Prima di andartene devi essere sicura di averne un altro!»

Peccato che trovarne un altro era troppo difficile.

Immersa nei suoi pensieri a malapena si accorse della macchina che le stava passando accanto; solo quando questa frenò di colpo si riscosse e volse a testa verso di essa, confusa, poco prima di veder scendere la testa lucida e priva di capelli del ragazzo.

Del suo Teodoro.

«Ilaria!» la chiamò, agitando un braccio in aria per farsi vedere.

Il suo animo sorrise e non perse un solo secondo, andando incontro al ragazzo che tanto aveva desiderato.

«Ciao» lo salutò, aprendo il suo sorriso.

«Ciao» la salutò, ricambiando il gesto.

Sembrava una scenetta tipica dei film romantici, peccato che la portiera del guidatore si aprì e ne venne fuori la povera Marianna, confusa da tutta la scena.

Da quando Teodoro aveva un'amica?

«Ciao» intervenne quindi lei, spezzando il loro contatto visivo.

Ilaria spostò gli occhi su di lei e subito venne travolta da un'onda di imbarazzo: non aveva mai conosciuto nessuno vicino a Teodoro.

Chi poteva essere lei?

«Buongiorno, signora.»

Marianna si stupì del garbo con cui lo disse e, spostando lo sguardo sul ragazzo, si rese conto che forse non era per la madre che lui voleva andare al cimitero.

«Ciao, io sono Marianna, la madrina di Teo.»

La donna si avvicinò ai due e sorrise loro, tendendo poi la mano alla ragazza che strinse con delicatezza.

«Ilaria, un'amica di Teo.»

Ma appena finì di pronunciare quelle parole, le sembrarono così sbagliate.

Erano davvero amici?

«Noi stavamo andando al cimitero, tu... te ne vai?» chiese lui, sia timoroso che speranzoso.

Ilaria abbassò lo sguardo verso l'asfalto e annuì, quasi colpevole di non averlo aspettato.

Marianna, che osservava la scena come se avesse capito tutto, sorrise e si chiese se una presenza coetanea potesse essere proprio quello che gli serviva.

D'altronde non veniva più a trovarlo nessuno dei suoi vecchi amici o compagni di classe, quindi era sempre da solo in casa o al cimitero. E ultimamente era più spesso al cimitero, comportamento che ora le sembrava più chiaro.

«Perché non vieni da noi a mangiare qualcosa?» 

La domanda spiazzò entrambi i ragazzi, che si guardarono confusi, ma felici allo stesso tempo.

«Certo, mi farebbe molto piacere se non è troppo disturbo.»

"Ma che disturbo", pensò Teodoro, "è la cosa  migliore che mi sia successa oggi."

«Figurati, cara! Tutti gli amici di Teo sono i benvenuti.»

«Va bene allora.»

«Noi andiamo un attimo al cimitero, vuoi venire con noi?» chiese infine il ragazzo, in un impeto di coraggio che sembrava non appartenergli più.

Lei annuì e salirono tutti in auto per  portarla al parcheggio e varcare poi la soglia di quel luogo silenzioso.

«Voi andate, io vi raggiungo subito» disse Marianna.

Voleva lasciare loro un po' di spazio, ma sapeva anche che una volta di fronte alla tomba dell'unica donna che aveva mai amato non sarebbe riuscita a trattenersi.

Sospirò e si fece forza, ma appena rialzò lo sguardo si bloccò, agghiacciata.

Tutto il suo corpo era immobile e una miriade di brividi le corpasero il corpo.

"Non può essere reale" si disse, eppure quella figura eterea era proprio lì davanti a lei.

Un fantasma.

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