SPRING DANCE

Francesca

1992

25 anni dopo

Annusai il profumo intenso delle rose rosse e nere disposte sul lungo tavolo della sala da ballo. Oggi era il giorno del ballo di primavera, e il risultato di mesi di preparativi si mostrava in tutta la sua bellezza. Un sorriso amaro sfiorò le mie labbra mentre accarezzavo i petali vellutati. Avevo costruito tutto questo con mia sorella Maria, la mia confidente, colei che aveva realizzato con cura ogni singolo abito che quella sera avrebbe brillato tra le luci dorate del salone.

Mi leccai le labbra secche, cercando di trattenere l’amarezza che mi stringeva il petto. Richard... erano passati due anni da quando era uscito di prigione, due anni da quando aveva lasciato il castello per unirsi alla guerra. La guerra lo aveva portato via da me, per sempre.

Lo avevano confermato. Una lettera, trovata nella tasca della sua vecchia giacca, era tutto ciò che mi era rimasto di lui. Quelle parole scarne e fredde che dichiaravano la sua morte sul campo di battaglia. Il mio amore non c'era più. Non esisteva più. Né qui, né altrove.

Chiusi gli occhi per un istante, lasciando che i ricordi mi travolgessero come un'onda impetuosa. Richard che rideva accanto a me, il suo sguardo che si posava su di me con quell'intensità che mi faceva tremare, le sue mani che mi stringevano con passione, come se avesse sempre paura di perdermi. Ma alla fine, se n'era andato davvero.

Uscì dalla grande stanza, i passi che risuonavano sul pavimento di marmo. Quest'anno, il ballo di primavera avrebbe avuto un significato diverso. Si sarebbe svolto a Mu, un luogo che aveva sempre rappresentato una parte di me e di Richard, un rifugio di ricordi che avevamo costruito insieme.

Camminai lentamente, il cuore pesante. Arrivai nel piccolo giardino nascosto dietro al castello, lontano dagli occhi curiosi. Mi fermai sotto l'ombra di un grande albero, il vento che sussurrava tra le foglie, e tirai fuori dalla tasca la lettera che portavo sempre con me. La riconobbi immediatamente, il vecchio angolo piegato che Richard aveva fatto per me anni prima, prima che se ne andasse.

L'aprii con le mani tremanti, il mio respiro si fece più pesante mentre i ricordi riaffioravano come fantasmi del passato. Le parole che avevo letto centinaia di volte, eppure ogni volta sembravano nuove, come se una parte di me sperasse ancora che le cose potessero essere diverse, che la morte non avesse mai avuto il potere di separarmi da lui.

Le lacrime iniziarono a scendere, ma non le fermai. Non volevo. Mi mancava così tanto, ogni parola di quella lettera, ogni frase che aveva scritto per me sembrava una parte di lui che non sarei mai riuscita a lasciare andare. Mi accovacciai su un ginocchio, il foglio piegato tra le mani, e feci un respiro profondo, cercando di calmarmi, ma era inutile. La sua assenza era troppo forte, troppo tangibile, e la tristezza che provavo era un vuoto che nessuna festa, nessun ballo, nessun altro uomo sarebbe mai riuscito a colmare.

Mormorai il suo nome tra i singhiozzi, quasi a cercare di sentire la sua voce una volta ancora. Ma era troppo tardi. Ormai, Richard era solo un sogno lontano, un'ombra che non riusciva più a raggiungermi.

Cara Fanny,

Spero che tu stia bene, ma io qui sto soffrendo. Mi hanno ferito, amore mio, e mi hanno sparato. Non so se riuscirò a sopravvivere. Il mio corpo è segnato da ferite dolorose, e sento che la vita mi sfugge dalle mani.

So che stai facendo il possibile per l’impero, ma ti prego, parla al tuo popolo. Dì loro che mi dispiace per tutto ciò che ho fatto in passato. Non voglio che mi ricordino come un uomo crudele, ma come qualcuno che ha amato sinceramente, anche se il destino mi ha condotto su sentieri oscuri. Scusami, ti prego, scusami per ogni errore. Dì loro che mi sono pentito.

Ti amo, amore mio. Ti direi tante cose, ma non posso. Non posso più, Fanny. Mi hanno sparato alla spalla, e temo che mi taglieranno il braccio. Il dolore è insopportabile, e mi pare che ogni speranza svanisca con la sofferenza che mi tormenta. Inoltre, mentre correvo per salvarmi, mi sono rotto il menisco. Sento che il mio corpo sta cedendo, e con esso, anche la mia forza.

Ti lascio, se così deve essere, ma ricorda sempre quanto ti ho amato.

Tuo,
Richard

Mi asciugai le lacrime mentre sentii una mano calda accarezzarmi la schiena. Era mia madre. Il suo tocco delicato mi riportò alla realtà per un attimo.

«Mamma...» sussurrai con la voce rotta.

Lei mi guardò con occhi colmi di compassione e disse dolcemente: «Va tutto bene, tesoro.»

Abbassai lo sguardo sulla lettera che stringevo ancora tra le dita tremanti e risposi: «Sì... forse sì.» Ma sapevo che non era vero. Niente sarebbe mai andato veramente bene senza di lui.

Mi abbracciò stretta, come se volesse tenere insieme tutti i pezzi di me che sentivo andare in frantumi ogni giorno. Sapeva quanto la sua morte mi avesse devastata, quanto mi avesse lasciato un vuoto dentro impossibile da colmare.

Talmente male... che ero diventata depressa. Non lo dicevo a nessuno, ma lo sentivo in ogni respiro pesante, in ogni notte insonne, in ogni sorriso forzato che davo agli altri.

«Devi essere forte, Francesca.» La voce di mia madre era un sussurro dolce, ma non riusciva a scalfire la coltre di dolore che mi avvolgeva.

«Ci provo, mamma...» risposi stringendomi di più a lei. Ma la verità era che senza Richard, non sapevo più chi fossi.

Maria mi ha aiutata ad andare avanti, a rimettere insieme i pezzi della mia vita, ma ogni giorno sembrava uguale al precedente. Due anni... due lunghi anni sono passati da quando tutto è cambiato. Da quando Richard è stato arrestato per abusi sessuali e, come se non bastasse, anche per l'omicidio del preside. Due crimini orribili che non potevo negare, perché sì, lo aveva fatto. Ma non era lui.

Era il suo mostro interiore.

Quella parte oscura che lo divorava dall'interno, che lo rendeva qualcuno che non riconoscevo, qualcuno che mi faceva paura, ma che amavo comunque con tutta me stessa. Perché io lo conoscevo davvero. Conoscevo l'uomo che mi stringeva la mano nelle notti tempestose, che sussurrava il mio nome come se fosse una preghiera, che mi guardava come se fossi la cosa più preziosa al mondo. Quello era Richard. Non l'assassino, non il mostro.

Ma la giustizia non si ferma a guardare l'anima di una persona. Per loro era solo un colpevole, un criminale, qualcuno da rinchiudere e dimenticare. Ed è proprio questo che hanno fatto.

Ogni giorno senza di lui era un tormento. Mi svegliavo con il suo nome sulle labbra, il cuore che batteva forte come se potessi ancora sentire il suo respiro accanto a me. Poi la realtà mi colpiva come un pugno nello stomaco: Richard non c’era più. Non era più libero, non era più mio.

«Mamma...» la mia voce si spezza mentre sento le mani calde di mia madre accarezzarmi la schiena. È il solo contatto umano che riesco a sopportare, il solo che non mi sembra sbagliato.

«Va tutto bene, Francesca.» La sua voce è un sussurro, ma non ci credo. Non può andare tutto bene quando metà del mio cuore è stata portata via con lui.

Scuoto la testa e dico con un filo di voce: «Sì... forse sì.» Ma dentro di me so che è una bugia.

Maria dice che il tempo cura tutto, che un giorno smetterò di sentire questo dolore. Io non ci credo.

Come si può guarire da un amore che ti ha lasciato cicatrici così profonde?

Mia madre mi baciò la testa con dolcezza, il suo tocco leggero ma carico di quell’affetto che a volte mi soffocava. «Vai in camera tua, fatti una doccia veloce e poi andiamo a questa festa,» disse con un sorriso forzato, come se volesse convincermi che tutto questo fosse normale, che la mia vita potesse ancora avere una parvenza di normalità.

Annuii senza dire nulla, alzandomi lentamente mentre stringevo ancora la lettera tra le dita, come se potesse darmi la forza di affrontare la serata. Uscendo nel lungo corridoio della reggia, sentivo il peso di ogni passo. Il pensiero della festa mi soffocava. Avrei dovuto sorridere, ballare, essere la Francesca che tutti si aspettavano. Ma io non ero più quella ragazza.

Il ballo di primavera era un evento importante, e quest’anno si sarebbe tenuto a Mu. Paolo, mio nipote, era il re di quella terra. Un sovrano giovane, brillante, eppure con un cuore gentile. Mi trattava come una sorella, e in un certo senso lo eravamo davvero, almeno nello spirito. Avevamo la stessa età, eppure lui aveva già costruito un impero, mentre io... io avevo perso tutto per inseguire un amore impossibile.

Sorrisi amaramente tra me e me mentre salivo le scale della mia camera. Paolo mi stava costruendo la reggia più grande del mondo, un palazzo che avrebbe superato in bellezza qualsiasi altro esistito. Diceva che lo faceva per me, perché voleva che avessi qualcosa di grande, un luogo dove essere felice.

Ma io sapevo la verità. Nessuna reggia, nessun palazzo avrebbe mai potuto colmare il vuoto che avevo dentro.

Aprii la porta della mia stanza e mi fermai un momento, osservando il riflesso stanco che lo specchio mi rimandava. Gli occhi cerchiati, le labbra secche, la pelle pallida. Non ero più la Francesca che tutti ricordavano. Avevo perso la mia corona, il mio titolo, tutto per Richard. E alla fine, cosa mi era rimasto?

Mi scappò una risata amara, un suono spezzato che rimbombò nella stanza vuota. Mi lasciai cadere sul letto per un momento, chiudendo gli occhi. Non sarei mai diventata imperatrice, e tutto per quella folle fuga con Richard. Lo rifarei? Mi chiesi.

Sì. Lo rifarei altre mille volte. Perché l’amore che avevo provato per lui era stato reale, anche se doloroso, anche se mi aveva strappato via tutto.

Con un sospiro mi alzai, decisa a prepararmi. Entrai in bagno e aprii l’acqua della doccia. Il vapore riempì velocemente la stanza, avvolgendomi in un caldo abbraccio. Chiusi gli occhi, lasciando che l’acqua scivolasse via, sperando che potesse portarsi via anche un po’ del dolore che mi portavo dentro.

Ma sapevo che non era così semplice.

***

La festa stava per cominciare, e il grande salone della reggia si riempiva lentamente di ospiti. Le luci dorate illuminavano i volti sorridenti di dame e gentiluomini, mentre la musica cominciava a diffondersi dolcemente nell’aria. Tuttavia, io rimasi ferma sul balcone, con lo sguardo perso nella luna piena che dominava il cielo, avvolgendomi in un senso di malinconia profonda.

Sentii all’improvviso una mano sfiorarmi delicatamente la spalla. Sobbalzai leggermente e mi girai di scatto, trovandomi di fronte Marinetta, l’amante di mio cugino Paolo. I suoi occhi scuri mi scrutavano con una dolcezza che mi sorprese. Mi sorrise in modo rassicurante, con quella sua eleganza innata che la rendeva irresistibile agli occhi di tutti.

«È bella, vero?» sussurrò, volgendo anche lei lo sguardo alla luna.

Annuii distrattamente, cercando di scacciare i pensieri che mi tormentavano. «Sì,» risposi sottovoce, la voce intrisa di un’emozione che non riuscivo a nascondere.

Marinetta si avvicinò di più, il suo tocco sulle mie spalle diventò più fermo, quasi consolatorio. «Lui sarà il tuo angelo custode,» disse con un sorriso enigmatico.

Abbassai lo sguardo, stringendomi le braccia come a proteggermi da quella speranza che non volevo lasciar entrare. «Sì, forse sì...» mormorai, senza crederci davvero.

Lei mi osservò per un lungo istante, poi con un sorriso leggero mi baciò la guancia. «Vieni dentro, Francesca. Il ballo sta per iniziare, e Paolo ti aspetta.»

Inspirai profondamente, cercando di rimettere insieme i pezzi di me stessa, e le feci un cenno di assenso. Entrai nel grande salone, cercando di ignorare gli sguardi curiosi che mi scrutavano. Sapevano tutti chi ero, sapevano del mio passato e delle mie scelte. Ma nessuno conosceva davvero il peso che portavo dentro.

Paolo era al centro della sala, circondato da nobili e ministri imperiali. Quando mi vide, il suo volto si illuminò in un sorriso sincero. Mi tese la mano, e io la presi con esitazione.

«Stai bene?» chiese sottovoce, stringendomi dolcemente la mano.

«Sto cercando di stare bene,» risposi, forzando un sorriso.

Lui annuì, come se capisse perfettamente cosa intendessi, e mi guidò verso il centro della sala per il primo ballo della serata. Mentre ci muovevamo tra la folla, sentivo ancora il peso della lettera nascosta nella tasca del mio abito. Le parole di Richard mi bruciavano ancora dentro, come se il passato fosse lì, pronto a reclamarmi.

Ma per quella sera, decisi di lasciarmi trasportare dalla musica, almeno per un po’.

Guardai le decorazioni intorno a me, erano perfette, esattamente come le avevo immaginate. Ogni dettaglio rifletteva l'eleganza e la maestosità che desideravo per questa serata. Le rose rosse e nere, le candele dorate che tremolavano creando giochi di luce sulle pareti decorate con motivi ipnotici di Mu. Mi persi per un momento nell'armonia di quel luogo, come se potessi nascondermi dentro la bellezza che avevo creato.

Mi sedetti lentamente al tavolo accanto a mia madre. Sentivo il calore della sua presenza, ma non potevo ignorare l'assenza pesante di mio padre. Non festeggiava questa ricorrenza da trent'anni, e non avrei mai pensato che quel vuoto sarebbe stato ancora così palpabile. Nonostante il tempo passato, lui era ancora malato, e la sua condizione era peggiorata, lasciando solo l'ombra di ciò che era stato. Tuttavia, anche se il suo corpo si indeboliva, il mostro dentro di lui sembrava ancora più vivo, come se il tempo non avesse mai potuto guarirlo veramente.

Mi chiesi se mai sarebbe stato diverso, se mai avrei potuto perdonarlo. Forse no.

Ma sapevo bene che la legge valeva per tutti. Richard aveva pagato il prezzo delle sue azioni, delle sue colpe, delle sue debolezze. Aveva avuto la vena troppo bassa, si era lasciato consumare da se stesso, e io... io ero stata l'unica a restare al suo fianco, l'unica a credere che dentro di lui ci fosse ancora qualcosa di buono. Ma quei due anni di prigionia resteranno incisi nella mia anima per sempre.

Lui era vivo.

Era un pensiero che mi tormentava ogni giorno. Nonostante la guerra, nonostante tutto ciò che ci era stato portato via, sapevo che respirava ancora. Ma la verità più oscura, quella che non osavo confessare nemmeno a me stessa, era che loro lo avevano mandato in guerra per ucciderlo.

Stringevo il bordo della mia veste con forza, cercando di soffocare il nodo alla gola. "Non posso più vivere così," pensai, mentre mia madre mi lanciava uno sguardo preoccupato. Mi accarezzò la mano con delicatezza, come se volesse trasmettermi forza, come se sapesse che il mio cuore era ancora imprigionato nel passato.

«Francesca,» disse dolcemente, «devi andare avanti. Richard non avrebbe voluto vederti così.»

Abbassai lo sguardo e finsi un sorriso. «Lo so, mamma... lo so.» Ma dentro di me, la tempesta era ancora in corso, e la pioggia non accennava a smettere.

Le danze iniziarono con l'eleganza che solo una notte come quella poteva regalare. Il suono del valzer riempiva la sala, le luci soffuse illuminavano le coppie che si muovevano con grazia, e l'aria era densa di profumi floreali e sussurri sommessi. Mi fermai un istante ad ammirare la scena, cercando di distrarmi dai pensieri che mi tormentavano da giorni.

Un uomo si avvicinò, il volto coperto da una maschera nera finemente decorata. Il suo sguardo era intenso, penetrante. Si inchinò leggermente e, con una voce profonda e avvolgente, disse: «Volete ballare con me, Altezza?»

Esitai un momento, cercando lo sguardo di mia madre. Lei mi osservava con un sorriso incoraggiante, come a darmi il permesso che non avevo mai chiesto. Con un lieve cenno del capo, mi fece capire che potevo concedermi quel momento.

Mi alzai lentamente, posando la mano guantata nella sua. Il contatto della sua pelle era freddo, quasi innaturale, ma ignorai quella sensazione e mi lasciai guidare nella danza. Mentre ci muovevamo al ritmo della musica, le sue dita si stringevano attorno alla mia vita con una forza che mi metteva a disagio.

«Chi sei?» domandai sottovoce, cercando i suoi occhi nascosti dietro la maschera.

Non rispose. Invece, mi fece girare su me stessa con un movimento fluido e improvviso. Quando tornai a guardarlo, rimasi paralizzata. Non era più lui.

Davanti a me c'era Saverio, il mio promesso sposo di un tempo, colui che avevo abbandonato per Richard. I suoi occhi verdi scintillavano di un'ombra oscura, e il suo sorriso era carico di qualcosa di sinistro. Il cuore mi martellava nel petto, il fiato si mozzò per un attimo.

«Fanny...» sussurrò con voce bassa e melliflua, inclinando leggermente il capo mentre mi stringeva più forte.

«Saverio...» la mia voce tremava, mentre cercavo di mantenere il controllo.

Si avvicinò ancora di più, il suo respiro sfiorava la mia pelle mentre le sue dita si stringevano attorno alla mia mano, quasi spezzandomela. «Ho ucciso Richard, Fanny...» sibilò nel mio orecchio con un ghigno malvagio. «Con queste stesse mani... per aver osato prendere la mia futura moglie.»

Un brivido mi percorse la schiena, sentii le gambe cedere per un attimo, ma mi costrinsi a restare in piedi. Il sangue mi ribolliva nelle vene, la rabbia e il dolore si scontravano dentro di me in un vortice caotico.

«Tu menti...» sussurrai, ma la mia voce tradiva la mia insicurezza.

Saverio sorrise, un sorriso freddo e privo di pietà. «Lo so che mi credi. E sai che lo rifarei, mille volte, pur di averti solo per me.»

Mi strinse ancora di più, e mi sentii soffocare. Il mondo intorno a noi sembrava dissolversi, il suono del valzer era diventato un brusio lontano, e tutto ciò che riuscivo a sentire era il battito impazzito del mio cuore.

Richard era morto... davvero morto?

Mi liberai dalla sua presa con uno strattone improvviso e lo guardai con odio e paura. Non potevo restare lì. Dovevo sapere la verità, a qualunque costo. Senza dire una parola, mi girai e mi allontanai velocemente dalla pista da ballo, con il fiato corto e le mani che tremavano.

Mia madre mi guardò preoccupata da lontano, ma non mi fermai. Dovevo scoprire se ciò che Saverio aveva detto era vero. Dovevo sapere se Richard... il mio Richard... fosse davvero perduto per sempre.

Uscì dalla sala, correndo verso il balcone. Avevo bisogno di aria, di calma, di un po' di pace dopo quello che avevo appena sentito. Il cuore batteva forte nel mio petto, eppure il mondo intorno a me sembrava fermarsi. Respirai profondamente, cercando di mettere ordine nei miei pensieri confusi. La brezza della notte mi accarezzava la pelle, ma non bastava a calmare il caos che mi assaliva.

«Fanny?» sentii una voce che mi chiamava. Mi girai bruscamente, il mio corpo teso come una corda. «Chi è?» urlai, la paura e l'ansia mischiati nella mia voce. «Chiunque se ne vada di qui!»

Ma fu allora che lo sentii. Un tocco lieve sulla spalla. Mi congelai, il respiro si bloccò in gola. Mi girai, e davanti a me c'era lui. L'uomo mascherato. Il mio cuore saltò un battito, l'aria mi mancò, ma non riuscivo a credere ai miei occhi.

Con un gesto rapido, gli strappai la maschera, i miei occhi pieni di incredulità. E lo vidi. Richard. Il mio Richard. Il mio amore. L'uomo che credevo morto. La realtà sembrava sfumare davanti a me.

«Amore mio...» sussurrò, il suo sorriso che mi travolse con una dolcezza che mi fece sentire fragile. Le sue mani mi sfiorarono il viso e mi accarezzarono i capelli con un affetto che non avevo più sentito da troppo tempo. «Richard...» riuscì a dire solo il suo nome, e il mio cuore si colmò di un'emozione che non avevo mai pensato di provare ancora.

Mi abbracciò forte, come se non avesse mai voluto lasciarmi andare. Avvertivo la sua presenza, calda e reale, eppure la mia mente stentava a credere che fosse vero. Come poteva essere vivo? Come... come poteva essere qui, tra le mie braccia, dopo tutto quello che avevamo passato?

Eppure, quando sollevai lo sguardo, lo vidi. Saverio. L'uomo che credevo fosse un capitolo chiuso della mia vita. Il suo sguardo penetrante fissava noi due, e in quel momento capii che non mi avrebbe mai lasciata in pace.

«Riachard...» mormorai, le parole quasi non uscirono dalla mia bocca, come se avessi paura di pronunciarle. «Come fai ad essere vivo? Tu... tu eri morto...» La mia voce tremava, il mio cuore ancora confuso e travolto dalle emozioni.

Richard mi guardò, un'espressione seria sul volto, ma nei suoi occhi brillava ancora quella luce che avevo tanto desiderato. Si avvicinò a me, come per proteggermi, e mi prese la mano, stringendola con forza.

«Stavo per morire, amore mio...» disse, la sua voce piena di intensità. «Ma una donna mi ha curato. Mi ha salvato. Non sapevo cosa stava succedendo... non capivo, ma lei mi ha dato una seconda possibilità.»

Io lo guardavo, il mio respiro accelerato, gli occhi che cercavano di comprendere, di accettare ciò che stava dicendo. E poi mi resi conto che le sue parole erano reali. Richard era tornato, e non mi avrebbe mai più lasciata.

Richard mi abbracciò forte, stringendomi come se temesse che potessi sparire da un momento all’altro. Sentivo il suo cuore battere contro il mio, e il calore del suo corpo mi dava una sensazione di sicurezza che avevo perso troppo a lungo. Non riuscivo a trattenere le lacrime. Non solo perché avevo ritrovato Richard, ma anche per tutto il dolore che avevo sopportato senza di lui. «Mi stava uccidendo, Saverio,» dissi con voce tremante, cercando di calmarmi.

Richard mi guardò intensamente, stringendomi ancora di più. «Lo so,» rispose con un accento di rabbia. «Me lo ha detto prima. È solo un figlio di puttana, Fanny, non credergli.»

Mi asciugai una lacrima, cercando di mantenere la calma. «Lo so, lo so,» dissi piano, ma non riuscivo a impedire che la mia mente tornasse ai momenti passati con Saverio, ai suoi tradimenti, alle sue menzogne.

Richard mi prese per mano, e con passo deciso mi condusse verso l'interno del castello. Nonostante la mia mente fosse ancora confusa, sentivo il suo supporto e la sua forza che mi ancoravano. Entrammo nella sala principale, e come se il tempo si fosse fermato, tutti gli occhi erano puntati su di noi. Gli invitati ci guardavano con curiosità, alcuni sussurravano tra di loro, altri sembravano semplicemente sorpresi dalla nostra apparizione.

Mia madre, seduta al tavolo, ci osservò e sorrise debolmente. Sapeva che avevamo passato tanto, ma non poteva negare che vedere Richard di nuovo vivo la sconvolgeva.

Poi, improvvisamente, tutto cambiò. Saverio, il suo viso contorto dalla rabbia, si avvicinò a noi. Lo guardai, sentendo una scarica di adrenalina correre nelle vene. Non avevo paura. Non più.

«Sei un figlio di puttana!» gridò Richard, e in un attimo, senza pensarci due volte, gli sferrò un pugno secco. Il suono del colpo riempì la stanza, e un silenzio teso cadde su tutti. Gli invitati rimasero senza fiato.

Saverio barcollò, ma non cadde. Sostenendosi, si rialzò furioso. «Mi hai colpito di nuovo, Richard?» urlò, con gli occhi pieni di odio. In un istante, si scagliò di nuovo contro di lui.

Richard non fece un passo indietro. Al contrario, con un sorriso beffardo, si preparò a contrattaccare. «Sì, e ti darò una lezione che non dimenticherai!» disse, mentre sferrava un altro pugno.

La stanza sembrava un campo di battaglia. I due uomini si scontrarono con tutta la violenza che avevano dentro. Io ero paralizzata, ma il mio corpo era teso, pronto a intervenire. Non potevo lasciare che tutto finisse così.

Fu allora che mia madre si alzò rapidamente dalla sua sedia. Il suo volto era serio e determinato. «Basta!» urlò con una voce autoritaria. «Smettetela subito, entrambi!» Si precipitò tra di loro, bloccando i colpi con entrambe le mani, come se fosse la cosa più naturale al mondo.

Richard e Saverio, respirando pesantemente, si fermarono di fronte a lei. I loro sguardi, pieni di rabbia e odio, si incrociarono per un attimo, ma nessuno dei due osò fare altro. Mia madre non aveva paura di loro. Era sempre stata la roccia su cui mi ero rifugiata, e ora lo era anche per Richard.

«Siete dei bambini,» disse, il suo tono ancora fermo. «Se volete continuare a comportarvi così, uscite da questa casa. Ma qui, ora, dobbiamo essere una famiglia, e non permetterò che un altro combattimento distrugga tutto ciò che abbiamo costruito.»

Richard mi guardò, e nel suo sguardo c’era tutta la frustrazione che aveva accumulato in quegli anni. Poi guardò Saverio, il suo viso teso. «Vaffanculo,» mormorò, ma si allontanò lentamente, avvicinandosi a me.

Saverio, furioso e umiliato, se ne andò senza una parola. Mia madre, respirando profondamente, ci guardò entrambi. «È finita,» disse, «ora andiamo a riprendere il controllo della situazione.»

La tensione nell’aria era palpabile, come se tutta la stanza stesse trattenendo il respiro, in attesa che qualcosa accadesse. I rumori dei passi di Saverio che si allontanavano lentamente erano l’unico suono che rompeva quel silenzio angosciante. Mia madre ci guardò entrambi, con lo sguardo severo, ma c’era anche un velo di preoccupazione nei suoi occhi. Sentivo il suo sguardo fisso su di me, e nel suo volto potevo leggere l’affetto che aveva per me, ma anche la sua frustrazione.

Richard mi si avvicinò di nuovo, il suo corpo caldo e protettivo che mi avvolgeva, come una barriera contro tutto ciò che mi faceva male. Potevo sentire il battito del suo cuore, forte e regolare, mentre mi teneva stretta a sé. Non c’era bisogno di parole; il suo abbraccio diceva tutto. La paura che mi aveva pervaso appena un attimo prima stava lentamente svanendo, sostituita da una sensazione di pace, di sicurezza che non provavo da troppo tempo.

«Non dovevi fare tutto questo,» dissi, sussurrando contro il suo petto. «Non dovevi venire a rovinare tutto…»

Richard mi guardò, e c’era una determinazione nei suoi occhi che mi lasciava senza fiato. «E non avrei mai potuto permettere che fosse lui a continuare a rovinarti, Fanny. Non potevo più stare lontano da te. Non importa cosa avessi pensato. Niente conta più di te.»

Le sue parole mi colpirono dritto al cuore. La sua sincerità, la forza con cui mi guardava, mi fece sentire come se tutto il dolore passato fosse finalmente scomparso. Mi strinse più forte, come se volesse farmi sentire che ora tutto sarebbe stato diverso.

Nel frattempo, mia madre aveva preso posto su una poltrona, ancora con il suo sguardo fermo ma preoccupato. Non era la sua natura lasciarsi sopraffare dalle emozioni, ma sapevo che tutto ciò che era successo la stava cambiando. Il suo sguardo si spostò tra me e Richard, ed era come se cercasse di leggere ciò che stava realmente accadendo tra di noi, come se volesse essere sicura che avessimo una possibilità di recuperare.

«Fanny…» iniziò, la sua voce più morbida ora, ma comunque piena di autorità. «So che questo è difficile per te. Ma tu e Richard… avete una storia che non si può dimenticare. Non importa quanto tempo sia passato, o quanto doloroso sia stato il cammino. C’è una forza tra di voi che nemmeno il tempo o le circostanze possono spezzare.»

Le parole di mia madre mi colpirono profondamente. Avevo passato tanto tempo a cercare di dimenticare Richard, a conviverci con la sua assenza, ma sentivo che, in qualche modo, avevo sempre sperato che un giorno sarebbe tornato. E ora che era qui, mi sentivo persa, ma allo stesso tempo sollevata, come se la sua presenza fosse l’unica cosa che potesse riportare ordine in tutto il caos che mi circondava.

Richard mi guardò di nuovo, il suo viso serio ma con un pizzico di speranza. «Non voglio più perderti, Fanny. Non voglio più essere lontano da te. Ho sofferto troppo. Ma non posso prometterti che sarà facile. La guerra, la nostra separazione… tutto questo ha lasciato cicatrici che non so se riuscirò a guarire. Ma se tu sei disposta a provare, io sarò qui, ogni passo del cammino.»

Sentii le lacrime salire di nuovo, ma questa volta erano lacrime di liberazione. Non avevo mai pensato che avrei avuto una seconda possibilità con lui, che il destino ci avrebbe permesso di ricominciare, ma ora che l’opportunità era davanti a me, non potevo fare a meno di sentire una miscela di paura e speranza. Ero confusa, ma sapevo che non c’era altra persona con cui volessi davvero stare se non Richard.

«Io…» sussurrai, mentre le parole si facevano strada tra le mie labbra. «Non so se posso dimenticare tutto ciò che è successo, Richard. Non so se posso cancellare tutto il dolore. Ma se tu davvero vuoi restare al mio fianco, allora anche io voglio provarci. Voglio darti una seconda possibilità, a noi due. Voglio essere con te. Anche se il cammino sarà difficile, sono pronta a camminarlo con te.»

Richard sorrise, un sorriso che mi sciolse il cuore. Mi baciò la fronte, poi mi guardò con quegli occhi che avevo tanto desiderato vedere di nuovo. «Non voglio fare nulla senza di te. E so che non sarà facile, ma con te al mio fianco, Fanny, posso affrontare tutto.»

La sala intorno a noi sembrava non esistere più. Tutto ciò che c’era, in quel momento, eravamo io e lui. Non importava più la guerra, le perdite, o il dolore. Avevamo il potere di ricominciare, di scrivere una nuova storia, insieme.

Mia madre si alzò dalla poltrona e venne verso di noi. Con un sorriso che non aveva mai avuto prima, ci guardò e disse: «Se siete pronti, allora anche io sono pronta a darvi la mia benedizione. Ma ricordatevi, entrambi… la strada non sarà mai facile. Ci saranno sfide, ma se sarete uniti, niente sarà impossibile.»

Le sue parole non erano solo una benedizione, ma una promessa che mi dava forza. Sapevo che insieme avremmo affrontato tutto. La guerra, il dolore, i tradimenti. Ma non c’era più nessuna paura. Avevo ritrovato la mia strada, e questa volta, non l’avrei mai persa di nuovo.

Il ballo stava ormai per concludersi e la musica si faceva sempre più lontana, come se fosse diventata una melodia che apparteneva a un altro mondo, un mondo che non mi riguardava più. La sala era ancora piena, i passi di danza che si susseguivano, le risate, le voci che si mescolavano in un crescendo festoso, ma per me c'era solo il silenzio tra me e Richard. Ogni suono, ogni movimento, sembrava sfumare fino a svanire, come se fossimo soli, intrappolati in un tempo che ci apparteneva solo a noi.

I miei occhi non potevano distogliersi da lui, ogni dettaglio del suo viso, ogni sfumatura dei suoi occhi, mi toccava in modo profondo, come se fossero l’unica cosa che contava davvero. Richard. Per tanto tempo l'avevo creduto perso, inghiottito dalla guerra, dalla morte, dall’oscurità. Ora, invece, era lì, davanti a me, vivo, forte, così reale che mi sembrava quasi impossibile. Il suo sguardo mi attraversava, ogni sua espressione mi penetrava nel profondo, risvegliando ricordi che avevo cercato di seppellire. Ma con quel ritorno, con la sua presenza che si faceva sempre più palpabile, sembrava che tutto, ogni dolore, ogni lacrima, ogni paura avesse trovato finalmente un senso.

Avevo sempre cercato di allontanarmi da lui, di convincermi che non ne avevo più bisogno, che era meglio vivere senza il peso di un amore così intenso, così devastante. Ma ora che lo guardavo, che sentivo la sua vicinanza, capivo quanto fossi stata ingenua. Come se non avessi mai veramente voluto stargli lontana. Come se non avessi mai davvero desiderato dimenticarlo.

Il mio cuore batteva forte, un battito che non riuscivo a controllare, che risuonava in tutto il mio corpo, come se avessi avuto il potere di sentire anche la sua anima. Ogni parte di me desiderava correre verso di lui, abbracciarlo, sentirlo di nuovo. Ma c'era ancora quella paura, quella sensazione di incertezza che mi faceva esitare. Come se, anche ora, dopo tutto questo tempo, non fossi completamente sicura di poter credere alla sua promessa, alla sua parola.

Ma quando le sue mani mi sfiorarono, qualcosa in me cambiò. Era come se il contatto con la sua pelle, anche se lieve, avesse risvegliato una parte di me che avevo nascosto, soffocato sotto strati di dolore e disillusione. Richard non aveva bisogno di parole per farmi sentire al sicuro. Bastava la sua presenza, il suo respiro che si mescolava al mio, per farmi capire che niente di ciò che avevamo vissuto, tutto quello che avevamo sofferto, sarebbe stato vano.

Eppure, non riuscivo a non ricordare la morte di Richard, il suo corpo che pensavo fosse perduto per sempre. La notizia che mi avevano dato, quella lettera che mi aveva spezzato il cuore. Mi chiedevo come avessi potuto sopportare quei giorni senza di lui, senza sapere se era davvero morto o se c'era ancora speranza. Ogni istante senza di lui mi aveva sentito come se stessi affogando in un mare di solitudine. E ora che lo avevo di nuovo di fronte, mi sentivo come se stessimo ricominciando da zero. Ma avevamo ancora troppo da affrontare, troppo da vivere per poter tornare indietro.

La sua vicinanza mi confondeva. Ogni respiro, ogni battito del cuore, mi faceva sentire come se avessi bisogno di lui più di quanto avessi mai voluto ammettere. Eppure, qualcosa dentro di me continuava a lottare, a chiedersi se davvero potessimo riprendere da dove avevamo lasciato. La sua presenza mi dava pace, ma al contempo mi travolgeva con una passione che non sapevo come controllare.

Guardando la sua mano, il modo in cui si avvicinava a me, sentivo la rabbia crescere. Non verso di lui, ma verso il mondo che ci aveva separati, verso la guerra, la morte, ogni cosa che ci aveva allontanati. E nonostante il mio cuore battesse forte, nonostante il desiderio di correre verso di lui, qualcosa in me temeva. Tempi diversi, vite diverse. Ma poi, mentre il nostro respiro si faceva sempre più vicino, mi accorsi che quella paura non aveva senso. L'amore che avevamo vissuto, quello che avevamo condiviso, era troppo grande per essere spezzato da qualunque cosa.

Quando finalmente il nostro bacio arrivò, fu come se ogni pensiero, ogni paura, fosse svanita. Non c'era spazio per nulla, solo il suo bacio che mi avvolgeva, il suo amore che mi prendeva. La musica continuava a suonare, ma per noi era come se il tempo si fosse fermato. Non c'era più niente intorno a noi, solo il nostro amore che si ritrovava, la passione che sembrava bruciare in ogni angolo della stanza, e io che mi perdevo in quel momento, finalmente, senza più dubbi, senza più esitazioni.

Era come se il mondo, per un attimo, si fosse piegato alla nostra volontà. L'amore che avevo temuto, che avevo cercato di dimenticare, tornava a risvegliarsi con una forza che non avevo mai immaginato. La paura che mi aveva tormentata si dissolveva in un istante, e tutto ciò che restava era il calore delle sue braccia, il battito del suo cuore, il suono del suo respiro.

Non avevo bisogno di altro. Non avevo bisogno di nessun altro. Richard era tutto ciò che mi serviva. Io e Richard ci ritrovavamo, più forti, più vicini, pronti ad affrontare insieme tutto ciò che sarebbe venuto, senza più paura, senza più dubbi.

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