PROLOGUE
Richard
Il fiato mi bruciava in gola mentre correvo nell'oscurità. I lampi delle torce della polizia tagliavano il buio come lame, ma non potevo fermarmi. Non adesso. Non con loro così vicini. L’asfalto bagnato sotto i miei stivali scivolava, la pioggia gelida scendeva a rivoli lungo il mio volto, mescolandosi al sangue che macchiava le mie mani. Non era il mio sangue.
«Fermati, Richard!» La voce di un agente rimbombava dietro di me, ma l’eco delle sue parole si perdeva nel rombo dei miei pensieri. Fermarmi significava morire. E io non avevo mai avuto paura della morte, ma non avrei permesso che mi prendessero. Non ora, non così.
Ogni battito del mio cuore era una coltellata al petto, ogni respiro una fiamma che bruciava nei polmoni. Non era solo la corsa, non era solo la caccia. Era lei. Francesca. L’immagine del suo volto si insinuava nei miei pensieri come un veleno dolce. I suoi occhi, la sua voce, la promessa di qualcosa che non meritavo. Eppure, era per lei che correvo. Per lei che uccidevo.
Dietro di me, il suono delle sirene si faceva più forte, più vicino. Non importava. Conoscevo queste strade meglio di loro. Ogni vicolo, ogni passaggio segreto. E sapevo dove sarei andato. Lontano da tutto, lontano da lei. Perché anche se ogni fibra del mio essere mi urlava di tornare da Francesca, sapevo che restare significava condannarla.
Per quanto mostro potessi essere, non avrei mai distrutto l’unica cosa pura della mia vita.
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