ESCAPE

Francesca

7 giugno 1967

Sono passati tre anni. Saverio aveva finito l'esercito, due lunghi anni come richiesto dal contratto imperiale. Ora era tutto pronto. Finalmente il giorno tanto atteso era arrivato, e io ero felice.

Cleopatra mi sistemava la corona, un diadema d'oro e pietre preziose che brillava alla luce delle candele. I suoi occhi mi osservavano con orgoglio, mentre le sue mani esperte aggiustavano ogni dettaglio con cura.

«Sei bellissima, mia piccola imperatrice,» disse sorridendo.

Mi guardai nello specchio. Il vestito bianco, ricamato a mano, aderiva perfettamente al mio corpo, avvolgendomi come una seconda pelle. Le perle cucite sul corpetto riflettevano la luce con delicatezza, e il velo leggero mi cadeva morbido sulle spalle. Mi sentivo perfetta. Una sposa perfetta. Finalmente tutto stava andando come avevo sempre desiderato.

Cleopatra posò le mani sulle mie spalle. «Aspetta, ho una cosa per te.»

Mi voltai verso di lei, curiosa. «Cosa?»

Cleopatra tornò sui suoi passi, stringendo tra le mani una piccola scatola di legno decorata con intarsi dorati. Si fermò davanti a me, il viso serio, quasi cupo, e me la porse con un gesto lento.

«Devi cambiare idea, Francesca. È per il tuo bene,» disse con un tono carico di un'insolita urgenza.

Sapevo a cosa si riferiva. Cleopatra era ossessionata dalla maledizione, convinta che ogni scelta nella mia vita dovesse ruotare attorno a quell’antica profezia che aleggiava sulle Francesche. Ma io non volevo ascoltare, non oggi, non nel giorno in cui finalmente mi sentivo libera dal passato.

«Cosa intendi?» chiesi, incrociando le braccia al petto, cercando di mascherare il fastidio crescente.

Lei aprì la scatola con un gesto deciso. Dentro, tra nastri di seta scura, c’erano delle lettere. Decine di lettere. Cleopatra ne prese una e me la porse. «Queste sono le lettere che ti ha scritto Richard.»

Il mio cuore saltò un battito. Guardai la carta ingiallita, il mio nome scritto con quella calligrafia familiare che non avevo mai dimenticato. «Non è possibile..»" mormorai.

Cleopatra annuì, seria. «Le ho nascoste.»

Aveva nascosto le lettere di Richard. Allora aveva ragione lui, mi aveva davvero scritto. Sentii un nodo stringersi in gola mentre ne prendevo una tra le dita tremanti. La carta era consumata ai bordi, il mio nome tracciato con quella calligrafia decisa e inconfondibile.

«Era stata colpa tua,» sibilai, stringendo la lettera con forza. «Se io e Richard ci siamo persi, è stato per colpa tua. Non che... non che tra noi ci fosse qualcosa di ufficiale, ma... Cleopatra, hai distrutto qualsiasi possibilità!»

Non aspettai la sua risposta. Con mani tremanti, aprii la busta. Il cuore mi batteva forte mentre sfilavo il foglio. Le parole di Richard sembravano gridarmi contro dalla carta, ogni frase intrisa di emozioni che non avevo mai immaginato lui potesse provare.

Francesca, angelo mio,

So che porto il peso del tuo dolore, un dolore che io stesso ho generato. Ti ho abbandonata in un momento che avrebbe dovuto legarci per sempre. Avrei dovuto stringerti, accoglierti, ma io, cieco e spezzato, ho tradito la tua fiducia. Non sono come gli altri uomini, e temo di non essere mai capace d'amare. Eppure, quando sei vicina, un tumulto si agita in me, un fremito che mi consuma e al contempo mi dà vita.
La nostra lontananza mi logora. Vorrei saper dire quelle parole che tu meriti, ma non ho mai pronunciato "ti amo" o "ti voglio bene" a nessuno. Nemmeno alla donna che amo più di me stesso. Sono prigioniero di un passato che mi ha piegato e di un cuore che non sa battere come dovrebbe. Ho vissuto per me stesso, ed è forse per questo che ora non so come vivere per te.
Quella notte, quando ti ho lasciata entrare nel castello, avrei dovuto tenerti con me, avrei dovuto amarti fino all'alba. E invece, ho scelto il vuoto, ho scelto di allontanarti, perché forse non so che cosa significhi meritarti. Ti ho delusa, e questo pensiero mi tormenta più di ogni altra cosa.
Forse questa lettera non arriverà mai a te. E se un giorno troverai qualcuno che sappia darti ciò che io non posso, allora sarò felice, perché tu meriti di essere amata come io non ho saputo fare. Ma sappi questo, Francesca: ovunque sarò, il tuo nome sarà inciso nel mio cuore, e il rimpianto sarà il mio eterno compagno.

Tuo per sempre,
Richard

Mi uscì una lacrima che scivolò lungo la guancia. Lui mi amava. Mi amava davvero, e io… io avevo rovinato tutto. Ma soprattutto, lei. Cleopatra.

Mi alzai di scatto, stringendo la lettera tra le mani. «Hai rovinato tutto!» gridai, puntandole un dito contro.

Cleopatra si irrigidì. «Francesca, calmati. Non capisci che ho fatto tutto questo per il tuo bene?»

«Il mio bene?!» urlai, la voce tremante di rabbia e dolore. «Tu hai distrutto qualsiasi possibilità che io e Richard potessimo avere! Tu hai deciso al posto mio, hai manipolato tutto! Come hai potuto?!»

Cleopatra avanzò verso di me, cercando di afferrarmi le mani, ma mi tirai indietro. «Richard è un pericolo per te. Lui non ti ama come pensi. Ti ossessiona, Francesca, ed è una cosa malata. Io ti ho protetto.»

«Protetto?!» sbottai, il cuore che sembrava voler scoppiare. «Tu non hai fatto altro che controllarmi! Non mi hai mai visto come una persona, ma come un burattino da muovere a tuo piacimento! Non ti importa di me, Cleopatra. Ti importa solo di quello che vuoi tu!»

«Non dire cose che non pensi!» ribatté, la voce tagliente come un pugnale. «Io ti amo come una figlia, Francesca. Ho fatto ciò che era necessario.»

«Non farmi ridere!» gridai, avanzando verso di lei. «Se mi avessi amata davvero, non mi avresti nascosto le lettere. Non mi avresti tolto l’unica persona che... che mi faceva sentire viva!»

Cleopatra sembrava quasi sconvolta dalle mie parole. «Richard ti avrebbe distrutto! Ti avrebbe trascinata nel suo inferno e tu saresti morta con lui! Non vedi che è pericoloso? Non vedi che è un mostro»"

«Non m'importa!» urlai, la voce rotta dall’emozione. «Non ti permetterò più di controllare la mia vita!»

La tensione tra noi era palpabile. Il silenzio si spezzò quando alzai la mano e, senza pensarci, le diedi uno schiaffo forte e deciso. Cleopatra rimase immobile, con il viso girato e una mano sulla guancia.

Si voltò verso di me, gli occhi pieni di un misto di rabbia e dolore. «Non ti riconosco più, Francesca,» disse con una voce fredda, quasi glaciale. «Non sei più la donna che ho cresciuto. Sei diventata qualcosa che non capisco.»

«Non mi hai mai capito,» replicai, stringendo i pugni. «E non mi capirai mai.»

Cleopatra non disse altro. Mi lanciò un ultimo sguardo, carico di delusione, e si girò per andarsene. «Che il cielo ti aiuti, Francesca, perché ne avrai bisogno.»

La porta si chiuse dietro di lei con un rumore sordo. Rimasi immobile, il respiro affannoso, il cuore che mi martellava nel petto.

Mi avvicinai allo specchio, osservando la mia immagine riflessa. Ero bellissima, perfetta per quel matrimonio che avrebbe dovuto rappresentare un nuovo inizio. Ma tutto ciò che vedevo era una donna spezzata, con gli occhi arrossati dal pianto e il cuore in frantumi.

Richard mi amava, e io lo odiavo. Lo odiavo con tutto il mio essere. Ma, allo stesso tempo, lo amavo con un’intensità che mi spaventava. Una parte di me voleva vederlo marcire all’inferno per quello che mi aveva fatto, mentre un’altra voleva correre da lui, abbandonare tutto e fuggire.

Mi asciugai una lacrima con il dorso della mano. Dovevo sposarmi. Dovevo essere la donna perfetta, la moglie perfetta, una futura imperatrice perfetta. Anche se dentro di me tutto urlava il contrario.

***

Mi tremavano le gambe mentre la carrozza imperiale scivolava veloce lungo le strade acciottolate. Fuori, una folla immensa si accalcava per vedere la futura sposa. Io, però, non riuscivo a sentire nulla se non il rimbombo dei miei pensieri. Seduta lì, triste e silenziosa, guardavo fuori dal finestrino con uno sguardo vuoto.

Mio padre era seduto di fronte a me, impeccabile nella sua postura regale. Non diceva una parola, ma ogni tanto i suoi occhi si posavano su di me. Sei bellissima, mormorò a un certo punto, come per spezzare quel silenzio soffocante. Non risposi. Non c'era nulla da dire.

Non vedevo l’ora di vedere mia madre. La sua presenza mi rassicurava, anche se non sapevo quanto sarebbe servito in un momento come questo.

La carrozza si fermò bruscamente. Sospirai profondamente, cercando di calmare il cuore che mi batteva forte nel petto. Il cocchiere scese con un gesto rapido e aprì la porta con un inchino. Mio padre fu il primo a uscire. Il popolo applaudì fragorosamente, un tributo al loro sovrano nonostante tutto il male che aveva fatto in passato.

Ma non erano lì per lui. Erano lì per me.

Quando finalmente uscii dalla carrozza, il boato della folla crebbe. Gli applausi si fecero più intensi, e i miei occhi cercarono qualcosa, qualcuno, che potesse distrarmi da quell’angoscia che mi stringeva il petto. Respirai a fondo, ma il fiato sembrava spezzarsi.

«Non essere tesa,» mi disse mio padre, posandomi una mano leggera sulla schiena. Il suo tono era calmo, ma sapevo che era solo un’illusione. Lui voleva che fossi perfetta, come sempre.

Con un sorriso forzato, mi mossi verso il grande portone della cattedrale. Il vestito mi pesava addosso, non tanto per il tessuto quanto per il significato che portava. Ogni passo mi sembrava un’agonia, un avvicinarmi inesorabilmente a un destino che non volevo.

La folla gridava il mio nome, lanciando fiori ai miei piedi. Mi sentivo come un agnello sacrificale, adornato di bellezza solo per essere immolato davanti a tutti.

Entrai in chiesa varcando la soglia, un passo dopo l’altro, con il suono solenne dell’organo che risuonava tra le alte volte. Il profumo dell’incenso era denso, quasi soffocante, mescolato al leggero aroma dei fiori che decoravano ogni angolo. Il mio vestito si trascinava dietro di me, pesante come una catena, mentre il suono dei miei tacchi echeggiava sul pavimento di marmo.

Alzai lo sguardo, cercando di mantenere un’espressione composta. Saverio era lì, in piedi davanti all’altare, con un sorriso nervoso che cercava di apparire sereno. Mi guardava, ma i suoi occhi non trasmettevano calore, solo una sorta di obbligo, un riflesso del dovere.

Eppure io non riuscivo a concentrarmi su di lui. Ogni dettaglio di quella scena, ogni volto che mi fissava dai banchi, sembrava sfocarsi. Nella mia mente non c’era spazio per nessuno di loro, solo per Richard.

Mi tornò in mente il nostro primo incontro, il modo in cui i suoi occhi scuri mi avevano scrutata, come se volesse leggermi dentro.

Mi chiesi se sapesse di questo matrimonio. Probabilmente sì. Forse stava ridendo, forse mi odiava ancora più di quanto io odiassi me stessa in quel momento. Oppure... forse soffriva, proprio come me.

Il prete si avvicinò a Saverio, iniziando a parlargli a bassa voce mentre io continuavo a camminare verso di lui. Ogni passo mi sembrava più pesante del precedente, come se un peso invisibile mi schiacciasse.

Saverio mi guardava ancora, ma il suo sguardo si abbassò per un istante, come se volesse distogliere gli occhi da me. In quel momento, capii che neanche lui era felice. Lo stavamo facendo per il dovere, per i nostri genitori, per l’impero. Ma non c’era amore in quello che stavamo per celebrare.

Mi fermai accanto a lui e gli sorrisi appena, un gesto vuoto, privo di sincerità. Lui fece lo stesso, ma i suoi occhi vagavano altrove. Mi chiesi se stesse pensando a qualcun altro, se avesse nascosto i suoi pensieri così come io nascondevo i miei.

Il prete ci fece cenno di unirci le mani. La mia tremava leggermente quando lui la prese. Sentii la sua stretta, ferma ma priva di calore. E mentre il prete iniziava a parlare, le sue parole si confondevano nel ronzio della mia mente.

Ci inginocchiammo davanti all'altare, le ginocchia sfiorarono il tappeto rosso che sembrava volerci inghiottire. Saverio mi guardava con quella calma apparente che ormai conoscevo fin troppo bene. Io ero immobile, il cuore mi martellava nel petto mentre il prete recitava parole che non ascoltavo davvero.

Saverio prese la mia mano con delicatezza, quasi con esitazione. Tra le sue dita tremanti brillava l’anello, un gioiello splendido, troppo perfetto per una come me. L'oro luccicava sotto le luci soffuse della chiesa, eppure sentivo il peso della sua promessa come un macigno sul petto.

«Francesca,» la sua voce era un sussurro, spezzata da qualcosa che non riuscivo a decifrare. «Con questo anello ti prometto amore, fedeltà e protezione. Per tutti i giorni della mia vita.»

Le sue parole suonavano vuote, troppo formali, troppo distanti. Il mio respiro era irregolare mentre allungavo la mano per prendere l'anello. Lo toccai appena, sentendone il freddo metallo contro la pelle calda e sudata. Lo presi tra le dita e sospirai, chiudendo per un momento gli occhi.

Fu allora che lo sentii.

«Francesca... non lo fare.»

La voce fu un sussurro, quasi irreale, ma bastò per farmi sussultare. Il mio sguardo si sollevò di scatto e mi girai di scatto verso il fondo della chiesa.

Il respiro mi si fermò in gola. Sembrava un fantasma, con i capelli scompigliati e quegli occhi intensi che mi avevano perseguitato in ogni sogno e incubo. Il cuore mi esplose nel petto, battendo così forte che temevo lo sentissero tutti.

«Richard...» sussurrai, il mio nome sulle labbra era una preghiera disperata, una supplica soffocata.

Saverio seguì il mio sguardo, irrigidendosi, mentre Cleopatra spalancava gli occhi. L’intera chiesa sembrava trattenere il fiato, ma io non vedevo più nulla, solo lui. Solo Richard.

«Non lo fare, Francesca.» La sua voce era più ferma ora, come se ogni parola portasse il peso di anni di silenzi e rimpianti. «Sai che non è quello che vuoi.»

Mi tremarono le mani, l'anello mi scivolò dalle dita e cadde a terra con un suono secco, rimbombando nel silenzio. Mi sentivo soffocare, come se le pareti della chiesa mi stessero schiacciando. Le mie dita si strinsero attorno alla gonna del vestito, cercando di aggrapparmi a qualcosa, a qualsiasi cosa.

«Non puoi essere qui,» sussurrai, sentendo le lacrime bruciare negli occhi. «Sei in prigione...»

Richard sorrise appena, un sorriso amaro, come se sapesse tutto di me, anche più di quanto volessi ammettere. «Pensavi davvero che sbarre e mura potessero tenermi lontano da te?»

Il mio respiro era un rantolo spezzato, sentivo le lacrime scendere sulle guance. Mi guardava come se potesse ancora vedermi, davvero vedermi, come se ogni mia paura e desiderio fossero incisi nella sua anima.

Saverio mi strinse la mano, cercando di riportarmi indietro, ma io ero già troppo lontana. Il passato mi stava trascinando giù, Richard mi stava trascinando giù.

«Non devi farlo,» ripeté lui, la voce rotta da una disperazione che mi lacerò dentro.

Fissai l’anello a terra, così piccolo, così insignificante rispetto a ciò che provavo. Avevo davanti una scelta, una di quelle che cambiano la vita per sempre.

Lo odio perché sapeva come distruggermi. Eppure, dentro di me, sapevo che lo amavo ancora. E che forse, lo avrei amato per sempre.

La chiesa esplose in un mormorio soffocato qunado mi misi a correre verso Richard senza pensare a nulla, senza ascoltare nulla. Le dita mi tremavano quando gli presi il viso tra le mani e lo baciai con tutta la forza della mia disperazione. Le sue labbra erano calde, familiari, come se il tempo non fosse mai passato. Sentii il suo sorriso contro la mia bocca e i suoi occhi brillare di quella maledetta sicurezza che mi aveva sempre fatta impazzire.

«Ti ho sempre pensato,» gli sussurrai, le lacrime mi rigavano il viso mentre le mie mani tremavano ancora sulle sue guance. Richard mi guardò con quell’intensità che mi faceva sentire viva, più viva di quanto mi fossi mai sentita negli ultimi tre anni.

Un tonfo ruppe il silenzio. Mio padre aveva battuto con forza il suo bastone di legno sul pavimento della chiesa. Il suo volto era una maschera di rabbia e delusione, i suoi occhi bruciavano di furia imperiale mentre la sua voce rimbombava gelida nell'aria tesa.

«Giuro, Francesca, che se lo farai... non sarai mai più parte del trono!»

Le sue parole erano come una lama che mi tagliava dentro, ma non bastavano a fermarmi. Lo guardai dritto negli occhi, con il cuore che mi scoppiava nel petto, e sorrisi, un sorriso di sfida, di libertà.

«Scusa, papà... ma io amo solo lui.»

Un sussulto di sdegno e shock attraversò l'intera sala, le nobildonne si portarono le mani alla bocca, mia madre abbassò lo sguardo in segno di vergogna, e Saverio si alzò in piedi, con il volto pallido e contratto in un'espressione di incredulità e rabbia.

Richard mi prese tra le braccia, sollevandomi da terra e facendomi girare come se fossimo soli, come se il mondo intero non esistesse più. Mi sentivo finalmente libera, finalmente mia.

Saverio fece un passo avanti, la sua voce carica di dolore e umiliazione. «E il nostro matrimonio, Francesca?»

Mi voltai verso di lui, il cuore ancora impazzito, e con una risata amara e sprezzante risposi: «Col cazzo che mi sposo con te.»

Un’ondata di mormorii scandalizzati attraversò la chiesa, ma non mi importava più. Guardai Richard negli occhi, e lui mi strinse forte come se non volesse mai lasciarmi andare.

«Scappiamo,» sussurrò lui, e per la prima volta nella mia vita, non ebbi paura.

Mi aggrappai alla sua mano e insieme corremmo fuori dalla chiesa, tra le urla indignate dei nobili e gli sguardi attoniti della folla. L’aria fresca mi colpì in volto, mescolandosi alle mie lacrime.

Corsi più veloce possibile, il cuore mi batteva impazzito nel petto mentre Richard mi stringeva la mano, trascinandomi con sé. Le grida della folla si facevano sempre più forti, mio padre urlava il mio nome con furia, Saverio gridava parole che non riuscivo nemmeno a comprendere.

Corremmo verso la carrozza, ma Richard la ignorò completamente e si diresse verso uno dei cavalli ancora legati. Con mani esperte sciolse le redini, mi guardò per un istante e disse con voce urgente: «Sali, subito!»

Senza pensarci due volte, mi aggrappai alla sella e mi issai sopra, il vestito da sposa si impigliò per un secondo tra le staffe, ma Richard mi aiutò a sistemarlo prima di saltare dietro di me. Sentii il suo respiro caldo vicino all’orecchio mentre sussurrava: «Tieni forte.»

La folla era in tumulto, le guardie si muovevano freneticamente, ma noi non ci fermammo. Richard colpì i fianchi del cavallo, e l’animale partì in una corsa sfrenata, fendendo la pioggia di petali che la gente aveva lanciato per celebrare un matrimonio che non ci sarebbe mai stato.

Appoggiai la testa sulla sua spalla, chiusi gli occhi per un attimo, cercando di non pensare alle conseguenze, ai volti scioccati che lasciavamo indietro, alla vita che stavo abbandonando. Sentivo il battito del cuore di Richard contro la mia schiena, forte, sicuro.

«Non mi importa di nulla,» sussurrai, «voglio solo stare con te.»

Lui mi strinse più forte e rispose: «Non ti lascerò mai più, Fanny.»

Mentre ci allontanavamo, le urla divennero un eco lontano. Ora eravamo solo io e lui, in fuga verso un destino ignoto, ma finalmente insieme.

Ci fermammo nel cuore del bosco, il cavallo ansimava stremato quanto noi. L'aria era carica dell’odore della pioggia e della terra bagnata, il fruscio delle foglie sopra di noi sembrava sussurrare segreti che solo la notte poteva custodire. Richard scese per primo, i suoi occhi scuri erano fissi su di me, colmi di un'intensità che mi faceva tremare dentro.

Mi porse entrambe le mani e mi aiutò a scendere, le sue dita erano calde nonostante il freddo pungente della sera. Mi strinse a sé con forza, le sue braccia attorno alla mia vita erano la cosa più sicura che avessi mai sentito. I suoi occhi scrutavano ogni angolo del mio viso, come se volesse memorizzarlo per sempre.

«Mi sei mancata,» sussurrò con una voce che sembrava un respiro spezzato.

Mi accarezzò il viso con delicatezza, il pollice sfiorò la mia guancia e poi scese lungo la linea del mento. Sentii le lacrime pungermi gli occhi, ma le trattenni. Non volevo piangere, non adesso.

«Ti amo, Richard,» dissi senza esitazione, le parole uscirono spontanee, vere.

Lui sorrise, quel sorriso che mi aveva fatto perdere la testa anni fa e che ancora riusciva a togliermi il fiato. «Ti amo, amore... ti amo,» ripeté come se fosse un giuramento sacro.

Le sue labbra cercarono le mie e mi baciò con una fame disperata, come se avesse paura che potessi sfuggirgli di nuovo. Le nostre lingue si intrecciarono in un ritmo familiare e allo stesso tempo urgente, le sue mani scivolarono lungo la mia schiena, trattenendomi ancora di più.

Mi aggrappai ai suoi capelli bagnati, il cuore mi martellava nel petto mentre ci baciavamo come se il mondo intorno non esistesse più. Il mio respiro si confuse con il suo, le gocce di pioggia scivolavano sulla mia pelle, ma non importava. C’era solo lui, solo noi, in quel momento perfetto di fuga e libertà.

«Non ti lascerò mai più,» mormorò contro le mie labbra, i suoi occhi brillavano di una promessa che sapevo avrebbe mantenuto.

Annuii, incapace di parlare, e lo baciai ancora, perdendomi in lui, nell’unica persona che aveva sempre avuto il potere di farmi sentire viva.

Sorrisi, mordendomi il labbro mentre lui gettava il velo da parte, lasciandolo cadere tra le foglie umide del bosco. Le sue dita sfiorarono il corpetto del mio vestito, accarezzando lentamente la stoffa scintillante, come se volesse strapparmela di dosso con lo sguardo.

«Saresti meglio nuda,» sussurrò con quel sorriso maledetto che mi faceva tremare dentro. Mi strinse di nuovo, la sua bocca premette contro la mia con una fame ardente, le sue mani scivolarono lungo i miei fianchi, afferrandomi con forza.

«Oppure...» aggiunse, abbassando la voce e mordendosi il labbro mentre mi scrutava con occhi scuri di desiderio. «Con i miei vestiti addosso... dopo aver scopato.»

Il mio cuore saltò un battito. Risi piano, stringendomi a lui, le mie dita si insinuarono sotto la sua camicia umida, sentendo il calore della sua pelle sotto le punte delle dita. «Lo sai che odio quando parli così... e che mi fa impazzire.»

Richard sorrise, quella scintilla pericolosa nei suoi occhi che conoscevo fin troppo bene. «Lo so, Fanny,» disse afferrandomi il mento, costringendomi a guardarlo. «E so anche che sei mia. Lo sei sempre stata.»

Le sue labbra tornarono sulle mie con più forza, il suo corpo premette contro il mio mentre la schiena incontrava la corteccia ruvida di un albero. Sentii la pioggia scivolare sul mio collo, mescolandosi con il calore della sua bocca che scendeva lungo la mia pelle, lasciando tracce di fuoco ovunque passasse.

«Dobbiamo andare,» sussurrai a fatica, ma lui non si mosse, le sue mani si insinuarono tra le pieghe del mio vestito, facendomi rabbrividire.

«Abbiamo tutto il tempo del mondo, amore,» rispose sfiorando la mia pelle con le labbra. «Nessuno ci troverà qui... e se lo faranno, sarà troppo tardi.»

Mi sentii avvolta da lui, dalla sua sicurezza, dal pericolo che sempre lo circondava. Ma non m’importava. In quel momento c’era solo Richard, solo noi, e il resto del mondo poteva aspettare.

Mi strappai il vestito di dosso con rabbia, il tessuto che si lacerava tra le mani, come se volessi distruggere anche quella parte di me che lo aveva indossato. «Era un vestito di merda,» mormorai tra i respiri affannosi, guardandolo negli occhi, mentre il cuore mi batteva forte. Lui non si fermò, continuò a baciarmi, affondando le sue mani nei miei capelli, stringendomi a sé come se volesse impossessarsi di ogni singolo battito del mio corpo.

Poi, si staccò da me, i suoi occhi brillavano di una luce selvaggia. Con un movimento rapido, si tolse i pantaloni della tuta, lasciandoli cadere a terra con un rumore soffocato. Si sedette a terra, il terreno sporco non sembrava fargli alcun effetto. Lo guardai, l'adrenalina che mi scorreva nelle vene aumentava il desiderio, ma anche un odio che non riuscivo a ignorare.

Sorrisi, più a me stessa che a lui, e mi misi sopra di lui. Non c'era spazio per la paura, solo per il bisogno che mi divorava. Le sue mani mi accarezzarono la pelle, ma io lo baciavo con una ferocia che sorpassava ogni altra emozione. «Ti odio,» sussurrai, ma le parole erano cariche di un amore che non avevo mai voluto ammettere.

Lui sorrise, un sorriso di quelli che solo lui sapeva fare, e con una forza improvvisa, mi capovolse, mettendomi sopra di lui. I suoi occhi erano un mare oscuro, ma c'era anche qualcosa di più, qualcosa che mi afferrava dentro, facendomi sentire viva e perduta allo stesso tempo.

Mi bacio il collo mentre sento la sua bocca calda che esplora la mia pelle. Con un gesto audace, fece uscire un seno dal corsetto e il suo respiro si fece affannoso.

Succhiò il mio capezzolo, e un brivido di piacere mi attraversò, rendendomi completamente bagnata per lui. Quando entrò dentro di me, sussultai, le parole mi sfuggirono: «Richard». Lui sorrise, muovendosi lentamente, intensificando la connessione tra i nostri corpi.

Senti il suono ritmico dei nostri corpi che si univano. «Vai più veloce,» dissi, la mia voce era un misto di desiderio e urgenza. Richard obbedì, accelerando il ritmo senza alcuna pietà, mentre la passione ci avvolgeva entrambi.

Ma poi, in un momento di vulnerabilità, lui chiese: «Sei andata a letto con un altro?» Le parole mi colpirono come un fulmine. «No, no,» risposi, la mia voce tremante. La verità era che in quel momento non c'era nessun altro, solo lui e il nostro intenso legame. La sua espressione si fece seria, ma nel suo sguardo c'era anche una scintilla di desiderio che non poteva nascondere.

Continuai a muovermi con lui, cercando di dimostrare quanto fosse importante per me. Ogni movimento era un'affermazione della nostra connessione, mentre il piacere cresceva sempre di più tra noi.

Richard scese lungo il mio collo, lasciandomi dei segni che bruciavano come promesse di passione. La sua bocca si spostò sul mio capezzolo, e un'ondata di piacere mi travolse. In un attimo, girò la situazione: ero io sopra di lui, e la posizione mi dava una nuova sensazione di potere e intimità.

Iniziai a muovermi veloce, sentendo la tensione crescere tra di noi. «Ti amo, amore,» dissi, mentre il nostro ritmo si intensificava. Ma lui, con un sorriso malizioso, mi sfidò: «Mi odi o mi ami?»
Sorrisi, divertita dalla sua domanda.

«Entrambi,» risposi, la mia voce era un sussurro che racchiudeva tutto il tumulto delle mie emozioni. La verità era che l'amore e la frustrazione coesistevano in me, rendendo quel momento ancora più intenso.

Continuai a muovermi veloce, il mio corpo inebriato dal piacere che cresceva sempre di più. Poi, con un gesto audace, saltai sopra di lui, sentendo il mio clitoride pulsare in un ritmo frenetico. «Oh mio Dio,» esclamai, mentre l'intensità del momento mi travolgeva.

Strinsi i suoi capelli tra le dita, la mia presa diventava sempre più forte, e lui rispose con un gemito profondo. «Amore, stai venendo,» disse, il suo sguardo ardente e pieno di desiderio.

«Sentimi,» aggiunse, invitandomi a lasciarmi andare completamente. «Vieni sul mio cazzo, amore.» Le sue parole erano come un comando che mi eccitava ulteriormente.

Lo baciai con passione, mentre sentivo che mi stavo abbandonando completamente al momento. Richard stringeva i miei fianchi con forza, mantenendomi salda mentre la sua bocca si muoveva sui miei seni, succhiando e baciando in modo da farmi perdere ogni freno.

Le onde di piacere continuavano a crescere dentro di me, e in un attimo, venni, il mio corpo tremò di estasi. «Richard,» sussurrai, il suo nome scivolò dalle mie labbra come un mantra di pura gioia.

Lui ansimava, il suo respiro affannoso riempiva l'aria, ma sapevo che non era ancora venuto. C'era una tensione palpabile tra noi, un desiderio insaziabile che ci legava. Volevo dare a Richard lo stesso piacere che avevo appena provato.

Lui mi baciò con intensità e, con un sorriso malizioso, disse: «Adesso devi farmi venire.» Non potevo resistere a quel tono provocante. «Alzati,» risposi, il cuore che batteva forte per l'eccitazione.

Mi alzai e mi inginocchiai davanti a lui, prendendo il suo membro in mano. Era duro e pulsante, e sentii un brivido di piacere attraversarmi. La mia mano scivolava su di lui, mentre iniziavo a muovermi avanti e indietro con rapidità, creando un ritmo che ci avvolgeva entrambi.

Richard buttò la testa indietro, lasciando uscire un gemito profondo di piacere. Poi, con un gesto deciso, lo misi in bocca, sentendo il suo sapore e la sua calda presenza. «Fanny,» disse, il suo tono carico di desiderio.

Sorrisi mentre continuavo a muovermi, prendendomi cura di lui con passione. «Guardami,» ordinò, afferrandomi delicatamente la testa. I suoi occhi erano fissi sui miei, pieni di desiderio e vulnerabilità.

Mi mossi veloce dentro la mia bocca, assaporando ogni istante mentre Richard gemette di piacere. «La principessa si mette inginocchio per la prima volta,» disse con un sorriso complice, e io non potevo fare a meno di sorridere a mia volta, sentendomi al contempo audace e vulnerabile.

Poi, con un gesto deciso, mi fece trattenere la testa, e il suo labbro mi arrivò fino in gola, soffocandomi dolcemente. La sensazione era travolgente, e mentre continuavo a muovermi, sentii il suo corpo contrarsi. In un attimo, il suo liquido denso riempì la mia bocca, e inghiottii tutto con una determinazione che mi sorprese.

Quando finalmente uscii da lui, tossii leggermente per l'intensità del momento. «Sei stata magnifica, amore mio,» disse Richard, il suo sguardo colmo di ammirazione e desiderio. Le sue parole mi riscaldarono il cuore mentre mi rialzavo, sentendomi soddisfatta e felice di aver condiviso quell'esperienza così intima con lui.

Richard si rimise i pantaloni, il movimento fluido e sicuro, mentre io rimanevo lì, sfinita, il cuore che batteva ancora forte nel petto. La sensazione del suo corpo caldo su di me era ancora viva in ogni fibra del mio essere. Mi strinsi nella giacca che mi aveva messo sopra le spalle, il suo odore di muschio e fumo che mi avvolgeva e mi dava una strana sicurezza.

Lui si chinò, prese un pezzo di legno, lo infilò tra le fiamme di un piccolo falò che aveva acceso con l'accendino, e guardò le fiamme salire alte nel buio. Poi, senza distogliere lo sguardo, si avvicinò di nuovo a me. Mi prese delicatamente il viso tra le mani, facendomi guardarlo, e mi sussurrò: «Mi sei mancata.»

Sentii il mio cuore impazzire nel petto. «Anche tu, amore mio,» risposi con voce rotta, gli occhi umidi ma sorridenti.

Lui si abbassò, mi baciò sulla fronte e poi, con un tono più serio, mi disse: «Non ti lascerò mai, lo sai, mai più.»

Lo guardai negli occhi, cercando in ogni sfumatura di quell'istante una promessa che mi facesse sentire completa. «Lo so,» mormorai. «Ti credo.»

Mi abbracciò, tenendomi stretta a lui, mentre il caldo della giacca si mescolava al calore del fuoco, e l'intero mondo sembrava svanire, come se non esistesse più nulla fuori di noi.

Mi strinsi più forte a lui, lasciandomi cullare dal suo abbraccio, sentendo il battito del suo cuore che si mescolava con il mio. «Adesso dove andremo?» chiesi, quasi senza pensarci.

Lui sorrise, quella solita scintilla di sfida nei suoi occhi, e rispose con calma, come se il futuro fosse tutto nelle sue mani. «Dove ci porterà il destino.»

Il silenzio che seguì fu pieno di significato, e io mi persi nei suoi occhi, sapendo che, qualunque fosse il nostro cammino, sarebbe stato insieme.

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