DANIEL

Francesca

Io e Richard non ci siamo sposati, ma abbiamo avuto la nostra benedizione da mia madre. Non c'era bisogno di altro, nessun anello, nessun documento. Solo noi due, il nostro amore e la promessa silenziosa che ci eravamo fatti quella notte, quando tutto il mondo sembrava essersi dissolto intorno a noi.

I miei suoceri sono stati entrambi imprigionati per abusi contro i minori. Una verità che ha bruciato come una lama affilata, che ha scavato in profondità nelle cicatrici di Richard. Lui non ne parlava quasi mai, ma ogni tanto lo sorprendevo a guardarsi le mani, come se cercasse di scrollarsi di dosso il loro tocco. Io c'ero, accanto a lui, sempre. E adesso... adesso non eravamo più soltanto io e Richard.

Mi accarezzò la pancia con dolcezza, come se fosse fatta di porcellana. Il suo sguardo era pieno di meraviglia, di timore, di amore. "Daniel," mi sussurrava spesso, quasi come se volesse imprimere quel nome nella mia pelle. Nostro figlio si sarebbe chiamato così. Sarebbe stato un maschio. Lo sapevo, lo sentivo.

Sfiorai la curva del mio ventre con la punta delle dita. Lo avevamo desiderato così tanto, come se fosse l'unica redenzione possibile per tutto il dolore che ci aveva circondati. E poi, come un dono inaspettato, ero rimasta incinta. Ricordo ancora il giorno in cui l’ho scoperto: il cuore che batteva impazzito, le mani che tremavano, il fiato corto. Avevo paura, sì, ma c'era anche quella gioia pura, incontaminata, che solo Richard sapeva farmi provare.

Le sue mani scivolarono sulla mia pelle, tracciando piccoli cerchi sulla pancia. A volte mi chiedevo cosa vedesse quando mi guardava così. Forse vedeva una speranza nuova, una vita che non fosse macchiata di sangue e dolore. O forse, semplicemente, vedeva noi: una famiglia.

Stringevo la mia pancia, come a proteggere il bambino da tutto il male che sapevo esistere là fuori. Richard mi guardò e capì. Lo faceva sempre. Si avvicinò e mi sfiorò la fronte con le labbra, sussurrandomi senza parole che sarebbe andato tutto bene.

Ma io sapevo che non era così semplice.

Ero incinta di sei mesi. La mia pancia era ancora piccola, ma dentro di me il nostro bambino cresceva forte, come se sapesse di avere due genitori pronti ad amarlo con tutto il cuore. Ogni giorno mi guardavo allo specchio e vedevo cambiare il mio corpo, sentivo la vita dentro di me muoversi, pulsare, respirare.

Richard era sempre accanto a me, attento, premuroso, come se avesse paura che un soffio di vento potesse spezzarmi. A volte mi faceva ridere con la sua eccessiva apprensione, ma dentro di me sapevo che era il suo modo di proteggermi, di proteggere noi.

Il suo sguardo si posò su di me con un'intensità che mi fece venire i brividi. Mi accarezzò la pancia con delicatezza, tracciando linee immaginarie sulla mia pelle tesa. Mi baciò dolcemente il ventre e poi risalì lentamente, fino a posare le labbra sulle mie.

«Richard...» sussurrai, guardandolo negli occhi.

Lui sorrise, quel sorriso che aveva sempre avuto il potere di sciogliermi dentro, e mi sussurrò all'orecchio: «Vuoi provare a fare l'amore da incinta?»

Un brivido mi percorse la schiena. Non potei fare a meno di sorridere. Non avevamo mai parlato di questo, ma nei suoi occhi c'era desiderio, rispetto e una dolcezza infinita. Annuii, mordendomi il labbro, e Richard prese il mio viso tra le mani, baciandomi con una lentezza che sembrava voler assaporare ogni istante.

Mi spostai, interrompendo il bacio che ci aveva avvolti in un vortice di passione. La sua bocca si staccò dalla mia e scivolò lungo il mio collo, lasciando una scia di brividi che si diffondevano in tutto il corpo. Sentii la sua mano scivolare sotto la mia camicia, mentre i suoi baci si posavano delicatamente sulla mia pancia, dove un piccolo segreto cresceva, un legame tra noi che nessuno poteva vedere.

L'aria era carica di tensione, un mix di desiderio e oscurità. Il suo sguardo si fece improvvisamente serio mentre si alzava dal divano, il movimento fluido ma deciso. Togliendosi la cintura con un gesto lento e quasi rituale, il suo volto si illuminò di una luce sinistra. «Mettiti a terra» disse con una voce profonda, che vibrava di autorità e desiderio. «A quattro zampe.»

Un brivido mi percorse la schiena. La mia mente si riempì di pensieri contrastanti: paura e attrazione si mescolavano in un cocktail di emozioni che non riuscivo a decifrare. Ma c'era qualcosa di irresistibile in quel momento, qualcosa che mi spingeva a obbedire.

Mi posizionai a quattro zampe sul pavimento freddo, sentendo il battito del mio cuore accelerare. La stanza sembrava avvolgersi in un silenzio carico di aspettativa, ogni suono amplificato dalla tensione dell'istante. Lui si avvicinò, la sua presenza era opprimente eppure incredibilmente magnetica.

Le sue mani afferrarono i miei fianchi con fermezza, mentre il suo respiro caldo sfiorava la mia pelle. «Sei così bella,» sussurrò, le parole cariche di un desiderio oscuro che mi fece tremare. Ogni tocco era come una fiamma che bruciava lentamente, accendendo il fuoco della nostra connessione.

In quel momento, tutto ciò che esisteva era il nostro mondo: l'oscurità che ci circondava e la luce intensa del nostro desiderio. L'intensità del suo abbraccio mi fece sentire viva e vulnerabile allo stesso tempo. Era come se stessimo danzando su un filo sottile tra passione e pericolo.
La sua forza mi avvolse completamente;

Le sue mani si muovevano con sicurezza, esplorando ogni curva del mio corpo. Ogni tocco era un promemoria della sua presenza dominante, e io non potevo fare a meno di sentirmi sia vulnerabile che incredibilmente viva. La mia pancia, segno di una vita che cresceva dentro di me, sembrava brillare sotto la sua attenzione, un simbolo del nostro legame profondo e complicato.

Con un gesto deciso, lui piegò le ginocchia e si avvicinò, il suo viso a pochi centimetri dal mio. I suoi occhi scuri brillavano di una luce intensa, come se potessero penetrare nella mia anima. «Sei mia,» sussurrò, la voce carica di un potere quasi primordiale. «E oggi ti mostrerò quanto.»

Il suo respiro caldo mi sfiorava la pelle mentre si allontanava leggermente, lasciandomi in un limbo di attesa. La tensione nell'aria era palpabile, e il mio cuore batteva forte nel petto. Non sapevo se avrei dovuto temere o desiderare ciò che stava per accadere.

Con un movimento fluido, tornò a posizionarsi dietro di me. Sentii il suo corpo premere contro il mio, la sua presenza avvolgente come un'ombra che si allunga al crepuscolo. Le sue mani afferrarono i miei fianchi con una forza che mi fece tremare. «Preparati,» disse con un tono che non ammetteva repliche.

La sua voce risuonava come un eco nelle mie orecchie mentre la mia mente si perdeva in un turbinio di emozioni contrastanti. La paura si mescolava al desiderio, creando una miscela esplosiva che mi lasciava senza fiato. Eppure, in quel momento oscuro e intenso, sentivo che non avrei voluto essere da nessun'altra parte.
Quando finalmente agì, il suo movimento fu potente e deciso.

Ogni spinta sembrava risuonare attraverso di me, un ritmo che si intrecciava con il battito del mio cuore. Mi sentivo travolta da una tempesta di sensazioni: il piacere si mescolava alla vulnerabilità, mentre la sua forza mi avvolgeva completamente.
«Non fermarti,» mormorai, la mia voce tremante ma piena di desiderio. Volevo perdermi in lui, abbandonarmi completamente a quell'oscurità che sembrava promettere tanto.

Lui rispose con una risata bassa e profonda, come se avesse trovato piacere nella mia resa. Continuò a muoversi con intensità crescente, ogni colpo era come un colpo di tamburo che scandiva il ritmo della nostra danza macabra. Le pareti della stanza sembravano stringersi attorno a noi, mentre il mondo esterno svaniva in un lontano ricordo.

Sentii un movimento improvviso dentro di me. Il bambino scalciò forte nel mio stomaco, un promemoria inaspettato della vita che portavo dentro. La sensazione fu così intensa che mi fece sobbalzare. «Basta,» dissi a Richard, la voce tremante, cercando di mantenere il controllo.

Ma lui non si fermò. Con un gesto deciso, mi tirò i capelli, costringendomi a guardarlo negli occhi. C'era una scintilla di desiderio e frustrazione nei suoi sguardi. «Sto venendo, cazzo,» mormorò, la voce carica di una passione che sembrava travolgerlo.

«Richard, basta,» ripetei, cercando di mantenere la lucidità in un momento così carico di emozioni contrastanti. La mia mente era in tumulto; il desiderio si mescolava alla preoccupazione per ciò che stava accadendo.

Quando finalmente mi alzai, sentii il peso della situazione schiacciarmi. «Scusami,» disse lui, il tono cambiato, come se si rendesse conto della gravità del momento. I suoi occhi erano pieni di confusione e vulnerabilità.

Richard venne verso di me, il suo passo deciso ma carico di preoccupazione. Mi guardò intensamente, gli occhi pieni di quella protezione che mi faceva sentire al sicuro, anche nei momenti di paura. Mi accarezzò delicatamente la pancia, come se volesse rassicurarmi, ma sentivo che c’era qualcosa di diverso nell’aria, qualcosa che non riuscivo a definire.

Si avvicinò a me, le sue mani calde e sicure sulle mie guance, e mi baciò con dolcezza, come se volesse infondermi la sua forza, la sua serenità. Ma qualcosa dentro di me non andava. Non riuscivo a respirare bene, e il battito del mio cuore sembrava accelerare in modo strano, come se volesse scappare dalla mia stessa pelle.

«Sei sicura?» chiese Richard, la sua voce morbida ma carica di apprensione. «Hai paura?»

Io lo guardai, sentendo il mio cuore stringersi. Non sapevo cosa stesse succedendo, ma sentivo che qualcosa dentro di me stava cambiando. C’era un peso, una sensazione strana, come se qualcosa di brutto stesse per accadere. Mi sforzai di parlare, ma la voce mi uscì tremante.

«No, ti prego,» sussurrai, stringendomi a lui. «Sento qualcosa che non va, Richard. Non so cosa, ma... qualcosa non va.»

Lui mi guardò, i suoi occhi scuri pieni di preoccupazione, ma non disse nulla. Solo mi abbracciò più forte, come se potesse proteggermi da ciò che stava per succedere. Sentivo il suo calore, il suo respiro contro il mio collo, ma dentro di me cresceva una paura che non riuscivo a scacciare. La mia mente correva, cercando di trovare una ragione, una spiegazione, ma nulla sembrava avere senso.

«Andrà tutto bene, Fanny,» mi disse, con la voce che cercava di essere rassicurante, ma che non riusciva a nascondere il leggero tremore. «Ti prometto che andrà tutto bene.»

Ma dentro di me, sentivo che qualcosa stava cambiando, qualcosa che non riuscivo a fermare. Ogni istante sembrava farsi più pesante, come se il futuro ci stesse sfuggendo dalle mani, e io non potevo fare nulla per fermarlo.

Mi strinsi a lui ancora di più, cercando conforto nel suo abbraccio. «Ti prego, non voglio che succeda nulla a nostro figlio.»

Richard non rispose subito, ma il suo abbraccio si fece più forte, come se anche lui stesse cercando di tenere a bada la paura.

Mi sentii girare la testa all'improvviso, una vertigine improvvisa che mi fece vacillare. Mi aggrappai istintivamente al braccio di Richard, le dita tremanti che cercavano di trovare un appiglio nella sua forza. La mia pancia pulsava di un dolore sordo, crescente, come se il bambino dentro di me stesse spingendo con una forza inaudita. Un brivido di paura mi attraversò la schiena, e per un momento tutto sembrò fermarsi attorno a me.

Richard mi guardò con occhi spalancati, il panico nascosto dietro un velo di apparente calma. «Fanny, cosa c’è?» sussurrò, la sua voce appena un soffio nel silenzio pesante della stanza.

Mi portai una mano sulla pancia, accarezzandola con delicatezza, cercando di calmare quel dolore che sembrava sempre più intenso. «Non lo so,» sussurrai, la voce tremante. «Sento... sento come se il bambino stesse spingendo troppo forte. È come... come se volesse uscire...»

Richard impallidì e mi afferrò il viso con entrambe le mani, il suo respiro accelerato. «Dobbiamo chiamare un medico, subito.»

Annuii, ma un’altra fitta mi fece gemere. Mi piegai leggermente in avanti, stringendo i denti. Il battito del mio cuore martellava nelle orecchie, e il mondo intorno a me sembrava sfocarsi. La paura cresceva dentro di me.

Richard mi prese tra le braccia senza aspettare oltre, sollevandomi come se fossi di vetro. Sentivo il calore del suo corpo contro il mio, il suo cuore che batteva forte quasi quanto il mio. Mentre mi portava fuori dalla stanza, tutto sembrava un sogno confuso, fatto di suoni lontani e sussurri.

«Resisti, amore,» mi disse, con una dolcezza disperata nella voce.

Mi appoggiai a lui, cercando di trovare conforto, ma il dolore continuava a crescere, come un'onda che minacciava di travolgermi. Speravo solo che non fosse troppo tardi.

Il dolore era insopportabile, come se il mio corpo stesse per spezzarsi in due. Mi aggrappai alle lenzuola con le mani sudate, il respiro affannoso e irregolare. Richard mi guardava con occhi pieni di preoccupazione, ma cercava di rimanere calmo per me. Mi accarezzò il viso, cercando di trasmettermi sicurezza, ma io vedevo il panico nascosto dietro i suoi gesti controllati.

«Devo farlo nascere qui, Fanny,» disse con voce decisa, mentre sistemava il cuscino sotto la mia testa. «Andrà tutto bene, amore.»

Scossi la testa con le lacrime agli occhi, il terrore che mi attanagliava il petto. «E se qualcosa va storto? Richard, io non ce la faccio...»

Lui mi baciò sulla fronte, le sue labbra calde contro la mia pelle fredda e madida di sudore. «Tu sei forte, amore mio. Ce la faremo insieme.»

Un'altra contrazione mi fece urlare, e sentii il corpo tendersi in uno spasmo incontrollabile. Lacrime di dolore mi rigarono il viso mentre stringevo la mano di Richard con tutta la forza che avevo. Lui sussurrava parole rassicuranti, ma tutto ciò che riuscivo a sentire era il battito accelerato del mio cuore e il dolore che cresceva dentro di me, impetuoso e feroce.

«Respira, amore, respira con me,» mi guidò, stringendo forte la mia mano. «Ci siamo quasi, devi spingere.»

Le sue parole erano lontane, ovattate. Ogni fibra del mio essere urlava di paura, ma non potevo arrendermi. Dovevo farlo per il nostro bambino.

Con un grido strozzato, spinsi con tutta la forza che avevo, sentendo il corpo lacerarsi sotto la pressione. Richard era lì, i suoi occhi incatenati ai miei, il suo respiro sincronizzato con il mio. Un ultimo sforzo, un ultimo grido e poi...

Il suono di un vagito riempì la stanza. Un pianto forte, disperato, il suono più bello che avessi mai sentito.

Mi lasciai cadere esausta sul cuscino, il petto che si sollevava e abbassava in respiri affannosi. Richard prese il nostro bambino tra le mani tremanti, e le lacrime gli rigavano il viso mentre me lo posava delicatamente sul petto.

«È perfetto, Fanny,» sussurrò, la voce rotta dall’emozione.

Guardai il nostro piccolo, il suo corpicino caldo contro di me, il cuoricino che batteva forte. E in quel momento, tutto il dolore, tutta la paura svanirono. C’era solo amore.

Sentivo il calore del piccolo corpicino di Daniel contro il mio petto, ma il freddo dentro di me si faceva sempre più intenso. Il sangue scorreva inarrestabile tra le mie gambe, tingendo di rosso il pavimento, le lenzuola, le mani di Richard. Mi sentivo svuotata, il respiro sempre più corto, il battito del cuore rallentato, come se il tempo stesso stesse per spegnersi insieme a me.

«Richard...» sussurrai con voce debole, le palpebre pesanti come piombo.

Lui mi guardava con il terrore negli occhi, le lacrime che rigavano il suo volto mentre stringeva il nostro bambino, avvolgendolo nella sua camicia sporca di sangue. «Amore, tieni duro, per favore, non lasciarmi,» disse, la voce spezzata, rotta dalla disperazione. «Guarda Daniel, amore, è perfetto... è il bambino più bello del mondo.»

Cercai di sorridere, ma le forze mi abbandonavano. Sentivo il mio corpo diventare leggero, come se l’anima stesse già scivolando via. Richard si inginocchiò accanto a me, mi prese il viso tra le mani tremanti, baciandomi la fronte, cercando di fermare il sangue con pezzi di stoffa strappati da ciò che indossava.

«Richard... io...» la mia voce si spezzò, mentre le ombre intorno a me si facevano più fitte.

Lui scosse la testa, i suoi occhi scuri pieni di dolore. «No, non dirlo, non puoi lasciarmi. Non ora.»

Ma il buio mi stava già avvolgendo, le voci si facevano lontane, ovattate, come se stessi affondando in un mare senza fondo.

Daniel piangeva ancora, il suo pianto acuto e disperato rimbombava nella stanza, ma per me era solo un suono lontano, come se appartenesse a un altro mondo. Vidi Richard stringerlo al petto, il viso segnato da un dolore che non avrei mai voluto vedere in lui.

Le sue labbra sfiorarono le mie un’ultima volta prima che tutto diventasse nero.

L’ultima cosa che sentii fu la sua voce spezzata, sussurrante tra le lacrime. «Ti prego, resta con me, amore mio...»

Poi... il nulla.

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