16. Vodka e sangue
"Il primo bicchiere è per la sete;
il secondo, per la gioia,
il terzo, per il piacere;
il quarto, per la follia."
Apuleio
Aria di festa e di gioia.
La musica è a un volume troppo alto, tanto che se non abitassero giusto un centinaio di persone in paese, e se non fossero tutte abbastanza distanziate fra di loro, di certo ci sarebbe già la polizia di fronte casa a intimare ai giovani di abbassare la radio; il sabato alcuni vanno a lavoro e devono svegliarsi presto.
Il compleanno di Tiana è arrivato veloce, più di quanto Deya pensasse. Si è ritrovata a invitare gli amici dell'altra e a pregarli di non dirle niente poiché si tratta di una festa a sorpresa, e ha funzionato tutto: il posto è brulicante di persone, la maggior parte estranee, o comunque le ha viste giusto qualche volta e ci ha scambiato solo due chiacchiere per dei convenevoli.
Dovrebbe arrivare anche Lazar, ma è un po' in ritardo. Gli aveva chiesto di venire per le nove, ma ormai i festeggiamenti sono cominciati da un'ora e di lui non c'è neanche l'ombra. Così, stanca di aspettare, si avvia in terrazza per mandargli un messaggio, con una sigaretta fra le labbra accesa per calmare i nervi a fior di pelle. Se ora lui decidesse di darle buca, il suo piano di riscattarsi dalle prese in giro di Iuri fallirebbe.
E se ci prova, può scordarsi la storia del finto fidanzamento. Non è giusto che sia utile soltanto a lui, se poi quando le serve un finto fidanzato non è lì a tenerle la mano e rubarle un bacio che sa di menzogne e saliva. "Ti aspetto da un'ora. Si può sapere che fine hai fatto?", digita, nervosa, cercando di non fare errori di battitura anche se le dita tremano per il freddo.
Lazar non tarda a risponderle. "Cazzo, l'avevo dimenticato... Dammi un quarto d'ora e sono là."
Si porta una mano sulla fronte, esasperata. È davvero un idiota.
Però almeno sta arrivando, e quindi stira le labbra in un sorriso ora più tranquillo, e torna dentro.
Tiana è già ubriaca, ed è felice. Ha un ghigno vispo sul volto euforico, i tratti alleggeriti dall'alcool che scorre nelle vene. Anche Iuri sembra contento, con il suo bicchiere di vino pieno fino all'orlo e una canna così grande penzolante da un lato della bocca che potrebbero scambiarla per un sigaro, viste le dimensioni e il colore lionato della cartina non sbiancata.
«Ma il tuo ragazzo? Non dicevi che sarebbe venuto anche lui?», le domanda allegro, per punzecchiarla, convinto che quella sia soltanto una menzogna e che non abbia davvero qualcuno pronto a sopportarla.
Stizzita, non può proprio evitare di replicare a quell'accusa. «Sei uno stronzo. Invece sta arrivando, è solo in ritardo.»
«Oh, certo, certo», Iuri non sembra crederci, ma non le importa granché.
Si allontana da loro e dal caos, e decide di riempirsi un bicchiere di vodka alla fragola, visto che il tavolo al centro della cucina è pieno di bottiglie colorate. Ci saranno più o meno una ventina di individui, la mettono a disagio, e continuano ad andare ovunque – in camera sua no, l'ha chiusa a chiave apposta e la chiave l'ha conservata nella tasca dei suoi pantaloni, non lascerà entrare nessuno. Non vuole ritrovarsi il cuscino sporco di vomito o un preservativo usato dentro l'armadio.
Quando il bicchiere è alla fine, Lazar suona alla porta. E siccome non aspettano altri ospiti, Deya ci si fionda subito ed è così felice di vederlo lì che finisce per abbracciarlo, in uno slancio di sicurezza dovuto all'alcool che ha appena ingurgitato come se fosse acqua, senza curarsi di niente. Tanto è al sicuro, non succederà nulla di male.
Lui rimane immobile e un po' rigido, non se l'aspettava, e attende che quel momento finisca.
Gli sorride e lo lascia entrare.
«Lo so, ascoltano musica orribile, non prendertela con me», ci tiene a sottolineare, dissociandosi dall'orrore che continua a risuonare elettronico fra le pareti. «Volevo presentarti i miei amici, vieni con me», aggiunge poi, prendendolo per mano nell'ennesimo slancio di leggerezza e spensieratezza generato dagli alcolici.
Lazar è teso e si guarda intorno come se fosse circondato da mostri, non da esseri umani; si nota che non gli piace interagire con le persone, e sono davvero troppe quelle che li circondano, tanto da rendere l'aria claustrofobica. Si sente a suo agio solo ai funerali, a quanto pare.
Cercano Tiana e Iuri per un po', ma non riescono a trovarli da nessuna parte. Non riesce proprio a capire dove siano finiti, fino a poco tempo fa erano in soggiorno e ora non ne vede neanche l'ombra, e ha controllato perfino in corridoio, al piano di sopra.
Nulla.
«Pazienza, prima o poi li troveremo», sospira dopo un po', stanca e ubriaca. «Andiamo in camera mia, si sta più tranquilli», lo vuole tirare fuori da quella situazione di evidente disagio, e così lo conduce fino alla porta di legno che apre con un giro di chiave, e poi richiude alle loro spalle.
Lazar si guarda intorno curioso. È la prima volta che vede il posto in cui dorme. Le pareti sono dipinte di rosa e il letto è sormontato da pupazzi di forme, colori e sembianze diverse. Dai leoni ai coniglietti, perché tutto in Deya è instabile e dicotomico, irrazionale e paradossale.
Si siede sul materasso, fin troppo morbido per i suoi gusti, quasi lo lascia sprofondare. Una macchia nera in un universo color pastello, candido come zucchero filato.
«Ho tenuto d'occhio i tuoi spostamenti con l'applicazione che ho scaricato, non mi pare di aver notato niente di strano negli ultimi tempi. Hai avuto vuoti di memoria?», decide di rompere il ghiaccio portandola in una realtà che vorrebbero evitare entrambi, ma è difficile da cancellare quando la paranoia preme costante sulla pelle.
«No, sono stata bene negli ultimi giorni, e sono felice che tu sia venuto», non ne vuole proprio sapere di tornare sobria o di contenersi almeno un po'. Con un sorriso a trentadue denti e il bicchiere di nuovo pieno, prende posto al suo fianco e per poco, nella foga, non versa il liquido scarlatto sul piumone candido. Allora, per evitare di fare danni, lo appoggia sul comodino e si toglie le scarpe per incrociare le gambe e stare più comoda. «Non capisco dove sono finiti Iuri e Tiana, volevo mostrargli il mio ragazzo bellissimo, mi avrebbero invidiata parecchio.»
Il fatto che continui a parlare in quel modo è indice del tasso alcolico che le scorre nelle vene. In fondo, la vodka fa parecchi danni, e soprattutto la rende profumata di fragola e zucchero, cosa che gli fa perdere a tratti la ragione e gli ipnotizza lo sguardo, ora fisso sulle sue labbra ancora umide, luccicanti di quel liquido cremisi contaminato da una marea di glucosio.
«Non preoccuparti, hai tutta la sera per presentarmeli», tenta di tranquillizzarla, e soprattutto di tornare con la mente su qualcosa di razionale, perché sentirsi in balia di quel volto troppo dolce non va bene, non va affatto bene.
Averla sempre così a portata di mano, ammaliante e peccaminosa, dannata e contaminata di lussuria, è bello e doloroso tanto da ridurlo in poltiglia. È una tortura tenere le mani al loro posto, imporsi di non guardarla negli occhi per un periodo prolungato di tempo; non riuscirebbe a evitare di cedere alle sue labbra invitanti, alla pelle bianca e morbida. Il bisogno umano e radicato di un contatto fisico mancato, assente da troppo tempo, temuto come si ha paura delle ustioni di una fiamma crudele.
Alla fine, però, è Deya che vi cede, che si lancia nel burrone senza averne neanche paura, senza domandarsi neppure per un istante se sia giusto o sbagliato. Lo bacia con la bocca che sa di zucchero e alcool, con le dita che si smarriscono nei capelli neri e disordinati, ricercando un contatto sempre più stretto, più vicino, caldo tanto da ustionare la pelle. Un amorfo desiderio senza vergogna alcuna, un gesto così umano eppure lontano, smarrito fra i meandri di un mondo senza sentimenti.
L'insania li divora entrambi e ha la forma di un bacio.
Poi, un fastidioso bussare li riporta alla realtà. Sussultano, come risvegliati da un sogno, dividendosi con la difficoltà dei poli opposti di due calamite che vorrebbero solo attrarsi a vicenda, e invece vengono staccate. La vita vera è uno schiaffo in pieno volto, un brivido freddo e cupo. La sensazione di ogni arto al suo posto, della pelle sopra i muscoli, delle vene che pompano un sangue che rimbomba sordo oltre i timpani.
Deya raggiunge la porta e gira la chiave fra i polpastrelli, con uno schiocco metallico la apre lasciandola cigolare lugubre. «Ah, Iuri, sei tu! Cercavo proprio te prima, e non ti trovavo. Lui è Lazar, il mio ragazzo», sembra davvero euforica quando se lo trova di fronte. Il momento che tanto aspettava è arrivato, e può riscattarsi.
Lazar fa un cenno di saluto con la mano, seduto sul letto, con i capelli scompigliati e un'espressione colpevole. In fondo, il fatto che li abbia beccati proprio in quel momento non può essere che un bene, conferma ciò che stanno tentando di nascondere e mascherare con montagne di bugie. Le labbra arrossate dai baci e gonfie di morsi, l'aria trasandata e sconvolta di quando ti interrompono a un passo dallo sfiorare il cielo.
«Hai visto Tiana, per caso? Volevo presentarle soprattutto lei», aggiunge poi, visto che l'altro squadra alle sue spalle ma non proferisce parola, forse spiazzato da quella bellezza crudele. Magari era convinto che non esistesse, o che avesse qualche strano problema fisico, e ora invece si accorge di quanto sia reale quella faccenda.
«Era parecchio ubriaca, è uscita a fare due passi con una sua amica», dice Iuri, «comunque, piacere!», conclude, e poi si dilegua, senza spiegarle perché ha bussato alla sua porta.
La lascia con il dubbio, e odia arrovellarsi per capire certe cose che andrebbero dette e basta. «Vado a prendere da bere e torno, aspettami qua, fai la guardia alla camera, che se ci entra una coppia di ubriachi vomitano qui e mi tocca ucciderli», il finale le viene spontaneo, una battuta macabra, ma vista la situazione che stanno vivendo non fa ridere nessuno dei due.
Torna in camera con un bicchiere vuoto e una bottiglia mezza piena. Ne versa un po' a entrambi, e si siede di nuovo. «Andare di là è stato un casino, stanno tutti ballando e hanno cominciato a lanciare vestiti in giro... non uscirò da qui fino alla fine della festa», ha preso una decisione ed è comprensibile.
In fondo, a nessuno dei due piace troppo la socialità, e c'è davvero troppa gente rinchiusa in una casa piccola per contenere così tanti ospiti, tanto che di là si soffoca, e la musica è così alta da sovrastare le voci e perfino i pensieri.
«Nessun problema, non mi piaceva granché l'idea di tornare in quel delirio di esseri umani», Lazar la pensa allo stesso modo, anche se stare da solo con lei e su un letto – che si usa o per dormire o fare sesso, in genere – non è semplice, e nemmeno la vodka basta a fargli passare la sete che lo costringe a leccarsi in continuazione le labbra prosciugate.
La tensione è palpabile, il ricordo di quel bacio aleggia ancora fra le pareti, rimbomba tellurico fra le ossa della gabbia toracica, accarezzando il cuore con dolorosa dolcezza. E la notte si fa sempre più nera.
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