XI

Arturo sobbalzò, colto di sorpresa.

«Ma ti pare il caso di arrivarmi alle spalle zitto zitto come un serial killer?» si lamentò con voce stridula, osservando il divertimento prendere possesso del volto di suo fratello.

«Stai occupando il bagno da più tempo di una donna media, te ne rendi conto?» gli segnalò. «Sei vestito, sei lavato, sei pettinato, cosa dovrai mai fare?»

«Sto pensando se darmi il mascara» ammise Arturo, avvicinandosi allo specchio per controllare la leggera sfumatura di matita nera nella rima interna degli occhi. Romeo rise.

«Non rischi di esagerare?»

Arturo scrollò le spalle: «No. Anche perché, se mi permetti di essere sincero, non esco di sera da molto, molto tempo. A metà settimana, poi, uscivo solo per lavoro» concluse, decidendosi a passare una leggera mano di mascara trasparente sulle ciglia superiori, concentrato.

«Semola, andiamo in un pub a bere una cosa io e te, non esci con Isabella.»

«Non ho una cotta per Isabella» lo interruppe, sereno. Gli risultava simpatica, era fuori di dubbio, ma oltre a ciò non c'era alcun tipo di attrazione, fosse essa sentimentale o sessuale. «A proposito, venerdì scorso la sua amica con i capelli neri non ti ha tolto gli occhi di dosso per tutta la sera. È molto graziosa, fossi in te farei un tentativo.»

Romeo alzò le mani in segno di resa: «Le amiche di Isa sono off limits. Non ho voglia di fidanzamenti e menate, se le faccio star male poi ne va del mio lavoro, mi manca solo quello. Se ti piace, provaci tu, scusa.»

«Non prendo gli scarti altrui, mi spiace» gli ricordò Arturo, dandogli una spallata uscendo dal bagno, più per il gusto della provocazione fine a se stessa che per onestà intellettuale. Romeo gli rispose con un verso seccato, alzando gli occhi al cielo.

«Quanto sei pesante, mamma mia!»

«Il passato dice il contrario» rispose divertito, prima di realizzare quanto una battuta simile fosse maligna: tornò indietro a testa bassa, stringendo le braccia al petto.

«Scusa, ho parlato senza riflettere.»

Romeo si concentrò sullo specchio, evitando il riflesso di Arturo: «Tranquillo, succede.»

La voce gli scivolò fuori fredda, amara, per quanto avesse tentato di mitigare il nervoso.

«Non deve succedere, Romeo. A parti inverse mi sarei incazzato a morte.»

Romeo voltò la testa con lentezza esasperata, calcando un'espressione stupita: «Hai detto una parolaccia? E hai ammesso di essere suscettibile? Chi sei tu, scusa?»

«Uno che ti aspetta sul divano, senza fretta» tentò di provocarlo ancora Arturo, senza convinzione e con l'ombra di un sorriso falso sul volto. Romeo spense la luce sopra lo specchio.

«Dai, stai tranquillo. Stasera pensiamo solo a divertirci.»

«Non oso immaginare la vita notturna frenetica del martedì sera» commentò Arturo con sarcasmo. «Come minimo sembrerà una notte di pandemia.»

«Se ti conosco ancora, avrai amato quelle nottate.»

«Touché

Romeo rise: «Tu quel corso di francese in terza liceo non dovevi farlo, si vedono ancora adesso i terribili effetti collaterali.»

«Il francese è seducente.»

«La prossima volta che ci proverò con qualcuna proverò a dirle "Madame, j'ai une Tour Eiffel dans les pantalons", vediamo se non mi manda a fanculo» concluse con un sorriso sarcastico, infilando la chiave nella toppa. Arturo scrollò la testa, divertito.

«Sei becero, non mi stancherò mai di ripetertelo.»

«E io non mi stancherò mai di essere becero» rispose con prontezza Romeo, iniziando a giochicchiare con la tessera dell'auto con la mano destra, facendola roteare tra pollice e medio.

«Se vuoi prendiamo il motorino» azzardò Arturo con scarsa convinzione, ancora inibito dalla grandezza dell'auto di Romeo che, in risposta, rise.

«Ma dai, figurati, viaggiamo comodi, guido io, mettiamo un po' di musica, dai.»

«Non andremo in qualche posto troppo chic, vero?»

Romeo lo squadrò dal basso in alto, calmo: «Arturo, io sono in jeans e maglietta mentre tu indossi gilet, camicia e ti sei truccato. Non credo sfigureresti tanto in un locale chic.»

«Mi sarei messo volentieri anche una bombetta, ma ho temuto di eccedere.»

«Perché non un monocolo?» continuò a imbeccarlo Romeo mentre faceva scattare la serratura dell'auto. «Un cilindro? Un orologio da taschino?»

«Non darmi idee che non puoi gestire, Alfa» tranciò il discorso Arturo, salendo in auto. Osservò gli interni con attenzione per la prima volta, gli inserti in pelle nera sui sedili e il grosso schermo che spuntava all'accensione dal cruscotto, addirittura l'odore di auto nuova che, per quanto non forte, persisteva ostinato.

«Preferenze sulla stazione radio?»

«Se devi chiederla con i comandi vocali, va bene qualsiasi sia già sintonizzata, pure Radio Maria» commentò Arturo, tentando di mascherare la stizza con l'ironia. Quella recente ossessione per la domotica e l'eccessiva tecnologia futuristica, fatta di un'eterna conversazione con l'assistente vocale di casa, stava iniziando a portarlo all'esasperazione.

Romeo si morse la lingua e chiuse gli occhi, irritato: "Cazzo, sei sparito per tre anni e mezzo, vivo solo, ogni tanto vorrei fare un minimo di conversazione con qualcuno."

«Occhio, allora, potrebbe essere una roulette russa» si limitò a dirgli con un sorriso, premendo un tasto sul volante: la voce acuta e allegra di una speaker irruppe nell'impianto dell'auto con chiarezza e a volume eccessivo, mentre ricordava i contatti telefonici e social della radio.

«Oh, questa mi piace un sacco!» commentò Romeo allegro, alzando il volume di un brano pop di qualche anno prima, ritmato e dai bassi insistenti, in contrasto con il tono nostalgico e la voce acuta della voce principale. Arturo, per contro, si incupì.

«Hai mai ascoltato il testo?»

Romeo agitò la mano con un gesto secco: «Io la musica la ascolto per lasciare da parte i problemi, far casino, non li considero mai i testi, lo sai.»

«Credevo fossi cresciuto un po'.»

«Dai che arriva il ritornello» lo zittì, alzando ulteriormente il volume e approfittando di un semaforo rosso per dimenarsi sul sedile.

Arturo non riuscì a fare a meno di distogliere lo sguardo e osservare il finestrino, accanto al quale un rider a cavallo di una bicicletta e uno zaino termico più grande delle sue spalle aspettava lo scatto del verde con evidente agitazione. Si rivide per un momento al posto suo, nelle nottate di lockdown lungo le strade deserte, immerso nella calma irreale e inquieta della città a strappare ogni tanto qualche chiacchiera con gli agenti di turno per sopperire al silenzio, volti che non aveva mai visto se non attraverso l'impersonalità delle mascherine.

«Dai, cos'è 'sto muso, Semola?» lo stuzzicò Romeo, senza riuscire a celare la preoccupazione sotto il sorriso e il tono giocoso. Arturo gli sorrise, amaro.

«Io sono più concentrato sulla voce, tutto qui. Sto bene.»

«Siamo quasi arrivati, comunque» lo rassicurò, serio.

«Non ti preoccupare» ribadì Arturo con serenità, tornando a guardare il finestrino mentre il brano si esauriva.

Si ritrovò a cantare a mezza voce l'ultimo ritornello, quasi controvoglia.

«Whoa, mama, wish I knew then what I know now, know now.»

***

Romeo non smetteva di sorridere da almeno cinque minuti. Lo osservava divertito, con un lampo di malizia a illuminargli gli occhi blu sotto le luci al neon del locale e un sorriso, celato dal bicchiere di gin tonic, animato da un che di infantile, come se custodisse il germoglio di un'idea allettante e proibita. Arturo chiuse gli occhi e inspirò a fondo, come se volesse assorbire quel divertimento con ogni senso che gli fosse possibile.

«Che ridi?»

Il sorriso di Romeo si ampliò.

«Dietro di te, sulla sinistra» esordì, «hai visto che c'è un tavolo con due ragazze, quando siamo entrati?»

Arturo rifletté un istante: «Quindi?»

«C'è una che non ti ha tolto gli occhi di dosso per tutto il tempo. La sua amica prova a parlarle ma non se la fila proprio, è tutta presa a guardarti la schiena e quel minimo di profilo che si vede, ti sta proprio radiografando.»

Arturo ridacchiò in mezzo ai denti: «E con ciò? Sei geloso?»

«Ma che geloso, dai, non dire cazzate. No, stavo pensando se invitarle a sedersi qui, ti va?»

Arturo ridacchiò in leggero imbarazzo, scrollando la testa: «Chi era la profumiera dei due, scusa?» lo stuzzicò, divertito, ricevendo un'alzata di spalle in risposta.

«E poi cosa dici per invitarle?»

«Tu cosa diresti, mia cara profumiera?» lo provocò Romeo, assottigliando un poco gli occhi.

«Starei zitto ed eviterei di importunare due sconosciute.»

Romeo gli puntò un dito contro: «Giusto.»

Sollevò lo sguardo, incrociandone uno dietro le spalle di Arturo e, con un sorriso e un cenno leggero del capo, le invitò a sistemarsi accanto a loro.

Entrambe dimostravano poco più di vent'anni ed erano graziose, di una bellezza indubbia ma anonima, la freschezza dell'età celata sotto uno spesso strato di trucco ben dipinto e che, come in una commedia infarcita di cliché, sembravano due perfetti opposti di una stessa medaglia: una sfoggiava un caschetto piegato al volere della piastra, un ciuffo tinto di viola e tacchi spessi ed esagerati con cui tentava di mascherare un'altezza ridotta, risultando per contro ancora più bassa; l'altra aveva incorniciato un piccolo viso dagli zigomi alti, occhi grandi e labbra scarlatte sotto una coda di cavallo che scivolava fino a lambirle quasi le fossette di Venere e quasi sovrastavano le spalle minute.

«Non diamo fastidio?» volle sincerarsi quest'ultima, con voce esitante e sottile, mentre l'altra si stava già accomodando. Arturo le sorrise, accogliente, facendola arrossire.

«Ci stavamo chiedendo lo stesso, a onor del vero.»

«Sapete com'è, di questi tempi non si può più fare niente che subito...» lasciò il discorso in sospeso Romeo, ricevendo un'occhiata feroce da Arturo.

«Va be', giro di presentazioni, almeno sappiamo con chi stiamo parlando?» azzardò subito, per non permettere al silenzio di imporsi e dar vita a situazioni di imbarazzo. La ragazza con il caschetto gli porse la mano (unghie lunghe, a stiletto, ricostruite a buon prezzo e con pressappochismo, una leggera ma evidente macchia tra indice e medio, coperta alla meglio con un anello di bigiotteria che stava già iniziando a scolorirsi) e gli sorrise con enfasi.

«Sono Maddalena» si presentò, accompagnando la stretta con un colpo secco del polso, come se stesse stringendo una frusta da domatore. Non diede neppure il tempo di rispondere ad Arturo, rivolgendo la sua attenzione a Romeo senza reale interesse, come se desiderasse disfarsi dei convenevoli in fretta.

L'altra si mosse con maggior cautela, avvicinando la mano quasi controvoglia, nascondendola in parte sotto la manica della felpa e fuggendo dallo sguardo diretto di Arturo, per quanto lui tentasse di risultarle amichevole e aperto: «Mi chiamo Giorgia.»

Lui sorrise, scatenando in lei un moto di stizza istintivo e malcelato: «Non mi cantare quella canzoncina odiosa!» lo pregò con voce stridula, strizzando gli occhi e le labbra come se fosse in attesa di uno scoppio o di un ceffone. Prima ancora che Arturo potesse stringerla, ritrasse la mano.

«Non so neppure di cosa tu stia parlando, tranquilla» la rassicurò, sforzandosi di concentrarsi sugli occhi che continuavano a scivolare, in palese imbarazzo. «E non mi permetterei mai di intonare canzoncine contro qualcuno, soprattutto se è appena conosciuto ed è una ragazza carina» proseguì, aumentando l'imbarazzo.

«Ma io ti ho già visto da qualche parte o sbaglio?» domandò Maddalena stringendo gli occhi in una smorfia di concentrazione, protendendo il corpo verso Romeo e lasciandosi precedere da un indice puntato: in risposta, lui ridacchiò, tentando di giocarsi la maschera della modestia.

«Può darsi, lavoro online.»

«Cosa sei, uno di quei coach che propongono bibitoni o cialde del caffè?»

Lui alzò le mani in segno di resa: «Per carità! No, lavoro con le piattaforme di streaming.»

Nonostante il suo lavoro gli desse soddisfazioni a tutto tondo, ogni volta che doveva presentarsi come uno youtuber si sentiva uno sciocco: a chi non ci era dentro risultava subito una burla, un vezzo adolescenziale per non confessare una frustrante vita lavorativa fatta di fotocopie e anilingus in attesa della grande occasione. Talvolta, aveva sostenuto addirittura di lavorare come commerciante in una piccola bottega dedicata agli accessori per auto pur di non confessare subito la verità.

«E tu?» si interessò Giorgia ad Arturo, mentre tentava di guardarlo in viso e fallendo in fretta, spostando l'attenzione sulle sue spalle. Lui sorrise.

«Sono un attore.»

«Avrei giurato un cantante, sai, con quest'aria un po' da Damiano dei Måneskin, la matita...»

«Tu fumi?» esplose ancora la voce di Maddalena, rivolta a Romeo.

«No, ma se ti va ti accompagno.»

Li lasciarono soli e zitti, l'una troppo intimidita e l'altro troppo annoiato ma che, stizzito dal mutismo, cedette: «E tu, invece, cosa fai nella vita?»

«Studio odontoiatria, sto al secondo anno.»

Una vibrazione distrasse Arturo, che controllò subito il cellulare: suo fratello gli aveva inviato la posizione di casa sua, assicurandogli che l'avrebbe lasciato da solo per un po'.


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