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Romeo iniziò a torcersi le mani, nervoso, continuando a far guizzare lo sguardo lungo la cucina addobbata a festa, come se temesse di aver sbagliato qualcosa. Arturo sospirò.
«Stai tranquillo, è bellissima.»
Avevano passato il pomeriggio a gonfiare palloncini spessi e dai colori solidi e vivaci, riempiendone alcuni con paillettes e polvere colorata per sistemarli su delle bacchette, in modo che spiccassero; due palloncini argentati che parevano fatti di carta d'alluminio formavano un trenta, entrambe le cifre recavano una coroncina sopra ed erano ancorati con una dose eccessiva di nastro adesivo in cima allo schienale della sedia a capotavola; nel frigorifero erano nascoste due confezioni di pasticceria con una torta sacher e un cabaret di pasticcini sufficiente a sfamare una famiglia a Natale vicino a una bottiglia di Franciacorta, mentre Arturo custodiva in tasca le tre candele pirotecniche e un accendino di riserva, nell'eventualità in cui quello di Romeo desse problemi.
«Romeo, stai iperventilando, stai calmo» lo invitò ancora, allentando un poco il farfallino coperto di paillettes, notando il nervosismo crescente del fratello. «È così perfezionista Isabella? Mi sembrava una ragazza tranquilla, l'altro giorno.»
«No, no, solo che ci tengo che sia fatto tutto bene, ecco» tagliò corto Romeo, nervoso.
In realtà, fino a dieci giorni prima Isabella era stata il centro del suo mondo: a prescindere dal rapporto lavorativo che li legava, si era cementata un'amicizia solida e intima che Romeo non aveva sperimentato fino ad allora, e che era rimasta il suo solo punto fermo durante l'ascesa mediatica; Isabella l'aveva accompagnato a firmare il rogito, supportato durante la fine della sua relazione più importante, condiviso, se non addirittura dato vita, alle sue gioie più recenti. Per quanto fossero entrambi laconici quando parlavano del passato, le si leggeva negli occhi una vecchia sofferenza legata ai compleanni, e lui si era ostinato a cancellarla o, perlomeno, a scolorirla il più possibile.
«I cannoni di coriandoli sono di là?»
«Cazzo, ecco cosa non mi tornava! Grazie, già che ci sono prendo anche il regalo.»
Gli lanciò un cannone spara coriandoli di corsa, invitandolo a sistemarsi dietro l'uscio, pochi secondi prima che il citofono suonasse.
Arturo lo osservò: sorridente ed elettrizzato, nonostante i suoi trentun anni sembrava un eterno bambino in un parco divertimenti. Si domandò da dove potesse venire tanta ingenua felicità con un moto di invidia, ripensando alla cappa di pesantezza che gravava addosso alla sua anima da, ne era certo, almeno vent'anni.
«Computer, spegni le luci in sala!» ordinò Romeo imperioso, aprendo la porta di casa e osservando Arturo con aria complice, le orecchie ben attente a captare la voce di Isabella che, in quel momento, stava ridendo lungo le scale. «Tre, due, uno...»
Un turbine di coriandoli metallizzati esplose nel breve corridoio d'ingresso, impigliandosi nei capelli e sulle spalle del cappotto di Isabella che, d'istinto, si portò le mani al viso: la seguirono tre ragazze che presero ad applaudire e a urlare festose, mentre da dietro le mani, Arturo notò gli occhi scuri di Isabella riempirsi di commozione.
«Computer, accendi le luci!» azzardò una delle ospiti, fasciata in un elegante abito color ciclamino, con il décolleté impreziosito da lustrini dello stesso colore che ne esaltava il fisico tonico, la carnagione candida, i ricci biondi e gli occhi blu nascosti da occhiali da vista con una spessa montatura quadrata in plastica trasparente. Romeo rise.
«Devi dire anche la stanza, è smart fino a un certo punto. Comunque ciao, eh!» concluse, avvicinandosi per abbracciarla.
Una ragazza dalle forme burrose e sode e il viso pieno di efelidi porse una mano ad Arturo, sorridendo con leggero imbarazzo: «Io sono Agata.»
La strinse, mentre la terza amica si guardava intorno con aria disorientata: la aiutò a sfilarsi la giacca, si presentò, sforzandosi di memorizzare che lei si chiamava Elena e gettò un'occhiata veloce a Isabella che, approfittando del fracasso, si stava asciugando un occhio di sfuggita.
«Ciao, tanti auguri» le disse piano, senza rinunciare al vezzo del baciamano e dovendo trattenere una risata riconoscendo le note floreali de "L'Air Du Temps" sul polso, che rimandarono alla sua memoria il celebre primo incontro tra Hannibal Lecter e Clarice Starling. Lei, ostinata, arrossì.
«Lo farai ogni volta?»
«Fino a quando non smetterò di metterti in imbarazzo» confessò, sornione: vedeva in lei una potenza inespressa, nonostante il successo al lavoro, e l'idea di tediarla al punto da farla esplodere lo stuzzicava più di quanto volesse ammettere a se stesso.
«Allora ogni volta, mi rassegno.»
Alzò gli occhi, notando l'amica bionda osservarli con palese divertimento mentre si avvicinava: «Eccallà, lo sapevo che avrebbe iniziato a fare le facce. Ti prego, ignorala, è un po' matta ma le voglio bene così» azzardò con tono timoroso. Stare al centro dell'attenzione la faceva sentire vulnerabile, ed essere circondata da gente che, per quanto con ironia complice, tentava di metterla in imbarazzo, non faceva che peggiorare la situazione. Si sentì invasa da un improvviso disprezzo per Romeo, pentendosi di aver accettato e di non essere a casa in pigiama, con un mollettone in testa, una maschera sul viso e una puntata di "Parks And Recreation" da rivedere per l'ennesima volta.
Arturo percepì subito quel picco di tensione: si avvicinò all'amica con un sorriso sardonico e, prima che potesse parlargli, si inginocchiò con un gesto teatrale e le prese la mano destra (unghie a mandorla, lunghe e piene di decori dai colori pastello, un sottile anello di bigiotteria color bronzo al medio raffigurante un nodo piano). Scaldò la voce, pregustando il momento.
«Buonasera, signorina» si limitò a dire, osservando il viso della ragazza dal basso: lei assunse lo stesso colore dell'abito, lusingata.
«Io sono Michelle» si presentò, la voce acuta per l'imbarazzo.
«Michelle, ma belle, sont les mots qui vont très bien ensemble*» citò Arturo. Con la coda dell'occhio notò Romeo salmodiargli qualcosa che non comprese, mentre il viso di Michelle attraversava ogni gamma del rosso.
«Tu, piuttosto?» tentò di deviare. Arturo prese il cappello di lustrini argentati, mantenendo la gestualità sovraccarica.
«Arturo, per servirla, Michelle» pronunciò quel nome con eccessiva lentezza, come se volesse gustarlo sulle labbra. Lei distolse lo sguardo, voltando la testa e mulinando i capelli per coprire il volto.
«Isa, puoi venire? Così prendiamo la torta.»
Arturo gettò un'occhiata a Isabella, che appariva più rilassata e a suo agio: le rivolse un occhiolino complice, mentre Romeo gli arrivava alle spalle, cingendogliele con un braccio.
«Sei una profumiera, Arturo.»
«Ho solo salvato una donzella in difficoltà.»
«Una profumiera che casca sempre male, Michelle si sposerà l'anno prossimo» aggiunse, ignorando la giustificazione. Arturo rise.
«Così la sfida si fa più interessante.»
Nel mentre, Isabella strillò: Agata le aveva sistemato una spessa sciarpa leopardata rossa sugli occhi con rapidità, e la stava guidando verso la sedia a capotavola a passi incerti, più di quelli di Isabella stessa che, ormai, conosceva la casa quanto la sua. Romeo ordinò a gesti la disposizione al tavolo, estraendo il cabaret di paste con mani malferme dal frigo.
«Calmo» lo invitò Arturo, sorridendo e occupandosi della torta. «Sta andando tutto bene.»
Attraverso il cellulare Romeo ordinò all'impianto di casa di suonare un brano che Arturo non conosceva, ritmato e caotico, in sostituzione all'abusata "Tanti auguri a te"; Elena sciolse il nodo dietro la sciarpa appena accesero l'ultima candelina pirotecnica, mentre uno scroscio di applausi e urla copriva la musica, al punto che Romeo decise di interromperla.
«L'hai visto il nostro regalo?» Domandò Elena a Romeo, sbattendo le lunghe ciglia scure, prima di addentare uno chantilly. Isabella alzò il braccio sinistro, facendo tintinnare tre braccialetti in metallo rigido, ognuno con un piccolo rotondo ciondolo appeso.
«Questo» esordì con la bocca ancora piena, mostrando il primo, color argento «me l'ha regalato Agata, e c'è scritto "Let your dreams set sail", questo» color oro, «è da parte di Michelle e dice "Follow the sun" e questo qui» oro rosa, «è da Elena e dice "Love yourself first"» concluse, osservando le amiche con un sorriso grato e gentile.
Arturo si concentrò sulla scelta dei pasticcini per non scoppiare a ridere: per quanto la felicità di Isabella gli apparisse genuina e sincera, gli sembrarono regali adatti a una ragazzina appena maggiorenne appassionata di aforismi.
«Però scusa» azzardò Romeo, appena finì di servire le fette di torta. «Come mai hai chiesto a tutti di mettere qualcosa di glitterato e tu non hai niente di scintilloso addosso?»
«Perché io brillo già di mio» si giustificò lei con un sorriso.
«Non si è manco fatta mettere un ombretto un po' sfizioso, avevo dei pigmenti da paura ma niente da fare» spiegò Michelle, dandole un buffetto amichevole. «Ah, ma tanto tempo un anno e la paghi, oh se la paghi...»
«A proposito, come procedono i preparativi dello sposalizio?» Deviò il discorso Romeo, avvicinandosi con aria distratta a uno dei palloncini riempiti di paillettes.
«Stiamo valutando i fotografi. C'è una ragazza pazzesca che mi piace moltissimo, però volevamo anche qualcuno che sapesse maneggiare i droni, per fare le cose in grande.»
«Sei una tamarra, sai?» la stuzzicò Agata, divertita. Michelle rispose con un occhiolino.
«Sai cosa sarebbe pazzesco?» si intromise ancora Romeo, prendendo uno dei palloncini e una spilla da balia: guardò Arturo per un momento e, con un cenno appena percettibile, gli indicò il cellulare. «Sarebbe davvero pazzesco...» Arturo rispose con un cenno di assenso, avviando la fotocamera, «immortalare questo!»
Si era procurato uno dei palloncini più gonfi, che esplose subito facendo sobbalzare Elena sulla sedia; attraverso l'occhio della fotocamera, Arturo osservò Isabella coprirsi di lustrini rossi con una smorfia di fastidio e divertimento, ad occhi serrati e labbra aperte in una lamentela giocosa, mentre stringeva i pugni di fronte al volto e Agata spostava la torta, lasciando spazio al pacco rettangolare di Romeo che, quando tornò il silenzio, riprese parola con inaspettata tenerezza, sorridendo.
«Buon compleanno, Bestiaccia.»
Il pacco conteneva un set di cancelleria composto da tre quaderni dalla copertina rigida, quattro evidenziatori dai colori pastello, un grosso calendario da tavolo decorato con disegni infantili e colorati all'eccesso, una custodia da computer morbida color sabbia e un grosso zaino nero, che Romeo illuminò con il flash del cellulare e svelando le gamme dell'azzurro e del rosa celate sotto, brillanti e luminose.
«Secondo me ti somiglia» spiegò, prima di dare un bacio leggero sui capelli di Isabella, divertito. «Non potevo non comprartelo.»
«È stupendo, Meo!» cinguettò lei in risposta, scuotendo la testa da cui caddero ancora dei lustrini. Arturo, seduto di fronte a Elena, la notò osservare la scena con stizza malcelata, mentre provava a nascondersi appoggiando il viso alla mano sinistra (unghie corte e squadrate, dipinte di rosso, lo smalto sul medio sbeccato, un anello sormontato da un'onice all'anulare); tentò di sorriderle, ma non ricevette risposta, mentre Agata osservava gli evidenziatori con aria assorta e il regalo di Romeo iniziava a passare di mano in mano lungo il tavolo.
Arturo aprì uno dei quaderni: la copertina era blu scuro, con venature dorate lucide, stesso colore che veniva riproposto sul margine esterno delle pagine puntinate. La prima era scritta, nella grafia ampia e disordinata di Romeo, in penna blu:
"Il kintsugi è un'arte giapponese che consiste nell'uso dell'oro liquido per riparare gli oggetti in ceramica. Comunque vadano le nostre vite, le tue venature oro saranno sempre nella mia ceramica. Grazie di tutto."
«Posso vederlo?» Lo distrasse Michelle, porgendogli la mano. Lui chiuse il quaderno con un gesto secco e glielo porse alla cieca, osservando Romeo senza vederlo davvero.
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* "Michelle, mia bella, sono parole che stanno molto bene insieme", da "Michelle" dei Beatles.
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