Capitolo 8: Respira e vai avanti
Thamara si alzò dal tavolo. "Vado in camera" disse al più grande.
"Pensaci tu a Jonas" continuò.
Thomas non disse una parola. La ragazza andò verso la porta e il fratello, in preda alla curiosità, la bloccò afferrandole un braccio. "Tham ti vedo un po' pensierosa, è successo qualcosa oggi?" Chiese.
Prima di parlare la tirò a sé per guardarla dritta negli occhi. "Ti ho già detto di no! Ora lasciami, che ho da fare" rispose innervosita.
Lui non la volle lasciare. "Sicura?" Chiese ulteriormente.
"ti dico di no!" Replicò la ragazza.
A quel punto mollò la presa, rimanendo con il pensiero che secondo lui la sorella non aveva raccontato davvero tutto.
Lei teneva molto a Bernadette e il fatto che non disse nulla al riguardo lo fece insospettire molto. Prima che la ragazza riuscisse a varcare la soglia della porta Thomas provò un ultimo disperato tentativo. "Avete litigato tu e Berny per caso?" Chiese.
"No!" Rispose secca la ragazza.
Il fratello capendo il tono sincero, intuì che Bernadette non aveva a che vedere con il comportamento insolito della sorella. Non aveva gravi preoccupazioni, ma sospettava ci fosse ancora qualcosa. Non disse altro, pensava che magari i suoi sospetti potessero essere infondati.
Thamara si dileguò in un attimo, salì velocemente le scale ed entrò in camera sua. Una stanza non troppo grande, dato che aveva il soffitto leggermente a spiovente. La porta era tutta spostata a destra rispetto a chi entra. Di fronte ad essa, attaccata alla parete, vi era una scrivania nera, sorretta da cassettiere del medesimo colore. Ognuna di queste aveva tre cassetti di cui uno semi aperto. Nell'angolo destro della scrivania c'era una piccola televisione a schermo piatto, mentre per tutta la restante superficie vi erano cataste di fogli, libri e quaderni di ogni tipo. Fissati alla parete, sopra la scrivania, c'erano due ripiani pieni di fogli e cianfrusaglie varie. Tra queste spiccavano un'accendino dupont personalizzato, un pacchetto di sigarette semi vuoto e sei pupazzetti di gomma ognuno di diverso colore e forma. Quel accendino e quelle sigarette in particolare avevano un significato profondo per la ragazza: appartenevano al nonno paterno. La volpe gli voleva un mondo di bene, come fosse il padre presente che non ha mai avuto.
Ogni giorno, come da rito, lo andava a trovare e lui la accoglieva sempre con un caldo e forte abbraccio. Insieme ridevano, scherzavano, giocavano, facevano i compiti e di tanto in tanto davano giocosamente fastidio alla nonna. Sembravano proprio padre e figlia.
Circa un anno prima dell'inizio della scuola, in una triste giornata di fine marzo, il nonno si spense per un cancro ai polmoni. Un problema che lo stava divorando vivo da più di 3 anni. La ragazza, rimasta distrutta dalla perdita, conservava ancora quel accendino e quelle sigarette in sua memoria. Pensava che il nonno l'avrebbe sempre accompagnata e protetta nella sua vita.
La volpe si buttò sul letto, sfatto e pieno di vestiti. Alla destra di questo c'era un comodino con sopra una bajour e un libro. Dalla parte opposta invece, attaccato alla parete e poco distante dalla porta, c'era un grande armadio bianco a due ante scorrevoli. Era semi aperto da un lato e lasciava intravedere nient'altro che disordine.
"Che palle" sussurrò a sé stessa la ragazza sdraiata.
Guardava il soffitto ripensando alla pesante giornata che la aspettava. Di lì a poco avrebbe dovuto scaricare la lavatrice, caricarla e stendere i panni. Purtroppo non le andava di fare nulla di tutto ciò. Nel pomeriggio poi, sarebbero dovuti andare, lei e i suoi fratelli, a trovare il padre. Questo aveva contattato Thomas un giorno prima dell'inizio della scuola. A detta sua, voleva vederli e vedere quanto erano cresciuti.
La ragazza in parte ci credeva e sperava fosse quello il vero motivo. Sentiva anche la voglia scivolarle addosso dopo tutto quello che era successo. Rimase in un limbo di pensieri contrastanti, fino a quando non si disse "rimane pur sempre mio padre".
Restò a riflettere per qualche minuto pensando ad altro. Dopo poco si ricordò "ma oggi è martedì, è il turno di Thomas di fare il bucato". Spalancò gli occhi come se avesse l'idea più brillante del secolo. Si alzò di scatto dal letto, aprì la porta della camera e urlò: "THOMAS!?".
Dal piano di sotto una voce tuonante disse: "CHE C'È?".
"Oggi è il tuo turno per fare la lavatrice!" rispose la ragazza con tono compiaciuto.
"Non so se ricordi, ma oggi devo portare Jonny a terapia!" replicò anche lui con voce compiaciuta.
"AAARRRG! che palle! Fanculo!" Ribattè la ragazza innervosita chiudendosi la porta ditro le spalle.
Cercava un modo per non dover fare per forza lei le faccende domestiche. "Che giornata di merda" pensò mentre si ributtò sul letto. Prese il telefono dalla tasca e vide 30 messaggi non letti. Erano soprattutto di gruppi e roba varia, ma l'unico privato era del padre. Lo lesse velocemente aprendo il menu a tendina del telefono. "Che fate oggi? Venite qua?" Scriveva. La ragazza non rispose subito. Si alzò dal letto, prese dal suo pacchetto una sigaretta e la portò alla bocca. Aprì la finesta che stava a destra del letto, si appoggiò sul davanzale e la accese. Diede di nuovo uno sguardo al telefono questa volta per rispondere al padre. "Si, veniamo" rispose secca. Aspettò qualche secondo dato che lo aveva visto online. "Bene, allora ci vediamo dopo" rispose insieme ad un emoji del bacio. "A dopo" replicò la ragazza. Anche lei mandò quella stessa emoji ma sentiva di star sbagliando. Pensava di stargli concedendo troppe chance. Sapeva di essere caduta più di una volta nella sua tela ma non sapeva come uscire da quel loop. In realtà le soluzione ci sarebbero state, attuarle però le avrebbe richiesto uno sforzo emotivo non indifferente.
Sotto la scrivania c'era una comune sedia da ufficio piena di pantaloni e magliette accatastate e spiegazzate. La ragazza prese la catasta e la buttò sul letto. Prese in mano l'accendino del nonno e si sedette. "Aiutami tu per favore" sussurrò.
Lo strinse tra le mani, avvolte una dentro l'altra, poi chiuse gli occhi per arrangiare una sorta di preghiera. Nella sua testa risuonavano pensieri e ricordi dei bei tempi passati. Rimase così per pochi minuti, con i gomiti sul tavolo. Riaprì le mani e gli occhi, diede un bacio all'accendino e lo posò al suo solito posto.
Era il suo modo di parlare al nonno. Non lo ripeteva frequentemente, quasi mai per chiedere aiuto, ma quel giorno ne aveva davvero bisogno. Molto spesso lo faceva per pensare a lui e sentirlo vicino. A volte per confessargli qualche stupidaggine che aveva combinato di cui si pentiva, di rado però chiedeva aiuto. Parlare con lui la faceva "scappare dalla vita", pensava. Quella stessa vita pesante, che rendeva ogni cosa difficile e la faceva stare male. Non riusciva a parlare con nessuno dei suoi problemi tranne che con il nonno. Quando era ancora in vita, in silenzio, la ascoltava sempre. Lasciava che si sfogasse, che tirasse fuori ogni emozione e pensiero, sia esso istintivo che razionale. Dopodiché, con una pacatezza che sapeva avere solo lui, mormorava "ti capisco". Quell'affermazione presupponeva che nel suo passato avesse già vissuto determinate difficoltà, in realtà non era proprio così. Lui sapeva che il modo migliore per aiutare una persona a superare gli ostacoli era starle vicino e ascoltarla pazientemente. Infatti, essendo molto empatico, cercava di immaginare di aver vissuto anche lui certe difficoltà, per poter condividere il carico emotivo.
Thamara grazie alla sua vicinanza e alla sua dote di ascolto profondo, superò molti suoi piccoli problemi. Altri più grandi invece, cercava solo di conviverci, pensando fossero irrisolvibili.
Guardò il telefono, era pieno di notifiche e messaggi. Rispose a due o tre whatsapp poi si alzò dalla sedia e si avviò a fare il suo dovere. Scese le scale che davano direttamente davanti alla sua stanza. A metà percorso vide Thomas che al contrario saliva. "Mi sono dimenticato il portafogli in camera" disse mentre passava.
"Complimenti!" rispose la sorella mentre lo seguiva con lo sguardo.
Dentro il portafogli c'erano tutti i documenti tra cui la patente. Thamara si mise una mano sulla fronte e scosse la testa. Pensava che la proverbiale fortuna del fratello lo avesse graziato per l'ennesima volta. Avrebbe potuto trovare una pattuglia che gli avrebbe fatto passare un brutto quarto d'ora, invece no. La ragazza non disse altro mentre scese gli ultimi gradini.
Nel sottoscala c'era una porticina che nascondeva una stanzetta. Era una sorta di piccola lavanderia, con tanto di lavatrice, armadietti per i detersivi e stendini. La ragazza prese un cesto, si accucciò davanti la lavatrice e iniziò a svuotare. Prendeva matasse di panni umidi e li buttava dentro il cesto. Prendeva e buttava, prendeva e buttava. Ripetè questa operazione fino a che la lavatrice non fu completamente vuota. A quel punto prese uno stendino pieghevole con una mano mentre con un piede trascinava il cesto. Si mise direttamente in salotto a stendere, visto che era subito lì fuori. Per passare il tempo accese anche la TV. Subito dopo arrivò Jonas che si mise proprio lì davanti. "Dai Jonny non hai altro da fare che darmi fastidio oggi?" Disse scocciata la ragazza.
"Oggi andiamo da papà, vero?" Chiese la dolce volpina.
"Si..." rispose rassegnata la sorella.
Il piccoletto guardò Thamara poi le si avvicinò. "Papà è cattivo, non voglio andare da lui" disse tristemente.
Un silenzio di tomba riecheggio nel salone. La ragazza non sapeva cosa dire e si limitò ad abbracciare suo fratello. "Tranquillo" lo rassicurò.
Dal piano di sopra l'orecchio destro di Thomas fece uno scatto rivolgendosi verso le scale. Il suo istinto da volpe e le abilità donategli da madre natura gli permisero di sentire le lamentele del fratellino. Stava uscendo in quel momento dalla sua stanza, quando sentì pronunciare da Jonas "papà è cattivo". Senti come un fuoco ardergli nel petto. Con sguardo arrabbiato e a denti stretti scese piano i gradini. Cercava di sopprimere tutto ciò che lo stava travolgendo. Arrivò in fondo e vide la sorella abbracciare il piccolo fratellino. "Andiamo Jonas?" Disse con tono tremolante ma deciso.
Non riusciva a stare tranquillo, allo stesso tempo non voleva far vedere a Jonas come stava per non farlo preoccupare.
Thamara lasciò il fratellino, guardò quello più grande e non disse nulla. Thomas prese la volpina per mano. "Andiamo a terapia e torniamo" disse rivolgendosi alla sorella.
"Ok, cercate di tornare in tempo" rispose la ragazza.
"Si, tranquilla..." replicò scocciato.
Non aveva voglia di andare a trovare il padre eppure dovevano andarci. Thomas lo odiava a morte e dover portare anche Jonas lo faceva stare male. Ci teneva molto al fratellino come anche alla sorella, ma dopo tutto quel che era successo non gli andava giù di andarlo a trovare.
Andò via insieme a Jonas, lasciando sola la sorella minore. Thamara fece un sospiro e riprese a stendere il bucato. "Respira e vai avanti" pensò tra sè e sè.
"Respira e vai avanti"
...continua...
Spazio autore: il personaggio della copertina dovrebbe essere la professoressa di italiano. Vi prego di essere clementi, so bene che sembra storpia però è il massimo che sono riuscito a disegnare :')
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top