Capitolo 3: Conosciamoci meglio

Entrò la bidella. I segni del tempo sul suo viso erano evidenti. Il manto si vide da lontano essere ispido, duro, forse non molto ben curato. Sul suo volto si incorniciava uno sguado ombroso, a tratti stanco. Era una povera vecchia dipendente della scuola che stava arrivando alla pensione. Non vedeva l'ora di godersela, vista la ormai lunga carriera intrapresa. In una mano stringeva due pezzi di carta, nell'altra un paio di occhiali dalla montatura rosso rubino. Le braccia le ciondolavano lungo i fianchi, come se non fosse più in grado di sollevarle. Le spalle ricurve, formavano una piccola gobba dietro la schiena. Aveva lo sguardo sbarrato in avanti, fisso nel vuoto, con le palpebre chiuse per metà. L'immagine della sua faccia rimase impressa a Zack come tetra e spaventosa, ma al tempo stesso gli fece una gran pena. Arrivò di fianco alla cattedra e lasciò i due fogli con molta pesantezza. Fece retrofront con la stessa andatura di prima, lenta e stanca. La professoressa, ringraziò gentilmente la bidella, invitando indirettamente gli alunni a fare altrettanto. L'anziana signora non fece una piega e continuo nella sua andatura. Infine, chiuse delicatamente la porta, come se non sopportasse più il rumore assordante di una porta sbattuta. La professoressa, poco dopo, prese in mano i due fogli, gli diede un rapido sguardo, poi li lesse a voce alta. Il primo era il classico benvenuto da parte della dirigente agli alunni, con tanto di auguri di buon anno scolastico e di buono studio. Il secondo, invece, era il solito orario settimanale. Non passò troppo tempo, e tra il chiacchiericcio di sottofondo e i rintocchi rumorosi dell'orologio, iniziò la dettatura dell'orario. Il ragazzo, impreparato, rimase indietro nel dettato. Prese velocemente matita e agenda, ma era già troppo tardi. Scrisse come un forsennato quel che ricordava, ma nulla da fare, rimaneva costantemente indietro. Cosa lo frenasse nella scrittura lo sapeva bene, e gli creava un grande disagio. Però, non voleva darlo tanto a vedere. Sapeva di dover chiedere aiuto agli altri, ma gli costava sacrificio. Finì la prima parte del dettato e un po' imbarazzato, Zack, chiese a Thamara se avesse scritto tutto. La volpe, goffamente, gli risponse:"scusa amico! Non ho scritto nulla". A quella risposta, storse il muso. "Non fa nulla, t-tranquilla" le rispose timidamente. Non ci voleva credere. Dovette chiedere per forza al compagno davanti. Quest'ultimo, però, non fu molto amichevole nei suoi confronti. Sebrava diffidente. Era un procione, un po' robusto, con il pelo ben disposto e alla moda. Anche i vestiti che indossava non erano da meno: aveva scarpe e felpa firmate. Per fortuna, fece la grazia di prestare a Zack il suo diario, storcendo, quasi rumorosamente, il muso. Il lupetto, disinteressato della reazione del compagno, lo ringrazio ripetutamente. Si annotò il più velocemente possibile tutto l'orario, poi restitui l'oggetto al suo leggittimo proprietario. Lo ringraziò nuovamente, ma questo non sembrò fregarsene molto, almeno, non tanto quanto il suo diario super fashion. Il lupetto non ci fece molto caso, ma quel diario costava un occhio della testa. Andava molto di moda in quell'anno, e chi lo possedeva era come protetto da una sorta di scudo invisibile contro le offese. Le stesse offese che avrebbe ricevuto il possessore di una semplice Agenda, come quella di Zack. Passò poco tempo dopo la restituzione di quel diario magico, che, inaspettatamente, la prof iniziò la seconda parte della dettatura. Leggeva i lunghi titoli dei libri che i ragazzi, avrebbero dovuto portare nelle sue ore. Erano tantissimi, e sicuramente sarebbero stati anche molto pesanti. Questa volta Thamara, sapendo che il compagno era in difficoltà, segnò tutto su un foglio di carta. Il ragazzo, ancora una volta, come se ci fosse un copione, rimase indietro. Dovette nuovamente chiese aiuto, ma la ragazza lo fermò e, fiera della buona azione che stava per compire, diede a Zack il foglio. "Tieni! Questo per fortuna tua l'ho scritto" disse. Colto alla sprovvista, si mise d'impegno. Trascrisse tutto il più velocemente possibile. Il suo tentativo però, non ebbe molto successo. Era comunque, lento e goffo. Grazie alla volpe però, trovò la sicurezza. La ragazza, pazientemente aspettava, e nel mentre lo guarda scrivere. Nella trascrizione, la volpe fu colpita dall'inaspettata lentezza del ragazzo. Di tanto in tanto, si accorgeva che il lupetto sbagliava a scrivere le parole. Di fatto, ogni due per tre ne cancellava una. Non era una cosa tanto normale per un ragazzo di 14 anni. Finito di scrivere, Zack la ringraziò e le restituì il foglio. Lei non fece caso al foglio e lo buttò a terra. "Scusa la domanda, ma... perché sei così lento nello scivere?" gli chiese la ragazza, inarcando un sopracciglio. Il lupetto fece una risata sarcastica, seguita da un colpo di tosse quasi forzato. Non sapeva cosa dirle, nello stesso tempo però, doveva farlo, o avrebbe allungato l'attesa di risposta. Dopo due secondi di silenzio imbarazzante, balbettò la verità:"ehm... beh... eeeehm e-e-ecco... i-in realtà io... s-son-sono dislessico". Thamara lo guardò strano, come se non sapesse il significato di dislessia. "Dislessi-che?" ripeté lei. Il ragazzo si sentì subito a disagio. Doveva dare una spiegazione ad una cosa complicatissima in poche e semplici parole. "Dislessico!" perfezionò lui, ancora in imbarazzo. Lo scopo della volpe era un altro e Zack ancora non l'aveva colto. A quella risposta, Thamara replicò:"si, ho capito. intendevo che significa...". Il lupetto nel risponderle si trovò un attimo impacciato, come se per spiegarlo si dovesse mettere nei panni di una persona ignorante. Non sapeva come affrontare il discorso. Così iniziò dal principio:"allora... prima di tutto il mio è un disturbo e non-". Venne subito interrotto dalla ragazza che, soghignante, lo stupì:"e non una malattia! Dico bene?... Lo so già! Ti stavo solo prendendo in giro! Era per vedere come reagivi. Ah ah! Sei proprio simpatico, lo sai?". I due si guardarono. La situazione comica li fece ridere a crepapelle, come se in classe ci fossero solo loro. Risero così forte, che non si resero conto, che la prof li stava guardando male da un po' di tempo. Così, in un modo molto composto, per attirare l'attenzione dei due, quest'ultima fa due finti colpi di tosse. Zack e Thamara si girarono all'unisono, verso lo sguardo fulmineo dell'insegnante. "l'orario è così esilarante per voi?" chiese lei, leggermente irritata. Era da cinque minuti buoni che stavano confabulando, ed era ora che la piantassero. Immediati, come se fossero stati colti in fragranza di reato, i due si scusano in coro:"mi scusi professoressa!". Lei fece un profondo sospiro e riprese a parlare...

Finirono le sue ore. La professoressa riordinò le sue cose, affinché potesse cedere il posto al professore dell'ora successiva. Questo entrò. Era un tipo molto strano. Un grande leone, alto, con una criniera marrone ingellata all'indietro, dai modi molto professionali. Indossava un cappello grigio cenere, abbinato perfettamente alla giacca. Aveva anche un cravattino rosso bordò, sopra una camicia di lino color bianco panna. Con se portava una valigetta scura di pelle. Entrò con un fare di importanza nell'aula. Salutò la collega con un gesto della mano, e chiuse la porta ditro di se. Subito dopo prense il gessetto, e scrisse il suo nome sulla lavagna, a caratteri cubitali: professor Sergio Leoni. Thamara ci scherzò sopra, facendo una battuta che le sembrava quasi dovuta:"quando si dice... di nome e di fatto hi hi...". Il lupetto soffocò una risata improvvisa mentre il professore con voce profonda fece:"Buongiorno ragazzi! Io sarò il vostro docente di matematica. Sulla lavagna vi ho scritto il mio nome". Nella stanza cadde il silenzio. Il professore si sedette e prense dalla valigetta un paio di occhiali neri. Li mise a metà tra il setto e la punta del naso. Sembrava che gli sarebbero caduti a breve, ma la peluria del naso consentiva l'attrito necessario. Iniziò a passare il dito sui nomi. Come da consuetudine fece le prime domande: "da dove vieni?", "perché hai scelto questa scuola?", ecc... Ovviamente, tutti quanti, ripeterono la stessa cantilena che dissero alla professoressa precedente, con un pizzico di imbarazzo in più. Sembrava che quel professore, alla sola presenza, suscitasse negli alunni, un senso di profondo rispetto nei suoi confronti. "Ha uno sguardo abbastanza gelido" ammise Zack. Thamara non sembrò preoccuparsene, ma i suoi occhi vispi e le orecchie ritte, sembravano dire il contrario. Alla fine, il professore, arrivò con l'appello, al nome dei due ragazzi: Thamara e Zack. In quel momento, il leone, si fece scappare una battuta, forse un po' indiscreta:"certo che voi due insieme a prima vista, formate davvero una bella coppia là in fondo". Tutti quanti girano il capo, fissandoli all'inverosimile, e ridacchiando. Il proferssore riprense rapidamente l'appello, distogliendo l'attenzione. Zack, investito da un'imbarazzo tremendo, guardò Thamara con la coda dell'occhio, senza proferire parola. La ragazza, imbarazzata quanto lui, gli fece:"Mi dispiace, ma non sei il mio tipo ah ah...". La volpe fece la sostenuta per non mostrare debolezza, ma quella sua affermazione forse la incastrava. Zack, al contrario, non aveva le sue stesse intenzioni e lascio correre. Il professore, una volta finito l'appello, iniziò a parlare del programma scolastico.

Le lezioni continuarono, e l'ora seguente spettò ad una nuova professoressa. Era un'elefantessa, abbastanza corpulenta. Indossava un paio di occhialoni spessi, e aveva una capigliatura non troppo messa in ordine, raccolta in uno chignon. Indossava una maglia di mille colori sgargianti su uno sfondo nero, abbinata ad una sottana lunga che copriva in parte le sue possenti gambe. Le vesti risaltavano sotto ad un camice bianco da laboratorio, che, a tratti, sembrava le stesse stretto. Arrivata alla cattedra, si presentò:"Buongiorno ragazzi sono la professoressa Bomboloni Alessandra, e come penso abbiate intuito, sono la vostra insegnante di chimica". Ha una voce molto dolce e delicata, leggermente gracchiante, ma completamente incoerente con la sua stazza. Le ultime due ore volarono via veloci come il vento, e il suonò della campanella di fine scuola, sembrò arrivare prima del dovuto. Zack, non ancora pronto per uscire, con lo zaino in spalla, fermò Thamara, che, al contrario, era già pronta da un pezzo. Sembrava volesse scappare da quella classe, come se fosse la sua prigione. Il ragazzo, affaticato, fece:"A-aspetta, Thamara! Perché non ci scambiamo i numeri, così ci teniamo in contatto?". La volpe non se lo fece dire due volte. "Ma certo!" rispose lei con molta enfasi. Dopo un rapido scambio di numeri si salutarono con un ciao quasi corale. Salutarono anche Zoe che, timidamente, contraccambiò. Abbasso la testa mentre lo fece, per poi tirarsi su gli occhiali con il dito. Era una ragazza molto timida, ma che forse celava una genialità incommensurabile. Uscirono tutti da scuola, e Zack vide il padre che lo aspetta davanti al cancello. Si diresse verso di lui, dimenandosi tra la folla. Una volta fuori iniziò a correre. Si rese conto subito che stava attirando l'attenzione, così smise subito e iniziò a marciare, poi a camminare. Vedendolo uscire, il padre gli andò incontro. "come è andata? Tutto bene?" chiese successivamente al figlio. Zack, nel tragitto cancello - macchina, lo guardò come per digli "sta calmo". "Si, tutto bene" risponse "Anzi benissimo direi, ho già conosciuto una, cioé... volevo dire, due ragazze della mia classe". Il padre non ci vide più dalla gioia. Il ragazzo non era solito socializzare così facilmente. Incurioso dalla faccenda, ed entusiasta per il figlio, disse:"Wow! Come si chiamano?". "Una Thamara e l'altra Zoe" rispose il piccoletto. Il padre lo squadrò con un occhio più attento, come se volesse capire qualcosa di più. "Sono brave?" chiese infine quest'ultimo, con sguardo serio. Zack capì subito cosa volesse intendere con quelle parole. "Papà... Le ho appena conosciute... come faccio a saperlo?" replico. Il padre rilassò i muscoli facciali, tesi a guardarlo negli occhi. Fece un mugolio di approvazione, con un pizzico di dubbio. "va bene, era per dire... Solitamente si capisce al volo se una persona è brava o meno" disse più tranquillo. Zack, all'affermazione del padre, storce il muso contrariato e stranito. Sottovoce, per non farsi sentire, fece:"non sempre papi, non sempre...".

...continua...

Spazio autore: In questa copertina c'è Zoe. Nelle prossime metterò i genitori di Zack e Thamara.

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