Capitolo 11: Occhi viola

"Come vi è saltato in mente?" Rimproverò a bassa voce la madre volpe con sguardo preoccupato.
"Tham non lo ha fatto a posta, non si è controllata e-" rispose il ragazzo prendendo le difese della sorella.
"Da te mi aspettavo molta più responsabilità signorino! Ora accompagna tua sorella di sopra che sono davvero stanca e non ho voglia di discutere" continuò la donna furiosa.
Il ragazzo accennò una replica, ma si ammutolì subito. Capì che non era il momento adatto, nonostante avrebbe tanto voluto reagire. Pensava di stare nella ragione, anzi ne era più che convinto. L'unico ostacolo era l'ora tarda e il fatto che Jonas stesse dormendo.
Riprese in braccio Thamara che nel frattempo stava seduta sul divano con la testa per aria. Questa avvertiva ancora dolori allo stomaco oltre che un forte stordimento. "Dove mi stai portando?" Chiese confusamente.
"In camera tua" rispose il ragazzo.
La volpe fece un mugolio per far intendere che aveva capito. Nel frattempo, il più grande cercò di far meno rumore possibile per evitare di svegliare il fratellino. Per fortuna la porta della camera era aperta. Entrò e poggiò la sorella su un angolo del letto. Questo era pieno di biancheria e vestiti vari. Thamara non era mai stata una tipa ordinata. Quel giorno, dopo essersi provata i vestiti per andare a trovare il padre, lasciò a soqquadro la stanza. Pensava che il giorno dopo li avrebbe rimessi tutti al loro posto.
Dati gli impedimenti, per poterla mettere a letto, il ragazzo fu quindi costretto a fare ordine. Non si fece troppi scrupoli, prese più indumenti possibile e li infilò in un cassettone all'interno dell'armadio. "No aspetta..." Protestò la ragazza barcollante.
Non voleva che il fratello toccasse la sua roba, ne tanto meno che la mettesse in posti sbagliati. "Sssh... abbassa la voce! Rimetti a posto domani la roba" sussurrò il ragazzo mentre prese un altro mucchio.
"Dove hai il pigiama?" Continuò guardandosi intorno.
"Faccio da sola..." Replicò la ragazza sdraiata con un braccio alzato al cielo.
"Si fai da sola, però intanto-" venne interrotto prima che potesse finire.
"Ho detto che faccio da sola" ribadì mettendosi in posizione seduta.
A quel punto cercò invano di togliersi le scarpe. Indossava gli stivaletti della madre che avevano una cerniera un po' difficile da aprire. Nonostante i giramenti di testa, provò comunque ad aprirla. "Ti serve una mano?" disse scocciato Thomas.
Thamara era una ragazza testarda. Chiederle se le servisse una mano sembrava un'impresa epocale. Non avrebbe mai e poi mai chiesto o lasciato che qualcuno la aiutasse. Non riusciva a passarci sopra ne tanto meno pensare che le servisse una mano. Questo il fratello lo sapeva bene. La conosceva come le sue tasche e non gli ci volle molto per capire che doveva tacere e agire. "Dai fermati ci penso io" disse mentre si accucciava.
"Oh che palle" protestò la sorella, buttandosi esausta sul letto.
La zip, come al solito, era incastrata. La signorina testarda non riusciva a disincastrare la cerniera per via dei giramenti di testa. Inoltre la posizione accucciata le peggiorava la sensazione allo stomaco, disincentivandola a continuare. Thomas pazientemente la aiutò e con un po' di forza riuscì ad aprire la prima scarpa e a sfilarla. "Solo perché sono troppo stanca" disse la ragazza, sbuffando.
Il fratello non rispose e nel mentre sfilò anche l'altro stivaletto. "Ok ora cambiati e mettiti a dormire. Se hai bisogno di me, manda un messaggio che Jonas dorme" disse mentre si diresse verso la porta.
Thamara fece un mugolio di consenso un po' sconfitta. C'era rimasta male per non esser riuscita a togliersi le scarpe da sola. Sapeva che era una cosa stupida, ma non riusciva comunque a passarci sopra. Il ragazzo, dopo averle rivolto un ultimo sguardo per controllare che fosse tutto apposto, si dileguò. Questa subito, provò a mettersi in piedi per cambiarsi. Non era al cento per cento delle sue forze. Si appoggiò alla sedia con una mano per togliere i pantaloni, nel frattempo pensò alla voglia che aveva di dormire. Data l'ora tarda e lo stordimento dovuta dall'alcool, si sentiva molto assonnata. Così, tolti i pantaloni, spense tutte le luci e si buttò di faccia sul letto. Fece dei versi strani, attutiti dall'imbottitura del cuscino, che suonavano come un "sono stanca". Non passò molto tempo e la ragazza crollò in un sonno profondo.

Una fastidiosa suoneria proveniente dal comodino svegliò Thamara. Era ora di prepararsi per andare a scuola. Con una mano la ragazza toccò il cellulare poggiato sul mobile. D'improvviso il suono molesto sparì e la giovane rientro serenamente nel suo sonno profondo.
"Tham?... Tham!... THAM!" disse una voce con tono sempre più alto.
Thamara si svegliò di soprassalto. Si girò e vide la madre accucciata verso di lei. Aveva un'espressione mista tra preoccupata e arrabbiata. "Alzati che sei in netto ritardo per scuola" continuò la donna mentre aprì le finestre.
La ragazza fece dei mugolii, spingendosi il muso dentro il cuscino. Le dava fastidio la luce e avrebbe voluto restare a dormire almeno per altri cinque minuti. "Forza! Non voglio sentire storie!" Disse a voce alta la madre, ancora arrabbiata dalla sera prima.
Thamara sbuffò inizialmente, poi raccolse le poche forze che aveva e si alzò. Restò ad occhi socchiusi, faceva ancora un po' fatica a svegliarsi del tutto. Non appena li aprì, sentì un lieve mal di testa intensificarsi rapidamente. Si stropicciò gli occhi e guardò verso il basso. Notò che aveva ancora il vestito che si mise alla cena del padre. Fece uno sbuffo massaggiandosi le tempie. Aveva bisogno di qualcosa che la aiutasse ad alleviare l'emicrania. Scese giù dal letto ed aprì l'armadio. Vide che oltre al caos solito, c'erano i vestiti che il fratello aveva buttato dentro quella stessa sera. Si strofinò per la seconda volta gli occhi e di nuovo uno sbuffo. "Tham, tutto bene?" Chiese una voce fuori dalla porta.
Era il fratello che, non vedendo la sorella uscire, si preoccupò.
"Siamo un bel po' in ritardo, mancano dieci minuti alle otto e la scuola non è proprio qui dietro l'angolo" disse subito dopo.
Inizialmente la ragazza non replicò era ancora assonnata e intontita.
"Oh cazzo!" Esclamò sbarrando gli occhi, non appena realizzò.
Guardò l'ora sul cellulare. Senza accorgersene aveva dormito più del dovuto ed era in ritardo per scuola. Dall'armadio prese dei vestiti a caso ed uscì fulminea. Thomas era ancora lì fuori mentre la vide passare. Scosse la testa non appena notò che indossava ancora i vestiti delle sera prima. "Potevi dirlo che eri mezza nuda, me ne sarei andato" disse ridacchiando.
"Non ora Thom!" Sbottò la ragazza mentre entrava in bagno.
"Dai muoviti!" ribatté il fratello.
Thamara sbatté la porta dietro di sé e si fiondò davanti al lavabo. Si guardò allo specchio. Aveva il pelo ispido e i capelli tutti scombinati. In più aveva ancora addosso quei maledetti vestiti. "Oh porca troia" ripeté tra sé e sé.
Si spogliò e cercò in fretta e furia di lavarsi. Purtroppo non avendo più tanto tempo da perdere si dovette arrangiare come poteva.

"Mamma..." Disse remissivo Thomas sul ciglio della porta della cucina.
"Che c'è?" ribatté dura la donna mentre stava preparando le ultime cose per andare a lavoro.
"Senti, riguardo a ieri sera, io-" tentò di spigare, ma venne subito interrotto.
"Non ne voglio parlare adesso. Parleremo stasera non appena ci siamo tutti" disse con voce ferma la donna.
Il ragazzo fece un passo indietro e lascio perdere. Sapeva bene che la madre era intransigente su certe questioni. Al tempo stesso, preso dall'istinto, avrebbe voluto dirle tante cose. "Ok" disse ad orecchie basse e con un filo di voce.
Questa era ancora concentrata su ciò che stava facendo e non gli rivolse neanche uno sguardo. Pensava che se l'avesse fatto avrebbe pianto. Infatti stava trattenendo un gigantesco nodo in gola da un po' di tempo. Nonostante ciò, cercò di mostrarsi forte e dare al figlio una lezione, decidendo momentaneamente di tacere. Sentiva le parole che le pesavano come macigni a tal punto che sarebbe scoppiata a piangere non appena ne avrebbe pronunciata un'altra. Thomas si spostò in salotto e la donna colse quel momento per dileguarsi dato che anche lei era in ritardo. "Ciao" disse secca mentre usciva.
Non diede spiegazioni né si fece vedere in volto. Tirò dritto e si chiuse la porta alle spalle. "Ciao ma..." rispose il figlio mentre la vide andar via. Subito dopo il ragazzo, preso dallo sconforto, sbuffò.
"Tham è tardi dobbiamo andare!" urlò Thomas mentre aiutava il fratellino a mettersi lo zaino.
"Arrivo!" Disse con fervore la ragazza. Mentre scendeva le scale si stava pettinando per ottimizzare i tempi. Cercò di mettere a posto i capelli meglio che poté, mise poi la spazzola dentro lo zaino. I fratelli erano davanti alla porta che la aspettavano. Non appena arrivò anche lei, il maggiore le lanciò un'occhiataccia. "Ma che ti sei messa addosso?" Chiese disgustato mentre arricciava il naso.
"Non fare domande, andiamo!" rispose schiva la ragazza.
"Va beh..." Replicò infine Thomas.
Per risparmiare tempo, si spruzzo dei quantitativi esagerati di profumo e deodorante. La quantità eccessiva però mise a dura prova l'olfatto del fratello.

Entrarono diretti in macchina. La prima tappa era la scuola di Jonas. Era vicina, ma non potendosi permettere ritardi, Thomas accelerò il più possibile. Arrivati lì e lasciato il più piccolo, si diressero verso la loro scuola. Nonostante tutto, riuscirono ad arrivare comunque qualche minuto in ritardo. "Oggi esco a l'una come te" disse il ragazzo mentre parcheggiava.
"Va bene" rispose stanca Thamara.
Scesero dalla macchina e cercarono di presentarsi nelle rispettive classi il prima possibile. La scuola era praticamente deserta dato che le lezioni erano iniziate da poco. "Cazzo" disse sotto voce la ragazza mentre vide la porta chiusa.
Bussò tre volte. "Avanti" disse una voce all'interno.
La volpe entrò e si diresse velocemente verso il proprio banco. "Buongiorno, scusi il ritardo" disse a mezza bocca.
"Fermati lì dove sei, devi procurarti un permesso prima" disse la professoressa che era nel bel mezzo della lezione.
"Ma sono le otto e cinque minuti" disse Thamara un po' scocciata.
"Appunto! La campanella ha suonato cinque minuti fa e lei non si è presentata entro l'orario prestabilito, deve fare il permesso" disse la donna con voce ferma.
Era una donnola sulla quarantina, capelli biondi e lisci con un manto bicromatico arancio e panna. Portava un paio di occhiali bordeoux, con una camicia bianca, una gonna blu scuro abbinata ad una giacca del medesimo colore. Da quando poté intuire la volpe, quella donna era molto pignola. Probabilmente non se ne sarebbe fatta sfuggire una, o quanto meno non avrebbe chiuso un occhio. La ragazza rassegnata, poggiò lo zaino e uscì dalla classe. Si diresse verso la vice presidenza. Sapeva già che avrebbe dovuto fare lì il permesso. Essendo ripetente, conosceva abbastanza bene le dinamiche di quella scuola. Inoltre l'anno precedente, non essendo mai stata attenta all'orario di entrata, è sempre passata prima per quegli uffici. Si era abituata, come in una routine e non ha mai tentato di cambiare qualcosa. D'altronde non ha mai sforato di molto, rimanendo sempre sul filo del rasoio. In alcuni casi, quasi la maggior parte, le è stato concesso di entrare senza segnare ritardo. Negligenze da parte dei professori che lei vedeva come giustizia, o almeno così credeva.

"Di nuovo qui Ferri?" Chiese il vice preside seduto sulla sua scrivania.
Stava scrivendo un verbale e non la guardò neanche in faccia per capire chi fosse. Sembravano parenti per quanto si conoscevano, eppure rimaneva quel velo gerarchico adulto-adolescente che li teneva distanti. "Mi faccia il permesso e me ne vado" disse scocciata la ragazza.
"Ti sembra il modo adatto di rivolgersi ad una persona adulta?" rispose stizzito l'uomo.
Era un ariete sulla cinquantina, abbastanza alto, con abiti non molto professionali e un'evidente alopecia.
Stava guardando le carte sotto di sé con un volto tra l'arrabbiato e lo stanco. "pensate sempre di essere superiori, ma non vi rendete conto che dovete ancora maturare" disse l'uomo.
Sembrava stesse parlando più con se stesso che con la ragazza. Guardandolo si notava perfettamente lo stress che lo permeava. Erano da poco finite le vacanze per i ragazzi ma non per lui che dovette lavorare anche a settembre. La percentuale di ripetenti e rimandati aumentava di anno in anno e la stanchezza di quell'uomo insieme ad essa. Il sistema scolastico non era duro solo per i ragazzi ma anche e soprattutto per chi lavorava per la loro istruzione. A peggiorare la situazione era la frustrazione di vedere uscire, con il minimo dei voti, dei ragazzi inconcludenti.
"Mi scusi ma mi servirebbe solo un permesso niente di più" replicò la ragazza.
Il vecchio ariete si alzò dalla sedia con molta calma. Si girò verso di lei e iniziò a camminare. Se la volpe non si fosse spostata quello l'avrebbe investita senza farsi troppi scrupoli. Si diresse nella stanza di fronte, prese una scatola posta sopra ad un tavolo e rientrò nell'ufficio. Si sedette nuovamente, aprì la scatola ed estrae una risma di foglietti. Erano i permessi appena stampati. Ne compilò velocemente uno, lo firmò e lo porse a Thamara. "Fila via" disse infine.
La volpe, ottenuto ciò che le serviva, si defilò senza fare commenti.

Vicino al posto della ragazza c'era il lupetto che la aspettava pazientemente. Prima di mettersi seduta, dato che ostruiva il passaggio, diede un leggero calcio allo zaino per spostarlo. Era ancora molto stanca dalla sera prima e decise di riposare nonostante la lezione fosse già iniziata. Si coricò sul banco con la testa appoggiata sulle braccia conserte e chiuse gli occhi. Involontariamente il suo viso era rivolto alla sua sinistra, verso il compagno. Quest'ultimo che stava seguendo la lezione, venne distratto dai movimenti della volpe. Vide che stava letteralmente schiacciando un pisolino sopra al banco. Si fece mille domande pensando anche a ciò che disse la madre il giorno prima. "Perchè non dovrei più averci a che fare con lei?" Chiese tra sé e sé, fingendo di parlare al genitore.
Si era fissato con lo sguardo sulla ragazza. Pian piano, come per gioco, iniziò ad osservare ogni particolare del volto. Partì dalle sopracciglia, passò per gli occhi, il muso affusolato e finì sul collo coperto dai capelli. Si focalizzò soprattutto sulle sfumature dei colori. Passavano da un arancio brillante, che copriva la maggior parte del viso, fino a arrivare ad un bianco panna poco al di sotto del naso. Rimase colpito come lo stacco dei due colori fosse impercettibilmente repentino. Gli sembrò come se nell'insieme fosse ben delineato, ma ad uno sguardo più accurato si percepisse la sfumatura.
In quel breve attimo posò lo sguardo anche su quei bellissimi capelli dorati. Erano lunghi e lisci come fili di seta e invogliavano chiunque a toccarli. Senza volerlo Zack stava provando una nuova e strana sensazione. Era come appagato da ciò che stava guardando, allo stesso tempo sentiva i rumori intorno a sé scemare sempre di più. Inoltre non riuscì a controllare i suoi istinti, ma li percepì distintamente. Partendo dalla coda, che iniziò ad agitarsi, passando lungo la schiena, il collo, fino alle punte delle orecchie. In questi precisi punti, sentì un formicolio piacevole, una sensazione di pace seguita da un battito cardiaco accelerato. Rimase per qualche secondo con lo sguardo fisso sulla ragazza senza proferire parola.
Non appena sentì il richiamo della professoressa, il ragazzo si ricompose subito. "Signorina Ferri!" fece la donna con voce stridula.
Non volendo destare sospetti, il piccoletto si voltò dalla parte opposta. Era imbarazzato perché pensava che qualcuno lo avesse colto in flagrante. Si toccò la coda con l'intento di fermarla. Nel frattempo la compagna si svegliò e alzò la testa. "Scusi prof" rispose con aria stanca.
"Se non vuoi seguire la lezione, puoi accomodarti anche fuori" rimproverò l'insegnante.
"No prof, resto volentieri qui" replicò con superbia l'adolescente.
"Allora vedi di seguire, al prossimo richiamo esci fuori con una nota" avvisò la donna.
Invece che darle ascolto, la ragazza fece finta di guardare la lavagna. Si stropicciò gli occhi che tendevano a calare sempre di più. Nel frattempo, il vicino, persa la concentrazione, fissò il vuoto davanti a sé con aria impacciata. Non resisteva, era attratto dalla ragazza come le api sui fiori, di contro aveva paura di farsi scoprire. Il solo fatto di fissare una persona, ignara che qualcuno la stesse guardando, era per lui motivo di imbarazzo. Così escogitò nella sua testa un possibile scenario. Pensò che, se fosse stato beccato e ci fossero stati dei dubbi su cosa stesse facendo, avrebbe reagito con stupore rispondendo in modo vago. Così, lasciando intendere che fosse solo in sovrappensiero, se la sarebbe cavata senza destare sospetti. Il vero intento era quello di guardare quella bella ragazza, nonché sua compagna di classe. Convinto della sua strategia, si fece coraggio e si voltò con naturalezza verso la porta. Giunto nella posizione ideale per attuare il suo piano, si fermò. La volpe ignara di tutto, rimase tranquilla, chinata in avanti e con gli occhi aperti a metà. Zack si immobilizzò in quella posizione per un po' mentre la coda ricominciava la sua danza. Ecco che quegli occhi verde smeraldo seguirono di nuovo le particolarità fisiche e cromatiche della ragazza. Era affascinato in misura maggiore dal suo sguardo. Da quella posizione si potevano osservare distintamente i lineamenti dolci degli occhi e il colore viola purpureo dell'iride. Quest'ultima era di una tonalità particolare, che risaltava alla luce solare.

Improvvisamente la volpe si fece indietro per raccogliere i capelli. Zack era ancora lì e non sapendo cosa fare, non mosse un muscolo. Era sicuro che il suo alibi fosse incrollabile. Thamara, si accorse del compagno e aggrottò la fronte. "Hey? tutto bene?" Chiese curiosa.
Come da copione il ragazzo simulò uno sguardo spaesato mentre si voltava per rispondere. "Oh, ehm si" disse infine.
"mi sono fissato su un punto a caso" continuò ridacchiando con fare impacciato.
In quell'istante erano uno di fronte all'altra e si notava perfettamente dettaglio per dettaglio tutto il volto di quella stupenda ragazza.
"tranquillo succede spesso anche a me" rassicurò la volpe.
Il lupetto non resse molto a lungo lo sguardo diretto e si volto quasi subito. L'imbarazzo tradì in parte lo scenario che aveva pianificato. Pensò che la ragazza sospettasse qualcosa, nonostante la realtà fosse tutt'altra. Si era dimenticato della coda, perfida traditrice, che stava ancora volteggiando per conto suo. Fortuna volle che la volpe non se ne accorse neanche, evitando ulteriore disagio. Appena se ne rese conto, quest'ultimo tentò nuovamente di bloccarla. Non fu comunque facile fin tanto che la sua testa gli ricordava quei bellissimi occhi viola.

...continua...

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