Oh, the weather outside is frightful
Eddie Kaspbrak e Richie Tozier si erano lasciati.
La notizia si era abbattuta con la violenza di una valanga sui Perdenti, perché la loro relazione era sempre parsa talmente al limite da essere indistruttibile.
Con i loro pessimi caratteri, gli scatti nervosi di Eddie e la petulanza di Richie, i due ragazzi si incastravano come una spina nella presa, generando scintille, elettricità, e talvolta un'amorevole, tiepida luce.
I sentimenti c'erano sempre stati, mascherati da una battuta di troppo, un bisticcio, una spintarella, e anche quando ogni cosa era uscita allo scoperto, quando la luce aveva rischiarato il battito sincero di quei cuori pavidi, la natura del loro rapporto non era mutata.
Eddie e Richie non avevano sentito la necessità di cambiare per l'altro, di rendersi più piacevoli, di infilarsi più comodamente tra gli spigoli. Il primo si era mantenuto irascibile e il secondo perseguiva nel provocarlo, sapendo che lieve sfregamento bastasse a far divampare la fiamma in cui tanto adorava bruciare.
E così erano trascorsi gli anni, raddolciti da un amore non dichiarato: i battibecchi si erano trasformati in discussioni appassionate, c'era malizia nelle occhiate di traverso, sottintesi affettuosi nello scherno, i pizzicotti, il solletico, le pacche si impregnarono di una necessità fisica, e non era stata una sorpresa per nessuno dei due quando le labbra finalmente si erano toccate.
Non si erano detti "Ti amo", ma Richie aspettava Eddie sul vialetto in sella alla bicicletta perché potessero andare a scuola assieme, e l'altro portava per lui un cappello in più, consapevole che fosse distratto e predisposto all'otite; Richie ritagliava le automobili dalle riviste di suo padre e gliele dava da incollare nel suo segretissimo album; Eddie gli puliva gli occhiali con l'orlo della maglietta quando le lenti si schizzavano ai Barren. E non si erano detti che quella era una relazione esclusiva, ma rifiutavano chiunque si parasse loro davanti, Richie pensava a Eddie prima di addormentarsi e Eddie cercava Richie con lo sguardo sul vialetto ogni mattina, ancor prima di chiudersi la porta alle spalle.
Beverly li aveva beccati a baciarsi una sera in cui stavano ritornando tutti insieme dai Barren, appoggiati contro l'albero attorno a cui avevano legato le biciclette. Le orecchie attente di Eddie avevano carpito lo scricchiolio di un ramo sotto al suo piede e si era scatenato il putiferio: il giovane aveva spinto via Richie, questi era finito in acqua con un urlo, il suono aveva attirato tutti i Perdenti. Si era scoperta ogni cosa.
Eddie era stato parecchio teso, nelle settimane a venire. Non lo ammetteva, ma ce l'aveva un po' con Richie, un po' con se stesso, un po' con gli amici. Ci era voluto del tempo perché osasse tenere la mano al compagno di fronte agli altri, e ai Perdenti di questo dispiaceva: erano contenti della loro relazione, avrebbero voluto poterne gioire assieme a loro, cercavano mille modi per metterli a loro agio.
Accettare che avessero rotto, dopo così tanti anni, era stato difficile - tutti continuavano a parlare e comportarsi come se formassero ancora una coppia, si confondevano, perché Richie e Eddie alla fine non erano mai stati troppo vicini, anche durante la relazione, e adesso vederli distanti non faceva molta differenza.
Il college era stata una liberazione da tutti quegli equivoci. Non si era mai saputo perché si fossero lasciati, di chi fosse stata la colpa, ma negli occhi di entrambi, talvolta, era possibile leggere un tale connubio di rabbia e sofferenza da far rabbrividire. Nessuno credeva sarebbero tornati insieme e, difatti, ad un anno e mezzo dalla rottura nulla era accaduto.
Il ventitré dicembre del 1993 Eddie era sulla strada per Derry e covava nel petto la convinzione che se avesse rincontrato Richie in quella città moribonda avrebbe finto di non riconoscerlo. E Richie avrebbe fatto altrettanto.
Giunto di fronte a quella che era stata la sua casa prima di trasferirsi al dormitorio, scese dall'auto e ne richiuse lo sportello con delicatezza: era una Citroën Dyane del 1983 tutta traballante, il meglio che avesse potuto permettersi dal momento che sua madre si era rifiutata di spendere un dollaro per qualcosa che prima o poi l'avrebbe ucciso.
Non fu necessario per lui bussare: Sonia, che era rimasta con gli occhi attaccati alle finestre in attesa del suo arrivo, spalancò la porta appena il giovane ebbe sollevato la mano.
-Eddie caro!- Strepitò, attirandolo in un abbraccio e rimpinzandolo di baci sulle guance lentigginose.-Com'è andato il viaggio? Sei venuto in auto? Ti avevo detto di prendere il treno. Vuoi riposarti un istante? Hai fame? Ti ho preparato il riso, quello con pollo e cavoletti che ti piace tanto.- E mentre lei continuava a fare domande, Eddie la seguiva su per le scale, fino in camera propria, dove poggiò il borsone.
-Grazie, Ma'.- Rispose.-Mi rinfresco un istante e ti raggiungo di sotto.-
-Va bene.- Sonia indugiò sulla soglia, con un sorriso malinconico.-Fai in fretta. Abbiamo tante cose da raccontarci.-
La porta si richiuse, e Eddie permise alla smorfia che aveva trattenuto di spandersi sul suo volto.
Le "tante cose" che Sonia voleva gli raccontasse erano in realtà solo due: desiderava sapere come proseguissero gli studi, e se avesse trovato una ragazza.
Non c'era mai stato altro di importante per lei, che i ruoli che Eddie aveva da ricoprire e soddisfare all'interno della società - attendeva di vederlo sposato, attorniato da una folla di figli ben educati e vestiti, con una laurea appesa alla parete del suo studio dai mobili di mogano e tende di velluto alle finestre.
E Eddie viveva ormai da diciott'anni per accontentarla, anche se i panni del figliol prodigo iniziavano a stargli stretti. Li aveva calzati quasi con facilità durante l'infanzia, zuppo fino al midollo dei suoi indottrinamenti, assuefatto dalle ristrette vedute di quel paese troppo cresciuto che era Derry. Poco a poco aveva aperto gli occhi, anche grazie all'aiuto dei Perdenti, portatori di diversità, limiti che l'avevano costretto ad accorgersi di quanto la lingua di Sonia fosse stolta e velenosa. Ma di fronte a lei li chiudeva ancora. Non poteva fare altrimenti, non poteva distruggere i suoi sogni di gloria e pranzi natalizi attorno ad un tavolo colmo di frugoletti imbandito delle pietanze che sua moglie aveva preparato - non ne aveva il coraggio.
Non l'avrebbe mai avuto, e aveva pagato cara questa mancanza. Aveva perduto... no, non era stata colpa sua. Non del tutto, almeno.
Si morse il labbro, combattendo con il pentimento che gli pungeva il cuore, subito surclassato da una rabbia cocente.
Era certo che tornare a Derry dopo sei mesi di beata sospensione dei sentimenti gli avrebbe causato dolore. Ripercorrere le strade su cui lui e Richie avevano scorrazzato in sella alla stessa bicicletta, vedere di sfuggita il Ponte dei baci attraverso lo specchietto, e ripensare a quelle labbra soffici sulle sue, quelle labbra che avevano baciato un altro...
Riaffiorò ancora la rabbia, e Eddie digrignò i denti. Basta, basta - sarebbe rimasto in città solo per festeggiare il Natale con sua madre, poi sarebbe tornato al college e avrebbe lasciato che lo studio e gli impegni seppellissero ogni ricordo.
Non avrebbe incontrato nessuno, neppure i Perdenti, si sarebbe finto invisibile, come non fosse mai stato lì, non fosse mai tornato.
Aprì il borsone, consapevole che Sonia sarebbe risalita da un momento all'altro per dirgli di sbrigarsi, che era impaziente, e per rovesciargli addosso il suo morboso attaccamento. Sì, doveva solo sopportare quei tre giorni. Sarebbe finito tutto in fretta.
Prese una felpa pulita, e sotto la pila di vestiti vide lampeggiare il piccolo display del telefono. Una bustina nera segnalava l'arrivo di un messaggio.
Era da parte di Mike.
Eddie tentennò - sentiva che anche solo leggere due parole messe in croce l'avrebbe coinvolto in un passato che non voleva rispolverare, ma la curiosità l'avrebbe mangiato vivo se non avesse aperto quel messaggio. Magari era accaduto qualcosa.
Il telefono prese a suonare e vibrare tra le sue mani. Era ancora Mike, che stavolta lo stava chiamando. Seguendo lo stesso ragionamento in un lasso di tempo addirittura minore, e temendo sempre di più per l'incolumità dell'amico, rispose.
-Mike?-
-Ciao, Eddie!-
Il giovane arricciò il naso. Mike aveva un tono fin troppo allegro perché le sue preoccupazioni potessero essere lontanamente fondate. Il che significava che aveva fatto davvero, davvero male ad accettare la telefonata.
-Che cosa c'è?-
-Sei a Derry per Natale?-
Pessimo segno. Il cervello gli urlò di riattaccare, ma Eddie chiese:-Perché?-
E Mike rispose, come non fosse già ovvio:-Stiamo organizzando una rimpatriata.- Tu e chi?, pensò Eddie, ma non lo disse.-A casa mia. C'é abbastanza spazio per tutti, e abbiamo pensato sarebbe stato bello trascorrere assieme le vacanze invernali... non ci vediamo da sei mesi!-
Eddie sospirò, avvicinandosi lentamente alla finestra.
Mike era stato fin troppo generoso con i tempi - il rapporto con i Perdenti si era sgranato da molto, molto più di sei mesi.
Era l'estate prima dell'ultimo anno di superiori quando si era lasciato con Richie, un'estate trascorsa lontano dagli amici, con la testa sprofondata nel cuscino zuppo di lacrime. Avevano tentato entrambi di frequentare ancora il gruppo come nulla fosse, ma si era rivelato quasi impossibile: i Perdenti avevano reagito male alla rottura, quasi li avesse toccati direttamente. Si erano create fazioni, qualcuno osservava con più attenzione l'uno o l'altro alla ricerca di un segno di colpevolezza, volevano avere con chi prendersela se ai loro migliori amici era stato spezzato il cuore. E Richie era diventato ancor più insoffribile. Aveva iniziato a litigare con Stan, che si era schierato a prescindere in difesa di Eddie, e poi con Bill, che gli ripeteva in continuazione "Beep Beep, Richie!".
Eddie un po' godeva di quel trattamento di favore, ma dentro di sé sapeva che Richie era da biasimare quanto lui, e sentendosi quasi responsabile di una frode, si era distaccato dal gruppo. Dopo essere partito per il college, non aveva contattato nessuno - era inverno, adesso, e le strade di Derry erano ghiacciate ai bordi. Dal cielo rannuvolato piovevano sottili cristalli di neve. Eddie fu percorso da un brivido.
-Non credo di potere, Mike.- Replicò.-Ho promesso a mia madre che avrei passato questo Natale con lei...-
-Ci raggiungerai dopo Natale!- Fece rapidamente l'altro, quasi accavallandosi alla sua voce.-Per favore, Eddie. Ci manchi.-
Che colpo basso.
Non era stato facile, o privo di dolore, distaccarsi così dai suoi amici. Dalle uniche persone che lo avessero mai accettato per quel che era, con cui non doveva fingere. Sapere che nonostante il suo brusco allontanamento fosse ancora atteso, amato, lo metteva in una scomoda posizione - il loro affetto era immeritato e Eddie sentiva di doverlo ripagare in qualche modo. Anche solo con la propria presenza. Ma tornare da loro avrebbe significato riassaporare per meno di due settimane quel che aveva perduto da tempo, e non era certo sarebbe stato in grado di rinunciarci ancora. Di poter trovare la forza di fare le valigie la mattina del sette gennaio e dire di nuovo addio a tutti. A Richie.
-Lui non ci sarà.- Aggiunse Mike, quasi gli avesse letto nel pensiero.-Ha detto di avere impegni improrogabili... saremo solo noi, Eddie. Non dovrai preoccuparti di nulla.-
Nonostante la rassicurazione, Eddie provò una stretta al petto.
-N-non... non lo so, Mike. Posso pensarci per un po'? Ti richiamo domani.-
-Tutto il tempo che vuoi.- La voce dell'amico era ancora profonda e gentile, come Eddie la ricordava. Poteva percepire il suo sorriso attraverso il telefono - un sorriso che l'avrebbe sicuramente convinto, l'avesse avuto lì di fronte a lui.-C'è un posto per te, in qualsiasi momento tu decida di arrivare.-
Il giovane annuì, poggiando la fronte contro il vetro freddo della finestra. La mano che reggeva l'apparecchio aveva iniziato a tremare.-D'accordo, Mike. Grazie.- Mormorò, prima di riattaccare.
Alla fine, il richiamo delle radici fu più forte di qualsiasi cosa. Eddie aveva dovuto riconoscere che Mike aveva ormai aperto una breccia nella sua muraglia, e il rimpianto di andarsene senza aver rivisto i suoi amici avrebbe portato con sé la stessa sofferenza che se li avesse visti e avesse dovuto separarsene.
Aveva bisogno di qualche istante di respiro, di isolamento dalle finzioni, e i Perdenti erano gli unici al mondo in grado di garantirglielo.
Forse era da egoisti presentarsi lì solo per prendere, senza dare nulla in cambio, ma il mattino del ventisei era sulla strada per la campagna di Mike e persino la visione del paesaggio gelido e innevato gli scaldava il petto.
Mancavano pochi minuti al cancello principale. A destra, le acque del Kenduskeag emergevano dalle falde attraverso il terreno burroso formando un laghetto che le basse temperature avevano ghiacciato. Rifletteva le fronde pungenti dei pini e sulla superficie congelata si avventuravano minuscoli roditori.
Alcune centinaia di metri più in là c'era la fattoria. Aveva cambiato aspetto, da quando il nonno di Mike era morto e il giovane ne aveva preso possesso.
Oltre gli alti cancelli di ferro battuto si apriva una distesa di erbetta innevata, e al centro un selciato su cui Eddie introdusse l'auto. Si udivano i belati delle pecore che erano state chiuse nell'ovile al coperto, protette dal freddo. Anche il recinto delle vacche era vuoto - solo in lontananza, legata ad uno steccato, c'era una manciata di cavalli dal manto pezzato e spesso, con lunghe ciocche di pelo spioventi sugli zoccoli, che ruminava placidamente in una mangiatoia. Mike stava accanto ad uno di loro e gli dava piccole pacche sul dorso.
Si accorse di Eddie, e gli rivolse un sorriso a trentadue denti, bianco come la neve di cui erano circondati. Tenendosi sul bordo della stradicciola, lo guidò verso la rimessa perché potesse parcheggiare l'auto - Eddie dovette fare qualche manovra straordinaria per trovare spazio tra le macchine degli altri Perdenti, un vecchio trattore, gli attrezzi da lavoro e i sacchi di fieno che vi erano stipati.
Scese dal veicolo, e fu immediatamente colpito dalla sferzata di umidità che proveniva dalle pareti di tufo del deposito. Mike lo strinse in un abbraccio pieno di calore.
-Sono felice che tu sia qui. Andiamo,- Disse, tirandolo per un braccio.-gli altri ti stanno aspettando in casa. Sei affamato? Ho del formaggio da farti assaggiare.-
Eddie attraversò con lui il resto della campagna. Mike non si occupava più della macellazione e della vendita delle carni degli animali che allevava: si era dedicato all'agricoltura, alla produzione di formaggi, latte, lana.
A perdita d'occhio si stendevano i campi di carote, cipolle, finocchi, con i morbidi ciuffi di fogliame che sbucavano dal terreno imbiancato. Oltre le stalle, c'era un capanno di travi di legno in cui Mike lasciava stagionare i formaggi, e addossati al muro grossi trogoli di pietra in cui dava alla lana appena tosata una prima ripulita.
L'amico gli indicava con emozione ogni pertugio, dalle schiere di meli in fioritura all'angolo dell'orto in cui crescevano spontaneamente profumate erbe aromatiche.
Eddie ascoltava con piacere ogni parola. Vedere Mike così entusiasta, libero dalle pretese del nonno Leroy che gli sporcavano le mani di sangue e riempivano gli occhi di orrore, lo rendeva smisuratamente contento.
Iniziava a pensare di aver fatto la scelta giusta, nell'accettare l'invito.
La casa era rimasta identica. La porta si apriva su un salotto spazioso, zeppo di divani, poltrone, morbidi tappeti e tavolini di legno ricolmi di libri, vasi, statuette che Leroy aveva intagliato.
Di fronte al camino, tra i divanetti e le sedie imbottite, erano ammucchiati i Perdenti.
Beverly fu la prima ad alzarsi con uno strepito. Corse verso di lui e lo strinse a sé in un turbine di trecce rosse. Eddie non poté fare a meno di ricambiare, e poco a poco l'abbraccio si fece più claustrofobico mentre gli altri amici si ammonticchiavano ad uno ad uno su di loro. Il giovane fu seppellito da una catasta di pesanti giacconi invernali e camicie di flanella.
-Va bene, va bene, lasciatelo respirare.- Ridacchiò Mike, afferrando i lembi dei loro vestiti.
Bill continuò a tenere Eddie saldamente per un gomito.-É bello rivederti.- Disse, con gli occhi chiari che luccicavano come il laghetto oltre i cancelli.
-Lo è anche per me.- Eddie si grattò la nuca, le guance si fecero rosse di vergogna.-Mi dispiace di non essermi fatto sentire... non è per nulla che riguardasse voi, o la nostra amicizia.-
-L'abbiamo immaginato.- Ben intrecciò le dita con quelle di Beverly, in una carezza disinvolta.-Avevi bisogno di tempo, Eddie. É stato giusto così.-
-Ma non azzardarti a sparire di nuovo!- Stan puntò un dito severo contro di lui, aggrottando le sopracciglia.
Eddie si morse una guancia. Quella era una promessa che non poteva fare.
-Cosa ti sei messo in testa?- Chiese, notando la particolare kippah che sbucava tra i riccioli biondo cenere.
-Oh, questa.- Stan la tolse per un istante, lasciando che vedesse il disegno di sevivon e candele accese intessuto nelle trame della lana.-É stato il regalo di Hanukkah dei Perdenti.-
Eddie sollevò gli occhi, quasi spaesato, e si accorse del candelabro d'ottone a sette bracci posato sul caminetto, sotto a festoni natalizi.
-Ah, accidenti, io non ho portato nulla.- Si rammaricò. Per quanto sua madre potesse essere religiosa, a Eddie era sempre importato poco delle messe, delle feste, di Dio. Se davvero esisteva, a sentir parlare Sonia e altre sue compagne d'osita, probabilmente lo odiava, quindi perché preoccuparsene?
Bill gli assestò una pacca sul braccio.-La tua presenza qui è già un regalo, Eddie.-
-E poi, anche noi non ti abbiamo preso nulla.- Confidò Beverly, con un'alzata di spalle.
-Ci sono dei krapfen in cucina, però.- Disse Stan.
Mike s'illuminò.-E il formaggio!- Ripeté, allontanandosi nella stanza di fianco.
Tornò con una teglia piena di dolcetti fritti infarciti di marmellata e un tagliere di Dry Jack affettato.
Eddie si accucciò sul tappeto e si lasciò cullare dal tepore che proveniva dal camino. La legna ardeva, sollevando sprizzi rossastri. Le voci dei suoi amici si mescolavano allo scoppiettio, e la fragranza del cibo gli volteggiava sotto al naso assieme all'odore dei ciocchi bruciati.
Chiuse gli occhi, appoggiando la testa al bordo di un divano. Sentiva la contrazione nervosa delle spalle sciogliersi a poco a poco come burro - finalmente era a casa, tra le risate, i rumori, i profumi che amava.
-Puoi sistemarti di sopra.- Gli stava dicendo Mike, con la bocca tutta imbrattata di zucchero a velo. Stan gli passò un tovagliolo con riprovazione.-C'è un letto libero nella camera di Bill e Stan.-
-Ah, e io che speravo di poter dormire comodamente nel matrimoniale.- Protestò scherzosamente Eddie, allungandosi verso il tagliere.
-É già occupato.- Beverly gli strizzò l'occhio, appoggiando la testa ricciuta sulla spalla di Ben.
-Le pareti sono sottili.- Le ricordò Eddie, e a quel punto un tenue rossore si diffuse sulle gote di Covone.
Beverly sgranò gli occhi.-Siamo stati bravissimi! Non è vero, Bill?-
Ma Bill non rispose, sogghignando mentre addentava un secondo krapfen.
Eddie si voltò verso Mike.-La cameretta andrà benissimo.- Confermò, con un sorriso timido.-Grazie per l'ospitalità.-
L'altro scosse il capo.-Non ci pensare. Non ti avrei telefonato, se non ti avessi voluto qui.-
Era vero. Non solo perché Mike era la persona più schietta e genuina che Eddie conoscesse, ma perché se i Perdenti si fossero incontrati senza dirglielo, non ci sarebbe stato modo per lui di saperlo. Nessun rancore, nessuna puntura di spillo dritta nei polmoni - non erano costretti ad avvertirlo, eppure l'avevano fatto ugualmente.
Eddie si sentì traboccare d'affetto e per un istante rimase in silenzio, incerto di dove riporlo. Prese la pasta fritta che Stan gli stava porgendo in un tovagliolo e al primo morso la marmellata esplose nella sua bocca in un profluvio di dolcezza.
-Buon Hanukkah, Eddie.- Disse il giovane, sorridendo di fronte alla sua espressione deliziata.
Eddie fu sul punto di rispondere, deglutendo in fretta il boccone, ma fu troncato dai colpi che si abbatterono sulla porta.
I Perdenti si lanciarono occhiate sorprese, interrompendo le chiacchiere e riponendo il cibo.
-Aspettavi qualcuno?- Domandò Ben, voltandosi verso Mike.
Il ragazzo si era alzato, pulendosi le mani coperte di zucchero a velo sulle cosce dei pantaloni.-No.- Rispose.
Si avvicinò alla porta e sollevò la placchetta dello spioncino. I suoi lineamenti si contrassero, e Eddie notò che la sua mano si stringeva in un pugno prima di posarsi sulla maniglia.
Spalancò l'uscio, e tutti si sporsero dai posti a sedere per scoprire chi fosse il nuovo arrivato.
Eddie percepì la marmellata risalire lo stomaco, assieme a tutti gli acidi.
Fermo sotto l'arco della porta, con il cappotto spruzzato di neve e i ricci ingolfati in un cappello scuro, c'era Richie.
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