Spiriti imminenti -3-

Conosco delle barche che si dimenticano di partire. Hanno paura del mare a furia di invecchiare.
Jacques Brel.

AnnieLuise.

"Vi affido mia figlia, abbiatene cura." Rieccheggiava la voce di mia madre nelle orecchie dei poveri Jackson
"Naturalmente signora Smith." Disse uno del gruppo, il quale nome mi sfuggiva.
"Dobbiamo andare adesso, prima che si riempia ancora di più di paparazzi questo posto." Sentenziò l'uomo burbero. Annuimmo tutti con il capo.
"Ciao mamma." La abbracciai. "Ciao Stel, mi raccomando, il roscio mal messo non te lo riprendere."
"Non te lo prometto." Ridemmo insieme.
"E tu..." Strinsi il collo di Max. "Tu cerca una signorina per bene, non le solite sgabosciate che trovi te."
"Non devo cercare niente." Mi strinse a sua volta. "Niente di niente." Lentamente sfiorò con le mani i miei capelli portandoli dietro l'orecchio, vicino alle mie labbra, poi, sussurrò delicatamente: "Probabilmente è l'ultima volta che ti vedrò, un bacio, non come l'ultimo rubato e poi cancellato, un vero bacio, me lo concede signorina Hamilton?".
"Un vero bacio..?"
"Ah ah, un vero bacio."

Qualcosa mi turbava. Sentivo che c'era una presenza che mi stava gridando contro di non farlo, di non baciarlo, per questo motivo mi scansai poco tempo dopo e sospirai, ricomponendomi.
"Buona fortuna Max."
"A te piccola, né hai più bisogno." Sorrisi. "Ps, impara a baciare che appena ti rivedo ti interrogo."
"Idiota." Gli feci la linguaccia e me ne andai. Prendendo quell'aereo definitivamente.

{...}

"La prima meta papà?" Chiese uno di loro.
"Memphis, al Mid-South Coliseum. Sarà un successone."
Sentivo in sottofondo, ma non ascoltavo con molta attenzione.
Stranamente, probabilmente perché ero nuova di trinca, mi fecero stare insieme a loro, tutta l'altra troupe sarebbe venuta con un altro aereo e sarebbe arrivata anche prima di noi. Ero su di giri, erano tutti lì che parlavano fra fratelli, ed io mi sentivo un pesce fuor d'acqua che non sapeva se fosse il caso di intervenire o fare finta di non essere presente. Tirai qualche lieve colpo di tosse e da lì iniziò il tremendo assalirmi di domande.
"Allora, sei emozionata AnnieLuise?".
"Annie... Annie è sufficiente." Sorrisi discretamente. "E sì. Sono molto emozionata, non ho mai fatto niente del genere."
"Diventare fotografa è sempre stato il tuo sogno?"
"Ah ah, sempre."
"Tuo padre? Non l'ho visto a salutarti, abita in un altro continente?"
"Mio padre ecco... Mio padre è..."
"È difficile per te lasciare la tua famiglia laggiù?"
"Beh sì certo, credo che sia difficile sempre lasciare il proprio nid-"
"Quella ragazza era tua sorella? Vi somigliate molto."
"Io..." Presi fiato. "Io non ricordo i vostri nomi. Me li potete ripetere?"
"Certo!" Sorrisero in armonia. Sembravano gemelli da quanto erano coordinate le loro movenze.
"Jermaine, piacere ancora."
"Tito."
"Sono Marlon."
"Io Jackie."
Mi voltai notando Michael assorto nei suoi pensieri, incurante di tutto quello che veniva detto.
"Lui è Michael, ma evidentemente adesso ha la testa fra le nuvole." Disse Jackie ridendo accompagnato da Marlon.
"Sì, lui lo ricordo." Dissi quasi sovrappensiero incurante del fatto che potessero sentirmi gli altri.
"Buh." Urlò Tito facendo saltare Michael. "Allora? Sei con noi?"
"Umh? Sì, sì certo." Mi sorrise imbarazzato e ricambiai abbassando velocemente lo sguardo.

Il tempo passò così, continuarono a parlare e parlare... Io rimasi in silenzio fissando il panorama che vi era fuori senza mai aprire bocca, fin quando Michael non decise di parlarmi.
"Mi dispiace per i miei fratelli, sanno essere asfissianti a volte, ne sono consapevole."
"Come dici?" Tossii e mi voltai verso di egli. "Non preoccuparti, sono curiosi, lo sarei anche io." Lo rassicurai, ma in realtà l'accaduto precedente mi aveva messa a disagio.
"Dev'essere dura dover passare tutto quel tempo senza il tuo... Il tuo r-ragazzo." Balbettò molto molto lievemente.
"Il mio ragazzo?" Lo guardai confusa, poi ridetti capendo a chi alludeva. "Oh, Max intendi. No, non è il mio ragazzo, è solo una vecchia amicizia che ho ritrovato da molto tempo ma davvero, non c'è niente fra noi due, sono totalmente libera." Sbarrai gli occhi rendendomi conto cosa mi era uscito dalla bocca. "C-cioè, intendo dire che, sì ecco, n-nessuno mi aspetta a casa. No, sì, oltre mia madre dico..." Sbuffai. "Lasciamo stare, hai capito no?"
Michael leggermente arrossito annuì incerto.
Idiota. Pensai.
"Foto." Dissi scattando verso di lui.
"Ei." Saltò non aspettandoselo. "Che hai..."
"Sinceramente sei venuto molto bene." Arrossì, toccò la punta del naso ed abbassò lo sguardo.
Fu il viaggio più lungo della mia vita, non tanto per la quantistica temporale quanto per l'imbarazzo che vi si era creato all'inizio, parlai quasi tutto il tempo con Michael e anche se mi trovai molto bene la tensione si tagliava con il coltello, c'era forse semplicemente il disagio di non conoscersi per niente.
Una volta arrivati, venimmo subito invasi dai paparazzi del luogo e, con descrizione, ci scortarono all'interno dell'hotel nel quale avremmo alloggiato. Il personale alloggiava altrove, ma io rimasi lì con loro.

"Bene, eccoci qua figlioli. Sarà un tour mozzafiato." Entusiasta dichiarò il padre.
Presi la macchina.
"Sorridete."
Feci la foto prendendo e risaltando i loro sorrisi.
"Forza! Abbiamo pochi giorni, oggi riposo per tutti da domani prove intense e molto dure! Intesi?"
Risposero all'unisono annuendo.
I fratelli Jackson sì riunirono tutti dentro un'unica stanza, io mi diressi nella numero 306. Riservata lontana un po' da tutti.
Ed era... Wow. Davvero wow.
Immensa... Davvero enorme, casa mia era davvero piccinina in confronto a questa stanza d'albergo.
Il pavimento di un bianco risplendente accompagnato dalle mura color crema sporco, e un bellissimo tappeto al centro della stanza dei medesimi colori mischiati e accompagnati da rose disegnate in marroncino tenue. Le tende di un azzurrino ceruleo, con sfumature ciano e le coperte di un bellissimo letto matrimoniale rosa pesca decorate da petali rossi sui cuscini che emanavano spensieratezza. Il profumo era intenso, sapeva di incenso e infatti, frugando qua e là trovai alcune candele che non ci pensai due volte ad accendere.
Il bagno poi, era la fine del mondo. Tutto intinto dello stesso bianco ma con accenni ad un rosa pelle e una vasca immensa, stondata con incorporato l'idromassaggio.
"Accidenti." Rimasi a bocca asciutta, mi buttai sul letto ed urlai fra i cuscini.
"Non può essere il mio alloggio. Sul serio non può essere." Risi. "Non può essere!" Continuai a gridare. "Dio non svegliarmi se sto sognando ti prego." Era la prima volta che avevo tutto questo. La mia vita mi sembrava già cambiata e sapevo, perché lo sapevo, che era semplicemente l'inizio di un cammino davvero davvero folle.
Svuotai la mia valigia mettendo il tutto all'interno degli armadi color grigio spento, enormi anche quelli, ma questo sicuramente lo avevate immaginato sentendo gli standard della stanza.
Una volta finito, respirai a fondo il profumo del mio inizio.
"E che non la provo adesso la vasca?" Entrai in bagno e lasciai scorrere l'acqua tiepida e lasciai che si riempisse fino a poco meno dell'orlo.
Una volta fatto, aggiunsi il sapone ai girasoli che avevo trovato sopra la vasca e lo amalgamai con la mano. Createsi le bollicine, tolsi ogni indumento e, dopo aver raccolto i capelli in un cipollotto alto scomposto, immersi il mio corpo dentro essa. Lasciandomi cullare dal piacere del lusso che mai avevo provato fino a quel momento.
Chiusi gli occhi.

{...}

Sentii bussare alla porta, controllai l'orologio ed era passata all'incirca un'ora e mezza. Uscii dalla vasca e velocemente indossai l'accappatoio che vi era attaccato alla doccia. Sciolsi i capelli e mi diressi alla porta.
Ho ordinato qualcosa? No, vero? Mi domandai interiormente.
Aprii.
"M-Michael?"
Deglutii egli voltandosi velocemente.
"S-scusa, n-non è... Non è un buon momento?"
"Mmh? Oh no, entra pure, mi metto velocemente qualcosa addosso."
Presi delle cose da mettermi nell'armadio, per esser quanto meno presentabile, e in un batter d'occhio tornai in camera.
"Scusa, sono stata veloce?"
"Sì, molto." Si sedette al bordo del letto. "Molto bella anche la tua stanza. A te piace?"
"Sì." Mi sedetti anche io a mia volta. "Decisamente stupenda, mai avrei creduto di poter alloggiare in un luogo come questo. È assurdo."
Rise.
"Allora..." Proseguii io. "... Ti serviva qualcosa? Qualche comunicazione di servizio da fornirmi? Oppur-"
"No, niente di tutto questo, assillarti a quest'ora con il lavoro non era proprio nei miei piani." Sì giustificò. "Volevo solo sapere come ti trovavi, sai, dato che per te è tutto così nuovo volevo esser certo non ti mancasse niente."
Rimasi sbalordita.
"Grazie. Il mio più sincero grazie Michael."
"Andiamo..." Fece spallucce visibilmente rosso. "Sono io che devo ringraziare te." Sì voltò.
Alzò leggermente la maglia mostrandomi le ferite molto più chiare rispetto all'inizio. "Una crema miracolosa."

"Bene, ne sono felice." Sorrisi debolmente e anche lui.
"Tu?"
"Io?"
"Tu come stai?"
"Che intendi dire?" Domandai perplessa
"Sai... L'ultima volta hai detto che..." Mi guardò, notando che avevo radicalmente cambiato espressione. "Magari... Più avanti." Concluse. "Forse ora dovrei andare, domani è una giornata impegnativa per tutti. Ti auguro un buon riposo Annie. Per qualsiasi cosa, non esitare a contattare la reception oppure direttamente me."
Si avviò verso la porta e, una volta chiusa dietro di sé, risposi.
"Buon riposo."
Mi sdraiai nel letto, chiusi gli occhi e respirai a fondo. Posai una mano sulla testa.
Non era ancora l'ora di parlarne. Non era l'ora.

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