Raccontami di te -1-
"Capitano a volte incontri con persone a noi assolutamente estranee, per le quali proviamo interesse fin dal primo sguardo, all'improvviso, in maniera inaspettata, prima che una sola parola venga pronunciata."
Fëdor Michajlovic Destoevskij.
AnnieLuise.
La pioggia batteva imperterrita sulla mia finestra.
Appoggiata ad essa fissavo le goccioline d'acqua che scorrevano lungo la sottile e trasparente spessura che divideva me dall'esterno.
Stilavo il minuto nella speranza di vedere uscire mia madre senza di me.
Lei era una donna solare e carismatica, un passato turbolento l'affliggeva eppure non faceva altro che sorridere al prossimo, affrontava ogni situazione sfoggiando i suoi trentadue denti perfettamente
bianchi.
Una donna dalla capigliatura di colore biondo con svariate ciocche castano cenere che partivano leggermente dalla cute, i suoi occhi brillavano di un azzurro acceso e cristallino, un corpo minuto con delle forme ben marcate andava a chiudere il tutto con l'altezza giusta per una donna media.
Come volevasi dimostrare, nessuno avrebbe mai detto della nostra parentela a prima vista, eravamo totalmente diverse, sia fisicamente che caratterialmente.
Con la mia testardaggine, unita alla prepotenza apparente, sfoggiavo una chioma dal castano scuro che spesso portavo mossa, nonostante la mia natura fosse liscia, i miei occhi spiccavano del medesimo colore dei capelli, portando una leggera modifica sul chiaro scuro, un corpo fin troppo piccolino e troppo poco definito concludeva con un'altezza inferiore a quella di una ragazza di diciassette anni.
Sì, ero un metro e sessantanove.
E sì, era frustrante.
"Annie, non metterti a fare la testarda ora." Sbucò dal niente mia madre, mentre i miei occhi continuavano a fissare le gocce di pioggia che atterravano sul vetro. "Tu vieni con me a questa cena, che ti piaccia oppure no."
"Io non vengo da nessuna parte." Conclusi con la strafottenza che mi era solita usare quando qualcuno tentava di impormi una qualsiasi cosa.
"Oh no signorina, finché vivi sotto il mio tetto ed hai l'età minore si fa come dico io."
"Adesso ricattiamo anche?" Finalmente voltai il mio viso, increspando le mie iridi con quelle di mia madre.
Sbuffò pesantemente mentre infilava velocemente l'enorme orecchino fatto a cerchio dorato davanti al mio specchio.
"Non ti sto ricattando, io..." Buttò le mani lungo la sua figura voltandosi completamente verso di me.
"Beh?" Domandai spazientita.
"E' una grande opportunità per me, lo sai vero? Non capita tutti i giorni di avere un colloquio per fare delle foto sotto diretta richiesta dei Jackson's. Si tratta solo di una cena, mostrerò le mie foto e dopo aver mangiato ci dilegueremo e prometto che non ti chiederò più di lavare i piatti per una settimana!"
"Un mese, e ne possiamo parlare." Constatai tornando a fissare la pioggia.
"Insomma... Perché la fai cosi difficile?"
"Forse perché non capisco il motivo per il quale ad una tua cena di lavoro devo presenziare anche io? Voglio dire, non interessa a nessuno dei presenti sapere com'è fatta tua figlia e per altro, io non la seguo nemmeno questa band."
Roteò gli occhi per poi posarli sul mio viso, guardandolo male.
"Tu hai da sempre la mia stessa passione, no? E non pensi che questa sarebbe una buonissima opportunità? Dico, iniziare a venire con me a questi eventi, assistermi mentre faccio dei servizi e a volte sostituirmi anche. Ma se resti ferma qui ignorando ogni essere della terra sarà impossibile entrare in questo mondo." Passò la sua lingua sulla parte interna ed inferiore del labbro, portò la mano sinistra sulla tempia e leggermente la massaggiò. "Perciò, potresti cortesemente cambiarti e fare anche in fretta? Sai, rischiamo di fare molto tardi, non sono mai andata in questo posto, non ho idea di dove si trova né di come ci si arriva. Ti prego... Collabora." Alzai lo sguardo verso di lei.
"Non ci penso nemmeno."
"Annie!" Urlò esausta.
"Stavo giocando, mamma." Mi diressi verso il mio armadio prendendo un semplice jeans a campana di color blu scuro, accompagnato da un felpino rosso molto comodo e caldo.
"Ti sei preparata i vestiti per la scuola domani?" Chiese mia madre ridendo istericamente mentre osservava basita i capi di abbigliamento che tenevo fra le mani.
"Come dici?"
"Tu così non-"
"Alt!" Urlai mettendole la mano destra davanti "se devo venire, vengo a modo mio. Voi fate pure gli eleganti fra smoking e vestiti altezzosi, io vengo dalla semplice ragazza la quale sono." Tentò invano di ribattere "e non accetto discussioni di alcun tipo." Mia madre alzò le mani in segno di arresa.
"Vedi di sbrigarti!" Sbuffai.
Sciacquai velocemente il corpo tenendo i capelli raccolti in uno chignon alto.
Uscii dalla doccia più velocemente del solito, amavo stare ore ed ore sotto l'acqua, lasciare che gocce di essa tiepide venissero a contatto con la mia pelle, facendo sparire ogni pensiero, ogni ricordo...Ogni volta che passavo la mia mano lungo il minuto e poco definito corpo, mi ritornavano alla mente quei maledettissimi giorni. Chiusi gli occhi e sospirai pesantemente.
Presi la mia biancheria e, dopo averla indossata, mi recai nuovamente in camera dove avevo lasciato i vestiti presi poco prima.
Indossai i capi e, senza troppe modifiche, pettinai i miei capelli rimasti mossi dalla mattinata, lasciai il mio viso senza trucco e dopo aver preso il giubbotto di color nero, scesi dirigendomi da mia madre, la quale era nervosa e spazientita.
"Se ti avessi detto di metterci tutto il tempo che volevi, ti saresti presa la tranquillità di presentarti tre giorni dopo?" Agitava la borsa da una parte all'altra mentre cercava le chiavi di casa.
"Sono davanti a te." Indicai con l'indice della mano sinistra.
Sbuffai roteando gli occhi per poi riposarli su quelli di mia madre si leggeva la sua ansia. "Mamma andrà tutto bene, non essere cosi nervosa, lo sai che sei brava nel tuo lavoro ed hai fatto foto per molti personaggi importanti. Non vedo il motivo della tua ansia così persistente."
"Potrebbe essere la svolta giusta per la nostra vita, lo sai vero?" Afferrò le chiavi, incitandomi ad uscire di casa. "Smettila di agitarti, è inutile. Se deve andare male andrà male sia che tu sia tranquilla, sia che ti agiti vomitando anche l'anima." Sbattei rumorosamente la portiera della macchina.
"Si rompe, presta attenzione." Fece retromarcia uscendo dal piccolo parcheggio che si trovava di fronte alla casa. "Sai cara? Sei proprio brava nel dare consigli tranquillizzando le persone, sì, davvero davvero brava. Grazie Annie." Rise sarcasticamente tenendo gli occhi puntati sulla strada. "Quando vuoi mamma." Terminai la discussione spostando il mio sguardo sul finestrino.
[Seconda parte]
AnnieLuise.
"Sei sicura di saper dove stai andando?" Chiesi a mia madre osservando la sua figura confusa mentre cercava la via sulla cartina. "No...cioè, sì. Certo che lo so... È solo che..." Risi sotto i baffi.
Aveva tutti i pregi del mondo mia madre, ma non era di certo la miglior donna con il senso dell'orientamento del mondo, tutt'altro, faceva molta, molta, pena. "Mamma passami la cartina."
"No, giuro che ci riesco-"
"Vuoi fare tardi a questa cena superiore importante con questi cinque ragazzini?" La zittii prendendo dalle sue mani, senza il consenso, la mappa.
Osservai essere al contrario, mi meravigliai di quanto disorientata fosse mia madre, non riuscire ad accorgersi di una cartina al contrario era veramente difficile.
"Se la giri magari troviamo un punto." Affermai ribaltando il pezzo di carta tenendo il mio sguardo impassibile sul foglio. Lessi la via che vi era scritta sul pazzo di carta strappato che teneva sul ginocchio mia madre, 4641 Hayvenhurst Avenue. "Gira qui."
"Sei sicura? Secondo m-"
"Mamma, gira qui." Annuì ridendo, scaturendo di rimando una risata anche in me.
Circa quaranta minuti dopo, trovammo un enorme cancello elettrico ad una casa adiacente, dal di fuori sembrava in stile ranch Californiano.
"Ma che cosa..." Deglutii "mamma abbiamo sbagliato sicuramente casa, siamo finite nella villa di qualche nobile." Rise di gusto continuando a svoltare fino a raggiungere l'enorme cancello.
"Credo proprio che sia giusta la via. Ricorda che stiamo parlando della prima band che ha piazzato consecutivamente i primi quattro singoli al primo posto nella classifica generale di Billboard."
Sbarrai gli occhi, un po' per le parole di mia madre, un po' per ciò che si vedeva dall'esterno.
Si riuscivano ad intravedere i numerosi alberi di limoni, arance e mandarini, c'era un campo molto molto spazioso che, a quanto pareva, veniva usato come campetto da Basket.
Non passò inosservata la piscina olimpionica che vi era dinanzi alla casa, o quanto meno, poco più distante.
Mia madre si avvicinò, abbassò il finestrino e citofonò.
"Sì?" Una voce femminile rispose pochissimi istanti dopo, sembrava ferma appositamente dall'altra parte di esso.
"Salve, sono la signora Smith, avevo appuntamento con-" Non la fece finire di parlare che notammo l'enorme cancello muoversi verso l'interno.
Ci squadrammo.
"Famosi, ricchi da far schifo e maleducati. Sì, si prospetta una bella serata." Ironizzai, alzando la testa disgustata.
"Non farmi fare figurette... Non rispondere a tono, cerca di essere accondiscendente, almeno per una sera." Disse guidando verso l'entrata. "Certo mamma." Toccai il sopra del finestrino con due dita. "Se non mi daranno modo di rispondere a tono." Ridacchiai infine.
Parcheggiò, spense la macchina ed estrasse le chiavi.
Mi guardò prendendo la borsa che aveva riposato ai miei piedi.
"Ho capito, è andato a puttane l'affare."
"Mi hai voluta con te." Ridemmo insieme, scendendo dalla macchina.
Una figura di una donna piuttosto bassa si prostrò davanti a noi, non appena mia madre diede due colpi alla porta.
"Buonasera, sono Margaret Smith e lei" mi diede una leggera spinta sulla schiena presentandomi orgogliosamente "lei è mia figlia, AnnieLuise, l'aspirante prolungamento di sua madre."
"Estremamente deliziosa." Sorrise la donna.
Il suo viso era particolare, piccolo per certi versi: le sue labbra erano molto marcate mentre gli occhi erano incavati e di un marrone scuro accompagnati ad un paio di occhiali. I capelli corti e arricciati al collo, sulla fine, accompagnati dal medesimo colore che, sempre lo stesso, accompagnava anche la pelle con qualche lieve ruga.
"Piacere, sono Katherine Jackson." Strinse la mano prima a mia madre e poi a me "Madre dei Jackson's, naturalmente." Sorrise allargando la porta. "Vi prego, non restate sullo stipite, accomodatevi." Ci fece elegantemente entrare. Sembrava una donna piuttosto dolce e di buon anima.
Mi piaceva molto.
Strabuzzai gli occhi senza fiato, scorgendo com'era il vano all'interno. Nel soggiorno vi era un divano incorporato che faceva il giro della stanza, appesi vi era un'infinità di dischi d'oro, di platino, simboli degli album e, evidentemente, i singoli di essi.
"La casa è arredata in stile anni settanta, vi sono sei camere da letto, abbiamo anche una spaziosa terrazza solarium e cinque bagni. Sono all'incirca duecentoquaranta metri quadrati per tredici. Spero sia di vostro gradimento, questa è la stanza più luminosa e la preferita dai ragazzi dopo il giardino."
Duecentoquaranta metri quadrati... La nostra di novanta mi sembrava la fine del mondo, tipo la villa della regina, ma a quanto pare era quello il vero lusso.
"Signora Jackson è molto bella vista da qui." Esordì mia madre
"Oh, vorrei farvi vedere il resto, ma non vorrei si raffreddasse la cena e, inoltre, voglio farle conoscere subiti i miei ragazzi e mio marito."
"Certo, non vediamo l'ora di farne la conoscenza."
"Parla per te mamma." Avrei voluto dire, ma non era il caso di azzardare. Mi limitai a sorridere annuendo.
Entrammo nella meravigliosa e altrettanto grande cucina, dove c'erano quattro ragazzi e un uomo dall'aspetto bisbetico.
Inquietante.
"Caro, queste sono la signora Smith e sua figlia, AnnieLuise." L'uomo squadrò prima mia madre e poi me e, quasi come se fosse una cortesia, ci salutò.
"Sera."
"Buonasera signor Jackson." Rispose sorridente mia madre.
Proprio non capivo come potesse sorridere ad un maleducato tale, la moglie era di gran lunga più ospitale.
"Dov'è Michael?" Sentii bisbigliare dalla donna all'orecchio di quella figura bisbetica.
"Stasera uccido tuo figlio. E in tutti i sensi Katherine." Le parole da lui pronunciate non sembravano retoriche, come quelle che usava mia madre quando combinavo un disastro, sembrava celarsi un fondo di verità. E faceva paura.
"Bene, vi chiedo scusa ma uno dei miei ragazzi sta tardando...Vogliamo intanto presentare gli altri?" Sorrise amorevolmente ai figli "ragazzi? Avanti non siate timidi." Li incitò a fare la presentazione.
"Jarmaine, molto piacere." Allungò la mano verso di me.
In realtà la descrizione che posso farvi è molto limitata, se pur confrontate da tagli del viso diversi, più o meno erano tutti uguali. Capelli piuttosto corti riccioluti, occhi del solito colore della madre accompagnati da una tonalità nera della pelle, non troppo scura né troppo chiara.
"Annie." Risposi stringendo controvoglia la mano. Stessa cosa fecero gli altri tre: Marlon, Jackie e Tito.
"Ragazzi, dovete presentarvi anche alla signora Smith è lei che presumibilmente lavorerà per noi." Ridacchiò la madre facendoli arrossire tutti e quattro. Sorrisi in maniera molto falsa e ristretta.
"Ci sarebbe anche il più piccolo, Michael, ma..." Una botta fece scattare tutti in prossimità della porta facendo zittire la donna.
"Scusate il ritardo!" Urlò euforico un ragazzo sbattendo in aria le braccia come un bambino che cercava di giustificare il proprio errore.
Come detto prima, erano tutti molto simili...Ma potrei descrivere molto bene quest'ultimo. I capelli riccioluti neri ricadevano alla perfezione sull'inizio del collo, alcune ciocche ribelli delineavano il suo viso posandosi sugli occhi, quest'ultimi avevano un taglio perfetto e di un marrone pressoché uguale a quello dei fratelli... Ma avevano un qualcosa in più, erano penetranti, la sensazione che avevi nel sfiorare il suo sguardo era lo stesso disagio di essere nuda in mezzo alla stanza, e per concludere, le labbra erano carnose, ma non troppo, il giusto per un viso di quel calibro.
"Tesoro! Dove sei stato?" Chiese la madre avvicinandosi a lui.
"Io-"
"Ti conviene avere una valida motivazione." Intervenne il padre a denti stretti ringhiandogli contro. Guardai scioccata mia madre che, di rimando, mi fece capire con lo sguardo di farmi gli affari miei. "Vieni, ti presento gli ospiti. Loro sono, la signora Smith" Allungò la mano mia madre, il ragazzo di rimando la strinse dolcemente.
"Lieto di conoscerla, sono Michael."
"E lei è la figlia." Concluse la madre facendo spostare l'attenzione del ragazzo su di me.
"Michael, è un vero piacere conoscerti..."
Mi porse la mano aspettando che dicessi qualcosa.
Afferrai la stretta e deglutii.
"A-annie" quasi balbettai.
"Piacere di conoscerti, Annie." Mi sorrise.
Dopo aver lasciatomi la mano, sfiorò la quasi punta del suo naso e, timidamente, abbassò lo sguardo. Sentii le guance avvampare e prendere un colorito troppo roseo per i miei gusti.
"Bene, accomodiamoci." Esordì la giovane donna.
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