Il suono del silenzio -5-

"L'insegna proiettò il suo avvertimento,
tra le parole che stava formando.
E l'insegna disse <le parole dei profeti sono scritte sui muri delle metropolitane
e sui muri delle case popolari.>
Così sussurrò, nel suono del silenzio."

Simon&Garfunkel.

Narratore esterno.

Le lancette di un orologio mal funzionante picchiettavano le orecchie della povera giovane. Non riusciva ad aprire bene gli occhi a causa del dolore lancinante che le traforava la testa, così portò entrambe le mani alla tempia e con movimenti circolari percorse tutto il tratto del suo viso, strusciando più e più volte.
Fu quando si accorse di aver addosso un giacchetto non suo, delle coperte non sue e di esser stesa su un materassino per terra, logicamente non suo, che si alzò frettolosamente mettendosi seduta.
"Ma che diavolo..." Imprecò squadrando ogni parte dell'appartamento nel quale vi risedeva.
Chiuse di nuovo gli occhi, presa da una forte fitta alla tempia, e un'altra, e un'altra, ed un'altra ancora...era un dolore tanto asfissiante che non riusciva neanche ad urlare per non essere nella sua stanza. Tutto ciò che riusciva a muovere era il braccio intorno al volto.
"I sintomi post-sbornia. Che seccatura." Sì intromise una voce maschile nelle sue orecchie, costringendola ad aprire gli occhi e a rivolgersi nella sua direzione.
"Tieni, bevi dell'acqua. Fa bene, credo."
Mark.
Ma perché era da Mark?
"Che-"
"Ci fai qua? Non reggi l'alcool, dovresti evitarlo."
Scosse il capo, afferrando il bicchiere che teneramente le era stato posto dal giovane biondo.
Scavò a fondo nei ricordi della notte passata, cercando di riaffiorare cosa fosse successo.

//"Buon anno." Si avvicinò a lui ponendo fine alla distanza che vi avevano.
Si staccò, lo fissò e muovendosi in maniera errata caddero lei sopra di lui.
Risero per poi, a causa di lei, tornare seri subito dopo.
Cominciò a baciarlo di nuovo, con foga e passione. Il mondo circostante era svanito, non c'era niente che non fosse follemente magico in quel preciso istante dove le loro bocche si erano congiunte ballando una delle danze più tortuose e fantastiche di sempre.
Ma era sbagliato.
"A-" Cominciò Michael. "A-Annie..." Pronunciava tal parole soffocate dai baci.
"Ssh." Posò dei baci lungo il suo collo, scese verso il suo maglione e infilò le mani all'interno cercando di sfilarglielo.
"Annie." Le fermò le mani, costringendo ad alzare il volto e a guardarlo. "Sei ubriaca, non sei completamente in te stessa ed io non farò una cosa della quale potresti pentirti il giorno dopo."
"Non sono ubriaca." Biascicò Annie, impastando le parole e tenendo gli occhi semi-aperti.
"Sei ubriaca An, non mi approfitterò della situazione, adesso ti porto da Mark e passi la notte là. Non sei in grado di guidare."
"Chi è Mark?"
"Appunto."
La alzò poggiandole un braccio intorno al corpo di modo che potesse aiutarla a camminare.
Gli leccò il lobo dell'orecchio facendolo rabbrividire, lasciando vari baci sul collo.
"Annie basta, non così."
"Ma lo voglio."
"Ascoltami." La mise davanti a lui, fissandola negli occhi. "Non sei in grado di dire cosa vuoi, va bene? Non è il caso che la serata vada avanti. Sono stato tanto bene con te ma o-ora io..." Arrossì. "Ti porto da Mark."
"Mio dio." Mise le mani nei capelli Annie schiudendo le labbra. "Ma che sto facendo... Ti prego scusami Michael, temo proprio di non reggere l'alcool."
"Questo non ha ombra di dubbio." Risero entrambi. "Dai che ti aiuto."//

Oh...adesso ricordava.

Mise le mani nei capelli esasperata.
"Hai ricordato qualcosa?"
"Ma cosa ho fatto..." Gli occhi le si riempirono di una luce rossa, che picchiava violentemente le iridi scure a loro volta divenute lucide.
"Ei..." Mark le si avvicinò, mentre Annie portò le mani sugli occhi abbandonandosi ad un pianto liberatorio.
"Michael...che ha fatto? Che ha detto? Era arrabbiato?"
"Cosa?"
"Lo sapevo. Ho rovinato tutto, non so tenermi stretta assolutamente niente di niente. Lui aveva ragione, io-"
"Annie." La interruppe Mark. "Stai divagando. Distingui realtà da fantasia, hai alzato un po' il gomito? E che sarà mai per Dio! Sai quante volte l'ho fatto io? Pff, ho perso il conto." Le asciugò le lacrime. "Michael non era arrabbiato con te, è stato molto premuroso al contrario."
Le sorrise, ed ella ricambiò smettendo di piangere. Bevve un sorso d'acqua naturale, e si strinse nelle spalle.
Michael non aveva dato tanta importanza a quel gesto, perché avrebbe dovuto farlo lei? Alla fine non era stato assolutamente niente. I baci da ubriachi se li danno tutti, se li danno le amiche, i conoscenti...poteva essere successo anche a loro, niente che avrebbe compromesso il loro rapporto.
Sperava.

"Ti senti meglio?" Domandò Mark sorridendole.
"Meglio...ho dolore alla testa."
Rise di gusto.
"Ubriacarsi non fa bene Hamilton."
"Ei..."Lo puntò male abbandonandosi ad un sorriso tenero subito dopo. "Dovrei tornare a casa adesso, mia madre starà dando i numeri."
"Sì, forse dovresti."
Si alzò stiracchiandosi seguita da un enorme sbadiglio che coprì con la mano destra, per poi toccarsi la lunga chioma scomposta.
"Annie ce la fai a guidare?"
Scosse il capo.
"Posso usare il telefono? Chiamo Stella e le chiedo di venirmi a prendere."
Esitò il ragazzo. Sospirò incurvando le sopracciglia mentre delicatamente si grattava la nuca in segno di ragionamento.
"Non so se.."
"Qual è il problema?"
"Mmh..."Si sedette per terra. Prese una cicca dal pacchetto steso accanto a lui e la portò alle labbra, la accese per poi fare un tiro veloce. "È che non mi va che estranei sappiano dove si trova il mio posto, voglio dire, sono anche abusivo in un certo senso e se non ci fosse Michael, io non starei neanche qua. Meno gente sa dove sto e meno è il pericolo di dover fuggire."
Annie si sedette di nuovo al fianco del ragazzo.
Capiva la paura di Mark, la storia brutta che si portava appresso lo rendeva diffidente verso il prossimo chiunque egli fosse, ed era proprio come lei in fin dei conti. Ma dal suo canto sapeva benissimo chi era Stella e che mai e poi mai avrebbe proferito parola su chi fosse il giovane o sul dove si trovasse.
"Stella è una ragazza d'oro, posso assicurarti che non direbbe una sola parola neanche sotto tortura se io la supplicassi di non farlo. Neanche se per chissà quale motivo dovessimo litigare e arrivare ad odiarci così tanto da smettere di rivolgerci la parola per sempre, lei porterebbe quel che le ho detto sino alla tomba con sé. La conosco benissimo, sono sicura anzi che ti piacerebbe davvero tanto."
Soffiò fumo dalla bocca.
"Sei tremenda Hamilton." Ella gli fece la linguaccia recandosi al telefono. "Capisco perché gli piaci tanto." Sussurrò.
"Come dici?" Chiese la giovane con la cornetta in mano.
"Dico che devi sbrigarti prima che cambi idea."
"Un secondo...un secondo."

<<Sì, pronto?>> Una voce calda e di mezza età prese il sopravvento su Annie.
<<Valentine?>>
<<Oh Annie, cara, dimmi tutto.>>
<<C'è Stella in casa?>>
<<Sì, è in camera sua, te la chiamo subito. Stella! C'è AnnieLuise al telefono, sbrigati. Arriva tra un momento.>>
<<Grazie Valentine e...senti, mi dispiace per quel che è successo, ti devo ancora le mie scuse.>>
<<Tutto passato piccina, sono io che devo scusarmi con te per esser stata una tale insensibile. Deve esser un bruttissimo periodo.>>
Non disse niente Annie, ma dentro un piccolo prese voce.
<<Ecco Stella, te la passo subito.>>
<<Ah ah, grazie ancora.>>

<<An?>>
<<Stella, vienimi a prendere ti prego.>>
<<Mio Dio Annie. Ma dove accidenti sei? Tua madre ha chiamato chiedendomi se avessi un'idea di dove fossi, le ho detto che stavi con me e che eri crollata prima di riuscire ad avvertirla. Ringrazia che ho risposto io e non mia madre.>>
<<Ringrazio. Ma vieni a prendermi?>>
<<Dove accidenti sei?>>
<Sono...in un bosco...non tanto lontana dalla casa Jackson.>>
<<Tu->>
<<Non urlare...>>
<<Ma tu stai scherzando... Sai che non posso venire fin laggiù.>>
<<Sì che puoi! Basta che poi non lo dici in giro, ti prego, non mi reggo in piedi e se prendo il Ciaino faccio un'incidente sicuro.>>
<<Sei un'incosciente.>>
<<È un sì?>>
Sbuffa dall'altro capo.
<<Ottimo! Allora vieni qui.>>
<<"Qui"? E secondo te dovrei sapere dov'è "qui"?>>
<<Ma tu non sai sempre tutto?>>
<No, la via dei Jackson ancora mi sfugge, ma se me la dici...>>
<<Sarà la prima ed ultima volta che la userai. Uscite di qui tu te la devi dimenticare. Ricevuto?>>
<<Ricevuto.>>
<<4641 Hayvenhurst Avenue, invece di tirare a dritto al primo incrocio gira a sinistra, percorri metà boschetto e trovi una casetta mal ridotta e abbandonata. Non perderti.>>
<<Ma->>

Attaccò il telefono, nella speranza di riuscire a rivedere la sua migliore amica prima che si perdesse per sempre.

"Mal ridotta?" Spense la sigaretta per terra Mark.
"Nel senso..."
"Sisì, nel senso." Rise ed Annie con lui.
"La tua amica verrà?"
"Non lo so...ma non ci speriamo."
"Nel dubbio, ho del cibo, se hai fame ora o più tardi."
Annuì Annie e sorrise.

Mark tendeva a mostrarsi più rude di quel che effettivamente era. Col trascorrere del tempo aveva dovuto sopportare da solo ogni dolore, ogni parola, ogni singolo gesto che gli era stato brutalmente negato dalla vita. E a lunga andare, si diventa duri anche con noi stessi, si percepiscono anche le minime cose con i sensi affiorati al cento per cento e per Mark, era lo stesso. Ci teneva a mostrare di sé un'immagine tenebrosa e cupa, non voleva che nessuna persona all'infuori del mio suo migliore amico potesse sapere che se solo avesse voluto sarebbe stato in grado di regalare il mondo a chiunque, perché avrebbe voluto farlo, non c'è cosa più difficile che dover fingere di esser freddi e stronzi quando in realtà si ha un cuore così enorme che non basta un corpo solo per contenerlo. Ed Annie, capiva questa emozione meglio di chiunque altro.
E forse, era per questo, che non si sforzava più di tanto con lei.

Dalla finestra piccoli e tenui spiragli di luce nascosta da una nevetta attecchita che continuava pian piano a scendere facevano ingresso nella casetta. C'era quiete e silenzio, pace e armonia.
Era il primo giorno del millenovecentottantadue.
Un altro anno era volato e con se aveva portato via gli strascichi violenti di un periodo un po' buio per chiunque. Era l'inizio di un nuovo periodo frenetico e emozionante. Che non vedeva l'ora di essere scoperto e vissuto.
Era l'inizio, di un periodo felice che gridava la duratura perenne, che quanto meno lo sperava...lo sperava davvero.

Un ticchettio brusco e feroce pervase le orecchie dei due giovani.
"Pss...Annie? An? Sei qui?"
Le tappò la bocca Mark prima che la giovane dalle iridi scure potesse rispondere.
"An..." Bussò ancora. "C'è qualcuno...?"
"Vado io." Sussurrò il ragazzo.
A passi rudi si avvicinò alla porta, di modo che potesse sentire che qualcuno al di là di quello spessore vi era.
Aprì leggermente la porta, così da non far intravedere Annie, e squadrò la ragazza.
Stella, si bloccò.
"Posso esserti utile?"

"Amh-" Deglutì. "I-io temo di...aver sbagliato porta, cioè, casa. S-scusa, vado via."
Si voltò.
"È davvero simpatica la tua amica Annie."
Si fermò, rivoltandosi verso di lui che nel mentre aprì del tutto la porta facendo vedere la giovane seduta per terra che se la rideva senza sosta.
"Grandissima stronza." Urlò Stella, spostando brutalmente il ragazzo ed entrando dentro l'abitazione. "È stato già tanto difficile doverti trovare, poi ti metti a farmi questi scherzi idioti? E poi, chi accidenti è questo qui?" Indicò Mark.
"Stella, Mark. Mark, Stella."
Si girò la bruna, squadrando ogni dettaglio di quel giovane.

"Ravie de vous rencontrer mademoiselle." Si chinò davanti porgendo una mano.
Il colorito di Stella divenne rossastro intorno alle gote.
"Mark? Quel Mark che avevi conosciuto al bar dove lavoravi?" Domandò sbigottita.
"Quale bar?" Domandò Mark. Si grattò la nuca Annie, ricordando quando le disse quella cosa.

"Però io non ho capito, chi è Mark?" Domandò ancora incerta Stella.
An non sapeva se fosse o meno il caso di parlare realmente di chi fosse, infondo non lo conosceva nessuno come lo pseudo migliore amico di Michael per tanto sarebbe stato meglio usare un alibi diverso, alla fine, era impossibile accorgersi che era una frottola.
"Mark è... È un amico che ho conosciuto prima di partire per il tour, al bar... Dove lavoravo."
"Okay, ma non me ne hai mai parlato."

"Non è niente di importante, io non conosco tutti i tuoi amici, no?" Affermò ovvia.
"Ma se ne ho due e sono entrambi presenti in questo momento."


Si affrettò a prendere per il polso l'amica e a farla alzare.
"Andiamo, hai un sacco di cose da raccontarmi."
"Aspetta, aspetta." Disse Annie voltandosi verso Mark. "Grazie mille per tutto."
"E di che."
"Tornerò a prendere il mio motorino domani, forse domani l'altro."
"No problem honey." Le fece l'occhiolino. "Ciao cara." L'abbracciò ed ella ricambiò calorosamente. "Arrivederci Mademoiselle." Sgranò gli occhi Stella.
"Sì, arrivederci." Tirò Annie e la portò fuori.












Seconda parte.

Narratore esterno.


















"Che accidenti hai fatto con quel ragazzo?!" Urlò la migliore amica di Annie lanciando nel suo letto le chiavi del motorino.
"Prego?"
"Tu adesso mi racconti tutto. Tutto." Scandì sillaba per sillaba l'ultima parola. "Chi accidenti è davvero questo Mark?"
Si arrese Annie.
"Mark Marloon è il migliore amico di Michael Jackson. So che avrei dovuto dirtelo senza mentirti, mi dispiace tantissimo ma non ero sicura che per Michael andasse bene. Vedi, nessuno lo sa, Mark vive praticamente nell'ombra. Io...non volevo tradire la loro fiducia. Scusami."
Stella, comprendendo la situazione, non fece scenate eclatanti.
"Beh, avrei preferito tu non mi mentissi. Soprattutto a me, sai che so tenere un segreto."
"Lo so... perdonami Stel."
In quelle parole, Stella notò una punta di malinconia, mentre parlava, sentiva che la testa della sua migliore amica si trovasse altrove. Pensò al peggio.
"Che è successo?"
La bruna si mordicchiò il labbro, ripensando all'errore commesso presa dall'ebrezza la notte precedente. D'improvviso le iridi divennero rosse, piccole gocce d'acqua si accumularono negli occhi fin quando, sbattendo lentamente essi, non caddero fugaci toccando terra.
"Annie..." La guardò preoccupata l'amica. Premurosamente le prese le spalle e la fece sedere sul medesimo letto.
Le coccolò la schiena facendole appoggiare il volto nell'incavo del suo collo.
Non disse niente.
Lasciò che la sua migliore amica si sfogasse prima di raccontarle quanto accaduto.
La prima cosa che le venne in mente fu una notte di passione col biondino che aveva intravisto, ma a questo punto essendo il migliore amico di Michael lo escluse immediatamente... Un ritorno di George?

No. Pregava di no.

"Stella...ho paura di aver fatto un disastro." Disse dopo svariati minuti di silenzi e singhiozzi dovuti dal pianto che aveva preso vigore.
Chiuse gli occhi Loid, sospirò e portò il volto di Annie davanti al suo.
"Che è successo An?"
"Ho..."
"Hai?"
Silenzio.
"Ho baciato Michael."
Stella sgranò gli occhi e rimase a fissare quegli della ragazza che continuavano a riempirsi di lacrime.
^^e quindi?^^ Fu la prima cosa che balenò nella testa a Loid.
"E per quale motivo stai piangendo? Santo cielo, credevo fosse successo chissà cosa, e invec-"
"Tu non capisci!" Sbottò d'impatto. "Michael è forse l'unica cosa bella che mi sia capitata in questo ultimo periodo, dove ho visto cadere la mia vita a rotoli di nuovo, per l'ennesima volta, e adesso sarà tutto strano ed imbarazzante. E io non voglio. Ho davvero bisogno di avere Michael nella mia vita, non voglio perderlo per una cazzata commessa da ubriaca."
"L'hai baciato da ubriaca?"
"Sì, avevo esagerato e...l'ho baciato. Un errore, un tremendo errore, ero ubriaca e per niente padrona delle mie azioni. Sono stata una vera stupida... Non vorrà più avere niente a che fare con me, e non gli darei neanche tor-"
L'abbracciò Stella, zittendola.
"Che bel guaio An." Sorrise, alludendo ai sentimenti che provava la giovane verso il cantante, benché ancora non lo sapesse. "Ascolta, da ubriachi si fanno scemenze, Michael lo saprà bene e sono sicura che vuole vederti ancora, non hai rovinato la vostra...emh...amicizia."

La guardò Annie.
"Ti piace tanto eh."
"Cosa?" Si strusciò gli occhi, asciugando le lacrime salate.
"Niente." Sorrise. "Buon anno An."
Ricambiò teneramente il sorriso. "Buon anno Stella." Portò indietro i capelli e, a peso morto si sdraiò sul letto sfiorandosi le labbra.





















{...}

Michael.








Su un piccolo taccuino scrivevo appunti di piccoli pezzi che mi si formavano in testa.
Poesie limpide che sarebbero diventate canzoni con una musa ispiratrice ben specifica.
Alzai lo sguardo verso la finestra mentre osservavo la neve attecchire al suolo, pensavo ad Annie e a come si sentisse dopo la brutta bevuta della sera precedente. Risi tra me e me.
Sarei voluto andare da Mark per poterla salutare, ma gli impegni quotidiani, che seppur primo dell'anno per me non si fermavano, me l'avevano impedito. E, una volta terminato il mio dovere, ero più che certo ormai fosse ritornata a casa.
Poca importanza aveva, appena possibile le avrei telefonato per godermi, anche se di poco, l'imbarazzo nella sua voce dopo quel che era successo.
Dopo quel bacio.
Il solo pensiero mi riempiva le gote di un rossastro ciliegio che si sarebbe notato da chilometri e chilometri di distanza.
Una parte remota del mio cuore sperava che per lei fosse significato qualcosa, la realtà era che con Annie mi sentivo libero ed invincibile, forte e audace, mi sentivo me stesso, e non mi era mai capitato se non con Mark, ma non era la stessa cosa.
L'idea che veramente avesse voluto quel contatto intimo con me mi spingeva a far nascere sul mio volto un sorriso genuino.
Sapevo benissimo che era tutto dovuto dall'alcool, e non ero minimamente arrabbiato, al contrario avevo la totale intenzione di non farle pesare la cosa e non riaprire mai più l'argomento a meno che non fosse stata lei a volerlo affrontare. Metterla a suo agio era fra le mie priorità, e un momento di mio piacere personale non passava assolutamente avanti a lei.
Perciò, mi stava bene così.
Mi stava bene il ricordo di quel breve, seppur passionale, bacio dato alla fine del millenovecentottantuno.
Arrossii.
Chiusi il mio quaderno fissando ancora per un po' quello spettacolo dalla finestra.
La neve fitta attecchiva.
La vita migliorava da bambini quando la neve scendeva dal cielo.
Non avevo molti ricordi di quando potevo permettermi di divertirmi in maniera <<normale>> da piccolo, ma molti di quelli che avevo erano legati alla neve. Amavo la neve. L'amavo tanto.
Sorrisi nel suono del silenzio.
Mi buttai a peso morto sul letto sfiorandomi le labbra.

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