Il suono del silenzio -2-
"Che cos’è il Natale? È tenerezza per il passato, coraggio per il presente, speranza per il futuro. È il fervido auspicio che ogni tazza possa trasbordare di benedizioni eterne, e che ogni strada possa portare alla pace.”
Agnes M. Pahro
Narratore esterno.
24 dicembre 1981.
"Domani Gerard verrà qua." Annunciò, seppur poco entusiasta, Margaret alla figlia e ai suoi due migliori amici.
"Perfetto, credi che c'entreremo tutti in questa tavola?" Domandò Annie toccando la superficie di legno di quel vecchio tavolo.
Era solito cenare in famiglia per Natale, ogni anno la tavolata di casa Hamilton si riempiva di Annie, i suoi genitori, Stella e sua madre. Quell'anno molte cose sarebbero state diverse, il padre non ci sarebbe stato e si sarebbero aggiunti Mulbah, Max e la sua famiglia.
"Non saprei... Quanti siamo?"
"Umh... Otto?" Quasi domandò An. "Allora, io e te siamo già a due. Poi aggiungiamo Stella e sua madre e andiamo a quattro, cinque con Gerard e con Max e i suoi genitori andiamo ad otto."
"Mio padre non... Non viene." Si inserì Max nell'argomento.
"Cosa? Perché?" Chiese Margaret.
"Lavora, ma io e mia madre ci saremo. Quindi siamo sette." Si notò una punta di tristezza negli occhi del giovane.
Sorrise debolmente Stella accarezzandogli la spalla, sorriso che venne calorosamente ricambiato dal bruno.
"Ci stringeremo un pochino." Constatò Annie.
"Sì okay, ma io non voglio mangiare con la gente in collo."
"Fai poco la schizzinosa Stella, ti metterai accanto a me e a Max, che vuoi che sia."
"Che vuoi che sia dice lei." Le fece la linguaccia e di rimando sorrise Stella.
"Vuoi invitare qualcun'altro?" Chiese la madre della giovane ragazza.
"Mmh? Chi altro dovrei invitare?"
"Non so... Michael?"
"Jackson?"
"No, Jordan. Ma che domande fai Annie?" Intervenne Stella seguita da Max.
"Certe volte sei insalvabile."
"Ei voi due, non siete diventati un po' troppo culo e camicia?" Domandò Annie sorridendo maliziosamente, facendo arrossire la giovane dagli occhi nocciola che imbronciata diede un'occhiataccia alla migliore amica.
"Sei tu che dici cazzate."
"Guarda guarda come si mette sulla difensiva." Risero tutti insieme, meno che Stel.
"Quindi?" Richiese la madre.
"In realtà erano mesi che lo progettavo, ma non posso proprio farlo. Punto primo, come farebbe a venire qua? Punto secondo il signor Jackson non gli dà molta libertà e punto terzo non festeggia il Natale."
"Giusto, i testimoni di Geova non lo festeggiano. Neanche i compleanni vero?" Chiese Stella.
"Tu come lo sai?"
"Mia nonna era testimone di G-"
"No dico, come sai che lo è Michael?"
Ghignò roteando gli occhi.
"Mica tutti vivono sulla luna, seguo i Jackson's da quando erano i Jackson Five, un po' di cultura sulla loro vita privata ce l'ho."
Max la guardò male.
"Fai paura."
"Taci idiota."
"Da quando stanno insieme?" Domandò Margaret.
"Ma per favore, io con questo scemo." Incrociò le braccia al petto.
"Non avete idea di quanto vorrebbe." Zittì la ragazza, Max.
Mentre parlavano, uno squillo fece distrarre Annie che si diresse velocemente verso l'oggetto.
Alzò la cornetta e rispose.
<Pronto?>
<Buona vigilia.> Sorrise sentendo la voce del cantante più acclamato del periodo.
<Michael! È così bello sentirti.> Grottò le sopracciglia. <Tua madre non si arrabbierà?>
<No se non mi sente.>
<Eh beh sì, non hai torto.> Risero assieme. <Come stai?>
<Sto bene. E tu?>
<Bene, solo... Un po' preoccupata.>
<Preoccupata? E perché mai?>
<Scusami un secondo.> Bisbigliò per poi voltarsi verso sua madre e i suoi amici.
"Ei, posso avere un attimo di privacy?"
"È la seconda volta che mi cacci." Protestò Max.
"Smettila di fare il bambino e andiamo." Lo prese per un braccio Stella e lo trascinò fuori dalla porta. Mentre Margaret le sorrise e si diresse nella sua stanza.
<Eccomi, dicevamo?>
<Cosa ti preoccupa An?>
Sbuffò.
<Domani viene Mulbah e sono ansiosa, ho chiesto io a mia madre di fargli passare il Natale qui perché non volevo stesse da solo e ci sono tante cose che voglio chiedergli di mio padre... Ma ho paura che non riuscirò a reggere il confronto e crollerò in un pianto disperato, rovinando così il Natale a tutti.>
<Annie, piccola, se verserai qualche lacrima sarà del tutto normale. Non rovinerai niente a nessuno, hai perso tuo padre da poco sarebbe strano se non sentissi tutte queste emozioni tristi. E sai, è proprio un bel pensiero quello di invitare il signor Mulbah per Natale a casa tua, un gesto premuroso.>
Sospirò la giovane.
<Grazie Michael.>
<A tua disposizione.> Rise e tornò serio poco dopo. <Che fai il
trentuno?>
<A capodanno?>
<S-sì, esatto.>
Pensò un attimo.
<Non ho programmi, devo ancora trovare cosa fare dato che è la mia seconda festività preferita. Perché?>
<Beh ecco...> Deglutì profondamente, prese un respiro e parlò tutto d'un fiato. <Ti va di passarlo con me?>
Annie spalancò la bocca, restando in silenzio a causa dello stupore per un po' di tempo. <E-ecco p-puoi anche non... Sì, non accet->
<È un appuntamento?>
<Sì.> Rispose di pancia, pentendosene subito. <C-come amici, ovvia-ovviamente.>
Sorrise Annie.
Non poteva vederlo ma percepiva il leggero rossore che si era sicuramente creato su quelle morbide e dolci guance scure.
<Vedrò cosa posso fare.> Sussurrò. <Ti scriverò nella mia agenda mr.Cantante mondiale.> Sussurrò ancora più piano ed attaccò il telefono.
Respirava in maniera irregolare, sentiva il cuore esser salito di botto alla gola ed esser risceso senza sosta, come se avesse appena fatto un giro sulla montagna russa più veloce e straziante del mondo. Ecco. Si sentiva sulle montagne russe.
Era felice, non si sarebbe mai aspettata una proposta del genere dal tenero e timido Michael, il quale diventava un animale da guerra solo sul palco, tuttavia era spaventata dal fatto che potesse essere un potenziale vero appuntamento. E se fosse successo altro? Qualche effusione di troppo?
Lei non voleva questo, voleva solamente tenerselo come migliore amico, ecco sì, Michael era il suo migliore amico ormai. E questo non voleva cambiasse.
"Posso tornare tesoro?" Domandò la madre sbucando dalla porta.
"Certo."
"Era Michael?"
"Ah ah." Sorrise come un ebete.
"Mmh, e che voleva?"
"Mamma ti dispiace se passo fuori capodanno questa volta?" Domandò senza prestare attenzione a quello che la madre prima aveva domandato.
"Fuori? E dove?"
"Non lo so... Fuori."
Si mordicchiò nervosa il labbro la giovane.
"Oh, capisco." Alzò ambe le sopracciglia. "Figurati, passa pure fuori il capodanno. E sentiamo, con chi saresti?"
"Un amico." Arrossì lievemente.
"Andiamo An, ti ho partorita io ricordi? Nove mesi nel mio grembo? Ventun'ore di travaglio? Ti conosco come le mie tasche. Stai attenta va bene? Mi fido di Michael, è il mondo circostante che mi spaventa."
Annuì sempre più rossa, posandole un bacio sulla fronte.
"Grazie mamma."
"Figurati piccola, sono stata adolescente anche io dopotutto."
{...}
[Seconda parte]
AnnieLuise.
Stavo seduta sul mio letto, con sopra una scatola di cartone vecchia e mal ridotta di color marrone intenso. Al suo interno c'erano tutti gli affetti di mio padre.
Da quando era morto avevo messo tutto là dentro ed evitato il più possibile anche solo di guardarla di sfuggita, per paura di cosa avrebbe potuto suscitare in me quella piccola cosa.
Era sciocco forse, ma quando subisci una perdita non sai mai come reagisce la tua mente, come tenta di sfuggire al dolore. Non lo sai mai.
Ma quella vigilia del millenovecentottantuno decisi di aprirla di nuovo, dopo un anno della sua scomparsa.
Era il primo periodo natalizio senza di lui, tutto mi sembrava così vuoto e privo di spirito ma ciò nonostante cercavo di mantenere vivo più che mai l'amore che avevo per la suddetta festività. Glielo dovevo.
Soffiai sopra la scatola, che a stare sopra l'armadio aveva assunto uno strato sottile di polvere, aprii velocemente e rimasi ferma ad osservare gli aggetti all'interno.
C'era di tutto, dai suoi anelli più grandi alle nostre foto di quando ero una bambina. Proseguivano le sue camicie, che puntualmente erano bianche a strisce blu e le cravatte, non potevi sbagliare neanche su quelle, erano tutte nere.
Sorrisi al pensiero, mentre i miei occhi assumevano un rosato nell'interno.
Spostai qualche oggetto fino a rinvenire una lettera.
La presi in mano e notai la carta non aver più il colore bianco fresco ma, al contrario, esser diventata giallastra, non è sicuramente mia pensai. Spolverai con la mano anche quella, la girai e dietro lessi : "A Margaret."
Presa dalla curiosità aprii delicatamente quella busta, stando attenta al non romperla ed iniziai a leggerne il contenuto.
//
"Non sono mai stato bravo con le parole mademoiselle e tu lo sai più di chiunque altro. Dal vivo sono ancora più goffo ed impacciato di quanto non lo dia a vedere in tali, per questo mi rifugio nelle parole forti e tenere di una dolce lettera d'amore. Sei la donna più pura e semplice che io abbia mai conosciuto e credimi Marge, di donne ne ho conosciute molte. Manca poco e dovrò tornare in Liberia, ma c'è qualcosa che mi dice che se dovessi farlo me ne potrei pentire per tutta la vita.
Margaret, è così assurdo amarti già? Voler passare il resto della mia vita con te?
Sento che c'è qualcosa fra noi, e spero vivamente che questo sentimento non sia solo una mia turgida impressione ma sia frutto di un amore fondato su ambi.
Non voglio andarmene. Voglio restare qui.
Con te.
Attendo ansioso un tuo segno, una tua risposta o magari, se ne hai voglia, vediamoci sotto quel ramoscello dove ti vidi la prima volta.
Dove per la prima volta rimasi davvero sbigottito da quanto possano essere veri questi famigerati colpi di fulmine dei quali mi parlava la buona anima della mia mamma.
Tuo, Joshua."
//
"Papà..." Sibilai asciugando le lacrime che ormai avevano preso il sopravvento sul mio volto. Sorrisi, in preda ad un pianto liberatorio, buttai a terra la lettera e portai agli occhi ambe le mani strofinandole in seguito su tutto il viso.
Tirai su con il naso e portai i capelli all'indietro.
La porta dietro di me si schiuse e sentii delle braccia avvolgermi le spalle.
"Piccola, non dovevi farlo da sola." Mia madre mi diede un bacio sulla tempia.
Presi la lettera e gliela passai. Mi voltai verso di lei con ancora gli occhi gonfi e rossi.
"Che cosa successe dopo?"
Afferrò la lettera con la mano sinistra e con la destra si portò la mano alla bocca.
"Mio dio..." Sussurrò spostando l'altra mano sulla lettera. "Erano mesi e mesi che non la trovavo, pensavo di averla persa. Dove l'hai presa?"
"Era nella scatola, l'aveva tenuta papà evidentemente."
"Dio..." Si sedette scoppiando in lacrime anche lei.
"L'hai-" Si asciugò le lacrime. "L'hai letta?"
"Sì mamma."
Sorrise.
"Era un uomo davvero romantico tuo padre." Posò la lettera sulle sue gambe. "Cosa successe dopo dici?" Rise ancora rimembrando quel momento di molti anni prima. "Ricevetti la lettera la sera, la trovai sotto la mia porta e riconobbi la calligrafia pulita e limpida di tuo padre. Quanto sorrisi, avevo il cuore che batteva a due mila. Sai, la sensazione di essere sulle montagne russe? Ed è lì, che capii di amarlo." Sussultò leggermente Annie. "Andai sotto quel ramoscello e lo baciai, senza dargli modo di dirmi niente. Restò qua con me, ci sposammo e poco dopo nascesti tu."
Sorrisi a mia madre.
"È una scena bellissima mamma."
Mi si buttò al collo ed io la strinsi forte.
"Non c'è un solo istante nel quale non mi manchi tuo padre e nonostante tutto nessuno potrà prendere il suo posto. Mai."
Tirai su con il naso, presi forza e decisi di farle la fatidica domanda che aspettavo di farle da svariati mesi.
"Mamma, hai avuto un altro uomo solo papà?"
Si spostò subito, mi guardò scioccata e scosse velocemente la testa.
"Cosa? No! Assolutamente no, non ci pensavo nemmeno né mai potrò farlo. Perché me lo chiedi An?"
Mi morsi il labbro.
"Mesi fa vedevo che uscivi spesso e rientravi sempre tardi quindi... Niente, io-io l'avevo supposto."
"Piccola, ero davvero dove ti dicevo di essere, non ti ho mai mentito ma comprendo la paura che hai avuto. Se dovesse essere, saresti la prima a saperlo."
"Scusa mamma." La riabbracciai forte. "È stato stupido chiedertelo."
{...}
[Terza -piccola- parte.]
Michael.
Seduto sul suo letto abbozzavo qualche scritta su un quadernino. Mi sentivo ancora uno sciocco ad aver fatto quella proposta ad Annie... Non avevo niente in mente, né che cosa organizzare né quale escamotage usare per convincere Joseph a farmi uscire. Avevo reagito di pancia e non era una cosa che facevo spesso, e poi... Mi sembrava così romantico. Il ché a me non dispiaceva poi così tanto, però...
"Mi dispiace non fare l'albero sai?" Mi parlò d'improvviso Janet, la mia sorellina e migliore amica. "Però sono felice di essere testimone di Geova. Tu che ne dici Michael?"
"Fare l'albero deve essere divertente, ma sono felice anche io di credere in ciò che credo."
"Fortuna che capodanno non rientra nelle festività religiose." Rise la giovane.
Capodanno, non parliamone. Pensai.
"Sì, hai ragione."
"Michael cosa c'è che non va? Sei assente."
Fissavo fuori dalla finestra, destando la mia attenzione su un uccello migratorio. Aveva delle ali stupende, era libero da ogni problema, libero da tutto. Avrei voluto essere come lui.
"Michael!"
"Mmh? Che c'è?"
"Appunto."
"Scusa Janet, non ti seguo." Scosse la chioma riccioluta dandomi uno sbuffo sulla tempia. "Aouch!"
"Ti ho chiesto cosa c'è che ti turba."
La guardai distratto.
"Niente niente, tranquilla."
"Non dire cazzate."
La guardai sbigottito.
"Ei, le parole."
"Michael, avanti, parla."
"Io... M-mi vergogno." Balbettai arrossendo lievemente.
"Di me? Andiamo."
Sbuffai, avvicinandomi ancora di più a lei.
"AnnieLuise, le ho chiesto di-"
"Aspetta, AnnieLuise? La fotografa?"
"Sì lei. Le ho chiesto di passare Capodanno con me ma è stato un gesto impulsivo... Non ho idea di cosa organizzare né di come convincere mamma e Joseph. Capisci? Non posso preparare quelle cose che si fanno di solito... Non posso muovermi più di tanto, io."
Abbozzò un sorriso mia sorella lanciandomi occhiate maliziose.
"Ei..." Arrossii ancora di più.
"Quindi il tuo problema è che non puoi portare la tua ragazza a casa e nemmeno fuori?"
"Janet!" Bottai alzandomi velocemente. "Non è... La mia ragazza. Siamo amici, molto amici." Mi grattai nervosamente la nuca. "E dato che non possiamo festeggiare il Natale, ho pensato al capodanno." Giustificai il mio gesto, ma la realtà era che nemmeno io credevo affondo alle mie parole.
"Ah ah, amici, certo. Va bene. Ci penso io ad aiutarti."
"Sul serio? E come pensi di-"
"Non cominciare a fare domande e lascia fare tutto a me, tu preoccupati di pensare a qualcosa di carino da fare con lei. Mi piace Annie, sembra una bravissima ragazza, certo, a giudicare da quel poco che ho visto."
Sorrisi.
"Sì. È proprio una brava ragazza."
Morsi il labbro inferiore fantasticando su quello che sarebbe potuto accadere il giorno di capodanno.
Sarebbe stato divertente passarlo in maniera diversa, non vedevo l'ora di poter passare del tempo con Annie. Se lo meritava, dopo tutta la brutta situazione che aveva dovuto affrontare si meritava un po' di svago e sarei stato pronto a tutto pur di trovare qualcosa che potesse farla stare meglio.
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