Giro di giostra -3-
Chissene frega se va avanti tanto vale andare indietro. Ti accorgi di un rumore solo quando si ferma, rimane ciò che vedi e intorno tutto è spento. E invece tu pretendi che stia bene se ti parlo quando poi, quando poi ti luccicano gli occhi.
Ma se alla fine ci parliamo quella volta che va bene, rispondi e non riattacchi o riattacchi a insultare.
Quella volta che va bene che riesci a trattenerti e quella in cui...ti luccicano gli occhi
Riki.
Narratore esterno.
<M-Michael...>
<Mi...mi dispiace. Io, io non avrei dovuto ascoltare la tua conversazione. Alla fine non era destinata a me e->
<Hai da fare?> Le chiese d'un tratto. <Posso venire là? Resti se vengo?>
Michael, poté giurare di sentire il cuore spegnersi e riaccendersi di botto.
<Sì.> Si toccò la punta del naso, col volto che prendeva fuoco e il respiro accelerato. <Resto se vieni.>
Da quel momento, passarono un paio d'ore.
Michael rimase nella casa del suo migliore amico, a crogiolarsi aspettando la giovane ragazza dagli occhi scuri. L'ansia di vederla lo stava pervadendo, aveva molta paura che ciò che volesse dirle non fosse niente di buono, una paura infondata date le parole udite non molto tempo prima.
Jackson aveva la tendenza nel preoccuparsi fin troppo e riempirsi di piccole ma gigantesche paranoie. Una dote che lo rendeva decisamente un'anima pura.
Erano ormai giorni che egli voleva proporre alla Hamilton di andare con lui nel centro della loro amata Los Angeles. Una richiesta affrettata forse, date le circostanze dell'ultimo periodo, ma il tempo, benché sembrasse tanto, limitava molto e doveva dare una risposta a Quincy prima dello scadere del tempo. Molto prima.
Sospirò amareggiato.
Un turbinio di emozioni gli si scaraventò contro l'addome. Non era un periodo facile neanche per lui: era molto su di giri per l'album che voleva scrivere, gli obbiettivi che si era prefissato erano molto alti, superiori alla norma e la paura di un solo passo falso era tanta. I suoi fratelli, anzi alcuni di loro, si erano sposati ed erano andati a convivere. Lasciando nell'enorme casa un vuoto che sembrava impossibile colmare per lui, amava la famiglia, nonostante gli alti e i bassi -specialmente quest'ultimi- non smetteva mai di avere un valore familiare caloroso. E per concludere, Joseph era più irascibile del solito. Una cosa strana che succedeva ultimamente in casa Jackson, riguardava le numerose liti che avvenivano fra i due coniugi. Cosa insolita, ma non poi così tanto. Katherine litigava spesso con suo marito quando si trattava di alzare le mani verso i suoi figli, molto spesso gli urlava di smetterla anche se, forse, era troppo innamorata per rendersi davvero conto della gravità della situazione. Ma era raro vederli litigare per un motivo che non fosse quello, ella tendeva spesso e volentieri ad assecondare i suoi voleri, cercando comunque di tenere ben alti e vivi i propri valori.
Ancora un sospiro esasperato fuoriuscì dalla bocca di Michael, quando, sentì bussare alla porta.
Insieme a Mark si girò di scatto in direzione della mal concia apertura, inspirò lievemente e, dopo un accenno incentivo del suo migliore amico, si diresse alla porta.
Aprì delicatamente scorgendo la figura di Annie mentre gli occhi le erano leggermente arrossati, contornati da lievi luccichii di gocce salate. Prima ancora che Michael potesse dire qualsiasi cosa, ella, gli saltò fra le braccia.
Lo stringeva forte a sé. Michael, per una manciata di secondi restò impassibile, data la sorpresa di quell'abbraccio puro che non si aspettava minimamente, in seguito, ricambio l'effusione amichevole.
Qualche lacrima cadde sulla maglia del cantante a causa di Annie che, non lo aveva mollato per un istante.
"Scusami, sono una cretina." Continuava a ripetere mentre Michael le carezzava dolcemente la schiena.
"Tu stai bene?" Le domandò Jackson.
Un vuoto si innescò in Annie.
Stava bene?
"Sì..." Prese una boccata d'aria. "Sto bene."
"Allora, va benissimo così."
Sorrise la ragazza a quelle parole e, finalmente, si staccò da egli.
"Ciao Mark." Salutò educatamente il ragazzo biondo che, nel mentre, mangiucchiava un pacchetto di patatine seduto per terra.
"AnnieLuise." Fece un finto inchino. "Hai preso altre sbornie?"
"Che simpatico." Gli rispose sarcasticamente.
"Che c'è? Mi preoccupo della tua incolumità." Morse una patatina. "E poi da ubriaca sei più simpatica." Le fece una smorfia.
"Tu guarda che stronzo." Risero, e Michael con loro.
Entrò definitivamente all'interno della casuccia. Jackson chiuse la porta e la invitò a sedersi insieme al suo amico.
Le offri delle patatine, che rifiutò, e un bicchiere d'acqua naturale.
Ne bevve un sorso, si asciugò delicatamente le labbra inumidite e prese parola.
"Perdona se sono sparita, davvero Michael, devi scusarmi io-"
Venne interrotta dal riccio che, dopo averle sorriso un'altra volta e aver assunto un colore rossastro nelle gote, le carezzò ancora ripetutamente ela chioma tenuta liscia.
"Basta scusarti Annie." La rassicurò. "Non serve."
Annuì Hamilton ricambiando lo sguardo affettuoso.
"D'accordo. Che mi racconti allora?"
Schiarì la gola.
Ripensò alla proposta che avrebbe dovuto farle giorni prima, ma decise che quello non fosse il momento giusto e sorvolò.
"Perché non parti tu a raccontarmi." La incoraggio nel prendere parola.
"Sembra una scena di quelle pellicole disgustose dov'è tutto un <riattacca tu> <ma no, riattacca tu> <oh dai no, riattacca tu> e così finché non riattaccano assieme. Bleah! La nausea ragazzi." Si intromise Mark.
"Ei tu, che hai contro i film così dolci?" Domandò facendo la finta offesa Annie.
"Udite udite! Anni è in realtà una romanticona?" Ammiccò maliziosamente.
Sorrise ella.
"Assolutamente no."
"Ti ho beccata. Michael, l'ho beccata, è una romanticona repressa. Lo sento."
Rise di gusto Jackson. Era estremamente felice che loro due andassero d'accordo. Perché alla fine, nella vita privata di Michael, loro due erano tutto quello che aveva.
"E piantala!"
Continuavano i due a giocare.
Nel mentre assisteva a quella scena così giocosa, il cantante continuava a ripetersi internamente in quale modo avrebbe dovuto fare la proposta ad Annie. Se spiegare prima i fatti o arrivare subito al sodo. Era una richiesta tanto sciocca, eppure formularla per lui richiedeva un certo enorme sforzo.
"Bene, vi lascio soli piccioncini." Disse Mark.
"Mmh?" Rispose in segno di domanda Michael.
"Avrete molto di cui parlare presumo, io levo i tacchi per un po'."
"Ma no, non è necessario Mark." Ripeté Jackson, totalmente ignorato dall'amico.
"Arrivederci cari, non fate zozzerie nella mia casa!"
"Mark!" Urlò Michael lanciando un guanciale contro la porta che aveva chiuso nel momento. Presero fuoco le sue guance, mentre Annie a tale vista scoppiò in una sonora risata.
Schiarì la gola Michael.
"Avanti Annie, comincia tu."
Sorrise la giovane.
"Beh, quanto tempo hai?"
Osservò l'orologio mal funzionante davanti a lui.
"Accidenti, non molto in realtà...ma non ti preoccupare, se non riusciamo a finire di dirci tutto posso chiamarti stasera o, magari, possiamo rivederci. Sempre se ti va, naturalmente."
Mordicchiò il labbro inferiore spostando una ciocca scomposta dietro la sua chioma.
"Certo, mi farebbe davvero piacere."
"Ottimo." Si avvicinò a lei. "Bene racconta, come vanno le cose?"
"È..." si interruppe. "Un periodo particolare. Sono andata a trovare mio padre ultimamente e non è andata molto bene, voglio dire, sono felice di esserci riuscita ma ho avuto un crollo emotivo enorme. È per questo che sono sparita per un po' di tempo, perdonami, mi avevano detto che non dovevo rifarmela con te ma io sono un'idiota lo sai. Perdonami."
"Ei." La rassicurò. "Sei perfettamente capibile...vorrei solo che mi permettessi di esser parte della tua vita."
Alzò lo sguardo meravigliato Annie verso il ragazzo. Schiuse le labbra e continuarono a fissarsi per svariati minuti. Oscillavano i loro sguardi fra gli occhi l'una dell'altro.
Si percepiva la tensione che si era creata fra i due, talmente spessa che si sarebbe potuta tagliare con il coltello.
Poi riprese Michael.
"N-nel senso...vorrei che, che mi permettessi di esserti amico e, e aiutarti...quando hai bisogno." Toccò la punta del naso massaggiandosi lievemente mentre spostò lo sguardo da ella al terreno.
Accennò un breve sorriso la giovane.
"Perdonami."
Quando Annie e Michael si trovavano insieme, il tempo sembrava scorrere in una maniera del tutto irregolare. Secondi, minuti, ore...niente aveva lo stesso valore terreno.
Era una liberazione profonda per entrambi far parte l'uno della vita dell'altro, e questo fu innegabile sin dal principio.
La chimica emotiva che si era instaurata fra loro nel preciso istante in cui Michael le porse la mano presentandosi, non poteva fare altro se non crescere con il tempo. Sembrava quasi scritto nel destino. Il loro, destino.
Parlarono del più e del meno per tutto il tempo, restarono così, seduti su quel pavimento freddo a ridere e scherzare, a raccontarsi aneddoti dell'ultimo periodo...sembrava come se si conoscessero da una vita, una vita che avrebbe dovuto esser infinita per poter bastare a entrambi.
Ma neanche il più piacevole del contatto con Annie aveva tolto i ripensamenti a Michael sulla proposta da farsi. Non faceva altro che ripetersi che quello non era il momento giusto né il luogo appropriato, ma forse per il corvino il momento giusto non sarebbe mai arrivato...la paura faceva novanta nel suo cuore. Annie aveva bisogno di tempo? Di spazio? Di meno pressione?
Una proposta del genere, l'avrebbe messa in una posizione scomoda?
Le paranoie aumentavano, sempre di più, forse stupide forse no, ma aumentavano. E gli facevano perdere lucidità.
"Sai..." Prese parola il cantante, facendo rivoltare su di lui la totale attenzione della Hamilton.
"Mh mh?" Lo incitò a continuare.
"Fra qualche mese, comincio a registrare il mio prossimo album."
Gli occhi di AnnieLuise si riempirono di luce abbagliante, uno sguardo misto fra invidia e orgoglio verso quello che era il suo amico.
"Maddai, Michael è fantastico! Un nuovo album da solista?" Annuì egli. "Sono così fiera di te! E dimmi, hai già qualche pezzo?"
"Diciamo che, nello studio che ho dentro casa, ho già provato a fare qualcosa...ho delle idee, e sono molto ferreo su quello che voglio fare. Lavorerò di nuovo con Quincy Jones, ha prodotto anche Off the Wall per me. Ma non ha fatto solo questo, lo conosco di vecchia data."
"Dio Miki" rimase scioccata "è così incredibile come tu faccia nomi di certe celebrità come se niente fosse...ti invidio, sai?"
Rise.
"Col tempo ti abitui, sono in questo mondo da quando ero veramente piccolo, per me è tutto normale adesso. Da bambino, la pensavo come te."
"Beh, lo immagino. È perfettamente capibile." Sorrise al giovane.
"Annie."
"Sì?"
Osservò l'orologio quest'ultima, notando essersi fatto molto tardi fra una chiacchiera e l'altra.
"Accidenti Michael, avevi detto di avere poco tempo." Indicò l'orologio.
"Dio!" Si alzò di scatto. "Mi dispiace Annie, devo davvero rientrare...dovevo dirti una cosa importante." Bisbigliò l'ultima frase.
"Cosa?"
"Niente...niente, senti posso chiamarti stasera?"
"Ma certo." Rispose entusiasta spiccando un sorriso ampio. "Mi farebbe piacere."
"Bene allora, a stasera, giusto?" Impacciato domandò Michael.
"Giusto. A stasera."
Un bacio da parte della ragazza si posò sul cantante. Sbarrò gli occhi quest'ultimo arrossendo ferocemente. Dopo aver osservato per diverso tempo gli occhi che riteneva magnetici di Annie, sorrise dolcemente a quel gesto.
Aprì la porta e se la richiuse dietro.
Lasciando là dentro Hamilton, con un sorriso a trentadue denti che gridava gioia per il gesto che aveva compiuto.
[Seconda parte.]
Narratore esterno.
La pioggia era ricominciata a scendere come non mai.
Si prevedeva un temporale feroce in arrivo.
AnnieLuise si trovava nel suo soggiorno insieme a sua madre, mentre guardavano una videocassetta e mangiucchiavano delle patatine. Era da molto tempo che non si concedevano una serata per loro.
Dopo aver annunciate a Margaret che aveva spontaneamente deciso di riparlare con Michael, con l'estremo entusiasmo di quest'ultima, decisero di concedersi un po' di reciproco relax.
La videocassette si chiamava "Little big man" e non era niente di meno che l'amato film del padre.
Un film che tratta dei nativi Americani da un punto di vista nuovo all'epoca.
Il venerabile uomo dai compiuti centoventuno anni, il signor Crabb, racconta le vicende vissute in prima persona ad un giornalista molto interessato alla battaglia del Little Bighorn e al processo di integrazione dei, appunto, nativi americani insieme ai coloni. Benché essa non avesse nulla a che fare con la reale storia del così detto Little big man, Joshua era un vero amante dei film di epoca storica che narravano l'integrazione, essendo lui stesso emigrato altrove, seppur per scopi puramente propri.
"Papà amava alla follia questo film."
Sorrise Annie, asciugandosi una lacrima.
"Eh sì, lo amava davvero." Rafforzò la frase Marge.
La porta, di lì a poco, suonò imperterrita. Hamilton posò la ciotola con le patatine sulle gambe della madre e si diresse verso il rumore del campanello che non cessava.
Aprì la porta trovandosi davanti la figura ambigua della sua migliore amica, bagnata fradicia.
"Stel, che ci fai qui?"
L'amica, senza parlare più di tanto, entrò e si mi se in ginocchio ai piedi di ella.
"Accidenti Stella, ma che fai?"
"Tutto bene?" Chiese Margaret mettendosi di fronte a quella scena. "Stella! che stai facendo?"
La ragazza continuava a tenere salda la presa della bruna mentre quest'ultima si dimenava nel tentativo di farsi mollare.
"Stella! Parla invece di stringermi le gambe!" Quasi ordinandolo urlò Hamilton, sempre più confusa della situazione.
Stel alzò il volto, senza mollare la presa.
"Ti prego, ti prego, ti prego..."
"Ti prego cosa?"
"Ho bisogno...che guardi Marie per un po'."
Sgranò gli occhi Annie.
Marie Angie Loid era la piccola peste che Stel si ritrovava come cugina, non era una bimba facile, per niente, ma bene o male sembrava aver una sorta di amore incondizionato per AnnieLuise, riusciva sempre a tenerla a bada... più o meno.
"E alzati!" La tirò su. "Non se ne parla."
"Andiamo An, me lo devi."
"Prego?"
"Ti sono venuta a prendere da-" si zittì guardando prima Annie poi Margaret. "Oh insomma, tu sai perché me lo devi."
Sbuffò Hamilton.
"È troppo persino per me tua cugina...non si accontenta mai di niente, non so come gestirla."
"Non è vero! Lei ti adora."
"È questo che non è vero."
La supplicò portando le mani avanti e congiungendole a mo' di preghiera.
"Ti prego, ti prego, ti prego. Fino a mezzanotte, l'una al massimo. Mia zia vuole scaricarla a me ma stasera non ci sono."
La guardò sbigottita.
"E dove sei?"
Sorrise imbarazzata.
"Io..." Deglutì. "Max...Max mi ha invitato a bere una cosa."
Spalancò gli occhi infuocati di malizia Annie sorridendo.
"Qua cambia tutto, andata. Non voglio essere complice di un appuntamento fra due piccioncini rimandato." Sogghignò.
"Falla finita!"
Rise.
{...}
"Allora..." Sorrise Annie alla piccola bambina. "Che ti va di fare?"
Marie la guardò, sbuffò e incrociò le braccia ignorando la sua domanda.
Sospiro An.
"Vuoi vedere i cartoni?" Ancora nessuna risposta da parte della piccola peste. "Oppure giochiamo con le bambole?" Teneva ben saldo il muso, senza accennò di approvazione verso assolutamente niente. "Allora hai fame? Vediamo cosa ha Stel in dispensa?"
Si sedette accanto a lei.
"Andiamo tesoro, dimmi cosa vorresti."
Mentre cercava disperatamente di capire cosa poter fare per intrattenere la giovane, alla stazione radio passarono "Rock with you" di Michael Jackson. Portando in lei ricordi.
"Canti qualcosa a cappella?"
Strabuzzò gli occhi per qualche istante e poi tornò serio a guardarla.
"Come?"
"Canti Rock With you per me? Da quando l'ho sentita dal vivo non me la levo dalla testa."
Il colorito delle sue gote divenne di un rosso piuttosto notabile, voltò il viso nella direzione opposta alla sua e si sfiorò la punta del suo naso.
"Io... Ecco..."
"Eddai... Hai cantato per decine di milioni di persone, non puoi farlo per una tua amica?" Fece boccuccia.
"Beh m-ma è... È diverso..."
"Ti prego, mi ci vorrebbe proprio quella canzone."
Sorrise, si arrese e si alzò in piedi.
"Ladies and gentleman, ecco a voi una delle canzoni più belle del mondo." Fece l'inchino.
"Modesto" tossì ironicamente.
"Ssh, non interrompere il conduttore." Rise.
Schiarì la voce e cominciò a cantare.
"Girl, close your eyes."
La invitò a farlo, e lei lo fece.
"Let that rhythm get into you
Don't try to fight it
There ain't nothing that you can do.
Relax your mind
Lay back and groove with mine
You gotta feel that heat
And we can ride the boogie
Share that beat of love." Ridacchiò. "Non riesco a restare ser-"
"Continua ti prego, mi sento già molto meglio." Supplicò
"I wanna rock with you-"
"Va bene." Sì alzò, lo raggiunse e iniziò a ballare, provocando in lui una grassa risata.
"Ti prego, cosa stai facendo?" Le disse fra le risa.
"Ballo, e se tu smetti di cantare io non posso ballare." Continuò a muoversi.
"Avanti, canta."
Michael. Cazzo. Pensò.
Doveva chiamarla...
La ragazza voltò il suo sguardo verso Marie che, improvvisamente, si era messa a ballare e cantare a squarciagola. Si stava divertendo. Rideva e spensierata aveva posato quel suo muso duro per dare spazio ad un sorriso energico.
Sorrise Annie.
La bambina si avvicinò ad ella e la tentennò per il polso.
"Andiamo Annie. Balla con me, balla con me."
"E va bene, va bene."
Cominciarono insieme di nuovo a ballare scalmanate, come non mai, senza pensieri.
Passarono così il tempo successivo, fra una canzone e l'altra finché la bambina sfinita non si appollaiò sul divano.
"Allora ti piace la musica eh." Sorrise Annie sedendosi accanto a lei.
"Molto. Mi piace Michael."
"Oh beh, hai buon gusto."
"Piace anche a te?"
Si bloccò per un'istante.
Schiarì la gola.
"Non è un po' tardi per te adesso?"
"Non ho sonno. Non ho sonno."
"Eh no signorina." Se la coricò sulle braccia. "Noi due andiamo a letto adesso, senza storie!"
Sbuffò Marie per poi tornare a ridere. Si aggrappò alle spalle della bruna e fece finta di cavalcare un cavallo.
Risero fino ad arrivare a destinazione, dove la piccola scese e si posò sotto le coperte, che ella rimboccò.
"Avanti, adesso dormi piccola."
"Annie."
"Sì?"
"Mi piace passare il tempo con te." Disse sbadigliando, per poi addormentarsi.
Sorrise.
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