▷ ventidue
Più volte avevo desiderato che la mente umana non registrasse e continuasse a ripetere scene che non si vorrebbero più rivedere, soprattutto come quella a cui avevo assistito io poco più di dieci minuti prima, ma a quanto pare era impossibile non farlo.
Non volevo far altro che poter eliminare certi pensieri, certe scene dalla mia mente, nello stesso modo in cui si rimuovevano vecchie cianfrusaglie dalla propria vita: con semplicità e velocità. Peccato che la mente non funzionasse così, anzi sembrava voler rigirare il coltello nella piaga.
Sentivo le lacrime pungermi ai lati degli occhi mentre mi spingevo tra la folla per uscire da quella villa.
Mi sentivo soffocare, come se avessi una corda intorno al collo che si stringeva ogni volta che quell'immagine mi ritornava in mente.
Non capivo perché mi sentissi così male. Morgan non era il mio fidanzato eppure mi sentivo come se avesse tradito me e non sapevo spiegarmelo.
Mi sentivo frastornata e sapevo per certo non fosse colpa dell'alcool perché non avevo bevuto eppure la testa girava come se fossi su una trottola e il corpo ondeggiava ubriaco.
Volevo andarmene da quel posto e al più presto.
Le lacrime continuavano premere per uscire, per scendere e bagnarmi le guance, ma con forza le ricacciai indietro. Non potevo permettermi di piangere. Non davanti a quella gente e non per Morgan.
Non appena fui fuori dalla villa, ricevetti strane occhiate dagli invitati rimasti a parlare e a bere in giardino e subito ricambiai, fulminandoli con lo sguardo.
Non avevano mai visto qualcuno andarsene da una festa prima di non essere nemmeno più in grado di riconoscersi? Era così strano che qualcuno se ne andasse dalla grande festa di quel coglione, di cui tra l'altro non ricordavo nemmeno il cognome?
Mi strofinai la manica della camicia di Jeremy sugli occhi, tanto non mi ero truccata, per evitare di piangere poi raggiunsi la sua macchina e mi sedetti sul marciapiede al suo fianco, cercando di calmarmi un po'.
Non concepivo i tradimenti, sia in amicizia che in amore. Se avessi amato realmente quella persona, non l'avresti tradita alla prima occasione.
Se proprio capivi di non provare più qualcosa per il tuo ragazzo, ragazza, amica o amico, mettevi fine a quella relazione senza infilarci in mezzo un tradimento perché poi alla fine facevi solamente soffrire l'altra persona.
Il bello poi era che se ne uscivano con "non volevo che stessi male" dopo aver scoperto il loro tradimento. Se davvero non avessi voluto fare soffrire la persona, non l'avresti tradita.
Esalai un profondo respiro, quando venni colpita da una forte nausea che mi capovolse lo stomaco.
Mi alzai nuovamente, così da evitare di sciacciare lo stomaco, ma subito venni travolta da un capo giro che mi fece traballare in avanti.
Continuai a inspirare ed espirare lentamente, allontanandomi dalla macchina di Jeremy e dalla festa in sé.
L'aria quella sera era molto fredda e io non avevo niente con cui coprirmi.
Strinsi le braccia al petto per riscaldarmi e continuai ad avanzare, allontanandomi ancora da quella casa.
Il vento sferzò contro il mio viso, facendomi rabbrividire in continuazione mentre la musica pian piano scemò, facendomi capire che mi ero allontanata molto dalla villa e proprio per quello, non avevo idea di dove fossi.
In lontananza vidi una fermata dell'autobus, fortunatamente ancora intatta quindi con tettoia e panchina e decisi di avvicinarmi ad essa per potermi sedere un attimo.
Più aumentavo il passo e più mi sentivo osservata e seguita, ma ogni volta che mi voltavo non vedevo nessuno. E se fosse stata solo la mia immaginazione?
Deglutendo a fatica, allungai il passo, ritrovandomi poi quasi a correre perché quell'orribile sensazione di essere pedinata non passava.
Avevo il respiro accelerato dall'ansia, ma anche dalla fatica che stavo provando nel muovermi velocemente con una gonna di pelle che mi stava limitando i movimenti.
Pochi minuti dopo raggiunsi la fermata dell'autobus e mi sedetti sulla panchina di ferro per riprendere fiato.
Mi sentivo pesante come un macigno e il fiato corto non mi stava aiutando, anzi mi faceva stare solo più male.
Sentivo il cuore rimbombarmi con violenza nelle orecchie e nelle tempie che parevano essere sul punto di esplodere.
Io ero sul punto di esplodere e tutto perché non ero abituata a fare tanto sforzo fisico o a correre come una forsennata per fuggire a qualcuno che probabilmente mi ero immaginata e basta.
Facendo profondi respiri per regolarizzare il fiato, vidi una macchina con dei fari accecanti passare per quella strada. Fin qui tutto bene, peccato che sembrava star rallentando ad ogni passo che faceva nel avvicinarsi alla fermata in cui c'ero io.
Col cuore a mille, presi il mio cellulare e cercai il numero di mio fratello nella rubrica poi lo chiamai.
― Mavs? ―, dalla voce capii chiaramente quanto fosse brillo, ma feci finta di niente. Avevo bisogno di lui ora.
― J. ti prego vieni! Mi sto sentendo male e una macchina si sta avvicinando a me. Ho paura ―, sbraitai, prima di strozzarmi con la mia stessa saliva, dato mi si era formato un nodo in gola nel vedere la macchina far lampeggiare i fari anteriori, come se volesse invitarmi a salire. Ma col cavolo!
― Cosa? Dove cazzo sei? Non sei alla festa? Porca troia Mavs, ti avevo detto di stare attenta. ―
Il mio corpo venne scosse da un brivido di paura quindi piegai le ginocchia e le strinsi al petto, ― Sono ad una fermata dell'autobus a qualche metro o chilometro, non lo so con esattezza, dalla villa. Ti prego sbrigati... Mi sto sentendo male. ―
― Arrivo subito. Tu non muoverti da lì ―, ora nella voce di mio fratello sembrava non esserci nemmeno più un goccio di alcool, ma solo tanta preoccupazione.
― Sì, te lo prometto ―, mormorai con un filo di voce poi chiusi la chiamata.
Dopo neanche cinque minuti, nel quale la macchina non si era mossa di un millimetro, ma aveva spento solamente i fari, vidi mio fratello arrivare di corsa.
Mi alzai fulminea in piedi e nell'esatto momento in cui lo feci, Jeremy mi strinse a sé, infilando una mano nei miei capelli, avvolgendomi con l'altro braccio la vita per tenermi stretta al suo petto.
Dalle mie labbra sfuggì un singhiozzo poi strinsi le mani a pugno intorno alla sua camicia nera e mi lasciai andare in un pianto che da troppo avevo trattenuto.
«Sono qui, Mavs. Sono qui», mi sussurrò lui all'orecchio con il fiato spezzato e la voce incrinata dallo spavento.
Mossi appena la testa verso l'alto e poi verso il basso per fargli capire che lo sapevo poi strofinai il viso contro una sua spalla.
«Ho avuto così tanta paura. Quella macchina è ancora lì», la mia voce uscii tremolante dalle mie labbra, come se avessi così tanto freddo da farmi battere i denti tra loro.
Sentii Jeremy sfiorami la testa col suo mento poi sospirò, «Mavs, qui non c'è nessuna macchina.»
«Prima c'era», mormorai a denti stretti, contraendo la mascella mentre le lacrime continuavano a scivolare dai miei occhi.
«Mi spieghi perché te ne sei andata dalla festa?»
Ecco la domanda che avrei voluto non sentire e a cui non volevo rispondere, ma lo sguardo con cui mi scrutò lui, mi fece intendere che non avrebbe accettato un no come risposta. Voleva sapere il perché me ne fossi andata da quella festa.
Jeremy mi accarezzò un'altra volta la testa, passando le dita nei miei capelli e io grazie a quello riuscii a calmarmi.
«Ho visto Morgan baciare un'altra ragazza e cazzo, non so perché mi sento in questo modo. Lui... Lui non sta con m eppure mi sono sentita... Niente», scossi il capo per non ripensare a come mi ero sentita nel trovarlo con un'altra ragazza che non era Cassidy. Che non era me.
Le mani di mio fratello sfiorarono le mie guance, zuppe di lacrime, poi mi obbligò ad alzare il viso e incrociai i suoi occhi severi, «Ti piace? Ti piace Morgan?», domandò monocorde.
Era serio? Pensava davvero che fossi innamorata di quel coglione?
Mi lasciai sfuggire dalle labbra turgide un risata senza emozioni poi scossi il capo, «No, non sono più la ragazzina di dodici anni che era innamorata di lui. Io non provo niente per Morgan. È uno stronzo. Come può tradire Cassie?»
Jeremy passò le sue mani sulle mie spalle e mi spinse verso il basso, facendomi sedere sulla panchina dietro di me poi lui fece lo stesso.
«Ne sei sicura? Allora perche hai reagito in questo modo?», mi indicò con entrambe le mani. Indicò lo stato pietoso in cui mi trovavo, lo so.
«Non lo so...», distrattamente mi andai a toccare il bracciale che mi aveva regalato Morgan e nel farlo mi resi conto che continuando ad indossarlo, non avrei mai chiuso col passato perché mi stava aggrappando a quei momenti che non sarebbero più tornati e non dovevo farlo.
Lo sentii sospirare pesantemente poi una voce lo chiamò quindi voltammo entrambi lo sguardo verso la parte da cui stava arrivando la voce e vedemmo Morgan correre verso di noi.
No, non avevo proprio voglia di vedere quello stronzo.
Velocemente mi asciugai gli occhi con la manica della camicia poi con rabbia mi tolsi il bracciale e quando fu abbastanza vicino a noi, glielo scaraventai addosso.
«Tieni questa merda di bracciale. Io non voglio avere più niente a che fare con te. La sfida a coppie può benissimo andare a farsi fottere perché di stare ancora con te non se ne parla proprio», glielo gridai a pochi centimetri dal viso, senza nemmeno dargli tempo di dirmi la sua verità dei fatti, anche perché non ero interessata nel sentirla, poi me ne andai, udendo Jeremy urlare il mio nome.
***
E anche quel giorno venni svegliata dalle urla di qualcuno che mi fecero rigirare nel letto e infilare la testa sotto al cuscino per non sentirle più.
Quel qualcuno che stava gridando come un pazzo, o meglio pazza, non era altri che Brittany. L'avrei riconosciuta ovunque quella voce stridula e fastidiosa che ti perforava l'udito talmente era irritante.
Sbuffai sonoramente contro il cuscino, sentendo dell'aria calda espandersi davanti alla bocca e al naso.
Sì, però io volevo dormire e non sentire quell'oca gridare, per cosa poi solo lei lo sapeva. Ah, giusto... Jeremy ieri sera l'aveva lasciata.
«È stata tua sorella a dirti di lasciarmi, vero? Quella puttana!»
Sentii perfettamente quella frase che mi fece venire i nervi a fior di pelle poi la porta della mia camera venne spalancata e picchiò con forza contro il muro, facendomi sussultare.
«Sei stata tu, non è così?», strillò Brittany con voce acuta. Sentii anche i suoi tacchi picchiare con forza sul parquet della mia camera. L'avrei uccisa.
Tirai fuori la testa da sotto il cuscino e con la vista ancora appannata e i capelli gonfi davanti al viso, la fissai interdetta, «Mi spieghi che cazzo vuoi da me?», sputai acidamente.
Lei, tutta in tiro, appoggiò le mani sui fianchi e mi guardò in cagnesco, arricciando le labbra con rabbia, «Oh... Non fare la finta tonta. So che sei stata tu a dire a tuo fratello di lasciarmi per vendicarti di me.»
«Vendicarmi di te?»
Ma era scema? Vendicarmi di lei e per cosa esattamente? Mi ero già vendicata con il fatto della sfida degli scherzi quindi io stavo a posto.
«Per la faccenda di Travis. Hai scoperto che sono stata io a dirgli di divertirsi con te e ora vuoi vendicarti», sbottò rabbiosamente, dimenticandosi che alle sue spalle c'era mio fratello che aveva ascoltato ogni cosa.
Spalancai gli occhi, incominciando a boccheggiare senza più fiato nel corpo. Una fortissima fitta allo stomaco mi fece piegare in due dal dolore mentre gli occhi si riempirono di lacrime che riuscii a trattenere tra le ciglia.
«S-sei stata tu?»
Era stata lei? Era stata lei a dire a Travis di stuprarmi? Come aveva potuto? Come aveva potuto fare una cosa del genere con così tanta leggerezza?
Io... Io non avevo più fiato. Mi sentivo a pezzi. Era tutta colpa sua.
«Travis ha fatto cosa? Tu, lurida puttana hai fatto cosa?», la voce profonda e furente di Jeremy mi fece accapponare la pelle. Era davvero arrabbiato e sapevo che poi se la sarebbe presa anche con me per non averglielo detto subito.
Ma anche Brittany sussultò, voltandosi lentamente verso di lui, «Non è come pensi... Io... Io stavo scherzando», forzò una risata poi scappò dalla mia camera, spintonando di lato mio fratello che alternò il suo sguardo da lei a me.
Lo vidi stringere con forza i pugni mentre continuava a fissarmi con sguardo tagliente poi uscì dalla mia camera e prese a correre giù dalle scale, urlando il nome della sua ex ragazza con rabbia.
Fulminea mi alzai dal letto perché non potevo permettergli di fare qualche cazzate e lo seguii giù dalle scale.
«Puttana vieni qui», mio fratello afferrò Brittany per una spalla e la fece voltare verso di lui, ma al posto di fare qualsiasi cosa, la fissò e basta.
Brittany era chiaramente a disagio e aveva paura, ma detto sinceramente: era giusto che si sentisse così, soprattutto perché era per colpa sua se continuavo a stare male.
«Jeremy fermati! Lasciala stare, ti prego», lo pregai, aggrappandomi alla sua schiena e appoggiando la testa contro di essa per tenerlo saldo a me.
«Che cazzo vuoi, Jeremy?», sibilò la bionda con furia.
All'istante percepii i muscoli della schiena di mio fratello guizzare. Si stava incazzando sempre di più e proprio per quello, mi stavo spaventando e preoccupando per quello che avrebbe fatto dopo.
«Mi fai schifo. Come hai potuto fare una cosa del genere a mia sorella?», Jeremy parlò con voce bassa e sibilante.
«Mi sta sul cazzo. Ho semplicemente voluto farle uno scherzo», replicò la bionda con una scrollata di spalle e io mi sentii morire perché per lei era stato solo uno scherzo, per me invece era vivere tutti i giorni con la paura che possa succedermi ancora.
«Tu sei malata», Jeremy fece un passo in avanti quindi mi strinsi maggiormente a lui per cercare di calmarlo mentre le lacrime ormai stavano inzuppando le mie guance.
Brittany in risposta scoppiò in una fragorosa risata che ci lasciò interdetti poi alzò la spalle con indifferenza, «Ma vaffanculo, Jeremy», detto quello, uscì da casa nostra come se non avesse fatto danni. Ma quella non stava bene davvero.
Singhiozzai fortemente e il mio corpo venne scosso con violenza. Mi sentivo uno schifo perché mio fratello lo aveva scoperto. Lo aveva scoperto nel peggiore dei modi e ancora non mi aveva detto niente.
«Chi lo sa?», domandò duramente, voltandosi verso di me e fissandomi con la mascella contratta dal nervoso.
Tirai su con il naso, «Morgan perché è stato lui a salvarmi e Cassidy.»
Vidi i suoi occhi divenire lucidi, sembrava ferito, «Perché non me lo hai detto subito? Lo avrei ucciso di botte», la vena sul collo pulsò velocemente.
Forzai un sorriso tra le lacrime poi lo indicai, «Per questo. Perché non volevo che andassi nei casini per me», replicai monocorde, asciugandomi le lacrime incastrate tra le ciglia.
Jeremy digrignò i denti, appoggiando entrambe le mani sulle mie spalle per poi stringere le dita intorno ad esse e percepii la pressione dei suoi polpastrelli sulla mia pelle calda, facendomi rabbrividire.
«Tu sei mia sorella. Ho il diritto di sapere e di difenderti!», sibilò lui poi mi attirò verso di lei e mi strinse con forza in un abbraccio che mi cullò col suo calore.
«Ti voglio bene, Mavs, lo sai, vero?», sussurrò tra i miei capelli, facendomi sorridere contro la sua spalla.
«Anche io ti voglio bene, J.»
«Ma ora devo andare», disse mio fratello, staccandosi da me per poi dirigersi verso la porta d'ingresso.
«Dove vuoi andare?», gli domandai in un sussurro, temendo la sua risposta mentre lentamente mi avvicinavo a lui.
«Devo andare a prendere a botte il mio migliore amico per avermi tenuto nascosta una cosa del genere.»
«No!», gridai subito, ma poi mi tappai la bocca perché una bella scazzottata tra lui e Morgan poteva starci.
«No??», Jeremy inarcò un sopracciglio, mostrandomi in ghigno. Feci spallucce.
«Sono stata io a dirgli di non dire niente a nessuno quindi non arrabbiarti con lui.» Ma che cazzo sto dicendo?
«Ma non eri tu quella arrabbiata con lui? Come mai ora lo difendi?»
Già... Perché lo stavo difendendo? Forse perché se non fosse stato per lui, sarei stata violentata da Travis e di quello gliene sarò sempre grata.
«Non lo so. Lascia perdere. Non riesco più a capire niente, a capirmi», emisi un sospiro fiacco, passandomi una mano nei capelli, «Ti prego non andare nei casini per me, va bene?»
«Si, certo, te lo prometto», detto quello, mi baciò sulla fronte poi uscì di casa, lasciandomi sola con le mie preoccupazioni e paure.
E non lo vidi né sentii per tutto il giorno, cosa che mi fece preoccupare ulteriormente.
Fu solo quando la porta venne spalancata con violenza verso le nove di sera che corsi giù per le scale e trovai Jeremy col viso insanguinato e Morgan a sorreggerlo per un fianco.
«Ma che cazzo gli hai fatto?», strillai, correndo verso mio fratello per poi trascinarlo a fatica verso il divano, dove si sdraiò, esalando un respiro profondo e pieno di dolore.
«Io non gli ho fatto niente. È stato Travis», disse Morgan atono, andando poi verso il freezer per prendere del ghiaccio per mio fratello.
«Cosa?», spalancai gli occhi poi fissai freddamente mio fratello, «Che cazzo hai fatto? Ti avevo detto di non metterti nei casini e mi torni a casa così?»
Lui fece spallucce, emettendo poi un gemito di dolore toccandosi il viso pieno di sangue, «Pensavi davvero che non avrei fatto niente dopo che ti ha molestata? E poi lui è conciato peggio di me. Starà in ospedale per un bel po' e ovviamente non farà il mio nome se non vuole che gli spezzo anche l'altra gamba.»
Morgan tornò da noi e mi passò il ghiaccio, senza mai guardarmi in volto, «Mettigli questo sulle costole che a pulirgli il viso ci penso io.»
«No, puoi andartene. Ci penso io a mio fratello», mormorai con voce dura e gelida, tenendo lo sguardo basso e rivolto verso la busta di piselli ghiacciata che avevo in mano, ovviamente avvolta in uno straccio.
Morgan alzò le braccia per aria in segno di resa poi dopo aver dato una pacca sulla spalla a mio fratello, se ne andò anche lui.
Tornai a guardare mio fratello che mi mostrò un sorriso compiaciuto, «Tu sei un coglione. Comunque vedi di non muoverti che ora vado a prendere il disinfettante.»
«Non mi muovo da qui, anche perché non ne ho le forze quindi tranquilla sorellina.»
«Idiota.»
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