▷ quattordici
Non feci nemmeno in tempo a mettere un piede in casa che mia madre comparve sulla soglia e mi mostrò un sorriso che non prometteva niente di buono.
Quando mi sorrideva in quel modo così spaventosamente bonario, sapevo che doveva dirmi qualcosa che mi avrebbe mandato su tutte le furie o mi avrebbe reso l'umore nero.
«Tesoro, dovresti farti una doccia e poi indossare l'abito che ti ho lasciato sul letto», mi disse con gentilezza squadrandomi dalla testa ai piedi.
Sapevo che dietro tutta quella cordialità si nascondeva più un ordine e se non lo avessi rispettato, mi avrebbe sicuramente messa in punizione.
Sbuffai, seccata poi entrai in casa, appendendo il mio cappotto all'appendiabiti e lasciando andare a terra il mio zaino che pesava un quintale e che mi aveva distrutto una spalla.
Al suo interno avevo ancora i miei vestiti sporchi di slime che dovevo assolutamente mettere da lavare perché volevo indossarli nuovamente l'indomani, sperando di non beccarmi qualche altro scherzo appena entrata a scuola.
«Perché? Chi abbiamo a cena stasera?», chiesi, desiderando fossero delle persone gentili e non come gli ultimi che erano stati dei maleducati assurdi. Il figlio venticinquenne ci aveva anche provato spudoratamente con me. Che gentaccia.
Il sorriso di mia madre si ampliò e le rughette intorno agli occhi si incresparono, come delle piccole ragnatele. Chi diavolo doveva venire a cena? Obama?
«I Cooper», rispose con ovvietà, toccandosi con disinvoltura i capelli legati in una acconciatura elegante e adatta alla sua età.
I miei genitori si erano conosciuti quando mia madre aveva ventitré anni e lavorava come cameriera in un piccolo bar della città mentre mio padre aveva già una sua attività che tuttora andava alla grande e che lo aveva reso un imprenditore di successo.
In quello stesso anno, appena dopo poche settimane dall'inizio della loro relazione, mia madre rimase incinta di Jeremy e l'anno seguente della sottoscritta quindi decisero di sposarsi, anche se i miei nonni paterni non erano d'accordo con la decisione del loro figlio. Alla fine però incominciarono ad apprezzare mia madre e a volere bene a lei e ai loro nipoti.
Mio padre aveva dieci anni in più mia madre e quando si erano conosciuti, lui stava già insieme ad un'altra donna, ma da quello che ci avevano raccontato, papà con quella signora non aveva avuto figli. Be', meglio così.
Per lei era una cosa ovvia, ma in realtà non lo era perché, da quando dovevamo vestirci come se stessimo andando ad un gala, se i nostri invitati non erano altri che i loro amici più fidati?
Perché dovevo vestirmi in modo elegante, se potevo starmene con un paio di shorts e una felpa più grande di me di almeno tre taglie? Tanto ai coniugi Cooper ― o almeno a Morgan, ad Alexander e a suo padre, dato che la madre non mi sopportava ― non avrebbe dato fastidio perché mi avevano già vista in modalità "scansafatiche".
«E da quando dobbiamo fare bella figura con loro?», brontolai, sciogliendo l'acconciatura, ormai spettinata.
Sentii la cute pulsare dopo averla sciolta completamente e i capelli più sensibili per via del fatto che erano stati tirati e stretti in quell'acconciatura per tutto questo tempo.
Poveri i miei capelli e povera me che avevo la cute sensibile ora.
Mia madre strinse le braccia al petto, segno che si stava arrabbiando e le sue labbra si tesero in una linea retta che le diedero un'aria rabbiosa.
«Non fare storie, Mavis. Fila a farti una doccia e poi cambiati con l'abito che ho scelto per te», mi prese per le spalle e mi spinse verso le scale che portavano al piano superiore, «Ora.»
Feci spallucce poi annuì, sconfitta, «Va bene, vostra maestà.»
Non la lasciai replicare, che corsi subito in camera mia e mi ci chiusi dentro mentre dalle labbra mi sfuggì un sospiro fiacco. Non avevo voglia di vedere Morgan.
Mi avvicinai con passo incerto al mio letto poi afferrai l'abito color prugna dalla stampella appoggiata sul letto e lo guardai con circospezione.
Era bello, ma per quale cazzo di motivo aveva quell'enorme scollatura a V sulla schiena?
Mi si vedrà l'osso sacro con quella dannata scollatura gigantesca, per non parlare dello spacco sulla coscia sinistra che era quasi inguinale. Ma che diavolo di vestito mi aveva scelto mia madre?
Dovevo fare per caso colpo su qualcuno che i Cooper avevano inviato a cena oltre a noi? Non era per fare colpo su Morgan, vero?
Mia madre non voleva che mi mettessi con lui, vero?
Oh cazzo, speravo proprio di no perché non sopportavo quel ragazzo, anche se era bellissimo e poi stava con Cassidy e io non volevo tradire la sua fiducia.
***
Solo in quel momento mia madre mi fece sapere che non saremmo rimasti a casa, ma usciti a cena in un ristorante scelto da i Cooper.
Sentii la mascella calarmi verso il basso per lo shock momentaneo mentre i miei occhi divennero ancora più grandi e quasi sicuramente parevano delle palle da tennis sul punto di esplodere.
«Stai scherzando? Perché non me lo hai detto subito? Avrei chiamato Mary per aiutarmi ad evadere da casa», borbottai nel panico. E ora che diavolo avrei dovuto fare per evitare la cena?
Mia madre si accigliò, ma sulle sue labbra vi spuntò un sorrisetto furbo.
Mi aveva fregata, dannazione!
«Appunto per quello non te l'ho detto subito sennò saresti scappata da Maryse e io non avevo voglia di spiegare nuovamente il motivo per cui la mia secondogenita non era a cena con noi», replicò con fin troppa serietà poi mi mostrò un sorriso che stava sicuramente a significare "ti ho fregato, cara mia" ed era vero. Ero fottuta.
Le ultime volte che i miei genitori ci avevano avvisati di quelle cene con i Cooper, io ero sempre riuscita a svignarmela dalla finestra di camera mia con l'aiuto della mia migliore amica, ma ora non potevo perché ero stata raggirata da mia madre. Dalla donna che mi aveva messa al mondo.
Cavolfiori fritti, mi conosceva proprio bene.
Mi spalmai entrambe le mani sul viso per la disperazione poi mi accasciai a terra con fare teatrale.
Magari così facendo mi avrebbe lasciata a casa. Se come no. Come avevo detto prima, mia madre mi conosceva fin troppo bene, infatti scoppiò in una fragorosa risata poi mi diede una sberla sulla schiena per farmi capire che dovevo alzarmi all'istante.
Lo feci poi mi spolverai il vestito e rassegnandomi all'idea di dover passare la serata in compagnia di Morgan e la sua famiglia, uscii di casa sospirando e con le spalle ricurve in avanti per lo scoraggiamento.
Non avevo entusiasmo e nemmeno voglia di socializzare con Morgan o con chiunque ci fosse insieme a loro. Volevo semplicemente restarmene a casa e guardare qualsiasi serie TV la netflix aveva da offrirmi.
Jeremy si sedette al mio fianco sui sedili posteriori poi prese in mano il suo cellulare e incominciò a messaggiare con qualcuno.
Con molto probabilità era Brittany il destinatario, anche perché quando messaggiava con lei, mio fratello aggrottava spesso le sopracciglia, come se non riuscisse a capire quello che la sua ragazza gli aveva scritto.
I miei genitori entrarono in macchina, pronti per partire poi mio padre la mise in moto e mia madre fece un commento entusiasta.
Non vedeva l'ora di quella cena mentre io neanche un po'.
All'improvviso sentii una fitta trafiggermi lo stomaco e subito mi allarmai.
Oh no, non di nuovo quell'orribile sensazione alla bocca dello stomaco.
Le testa parve diventare più leggera poi incominciò a girare fin troppo velocemente quindi lasciai andare la testa sullo schienale del sedile ed emisi un sospiro pesante.
In quello stesso istante sentii la mano di mio fratello appoggiarsi sulla mia e stringerla con forza poi la sua testa si appoggiò sulla mia spalla e in parte riuscii a calmarmi.
Però, dannazione, il respiro affannoso era ancora lì e davanti ai miei occhi vedevo macchiette bianche e verdi che mi offuscavano la vista.
«È solo Morgan, Mavs», sussurrò lui, accarezzandomi il dorso della mano stretta nella sua.
Sospirai pesantemente, «Non è per lui, ma per sua madre. Penso mi odi», ammisi, strizzando con forza gli occhi e sentendo le spalle irrigidirsi di colpo, quando una fitta mi trafisse lo stomaco.
«Non devi darle ascolto. Tu sei perfetta così come sei», Jeremy mi baciò una guancia ed io sorrisi addolcita.
Perché non poteva essere sempre questo tipo di fratello invece che comportarsi da stronzo come tutti gli altri?
«Non potresti essere sempre così, al posto di farmi tutti quegli scherzi?», borbottai a bassa voce.
Mio fratello, in risposta, mi diede un leggero morso alla mascella ed io per evitare di gridare più per la sorpresa che per il dolore, mi tappai la bocca, ma gli tirai comunque una gomitata nel fianco.
«Mi dispiace per lo scherzo di oggi, ma è stato troppo divertente vederti spalancare in quel modo quelle palle da tennis che ti ritrovi al posto degli occhi e gridare come una pazza isterica», ridacchiò sommessamente mentre io mi imbronciai, stringendo un braccio al petto ― dato che l'altro era bloccato dalla mano di Jeremy stretta nella mia.
«Stronzo», sibilai con acidità, «Però anche a me dispiace per lo scherzo, ma volevo troppo vedere quella foto e poi era proprio bella quindi perché non pubblicarla?», ridacchiai malignamente.
«Anche tu sei una grande stronza», replicò lui borbottando poi mi pizzicò un braccio, facendomi sussultare.
«Ho imparato dal migliore», gli feci una pernacchia e lui mi pizzicò il naso.
Adoravo questo tipo di momenti, ma purtroppo duravano poco perché mio fratello tornava quasi subito a comportarsi come tutti i suoi amici e a trattarmi con indifferenza.
«Comunque cosa intendevi quando hai detto che qualcuno, a differenza tua, ha una copertura?», gli chiesi con un pizzico di curiosità nella voce.
Jeremy arcuò un sopracciglio poi scosse il capo, «Niente, lascia perdere.»
«Dai, dimmelo», mi lamentai come una bambina davanti ad un negozio di giocattoli.
«No.»
«Dai», allungai l'ultima lettera, creando una cantilena petulante.
«No e poi hai visto?», Jeremy mi diede un buffetto sul naso poi ridacchiò sommessamente.
Guardai fuori dal finestrino, inarcando un sopracciglio, visibilmente confusa poi riportai lo sguardo su mio fratello, dato che non avevo visto un bel niente.
«Visto cosa?», domandai in un sussurro.
Lui mi mostrò un sorrisetto compiaciuto, «Hai messo di stare male», mi fece notare e effettivamente era così. Non mi sentivo più sul punto di star per svenire o avere un altro attacco di panico.
Gli angoli della mia bocca si alzarono verso l'alto in un sorriso genuino poi appoggiai la mia testa sulla sua spalla, «Grazie J.»
«Ma figurati. Tutto per la mia sorellina.»
***
Era da circa dieci minuti che stavo pensando ad un modo per fuggire, stando seduta sul sedile dell'auto mentre i miei genitori e Jeremy continuavano a chiacchierare con la famiglia Cooper, davanti alla loro casa.
Purtroppo però, non potevo mettere la macchina in moto perché mio padre aveva le chiavi e per quello non potevo neppure scappare.
Per non parlare del fatto che la casa di Maryse era dalla parte opposta del quartiere e ai piedi portavo dei tacchi abbastanza alti che mi impedivano di muovermi come avrei voluto, senza sembrare un dinosauro che camminava su dei cocci di vetro quindi fuggire era fuori questione.
Dovevamo ancora andare al ristorante e io stavo letteralmente morendo di fame.
Non potevano parlarsi una volta arrivati al ristorante? E poi non era per quello che eravamo usciti a cena con loro? Per parlare di qualsiasi cosa centrasse col lavoro di papà?
Dannazione! Avevo fame. Fame. Fame.
Nella mia pancia sembrava stessero suonando una miriade di strumenti a percussione, talmente brontolava rumorosamente.
L'ansia era scomparsa nello stesso istante in cui i miei occhi avevano incrociato quelli divertiti di Morgan.
Però dovevo ammetterlo: ero stupendo quella sera. Indossava una camicia nera, un paio di jeans del medesimo colore che slanciavano maggiormente la sua figura, un paio di scarponcini e una giacca elegante per completare il suo look per quella serata.
Sbattei le folte ciglia, solamente quando sentii qualcuno picchiettare sul finestrino. Alzai lo sguardo e incrociai gli occhi color nocciola di Morgan, notando anche l'accenno di ghigno che aveva stampato sulle labbra.
«Come sei asociale, Mavs», mi prese in giro e io in risposta gli spalmai il dito medio contro il finestrino, ghignando a mia volta.
«Non sono asociale. Semplicemente non ho voglia di uscire dalla macchina perché tanto dovrò subirti anche dopo a cena», replicai atona, scoccando la lingua contro il palato con indifferenza.
Morgan picchiettò fastidiosamente le nocche sul finestrino quindi stanca di sentire quel rumore noioso, lo abbassai e gli rifilai uno schiaffone sul braccio per farlo smettere.
«Finiscila di stressarmi, rompiscatole», borbottai indispettita.
«Ma è divertente stressarti», mi prese in giro lui poi assunse un'espressione da cane bastonato che mi lasciò interdetta.
Perché aveva quella stupida espressione stampata sul viso? Era scemo?
«Per colpa tua, James si è arrabbiato con me», biascicò, fingendo di stare male per quella cosa, quando lui stesso aveva accettato di farlo.
Roteai gli occhi poi scossi il capo, irritata, «Ma se anche tu volevi fare quello scherzo, tanto quanto me! Che ti lamenti a fare, Cooper.»
«Siamo tornati a chiamarci per cognome?»
«Io ti chiamo per cognome, tu invece pronunci il mio nome come se fossimo amici.»
«Ma noi siamo amici», Morgan mi sorrise furbo e le mie guance si colorarono di un rosa pesca quindi voltai lo sguardo dall'altra parte e finsi indifferenza.
«Nei tuoi sogni, forse», replicai acidamente.
«Mavis, esci da quella macchina e vieni a salutare!»
Fantastico, mia madre aveva usato il suo tono di voce che adoperava quando doveva farmi una delle sue tante ramanzine che ascoltavo solamente in parte.
Qualcuno poteva uccidermi? Almeno così mi risparmiavo le solite stronzate che mi sbraitava contro mia madre.
Alzai gli occhi al cielo, seccata poi avvicinai al mio viso quello di Morgan che mi fissò visibilmente confuso ― tirandolo dalla camicia ― e gli sibilai all'orecchio di dire a mia madre che sarei scesa una volta al ristorante.
Lo sentii sospirare davanti al mio viso e il suo alito caldo mi solleticò le guance, più rosse rispetto a prima poi annuì, si voltò verso le nostre famiglie e a gran voce ripeté quello che gli avevo detto.
Mi spalmai una mano sulla fronte, cercando di nascondere il terrore di sentire la risposta di mia madre poi sospirai pesantemente.
Avrei preferito se si fosse avvicinato a loro e glielo avrebbe detto a bassa voce, ma non così, non gridandolo ai quattro venti.
Quanto poteva essere stronzo! Sapevo che lo aveva fatto semplicemente per farmi un dispetto.
«Mavs?»
«Che cazzo vuoi, idiota?»
«Sei sexy con questo vestito, ma vuoi per caso far piovere? Tu che indossi due abiti in un solo giorno è una cosa rarissima, soprattutto perché vivi di felpe e pantaloni.»
«Sei uno stronzo», sibilai furiosamente poi gli rifilai un pugno sul petto che lo fece gemere sommessamente ed infine tirai su il finestrino, mettendomi le cuffiette nelle orecchie ― facendo ovviamente partire la musica ― per non sentirlo più.
***
La serata trascorse proprio come avevo immaginato, ovvero io che passavo tutto il tempo a parlare col piccolo Alexander e a tirare calci da sotto al tavolo a Morgan perché faceva il cretino.
«Sono così felice», commentò all'improvviso la signora Cooper ed io arricciai il naso, seccata dalla sua orribile voce nasale.
Notai gli occhi di mia madre brillare dalla felicità poi annuì, sorridendo alla sua più cara amica: la vedova nera in persona. Anche se non era ancora vedova, ma se continuava a lanciare certe occhiate omicide a suo marito, questo sarebbe morto molto presto.
«Era da un po' che non cenavamo insieme o sbaglio?», si intromise mio padre e le sue righe intorno agli occhi si stropicciarono quando li strizzò, mostrando un buon sorriso che contagiò un po' tutti al tavolo.
Alexander, al mio fianco, spezzò un pezzetto di pane e lo lanciò verso suo fratello che in risposta gli mostrò un sorrisetto divertito poi glielo scagliò contro a sua volta, beccandolo sulla fronte.
Ridacchiai davanti a quella scena, smettendo di ascoltare i miei genitori e i Cooper, ma smisi appena mio fratello mi colpì con una fetta di prosciutto cotto che mi scivolò lungo il viso, finendo poi nel mio piatto.
Lo fissai in cagnesco, reprimendo la mia voglia di sbranarlo vivo poi inforchettai la fetta di prosciutto e me la ficcai in bocca, sotto allo sguardo scioccato di Jeremy che si sarebbe aspettato una mia contromossa, ma non quello.
Cazzi suoi. Se mi lanciava del cibo, io di certo non lo sprecavo, anzi me lo mangiavo sicuramente. Proprio come avevo fatto in quel momento.
Morgan invece mi guardò con divertimento e in risposta gli mostrai un ghigno arrogante mentre Alexander si lamentò, dicendo di volerne anche lui un'altra fetta.
Il fratellino di Morgan picchiettò rumorosamente la forchetta contro il piatto e attirò così l'attenzione di Tonya che mi fissò in cagnesco poi tornò a parlare e a sorridere a mia madre come se non mi avesse appena minacciato con lo sguardo.
Ma che diavolo di problemi aveva quella donna? Che cosa le avevo fatto per farmi odiare così tanto?
Morgan, senza nemmeno lamentarsi come suo solito, gli passò alcune delle sue fette di prosciutto cotto e sorrise nel vederlo e sentirlo emettere gridolini felici per poi tornare a mangiare con ancora più foga.
Fissai il sorriso di Morgan. Era bello e stranamente dolce. I suoi occhi nocciola parevano brillare, illuminando l'intera stanza e, si vedeva proprio quanto tenesse a quel bambino.
Chissà se a volte si comportava da stronzo, come Jeremy faceva con me...
«Brittany continua a rompermi con 'sta storia dei capelli colorati... Vuole sapere chi è stato e sapete una cosa? Penso di conoscere l'identità del colpevole», Jeremy mi sferrò un calcio da sotto al tavolo e tutta l'acqua che stavo bevendo mi andò di traverso, facendomi quasi soffocare.
Iniziai a tossire, sputacchiando acqua dappertutto mentre provavo a fare dei lunghi respiri, dato che continuavo a sentire il fiato mancarmi dai polmoni e, i miei occhi non smettevano di lacrimare.
«Mavis, un po' di contegno!», strillò mia madre passandomi con aggressività un tovagliolo, come se fossi così scema da non star già adoperando il mio per asciugarmi il viso e il vestito bagnato.
«È colpa di Jeremy», sbottai, lanciando uno sguardo omicida a mio fratello che aveva preso a fischiettare, facendo finta di niente. Morgan scosse il capo, roteando gli occhi al cielo.
«Finiscila di dare sempre la colpa a tuo fratello. Fila in bagno a darti una sciacquata», mia madre non si fece scrupoli a trattarmi come una stupida, che meritava solamente di venir sgridata, davanti a tutti.
Tonya sembrava quasi felice di vedermi così in difficoltà quindi feci l'unica cosa che mi riusciva meglio: mi ribellai.
Bruscamente mi alzai dalla mia sedia, scagliai il tovagliolo sul tavolo poi fissando dritta negli occhi mia madre, le mostrai un sorriso rabbioso.
«Sai cosa ti dico? Io me ne vado a casa. Voi continuate pure questa stupida cena. Io vado a cambiarmi e a passare una serata in cui non devo fingere di essere interessata alle stronzate di cui parlate e di essere un'altra persona.»
Detto quello, presi il mio cappotto dall'appendiabiti, ignorando le grida di mia madre poi quasi di corsa uscii dal ristorante e con gli occhi lucidi, chiamai Cassidy, chiedendole di venirmi a prendere.
Lei accettò all'istante, ordinandomi di non muovermi da lì e io feci come mi aveva detto, cercando in ogni modo di pensare allo sguardo così arrabbiato di mia madre nel sentirmi parlare sgarbatamente davanti a tutti, ma poco mi importava.
Ero stanca di venir sempre trattata come la pecora nera della famiglia.
Ero stanca di non poter essere me stessa senza venir paragonata a qualcuno altro.
Eravamo tutti diversi quindi perché paragonarmi ad altri? Magari poi a qualcuno che nemmeno conoscevo, ma dato che era il figlio o la figlia di un'amica di mia madre, allora era giusto fare inutili paragoni tra me e loro, come se tutto quello che facessi era sbagliato mentre tutto quello che facevano loro era corretto.
Io non ero sbagliata. Io ero giusta per tutto il casino che avevo nella testa.
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