•54. Where Are We?•

*Ariana pov's*
La mia mente si risveglia, e inizio a strizzare gli occhi per la troppa luce che sta penetrando in essi.
Li apro, lentamente, e vedo Justin disteso davanti a me, che sembra dormire.
Cerco di alzarmi, ma vengo ributtata a terra dalla forza di gravità. Solo in quel momento mi rendo conto che non sto usando le braccia, legate al mio petto da una camicia bianca. E che anche Justin ne è avvolto.
Adesso ricordo. E ricordare mi porta a capire. E capire, mi porta a soffrire.

Provo ad avvicinarmi a lui, in qualche modo, ma nulla. Allora inizio a urlare: "Justin! JUSTIN, SVEGLIATI!"
J: "Mmh..."
Ci sono quasi, ancora un po'.
Io: "JUSTIN!" urlo, con quanto piú fato ho in gola.
Ma non si sveglia.
Oh, ma è possibile che con lui si debbano sempre usare le maniere forti?!
Io: "JUSTIN, SVEGLIA!" e che cavolo...
J: "A-A-Ariana... cosa c'è?" apre gli occhi, e si vede circondato da mura grigio scuro, e da una parete fatta di sbarre d'acciaio.
Se fossi una persona normale, avrei quasi paura. Ma io sono Ariana, quindi no.
J: "Dove siamo?" sbotta, Justin.
Lo guardo negli occhi, senza proferire parola.
J: "Dove.siamo?" dice a denti stretti.
Io: "Just, ci hanno preso. Siamo... in riformatorio."
J: "CHE?!"

Sentiamo un rumore.
Io: "Fai finta di dormire."
Ci ributtiamo sul muro, e sentiamo una guardia arrivare.
È Jacob. Urla: "Svegliatevi, pigroni. Che avete una visita."
Io: "E se non volessimo vedere nessuno?"
Ja: "E se non me ne fregasse niente?"

No, è tutto un sogno. Vero? Solo uno stupido, e insensato sogno! Ditemi che è cosí!!
J: "Ripeto: "E voi dovreste aiutare le persone?"... ma per favore! Ma andate a..."
Ja: "Non vi è bastata la camicia di forza? Volete anche che vi imbavagli la bocca?"

Io: "Vogliamo solo che ci lasci andare."
Ja: "SIGNOR HUSTON, PUÒ VENIRE." urla, Jacob. E mio, nostro, "padre"

*(se non si fosse notato, ho ben evidenziato le virgolette intorno alla parola -padre-)*

scende, e si avvicina a Jacob. Si dicono qualcosa, sussurrata nell'orecchio, ma non si capisce nulla.
Allora, Thomas, entra nella cella.
Io: "Che vuoi? Non si può entrare!"
T: "Ary..."
Io: "Non chiamarmi cosí. Cosa sei venuto a fare qua?"
T: "Perdonami." but, what the fuck?
Io... cosa? Perdonargli cosa?
Ma prima che anche solo una parola mi uscisse dalla bocca, mi ritrovo svenuta, immobile a fissare il nero della mia mente.
Mi RIsveglio, con Jacob dietro le sbarre... in teoria lui sarebbe fuori, e io dentro, ma dalla mia prospettiva no.
Ci metto piú del solito a riprendermi, e ad accorgermi che... Justin non c'è! JUSTIN NON C'È! JUSTIN NON C'È!
Io: "Dov'è? Dove l'avete portato?!" urlo, in preda al panico. Non mi è mai capitato di essere cosí fragile... anzi sí. Sempre per lui, per Justin.
Ja: "Ariana, lui è..."
No, oddio. Cosa?
Io: "Lui è...?"
Ja: "Lui si è voluto..."
Io: "PARLA, VIGLIACCO! PARLA!"
Ja: "È stato trasferito in Svizzera (ma ora è tornato in Italia), per commettere l'atto del sui... sui..." una lacrima scende sul suo volto.
Una lacrima fredda, di dolore.
Io: "Sui... PARLA!!"
Ja: "Suicidio."
No. No, no, no, no, no! Non poteva essere! No! Non era possibile! Non poteva succedere!
Io: "COSA DICI? BUGIARDO! NON SI È SUICIDATO! NO, NO! NO!!" scoppio a piangere.

Ja: "Ariana... Justin ha informato il Signor Huston, e lui gli ha portato tutte le carte da firmare. E..."
Un nodo mi si forma in gola, stringendola, fino a farmmi soffocare.
Io: "Il corpo?"
Ja: "L'hanno portato a casa sua. Puoi vederlo. Sei libera."

Senza di lui, non piú.
Io: "Portami da lui."
Ja: "Sicura?"
Io: "HO DETTO PORTAMI DA LUI!"
Mi toglie la camicia, e mi prende in braccio.
Affondo il viso nel suo petto, e piango. Solo lacrime.
È a quel punto che... e se Thomas, dopo avermi sedato, avesse dato qualcosa a Justin per fargli firmare quelle carte?

Some time later

Arrivati davanti casa mia, Jacob mi chiede se voglio essere messa a terra, e provare a camminare. Annuisco, ancora col viso zuppo di lacrime, e entro lentamente in casa.
Neanche appena dopo l'Ospedale mi sentivo cosí.

Vado in Sala, dove c'è lui. Me lo aspettavo.
Mi precipito sul suo corpo, contornato da una scatola di legno, e lo "abbraccio."
Per quanto si possa abbracciare un morto in una bara.
Mia madre mi si avvicina. E mettendomi una mano sulla spalla sinistra, dice anche lei in lacrime: "Vi ho sempre amati."

Corro via, via da tutto, via dalla morte. O forse, proprio incontro ad essa.

Scappo su, in camera mia, e prendo il mio coltellino Svizzero... proprio il luogo in cui Justin... è... mor... mor... non credevo fosse cosí difficile dire la parola mor... mor... mort... morto. È morto. E io? Io sono sola.
Ecco perchè, apro la lama piú tagliente del coltellino, e lo avvicino al petto, altezza cuore. Le ultime cose che ricordo, sono state: una figura che correva verso di me, urlando il mio nome, seguito da un potente no; una fitta dolorosissima, ma allo stesso tempo placante, al cuore.

I was died.

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