Cambiamenti

Si ritrovarono seduti al di sotto di un grande albero con grandi radici che fuoriuscivano dal terreno, le foglie interamente a terra, a colorare il terreno.
Ben aveva la testa appoggiata sulla spalla di Bruce, teneva le gambe raccolte al petto e le braccia morbide lungo i fianchi, gli occhi chiusi. Ancora impegnato nell'arduo lavoro di metabolizzare cosa fosse successo.

"Sei cambiato in questi anni." Gli disse il maggiore, facendo riferimento al drastico cambiamento di colore dei capelli e degli occhi.
"Per fare quello che faccio io non bisogna farsi notare in alcun modo. Ma niente che un paio di lenti  colorate e un po' di tinta non possano risolvere."
"Ci stavi bene." Il corvino (albino?) scosse le spalle con noncuranza, Bruce rise a bassa voce.

"Hm? Che succede?"  "Lo fai sempre quando non sai che rispondere..." Lui sbuffò buttando gli occhi al cielo. "Dio...ora dovrei mandarti a fanculo, ma non riesco più a fare lo stronzo con te." A questo punto, fu Bruce a sgranare gli occhi, la bocca che andava a formare una "o" perfetta.
"Intendi che fino ad ora è stata..."

"una farsa? Cinquanta e cinquanta. Molte volte ti ho mandato a quel paese con tutto il cuore, ma in fondo dovevo riuscire a farmi odiare da te, non potevo essere gentile o cose simili." Come aveva fatto a non notarlo fino a quel momento? Era davvero così ceco riguardo le emozioni?

"E ora? Ora sarai finalmente te stesso?" Pregava per una risposta positiva, non avrebbe sopportato non sapere se era costretto a mentire dalla situazione. "Non lo so: le abitudini sono dure a morire."

Non fece neanche quasi in tempo a finire la frase che una goccia gli cadde sul pallido naso, aprì gli occhi di scatto, guardando verso l'alto.
"Ma che caz-?" Subito un forte temporale si scatenò sulle loro teste, inzuppandoli in poco meno di un minuto da capo a piedi.

Correvano sotto la pioggia come due forsennati, cercando di non scivolare sul marciapiede bagnato. "Andiamo a casa mia: è vicina!" Disse Bruce, ad un volume normalmente altissimo, indispensabile per farsi sentire in tutto quel trambusto. Non vide come rispose l'altro, ma fu abbastanza sicuro che annuì.

In poco tempo le strade erano ripiene di persone che si trovavano nella loro stessa identica situazione, rendendo praticamente impossibile camminare tra la marea di ombrelli e giubbotti.

Bruce si girò leggermente indietro, guardando nella direzione di Ben, lui se ne stava fermo immobile, gli occhi che slittavano in tutte le direzioni, un tremolio alle mani. -Non mi piacciono gli spazi affollati...- si ricordò all'improvviso. "Cazzo, Ben! Questa non è solo essere schizzinosi, è una fobia vera e propria..." sussurrò a mezza voce, più a se stesso che al più piccolo. Fece uno slancio all'indietro, afferrandogli la mano sinistra , in quel momento sembrò riprendersi leggermente. Bruce gli fece un piccolo cenno col capo e iniziò a trascinarselo dietro. In meno di cinque minuti erano nuovamente alla villa.

Si chiusero nella grande camera di Bruce, il quale cercò di evitare il maggior numero di domande poste dal maggiordomo, ovvero Alfred. Il maggiore stava ravanando nel suo armadio, cercando qualcosa da far mettere all'altro, che possibilmente non gli andasse troppo grande. "Bruce?" Lui si bloccò: Ben non aveva mai pronunciato il suo nome, ma da quel momento non avrebbe mai più voluto sentirlo dire da nessun altro.
"Si?" "Grazie."

Nella stanza calò nuovamente la calma dolce dei giorni di pioggia, il ticchettio ripetuto alla finestra, il calore provenienti dai termosifoni, le conversazioni fatte di sguardi.
Ben si chiuse in bagno per cambiarsi, gli andava tutto leggermente grande, ma non gli dispiaceva troppo, in fondo adorava le cose over size.

Uscì da lì dentro in pochi minuti, la testa attanagliata dai pensieri. Si sedette vicino a Bruce. Sembrava perso anche lui nei suoi pensieri. Gli venne naturale appoggiare le sue labbra sulla sua guancia. Eppure ci mise diversi secondi a comprendere cosa fosse accaduto. Arrossì immediatamente. Si sfiorò le labbra con le dita. Non fece in tempo a dire niente, che venne preso per il colletto della maglia. Fu lì che comprese che la guancia di Bruce Wayne non rea niente in confronto alle sue labbra. Rimasero a fissarsi qualche secondo, poi Ben sprofondò  il viso nel letto. "Dio, potevi avvertirmi prima!" Entrambi risero. Non aveva ancora smesso di piovere e lì si stava...bene. Bruce guardò in basso: il corvino aveva fatto sì che le loro mani si intrecciassero.  Ancora non si guardavano. 

Improvvisamente una leggera vibrazione distrusse il loro momento. Ben estrasse il cellulare. Vedendo il numero, sbuffò. "Si? Oh. Capisco. Dove? Adesso? Sono impegnato." Si sentirono urla che mettevano in diversi modi in pericolo la sua vita. Bruce sbiancò, Ben rimase impassibile. "Cazzo, va bene! Arrivo." Si appoggiò al petto di Bruce, grugnendo. Gli diede un ultimo bacio sulla guancia, poi si alzò. "Cosa devi fare?" "Un trafficante di droga molto influente, sta minacciando degli altri giri. Mi hanno assoldato per risolvere il problema." Bruce, leggendo tra le righe, capì che lo avrebbe dovuto uccidere. Si mise in piedi di scatto. "Sei ancora ferito, non puoi!" L'altro rise, senza voltarsi. "Ti prometto che non mi succederà niente, starò bene: è un lavoro semplice."  Uscì dalla porta con passo veloce. Bruce rimase sul letto a guardare il soffitto, finché la porta non si aprì di nuovo. "Signorino Bruce... potrei sapere perché il vostro amico indossava i vostri  vestiti?" Decise di non raccontare la storia completa.

Ben si trovava su un palazzo. Il cielo era scuro e la pioggia non la smetteva di cadere. Indossava un impermeabile nero. Il cliente voleva che il lavoro fosse svolto con precisione. Non poteva sbagliare. In più gli aveva offerto un sacco di soldi, cosa che di certo lo incentivava. L'uomo si trovava ad un bar all'aperto  a bere. Intorno a lui aveva tre uomini che probabilmente avevano il compito di proteggerlo. indossò una mascherina nera e calò il cappuccio sul viso. Non era tempo per farsi prendere dall'ansia. Avrebbe puntato su un attacco a sorpresa, scatenando il panico. Non sembrava che fossero armati con pistole. Sperò che la sua intuizione fosse veritiera. Saltò, atterrando vicino a dove si trovava l'uomo. Piegò le gambe per attutire il colpo. Aveva sviluppato una certa resistenza ai salti alti. Si buttò subito sull'obbiettivo. Venne ributtato indietro da un violento pugno allo stomaco che gli fece perdere il fiato per diversi secondi. Tornò a buttarsi in avanti. Avere una corporatura esile era d'aiuto. Saltò di nuovo, usando le spalle come punto di appoggio per fare una ruota. Saltò addosso allo spacciatore, tagliando la gola. Sentì un dolore lancinante al braccio: i punti erano saltati, la ferita si era riaperta. Emise un mugugno di protesta. Ma si era distratto, aveva dato le spalle al nemico per troppo tempo. Venne preso per il collo e buttato sul cemento. Ansimando, mollò un calcio in faccia ad uno degli uomini. Gli mise un coltello nell'occhio, mentre in velocità correva via. Non erano le condizioni migliori per ingaggiare in combattimento. Più correva, più l'adrenalina  in circolo diminuiva drasticamente.

Si tenne il braccio con una mano. Non sembrava che lo avessero seguito. Si infilò in uno stretto vicolo buio. Si  sedette dietro ad un grande cassonetto. Di fianco aveva una scala d'emergenza, se fosse lo avessero trovato quella sarebbe stata la sua unica via di fuga. Ansimando si tolse l'impermeabile. Alzò la manica per vedere lo stato della ferita. Se fosse tornato all'ospedale avrebbero iniziato a fargli seriamente delle domande. Il telefono squillò. Cos'era? Il giorno del "chiamami quando sono nella situazione peggiore o migliore della mia vita"? Nonostante ciò vedendo il numero, sorrise. "Ragazzino, non è un buon momento." Cercò di non far tremare la voce, riuscendosi con un punteggio del cinquanta su cento. "Cos'è successo? Stai bene ? Dove ti trovi?" Rise sottovoce. "Non è niente che non possa gestire, tranquillo." Appoggiò la testa all'indietro digrignando i denti. Come si chiamavano quelle? Bugie bianche, giusto! "Ti richiamo dopo va be-"  "Ti sono saltati i punti, vero?" 

Il silenzio che seguì gli diede la risposta di cui aveva bisogno. "Dimmi dove sei, vengo a prenderti." Ben appoggiò il telefono per terra, alzando il volume in modo da sentirlo. "No, non voglio che tu venga in questa zona, è più pericoloso di quanto credi." Avvolse l'impermeabile intorno al braccio, legandolo saldamente. Strappò l'elastico dalla mano opposta, cercando di rallentare le circolazione sopra la ferita. "Allora vieni tu!" dalla voce intuiva che stava andando in panico. "Non puoi rimanere sotto la pioggia tutto il tempo!" Sospirò. Poteva andare, in fondo bisognava pur patteggiare un po'.  "Arrivo tra circa mezz'ora" Strinse l'elastico con i  denti. Si mise in piedi, sorreggendosi al muro. Vedendo che barcollava, aggiunse: "Forse più di mezz'ora."


Bruce aspettava a casa. Aveva da poco preso il kit di pronto soccorso che si trovava in ogni bagno. Stava leggendo un libro di medicina, miracolosamente trovato nell'immensa biblioteca della villa. Aveva ormai smesso di piovere, lo stesso il sole non sembrava avere intenzione di farsi vedere. Avrebbe dovuto aspettarselo, giusto? Non avrebbe dovuto lasciarlo andare, era stato un idiota. E se si fosse ferito gravemente? E se fosse accaduto qualcosa di peggio? Avrebbe voluto poterlo proteggere da tutto, compreso il suo stesso lavoro. Sentì un forte strusciare di legno alle sue spalle. La finestra si aprì, Ben entrò dentro con un tonfo. "Ehi, Bruce..." cercò di dire con disinvoltura. "Stai sanguinando." Osservò avvicinandosi con velocità. "Oh tranquillo, non è tutto mio." Si aspettava un sorriso, ma il maggiore rimase serio come la morte. "Vieni, appoggiati sul letto." Lo aiutò a tirarsi su. Aveva preventivamente messo un ulteriore lenzuolo al di sopra delle usuali coperte. Il suo piano era di bruciarle, se si fossero sporcate. 

Guardò gocce sanguine superare il bendaggio affrettato e cadere per tutta la lunghezza della manica. Tutto quello che aveva letto fino a quel momento improvvisamente gli apparve inutile, ma non poteva perdere il suo sangue freddo. "Adesso dobbiamo togliere...qualsiasi cosa tu abbia messo intorno alla ferita." Ben rise. "In effetti l'impermeabile non credo fosse la scelta migliore." Tornò subito serio. "Bruce, ascoltami. Se non te la senti, non devi. So come mettere i punti. Non serve che tu affronti..." Si prese un momento per guardarsi intorno. "Tutto questo." "Non lascerò che tu ti metta dei punti da solo." E, visto che il suo tono non ammetteva repliche, non disse altro. 

Nello stesso istante in cui tolse l'impermeabile il sangue iniziò a sgorgare a fiotti. Non si fece prendere dal panico:  era normale, in quel tipo di situazione. Emise un respiro profondo. Prese una garza bagnata in acqua fredda, iniziando a ripulire velocemente la ferita. "Non ho niente per anestetizzare." Sussurrò a bassa voce. Ben sembrava averlo già messo in conto. "Ho subito di peggio." Eppure quando l'ago entrò nel primo lembo di pelle sussultò, mordendosi con forza il labbro. Non guardò il maggiore negli occhi. Non voleva fargli vedere che li aveva aveva lucidi. Dal canto suo, Bruce aveva la mano ferma. -Starebbe peggio se lasciassi la ferita aperta- si ripeteva come un mantra. Guardò i punti che aveva fatto, in qualche secondo avrebbe completato il tutto. Quando, con una risata isterica, Ben parlò. "Sai che c'è? La trovo molto carina questa ferita, mi ci sono affezionato, possiamo benissimo lasciarla così!" Bruce si avvicinò, dandogli un bacio sulla guancia. "Dai, abbiamo quasi finito."


Ormai la sera era calata. Bruce osservò Ben dormire sul letto. Era riuscito a ripulire tutto, non c'era traccia di ciò che era accaduto, eccetto la ferita rossastra chiusa con punti di sutura imprecisi. Avrebbe voluto fasciarla, o meglio, che scomparisse senza lasciare traccia. Sospirò, appoggiandosi a sua volta sul morbido materasso. L'altro si mosse leggermente, senza però svegliarsi. Bruce gli tolse con gentilezza i capelli dal viso pallido. Aveva perso un bel po' di sangue, ci avrebbe messo diverso tempo per riprendersi completamente. Bruce non dormì. Si limitò a leggere, sempre sul letto, lanciandogli occhiate ansiose più spesso di quanto fosse necessario. Lo odiò. Lo odiò perché si era ferito di nuovo. Lo odiò perché era uno stupido ragazzino incosciente. Lo odiò perché dormiva così tranquillamente! Come se non fosse successo nulla. Eppure lo amava. Glielo avrebbe voluto dire cento volte.


Passarono le ore e finalmente Ben si svegliò.  "Hey, Wayne..." Sorrise leggermente, con ancora gli occhi semi chiusi. 

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