17. Famiglia
AXEL
Non riesco a definire le sensazioni che provo dentro di me in questo momento.
Dolore, rabbia, nulla di tutto ciò mi sembra appropriato.
Impazienza mista ad un'ansia continua, forse è questo quello che provo.
Qualsiasi cosa faccia mi sembra sempre di commettere un grave errore che peserà come un grosso macigno sulla mia vita.
Provo la stessa cosa mentre osservo il viso di Riley deluso e amareggiato. Perché non faccio altro che causare dolore alle persone che mi stanno attorno? Perché non riesco a gridargli addosso tutto l'affetto che provo per loro?
Mi volto noncurante dei sentimenti che provo in questo momento e lascio casa Wilson con molti più dubbi rispetto a quando sono arrivato.
Mentre attraverso il vialetto di quella abitazione la mia mente non fa altro che tornare a qualche istante fa. I capelli castani leggermente scompigliati, le gote arrossate e quei occhi tremendamente belli.
Il viso sorpreso di quando ha scoperto di aver passato un'intera estate in mia compagnia, probabilmente non lo dimenticherò mai.
Ricordo bene di averle detto di non avere memoria di lei, ma la mia era solo una bugia dettata dall'insicurezza e dalla paura di espormi lasciando che vedesse una parte del mio cuore.
I suoi occhi azzurri, grandi, magnetici, già da bambino mi avevano stregato e per me sarebbe stato impossibile non riconoscerli, anche a distanza di anni.
Sono un bugiardo. Un inutile e insignificante bugiardo. Non merito Riley, non merito una come lei nella mia vita. Non merito il suo buon cuore.
Nonostante ciò, non riesco a farne a meno. È come una calamita, mi attrae e quando sono insieme a lei non vorrei mai separarmene.
Il mio cuore batte forte, troppo forte, mentre infilo il casco sulla mia testa e parto senza una meta per precisa.
Accelero, sorpasso chiunque si metta sul mio cammino e guido forse in maniera spericolata.
Ma a chi importa.
Questa volta non ho le braccia esili di Riley che mi stringono dolcemente, non ho il calore del suo petto contro la mia schiena. Non ho nulla che mi mantenga incollato alla realtà, perciò mi perdo nel buio più assoluto.
Mentre guido i miei pensieri dilagano. Da Riley, a mio nonno, fino ad arrivare a mio padre. Perché lasciarmi una pendrive? Perché lasciarmi degli indizi così pragmatici? Un fischio, un video e una marea di documenti giudiziari.
Sebbene quella ripresa sia la prova più schiacciante della sua colpevolezza, non posso credere che si stia incriminando da solo. Mi ha chiesto di cercare la verità, perciò ci sarà qualcosa che mi sta sfuggendo.
Oh, papà!
In che guaio ci siamo cacciati.
Mi piacerebbe tornare a qualche anno fa, a quando tutto andava per il verso giusto. Vorrei tornare alla mia solita vita fatta di ragazze, discoteche e il desiderio di qualche nuovo tatuaggio. Adesso invece ci sono solo misteri, bugie, segreti e Riley.
Probabilmente l'unica nota positiva è proprio lei, ma avrei voluto incontrarla in un momento diverso e non mentre tento di scagionare il mio vecchio dall'accusa di omicidio.
Mi sento perso.
Il forte rumore di un clacson mi riporta alla realtà. Sobbalzo spaventato e poi mi guardo attorno spaesato. Perché sono fermo al centro della strada?
"Ti vuoi muovere? Non ho tutto il giorno!" qualcuno grida alle mie spalle. Ho bisogno ancora di un paio di secondi prima di realizzare il posto in cui mi trovo.
Alzo il braccio in segno di scuse e poi mi accosto vicino al marciapiede, proprio di fronte la casa rosa pastello col tetto azzurro. Spengo la mia moto e rimuovo il casco integrale con un gesto deciso. I capelli sono sicuramente scompigliati, ma non mi importa. In questo momento è l'ultimo fra i miei pensieri.
Scendo dal motore facendo molta attenzione e poi mi avvio a passo deciso verso quel luogo che inconsciamente ho raggiunto.
Osservo con gli occhi di un bambino curioso tutto ciò che mi circonda. È come se fosse tutto nuovo per me, ma in realtà non è la prima volta.
Ho passato gran parte della mia infanzia in questa casa, a giocare con mio padre, con mio nonno. Eppure per quanto familiare, questa abitazione mi suscita solo emozioni contrastanti.
Busso al campanello di casa e attendo impaziente che la porta in legno si spalanchi.
Passa qualche secondo di troppo e le mie speranze iniziano a cedere.
Probabilmente non ci sarà nessuno, sono stato un stupido a presentarmi senza neanche avvisare.
Faccio qualche passo indietro pronto ad andar via ma, proprio mentre mi volto, il rumore della serratura che si apre mi fa bloccare.
"Salve" dice dolcemente la donna sull'uscio di casa. Non riesco a vedere il suo viso né tantomeno lei vede il mio, sono di spalle perciò è impossibile.
Faccio un profondo respiro recuperando un po' di coraggio. Le mie mani tremano, ma le stringo in un pugno con talmente tanta forza da sentire il sangue bloccarsi.
Mi volto piano, minimizzando ogni mio movimento.
Quando gli occhi di quella donna si incastrano nei miei, mi sembra di scorgere un velo di gioia misto ad un grande stupore. Sussulta debolmente e si porta una mano lebbra sbigottita.
"Axel?" sussurra.
"Ciao mamma."
***
La casa è ben diversa dall'ultima volta che ci ho messo piede. I mobili sono gli stessi, ma l'aria che si respira qui dentro è differente. Per quanto simile, mi sembra un luogo completamente sconosciuto.
Le fotografie appese alla parete ritraggono quasi esclusivamente mia madre, con il suo nuovo marito e i loro tre figli. Sembrano felici, più di quanto potessi immaginare.
Rimango un po' deluso quando constato che nessuno di questi quadri appesi ai muri color pesca, ritraggono me. Nessuna foto, nessun ricordo. Dovevo aspettarmelo comunque, mia mamma si è fatta una nuova vita ed io faccio parte del suo passato. Sono sempre stato un passo indietro.
"Cosa ti porta qui?" rientra in stanza tenendo un vassoio di cristallo fra le mani. Alcune tazze sono poste al di sopra, insieme ad una teiera e altri contenitori di ceramica lavorata.
Si china leggermente per poggiare il tutto sul tavolo in legno che ho di fronte, mentre io la osservo senza perdermi alcun movimento.
Probabilmente il mio sguardo duro e inquisitorio la mette in soggezione, ma non mi interessa. Nella mia vita ho dovuto combattere per ottenere sguardi affettuosi, perciò crescendo ho deciso che li avrei riservati solo alle persone che li meritano davvero.
"Ti dispiace che tuo figlio ti sia venuta a trovare?" rifletto acidamente.
Rachel Haynes sorride forzatamente. I nervi della faccia sono tirati, si sta sforzando ed è ben visibile.
"Certo che no...ti aspettavo molto prima in realtà" prende posto sulla sedia e poi sospira liberatoria.
"Hai bisogno di un posto in cui stare? Il Signor Foster non può più ospitarti?" domanda mentre inizia a versare del liquido verdastro in una tazza.
"Fortunatamente no, al mondo c'è ancora qualcuno a cui non do fastidio" dico mentre afferro tra le mani la ciotola bollente.
Soffio sul bordo prima di iniziare a bere il contenuto.
Dall'odore sembra thè alle erbe.
Non mi è mai piaciuto.
"Sei ingiusto" sussurra.
Sbatto le palpebre più volte. "Come, scusa?"
"Sei ingiusto con me, Axel" ripete questa volta più decisa, "non sei mai stato un peso per me, sei stato tu a non voler venire ad abitare qui."
Osservo i suoi occhi verdi, uguali ai miei sia per forma che per colore, ma tutto ciò che vedo adesso è solo lo sguardo indifferente di una madre che cerca di scusarsi senza riuscirci.
I capelli castani sono raccolti ordinatamente in un bellissimo chignon, qualche ciocca ricade dolcemente agli angoli del suo viso.
Rido sprezzante. "Come faccio ad abitare insieme ad un'estranea? Da quando ti sei sposata di nuovo hai dimenticato tutta la tua vita precedente... sono cresciuto senza una madre e tu non puoi ricordarti di avere un altro figlio solo quando il tuo ex marito è ricercato per un omicidio che non ha commesso!"
Sto urlando. Forse dovrei darmi una calmata.
"Sai benissimo che non è così! Ho provato ad avvicinarmi a te, ma tu sei sempre stato diffidente nei miei confronti."
Ci osserviamo per qualche secondo. Siamo entrambi arrabbiati, ma credo che la mia sia solo delusione.
"Come vuoi che sia nei confronti di una donna che tradisce il proprio marito con suo fratello?" dico malignamente.
Solo quando noto il suo sguardo vacillare capisco di essere un grande stronzo.
Gli occhi di mia madre si spengono. Il verde luminoso del suo sguardo si sostituisce con un colore più cupo e scuro.
Attorno a noi c'è solo silenzio. Distolgo lo sguardo non riuscendo nemmeno a guardarla. Sono stato cattivo, fin troppo. Ho esagerato e adesso me ne vergogno.
"È meglio che vada" esclamo alzandomi dalla sedia. Mi dirigo verso la porta a passo svelto, non voglio aspettare un secondo di più. Ho bisogno di uscire da questa casa, ho bisogno di aria fresca.
Poggio la mano sulla maniglia della porta, ma prima ancora di porterla aprire quest'ultima si spalanca senza alcun preavviso.
Tutto ciò che vedo è paragonabile ad un cazzotto dritto in faccia ben assestato.
Mio zio Jackson mi osserva sbalordito. I suoi occhi scuri incontrano le mie pupille leggermente più chiare, le labbra sono leggermente schiuse mentre io non sono per niente sorpreso nel vederlo qui.
"Axel che piacere vederti" dice, ma alle sue parole non credo nemmeno un po'.
"Ciao zio" dico a denti stretti, pieno di rabbia.
Entra in casa velocemente e subito dopo di lui fanno il loro ingresso anche i più piccoli di questa famiglia.
"Mammina!" urlano all'unisono i due maschetti che entrano di corsa per abbracciare la nostra mamma.
"Hey piccolini" dice lei dolcemente stringendoli a sé. "Vi siete divertiti al calcetto? Avete fatto i bravi?"
"Sì! Leon ha segnato un bellissimo gol!" raccontano le loro avventure con grande stupore. Hanno delle vocine stridule, ma credo che senza di loro questa casa sarebbe vuota, senza brio.
Sposto leggermente lo sguardo fin quando non incastro, ancora una volta, i miei occhi con quelli dell'uomo di casa. La somiglianza con mio padre è incredibile. Fisicamente sono due gocce d'acqua. Potrebbero essere scambiati tranquillamente per gemelli, ma mio zio è qualche anno più piccolo e ha anche qualche ruga in meno.
Anche lui mi guarda attentamente, studiando ogni singola parte del mio corpo, tentando di capire ogni mio tatuaggio.
Mi sembra quasi di leggere nella sua mente, di intuire i suoi pensieri. Si starà chiedendo perché ho deturpato il mio corpo in questo modo, ma lui non può sapere ciò che rappresentano per me e mai lo saprà.
Non ha il diritto di conoscere la mia vita.
Sono talmente assorto nei miei pensieri da non rendermi conto dell'altro ragazzo che fa il suo ingresso dall'uscio di casa.
"Ciao" dice alle mie spalle. Il suo tono di voce è basso, mi ricorda quello di un bullo.
Mi volto in direzione dell'interessato che mi osserva minacciosamente. Se pensa di spaventarmi con quel visetto docile, si sbaglia di grosso. Sorrido sghembo prendendomi gioco di lui.
"Che ci fai qui?" continua chiudendo la porta alle nostre spalle.
"Ho fatto una visita a nostra madre, ti dispiace?" uso il suo stesso tono di voce guardandolo dall'alto verso il basso con aria di sfida.
Mike Haynes, primogenito di Rachel e Jackson Haynes, nonché mio cugino diretto, mi osserva con rabbia. Fra noi non c'è mai stato un buon rapporto, soprattutto dopo che ha scoperto di essere il mio fratellastro.
Purtroppo per quanto mi dia fastidio, ci somigliamo tantissimo. Gli stessi capelli, lo stesso sguardo, l'unica cosa diversa sono gli occhi. Lui li ha uguali a quelli di mio zio.
D'altronde abbiamo gli stessi geni, è quasi impossibile non avere delle somiglianze.
"Ti fermi a cena?" mi domanda Jackson Haynes.
L'uomo nel frattempo si è avvicinato a mia mamma e le cinge dolcemente i fianchi, dopodiché le lascia un bacio sulla fronte.
Mentre assisto a questa scena mi sento tremendamente fuori posto. Non sarei mai dovuto venire qui. Non faccio parte di questa famiglia e mai lo farò.
"No, torno a casa" dico ed esco senza accennare ad un saluto.
Quando finalmente sono fuori da quella abitazione, tiro un sospiro di sollievo. I battiti del mio cuore si calmano, tornando a poco a poco sempre più regolari.
Sono stato uno stupido a pensare di poter trovare un po' di conforto qui. Di poter sentire l'amore di mia madre, di poter cullarmi fra le sue braccia.
Tutto ciò non accadrà mai. E in parte è colpa mia, non sono pronto a perdonarla.
Mi rimetto in moto con lo stesso intento di prima: fuggire dalla realtà.
Questa volta però non andrò alla ricerca di un po' di attenzioni, questa volta vado alla ricerca di pace e serenità.
Mentre sfreccio tra le strade della città realizzo una cosa molto importante.
L'unico amore che ho sempre ricevuto nella mia vita è quello di mio padre ed ora ha bisogno che io glielo restituisca. Questa faccenda è più grande di me, è più grande di Riley e da soli non arriveremo mai al capo della situazione.
È arrivato il momento di chiedere aiuto. È arrivato il momento di mettere da parte l'orgoglio.
Angolo autrice!
Holaaa!
Primo capitolo dal punto di vista di Axel, che ve ne pare? Credo che arrivati a questo punto fosse doveroso fare un viaggio fra i suoi pensieri e le sue emozioni e non ci sarebbe stato modo migliore se non quello di descriverli in prima persona.
Secondo me questo capitolo è molto importante. Conosciamo sua madre, suo zio e anche i suoi fratellastri.
Che ne pensate di questo incontro? Io direi che la sua è una famiglia un po' troppo allargata 😂
Comunque la cosa più importante è la consapevolezza che raggiungere a fine capitolo. Capisce che questa situazione è troppo difficile da poter essere gestita da solo, che sia pronto a chiudere aiuto? E se così fosse a chi si rivolgerà? A voi scoprirlo 😉
Detto ciò come sempre lasciate una stellina, qualche commento e fatemi sapere cosa ne pensate!
Ci sentiamo al prossimo capitolo, baciux ❤
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top