Graceland e la morte di Gladys

Caro diario,

Ti stavo raccontando che la mia carriera stava riscuotendo un grandissimo successo in tutto il mondo ed ero continuamente più impegnato tra set di film e tour. Nonostante questo non ero veramente felice perché la mia adorata mamma stava sempre peggio ed ero consapevole che molto presto le avrei dovuto dire addio. Ciò mi devastava e mi distruggeva.

Vivevamo a Graceland, una villa su una collina che avevo acquistato come regalo per mia madre, molto grande con diciannove stanze che poi venne ingrandita nel tempo con ulteriori stanze aggiungendo un orto e un pollaio. L'edificio è rivestito prevalentemente in pietra calcarea e si sviluppa su tre piani, di cui uno interrato. Il grande portico di ingresso che caratterizza la facciata principale è decorato in stucco bianco ed è costituito da quattro colonne in stile corinzio sovrastate dall'ampio timpano, mentre ai lati della scalinata esterna troneggiano due grandi leoni in pietra accucciati. E' un vero e proprio castello come quello che ho sempre desiderato per lei.

Quando ci andammo a vivere ci seguì anche la mia nonna paterna Minnie Mae Presley che chiamavo amichevolmente "Dodger". Aveva vissuto con noi per anni, dormendo su una branda in cucina o in un lettino in un angolo di una stanza condivisa. Era ben felice di sistemarsi a Graceland; con lei arrivarono altri parenti. Li feci conoscere tutti alla mia ragazza che si trovò bene con loro.

Come scriverà Eileen nel suo libro, nel 1957 le mostrai il mio interesse verso i numerosi medicinali e le loro funzioni. Possedevo una copia di un PDR, una lista di medicinali e dei relativi utilizzi: avevo sottolineato le pagine che parlavano di certe medicine che pensavo potessero aiutarmi come pillole dimagranti, vitamine, pillole per dormire, pillole per stare svegli, pillole per la sinusite. Come mi hanno dipinto Red West, Sonny e Dave Hebler nel loro scritto, io non sono un tossicodipendente e mi distrugge pensare che alcune persone possono pensare questo di me. Non sanno quanti dolori sto provando ogni giorno a causa delle molte malattie che possiedo. Salire su un palcoscenico senza i medicinali è impossibile ma ormai non succederà più: sto per morire e questa la mia unica autobiografia. Ma ritorniamo al 1957 perché non è ancora il momento di parlare delle mie medicine.

Alla fine dell'anno arrivò la chiamata da parte dell'esercito. Fu un fulmine a ciel sereno e qualcosa che mai mi sarei aspettato. Con una madre sempre più debole e vicina alla morte non mi andava di lasciare il mio Paese ma sapevo che era un obbligo a cui non potevo sottrarmi. Il 24 marzo 1958 venni arruolato e quando io e Eileen, che aveva il compito di scattare molte fotografie durante la mia permanenza in Germania, salimmo sul bus mia mamma iniziò a piangere visibilmente così come anche papà. Fu una partenza triste per tutti. Dopo aver completato la preparazione e due settimane di riposo, portai a termine un corso di carro armato di dieci settimane a Fort Hood.

Durante la permanenza a Fort Hood inviavo molte lettere ai miei genitori raccontandogli tutto quello che succedeva e dei desideri che aveva Eileen: costruire una nostra famiglia. Ne avevamo discusso a lungo ma io non mi sentivo pronto ad affrontare un simile cambiamento. Ero molto giovane e volevo godermi appieno la gioventù. Anche mia madre voleva avere da noi dei nipoti e diceva che Eileen era la donna giusta per me. Magari in un futuro prossimo tale desiderio si sarebbe avverato.

Il 12 agosto arrivò la notizia più brutta di tutte: il dotto. Clarke, il cardiologo che si occupava di mia madre, mi chiamò per dirci che era vicina alla fine. Ero allarmato e implorai l'esercito di lasciarmi andare sennò mi sarei allontanato senza autorizzazione. Lo fecero e insieme a Eileen venni accompagnato all'ospedale nella quale Gladys era ricoverata. Una volta giunti a destinazione entrai nella stanza e ciò che vidi mi sconvolse. Iniziai a piangere abbracciando mia madre che, nonostante il suo gonfiore nel volto e nel corpo, sorrideva. Ci godemmo di quegli ultimi attimi insieme. Lasciarla andare mi distrusse per sempre. Pochi giorni dopo morì.

Fu qualcosa che mi cambiò per tutta la vita. Lei era stata la persona che avevo amato di più e vivere senza senza di lei mi fece sentire perennemente come un puzzle a cui mancava il pezzo finale. All'inizio fu devastante e mi ricordo che, durante il funerale, piansi senza interruzione toccandole le mani e la fronte. Non riuscivo a smettere anche se Eileen cercava di consolarmi in ogni modo. Mi abbracciava e mi faceva percepire la sua vicinanza e amore. Le ero molto grato di ciò. Se non ci fosse stata lei non credo che avrei avuto la forza di combattere il dolore che mi aveva investito come un'onda distruttiva.

Tornammo a Fort Hood in Texas dopo 12 giorni di congedo, il 24 agosto del 1958. Tutto era cambiato. Se prima eravamo allegri e spensierati in quei momenti eravamo distrutti dal dolore e molto più seri. L'11 settembre mi fu notificato il mio incarico nella Terza divisione corazzata in Germania; una settimana più tardi passammo la nostra ultima notte in Texas. Io ero emozionato di poter andare all'estero ma avevo anche la fobia che, una volta arrivato sul territorio tedesco, qui in patria mi avrebbero dimenticato. Quando lo raccontai a Eileen lei mi rise in faccia. Non capii il suo comportamento: cosa avevo detto di strano? Non era normale che avessi questa paura? Lei mi spiegò che il Colonnello le aveva chiesto di continuare a fotografarmi anche in Germania e che grazie al loro lavoro, nel 1960, avrei avuto un seguito più elevato di ammiratrici e ammiratori. Mi tranquillizzai un po'.

Quando arrivammo alla stazione di Brooklyn il 22 settembre 1958 fu organizzata una conferenza stampa. Qualcuno mi chiese che fine avrebbe fatto la musica rock. Mi mostrai molto professionale, risposi allegramente e feci battute. Un giornalista mi domandò cosa avrei fatto se il rock'n'roll fosse scomparso mentre ero nell'esercito. Risposi ridendo: «Morirei di fame». Mi venne domandato quale fosse la mia canzone preferita e risposi con due titoli non rock: "Padre" di Toni Arden e "Never You Walk Alone" .  Arrivò anche una domanda sulla scomparsa della madre e risposi sinceramente. Fecero domande anche a Eileen sulla sua professione, cosa ne pensavano i suoi genitori a riguardo, la fuga dall'Olanda a una così giovane età e la relazione con me. Fu molto aperta e senza peli sulla lingua.

Durante il viaggio per la Germania facemmo amicizia con Charlie Hodge. Lui era stato il mio compagno di branda sulla nave e mi sentiva lamentare nel letto di sopra. Provò a farmi ridere di nuovo con degli scherzi e così iniziò la nostra profonda amicizia. Eileen, vedendo che durante il viaggio verso la Germania in sua compagnia, ero più sereno e felice  cominciò a fidarsi ciecamente di lui. Per lei era importante che qualcuno riuscisse a farmi pensare ad altro allontanandomi dal lutto di mia madre. Fu un viaggio tranquillo.

Giunti a destinazione venni preso immediatamente dalla nostalgia. Cinque giorni dopo la partenza Lamar Fike, Red West, Vernon e la mia nonna si imbarcarono su un volo di 18 ore da New York a Francoforte. All'inizio rimasero in albergo poi affittarono una casa. Anche nell'esercito, volevo avere la famiglia accanto a me. Prima in Texas e poi dall'altro lato dell'oceano, in Germania. Rivederli per entrambi fu qualcosa di meraviglioso. Colei che si occupava della cucina era mia nonna che mi preparava i miei piatti preferiti proprio come faceva mamma.

Nei mesi successivi, nonostante la vicinanza di Charlie e Eileen, il dolore per la perdita di Gladys si fece sempre più presente e nell'ottobre del 1958 mi fu prescritto un antidepressivo. Entrando a far parte dell'esercito la nostra routine era completamente cambiata: ci svegliavamo ogni mattina alle 4:30 e uscivamo di casa alle 5:30 per presentarci al servizio, quando non eravamo sul campo tornavamo a casa per pranzo alle 11:45 e di nuovo per cena alle 18:00. Venivo accompagnato costantemente da Eileen che mi fotograva inviando poi le lettere al Colonnello. Dodger preparava lo stesso pasto semplice ogni giorno, noi firmavamo autografi dalle 19:30 alle 20:30, com'era scritto sul cartello fuori da casa nostra. Passavamo il resto della serata con gli amici e la famiglia.

Rex Manfield, Lamar Fike, Vernon e Charlie furono una presenza costante a cui si aggiunse anche Joe Esposito. Eravamo una grande compagnia di amici fedeli ma anche cugini. Grazie a loro la vita nell'esercito era più rilassante e piacevole. Anche se eravamo in un Paese diverso eravamo felici grazie alle nostre amicizie e la famiglia. Ci amavamo molto più di prima e avevamo anche pensato, una volta tornati in patria, di sposarci e avere una famiglia. Ci avevo riflettuto a lungo e sapevo che era giusto dare dei nipoti a mio padre e Eileen sarebbe stata una madre eccezionale. Quando glielo dissi lei pianse di gioia. Ma non ero consapevole del fatto che il destino aveva altre idee per me.

Nota autrice

Qui metterò i testi delle canzoni citate.

You'll never walk alone

Quando cammini attraverso una tempesta, tieni alta la tua testa
E non aver paura del buio
Alla fine di una tempesta c'è un cielo dorato
E l'argenteo e dolce canto dell'allodola
Continua a camminare attraverso il vento
Continua a camminare sotto la pioggia
Anche se i tuoi sogni sono sconvolti e sciupati
Continua a camminare, continua a camminare con la speranza nel cuore
E non camminerai mai solo
Mai, mai camminerai solo

Continua a camminare, continua a camminare con la speranza nel cuore
E non camminerai mai solo
Mai, mai camminerai solo



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