Quattro
Tadiel sentiva uno strano calore propagarsi dal ciondolo al suo collo.
Lo prese tra le mani notando come la luce vista nel rifugio continuasse ad animarlo. Era un vecchio dono di sua nonna, per lei un cimelio prezioso. La collana le era stata regalata dal marito in occasione della nascita del loro primogenito: Noore, il padre di Tadiel.
Il pendente aveva una strana pietra di colore scuro al centro, o per lo meno era sempre stata quasi nera, invece lì aveva preso un bel colorito verde a macchie più chiare. Incorniciata con vari motivi intricati e avvolta da un materiale bronzato duro e resistente.
La ragazza rigirò il ciondolo tra le mani pensando a sua nonna e a quanto sarebbe stata contenta di vedere un posto del genere. Aveva sempre amato la natura, questo amore lo aveva trasmesso a Tadiel. Era cresciuto dentro lei come un seme, e in quel posto sembrava allargarsi a dismisura.
Distratta da quei pensieri aveva perso di vista Sìron. Era bastato qualche istante perché perdesse le tracce del ragazzo.
C'erano molte case diroccate e vecchi edifici ricoperti da una fitta vegetazione Sìron poteva essere ovunque.
Si guardò intorno e cominciò a chiamarlo.
«Sìron.» ripeté di nuovo meno timida «Sìron!»
Lo vide sbucare da una costruzione tondeggiante con grosse vetrate.
«Vedi di non perderti anche tu! Già abbiamo Marsh da cercare!» la ammonì il ragazzo.
«Lo so! Ma se tu sparisci senza dire niente...»
«Ma se mi stavi dietro? Dove diavolo stavi guardando?» disse roteando gli occhi.
Tadiel sbuffò tra sé per i modi poco eleganti del ragazzo. Seguì Sìron all'interno di quell'edificio. La costruzione era trascurata e malandata e la debole luce del sole al tramonto filtrava tra i vetri colorati e scheggiati, dando alla stanza un'aria fiabesca e inondandola di infinite sfumature arcobaleno. L'ambiente era circolare e tra le vetrate artistiche vi erano grosse colonne decorate con piante rampicanti. Sul pavimento un mosaico floreale al cui centro vi era la rappresentazione di una sagoma umana dotata di ampie ali. Tadiel si soffermò sulla figura riconoscendo in essa i tratti tipici di un essere umano. L'immagine era completamente in contrasto con il resto del calpestio variopinto, spiccava per il suo nero, quasi fosse la proiezione di un ombra. Le forme aggraziate, esili e sottili, due lunghe protuberanze dalla sua schiena si spaziavano leggiadre ampliandone i contorni indefiniti.
«Un bambino di sei anni dove mai può essere andato?» si domandò Tadiel.
«Se mai si trova qui... Ma come diamine abbiamo fatto a finire in questo luogo?» chiese Sìron alterato.
«Io non ne ho idea! Non te la prendere con me!»
«Ma se ho seguito te e mi chiedo come tu abbia fatto a portarci qui!» La guardò sgranando gli occhi.
«Stavo solo cercando di rendermi utile» rispose Tadiel alzando le mani.
La ragazza non riusciva a giustificare i toni e i modi di Sìron. Anche per lei era tutto nuovo, non conosceva così bene Marsh come Sìron ma immaginava la preoccupazione che provava.
«Utile? Marsh è scomparso e io mi ritrovo in 'sto cacchio di posto sperduto con un'imbranata che non sa nemmeno guardare davanti a sé.»
«Senti, Sìron! Primo, vacci piano con tutti questi complimenti! Secondo, di certo non mi sarei voluta trovare in una situazione così, e per di più, con una compagnia del genere.» puntualizzò Tadiel puntandogli un dito contro.
Il ragazzo sbuffò uscendo dalla sala. «E adesso dove vai?» gli urlò dietro Tadiel.
«Aspettami qui e vedi di non perderti!»
Si portò una mano sulla fronte borbottando tra sé: «Perché tutte a me?» e andandosi poi a sedere su una piccola gradinata. Si guardò intorno ancora incantata da quella vista, con l'immagine dell'essere sconosciuto ai suoi piedi. Riprese il ciondolo e ripensò a sua nonna.
"Tadiel, guarda sempre il buono nelle persone, non lasciarti offuscare la mente dalle parole, guarda i fatti concreti.
C'è sempre possibilità di redimersi, c'è sempre una scintilla di speranza. Promettimi di cercare sempre il lato positivo in ogni situazione." Anche se la malattia la stava prosciugando era sempre stata positiva verso Tadiel, le appariva sorridente nonostante il dolore e consolava il suo cuore martoriato dagli eventi di quell'ultimo anno nefasto.
Sìron torno dopo un bel po' di tempo. Il cielo si era fatto scuro e qualche timida lucciola illuminava la sala, animando le figure alate rappresentate sui vetri.
«Penso che tu abbia fame» si rivolse verso Tadiel.
«Posso fidarmi di quello che hai preso?»
Il ragazzo si sedette poco distante da Tadiel e aprì una grande foglia sulla quale aveva adagiato frutti mai visti prima.
«Questa è la cena, vedi di fartela andare bene.» disse lui addentando un frutto rosso.
Tadiel lo imitò prendendo lo stesso frutto. Il sapore le esplose sul palato, un'armonia di gusti e colori, la lingua sembrò fare le capriole dal piacere immenso.
Rimasero in silenzio durante tutta la cena, il solo suono era quello di una leggera brezza che smuoveva le foglie e un piccolo ruscello che scrosciava poco distante.
«Allora, ci rimettiamo in marcia?»
«Marsh da solo non può essersi allontanato più di tanto. Io torno da un turno lavorativo massacrante, ho bisogno di un breve riposo» ragionò Sìron.
Si andò a distendere poco distante con la sua piccola tracolla come cuscino, Tadiel fece lo stesso poggiandosi con il capo sulla sua borsa.
«Giusto un paio d'ore» mormorò Sìron prima di abbassare completamente le palpebre.
La pace e la tranquillità di quel posto cullarono Tadiel in pochi minuti in un sonno profondo.
Era ancora nel mondo dei sogni quando iniziò a udire sussurri e risate. Schiuse leggermente gli occhi e notò piccole figure luminose volare per la stanza. Si strofinò gli occhi credendo di star ancora sognando. Ma la scena apparve ancor più nitida e reale al suo sguardo sorpreso.
Spalancò le palpebre e istintivamente arretrò fino al muro.
Si voltò e notò Sìron ancora addormentato. Lo preferiva di gran lunga in quella versione meno scontrosa.
Quegli esseri, notando lo scattò repentino della ragazza, si erano zittiti e la guardavano curiosi.
Piegavano la testa di lato, scrutando l'inatteso ospite. Le loro alette si muovevano frenetiche lasciando una scia di piccoli granelli di polvere luminosa. Si avvicinarono e iniziarono a girare intorno a Tadiel. Uno di questi esserini luminosi si accostò più degli altri. Arrivò giusto davanti al naso della ragazza. La piccola creatura era bianca e luminosa come la luce che emanava ed era ricoperta da vegetazione e piccole foglie che nascondevano le sue intimità. Gli occhietti piccoli e allungati erano scuri come la notte, la testa era affusolata verso l'alto come il bocciolo di un fiore e due grandi orecchie appuntite sbucavano impertinenti nascoste da un cappellino d'edera. Aveva quattro ali: due più piccole così sottili da vedervi attraverso, partivano dalle scapole, arrivando fino alla punta delle orecchie; due più grandi invece si stendevano come un mantello fino alla punta dei piedi. L'esserino dondolava su se stesso, come ballasse nell'aria.
«Chi sei?» domandò schiudendo leggermente le labbra. Il suono della sua voce era come uno scampanellio.
«Io sono Tadiel. Tu invece chi sei?»
«Io sono Tarassaco, faccio parte della schiera delle fate dei boschi.» trillò ruotando su se stesso. «Ma tu come sei arrivata qui?»
Tadiel indicò anche Sìron dall'altra parte della sala. «Non sono sola. Anche lui è giunto qui con me. Non so come abbiamo fatto ad arrivare...» Tadiel cercò di riprendere contatto con se stessa, come a voler mantenere saldo il controllo sulla realtà. «Dove ci troviamo?»
«Siete giunti su Fydre, riparo e fortezza dei primi uomini e di creature che vivono in pace con la natura.»
Fydre, ripeté Tadiel: dove aveva già sentito quel nome?
Tarassaco si voltò verso le altre luci. «Sono umani per davvero!» All'udire quelle parole tutti i piccoli esseri luminosi si tuffarono sui due ragazzi.
Le fate iniziarono a toccarle la pelle a tirargli i capelli. «Ahio, fate piano!» si lamentò Tadiel. «Avete visto un altro umano? Un bambino con i capelli biondi alto più o meno così...» continuò la ragazza facendosi segno vicino all'anca.
«No, mi dispiace. Siete i primi ospiti da lunghi anni!» tintinnò Tarassaco con rammarico.
Nota Autrice
Sìron, il mio piccolo Sìron... con il tempo avevo rimosso questo suo lato un po' rozzo lo ammetto! Non so perchè ma la mia mente lo aveva catalogato come timido e riservato, invece la bella sorpresa prendendo i capitoli sotto mano! Povera Tadi ...
Allora si è scoperto il nome del posto: Fydre! In più l'incontro con le Fate... Tarassaco in particolare! Diciamo che mi sono divertita un sacco a cercare il suo nome!
Come sempre un ringraziamento speciale a NinaBlueStar per il suo occhio vigile e attento
Piccolo extra... Versione abbozzata di Tarassaco! Siate clementi 🙈
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