Capitolo 4

-Ed ecco tornati i miei tesori! – Esclama la mamma non appena ci vede rientrare.

Colin alza gli occhi al cielo e va dritto verso le scale, ma io lo trattengo per una manica.

-Ciao, mamma! – Esclamo.

-Come è andata?

-Benissimo – bofonchia ironico mio fratello.

Cerco di mostrare tutto l'entusiasmo che non ha mostrato lui, ma la verità è che anch'io vorrei correre e chiudermi nella mia nuova stanza, magari a leggere per dimenticare, anche se per poco, il resto del mondo.

Le lezioni del pomeriggio sono state un po' noiose, ma dopo la pausa pranzo ho notato maggiormente le occhiatacce provenienti da alcuni dei ragazzi del gruppo della mensa, solo quelli che sono in classe con me, che mi fissavano scontrosi.

Per di più, alla fine dell'ora ho aspettato che la maggior parte degli studenti uscisse, o meglio ho aspettato che fossero queste sottospecie di bulli ad uscire, invece alla fine mi sono ritrovata sola con uno di loro.

Un bel ragazzo, non c'è che dire. Capelli castano scuro, occhi del blu più intenso che avessi mai visto. Un ragazzo che avrei potuto inquadrare come un personaggio di un libro insomma, se non avesse avuto quell'aria da "sto-per-ucciderti-se-scappi-ti-prendo-lo-stesso".

Ho finto di sistemare la borsa senza degnarlo di uno sguardo.

Non ho sentito più alcun suono nell'aula, quindi ho pensato che se ne fosse andato, ma quando mi sono voltata me lo sono ritrovato ad un palmo dal naso.

-Stai alla larga da loro – mi ha detto con il tono più intimidatorio che abbia mai sentito.

Di certo il più minaccioso che sia mai stato rivolto a me.

Detto questo è uscito dall'aula, lasciandomi esterrefatta.

Certamente il nostro arrivo non è stato affatto un successo.

-E' andato bene – dico a mia madre sforzandomi di sorridere.

Colin però aggrotta la fronte, come se avesse capito che c'è qualcosa che non va.

-Okay. Allora, se volete qualcosa da mangiare il frigo è pieno, io devo completare del lavoro adesso – dice la mamma e sono grata di questo.

-Io non ho fame – dico, cercando di non precipitarmi nella mia stanza.

Colin neanche risponde e mia madre torna al suo lavoro.

-Simpatici i nuovi compagni di classe? – Mi chiede Colin dandomi una spallata mentre saliamo al piano di sopra.

Alzo gli occhi al cielo.

-Proprio simpatici non direi – rispondo.

-Hey, devo forse picchiare qualcuno? – Scherza.

-Forse. Mi manca Loren – dico, citando il nome della mia migliore amica. –E anche Emma, Katleen e Rachel. Qui sono tutti così ... scontrosi.

-Qualcuno è stato scontroso con te?

-Smettila di fare il fratello protettivo. Mi sto solo sfogando. A te invece come è andata?

Solleva le spalle.

-Non ho rivolto la parola a nessuno.

-Come mai?

-Tanto ce ne andremo presto da qui.

-Non credo proprio.

-Beh, per quanto mi riguarda restano gli ultimi cinque mesi, anche meno, di scuola, dopodiché avrò il diploma e potrò andarmene veramente.

Già, questo è vero.

Abbasso lo sguardo.

-Hey, però non entrare in depressione!

Gli assesto una gomitata.

-Stupido.

-Va bene, sorellina. A proposito, hai una macchia sulla maglietta – mi fa notare.

Alzo gli occhi al cielo. La mia imbranataggine supera ogni limite. Chissà in quanti se ne erano accorti.

-Va bene, vado a cambiarmi. Ma tu cerca di cambiare il tuo rivestimento cerebrale – gli dico.

-La frase che hai detto non ha nessun senso – mi urla dietro mio fratello.

Scuoto la testa sorridendo e mi chiudo in camera mia.

Cerco una maglietta pulita da indossare e sfilo quella sporca.

Mi piace la mia nuova stanza. È più grande di quella precedente e ha le pareti rosa pesca, uno dei miei colori preferiti. Ho una vera libreria, il letto più grande e una cassapanca sotto la finestra. Posso desiderare di più? Lateralmente c'è anche uno specchio già presente in questa casa, sgrassato da me e la mamma. Ha i bordi in ferro nero con strane fantasie. Quando mi volto, il mio sguardo cade sul mio riflesso. Aggrottando la fronte, mi avvicino per osservare meglio.

Ok, sono pallida e ho gli occhi verdi sgranati e i capelli castani in disordine, ma sulla mia spalla sinistra c'è qualcosa, come una macchia scura. Abbasso lo sguardo sulla mia spalla, ma non c'è niente. Cambio posizione, ma guardandomi allo specchio la macchia è ancora lì. Provo comunque a strofinare per toglierla, ma senza risultato, non per il mio riflesso. È troppo strano per essere un livido, sembrano tante linee vicine. Decisa a non arrecare più peso a nulla, indosso una nuova maglietta e sto giusto per sedermi sulla cassapanca per leggere quando mia madre mi richiama dal piano di sotto.

Sbuffo e apro la porta.

-Che c'è? – Le chiedo.

-Potresti andare in soffitta a prendermi un fascicolo per favore? Credevo non mi servisse, invece ora ne ho bisogno.

-Di che fascicolo si tratta? – Urlo di rimando dal mio piano.

-Sul tavolino della soffitta. È l'unico fascicolo, non puoi sbagliarti. Grazie!

-Ma figurati ... - sussurro.

Così salgo le strette scale che mi conducono in soffitta.

È grande, ma talmente ingombra che quasi non c'è più lo spazio per camminare. Ci sono vecchi mobili della casa, quelli che non siamo riusciti a dare via, scatoloni contenenti vecchi oggetti e quelli contenenti i nostri di oggetti, per il momento non utili.

Ci sono talmente tanti armadi da non esserci più spazio nelle pareti, quindi uno di essi si trova al centro della stanza. So che dietro di esso si trova il suddetto tavolo sul quale dovrei trovare il fascicolo di mamma, quindi lo aggiro e gli occhi mi cadono su qualcosa che non avevo mai notato.

A terra, ad uno degli armadi è appoggiato un quadro.

Mostra una donna dalla straordinaria bellezza, eppure questa bellezza sembra avere qualcosa di velenoso. Non so cosa sia di preciso a renderla cattiva. Forse gli occhi un po' troppo allungati, o forse il mento spigoloso o le mani dalle dita sottili e lunghe che sembrano quasi artigli, forse il sorriso accattivante.

Mi avvicino per togliere un po' di polvere dal quadro e poterlo dunque vedere meglio. È strano che non mi sia accorta prima della sua presenza.

Devo ammettere che la vista di questo quadro mi inquieta, e anche parecchio. È come se lasciasse la sua impronta scura nella mente, o forse nel cuore.

Cerco di togliermi dalla testa queste sciocche idee e mi avvio verso il tavolino, ma è come se percepissi gli occhi della donna puntati su di me.

Per questo decido di sbrigarmi e di scendere il più in fretta possibile al piano inferiore.

Quasi corro precipitandomi giù per le scale e quando apro la porta mi ritrovo davanti Colin.

Devo avere ancora il volto trafelato perché mi chiede se sto bene.

-Certo – dico, sistemandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

 Quindi lo supero e raggiungo mamma per darle il fascicolo.

Quando rientro nella mia stanza sono decisa a non pensare più a nulla. Sono solo stressata per tutta la situazione, mi dico. Tiro fuori il libro dalla borsa e finalmente posso dedicarmi alla lettura.

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