Capitolo 18

Una ciocca di capelli chiari le copre un occhio, ma riesco comunque a scorgere il suo sorriso sghembo e l'espressione divertita, finché non scompare all'interno del cunicolo.

-L'hai vista? – Chiedo a Riley.

-Vista chi?

Non rispondo e decido di seguire la donna.

-Hey Edwards, dove stai andando?

Il corridoio è strettissimo e presto svolta sulla destra.

Continuo a percorrerlo perché sono certa che più avanti ritroverò la donna e poi ...

Perdo in fretta la cognizione del tempo. Riesco a riscuotermi solo quando la mia torcia si spegne. Provo a riaccendere il cellulare, senza risultati. La batteria è morta.

-Attiva la torcia – dico a Riley alle mie spalle.

Dopo qualche istante, fa quanto gli ho detto.

Proseguiamo un altro po', dopodiché ci ritroviamo davanti il muro spoglio. Almeno non c'è traccia di crolli. Ovviamente della donna non c'è nessuna traccia.

-Io ... non so cosa mi è preso, mi dispiace – dico.

Però riesco a percepire una strana vibrazione. C'è qualcosa nell'aria.

Prendo il cellulare dalle mani di Riley, cosa che gli causa un lamento che non ascolto. Punto la torcia verso il basso soffitto, rendendomi conto che ci troviamo esattamente sotto una botola.

-Aiutami ad aprirla – dico subito a Riley.

Provo a sollevarmi sulle punte nel tentativo di raggiungere il soffitto.

Dopo qualche vano tentativo, mi volto verso il mio odioso compagno e per la prima volta scorgo sul suo volto stupore misto a sospetto.

-Aiutami! – Lo richiamo.

-Questo corridoio non è presente nelle mappe – dice.

-Quali mappe?!

-Non sappiamo dove andremo a finire.

-Sei impazzito?! Te lo dico io dove finiremo: fuori da questa catacomba. Dammi una mano.

Finalmente convinto, gli basta sollevare le braccia per poter spingere contro la botola. E dopo qualche sforzo, riesce ad aprirla.

La luce della luna riesce a filtrare dentro il tunnel e una folata di vento, seppur freddo, mi ridà vita.

Mi volto sorridente verso Riley che però sembra ancora inquieto.

-Cosa c'è che non va? – Gli chiedo.

-Nulla – mugugna dopo qualche istante.

Senza che gli dica niente, mi solleva per aiutarmi ad uscire. Mi aggrappo al bordo della botola e mi arrampico, riuscendo finalmente ad uscire allo scoperto. Dopodiché mi volto per aiutare Riley, ma lui è già fuori.

Mi guardo intorno e non impiego molto tempo a capire dove ci troviamo.

Lo capisco grazie alla pietra. Lo capisco grazie alle eleganti bifore. Ci troviamo all'interno delle mura del palazzo distrutto nel bosco.

-Wow, siamo vicini a casa mia. Mi risparmierò il viaggio del ritorno.

Riley non sorride nemmeno alla mia battuta. Anzi, adesso sembra terrorizzato.

-Torna a casa – mi dice e fa per rientrare nella botola.

-Riley, che ti prende? Ce l'abbiamo fatta, siamo fuori.

-Tu non capisci, vero? E come potresti, in fin dei conti non sai nulla. Siamo nella foresta. Nella tua. Non nella mia.

Spalanco gli occhi.

-Oh avanti, non essere patetico.

Lo spingo verso l'uscita poco distante, ma ecco che inizia ad urlare.

Spaventata lo lascio andare e riesco ad illuminare la sua mano, l'unica parte del corpo uscita dal palazzo, piena di piaghe e bruciature.

-Cosa diavolo ... - inizio a dire.

E poi le leggende di Josh trovano un cattivo momento per riaffiorare nella mia mente.

Riley ha detto "nella tua. Non nella mia". Certamente si sta prendendo gioco di me, penso in un primo momento. Poi però penso alla sua mano.

-Fate ... - sussurro.

Riley si esibisce in uno sbuffo divertito.

-Sei fuori strada. Le fate non possono neanche mettere piede in questa parte della foresta. Chi è metà fata può, ma ad un brutto prezzo – dice, indicandosi la mano. -Me la caverò, Edwards. Non stare in pena per me. Ci si rivede sul campo di battaglia.

Detto questo, entra nuovamente nella botola, scomparendo definitivamente dalla mia visuale.

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