Capitolo 17

-Veramente non sai nulla? - Mi chiede.

Sospiro esasperata senza rispondere.

-Io non ... - inizia a dire, ma poi sembra ripensarci.

Lo sento avvicinarsi.

Prende la mia mano tremante e cerca di fermarla, bloccandola tra le sue mani.

-E' vero quello che stai dicendo – dice.

Alleluia.

Ritraggo la mano.

-Non sai nulla ... - sussurra. –Avrei dovuto lasciare che quel masso ti uccidesse.

Sconvolta, mi alzo e mi allontano.

-Pazzo ... psicopatico – sussurro incredula.

Inizio a camminare tenendo il cellulare in una mano e le scarpe nell'altra.

-Dove credi di andare? – Mi chiede Riley spazientito.

-Di certo non ho intenzione che rimanere con uno che vuole ammazzarmi.

-Sei in trappola, dolcezza.

Non gli rispondo e continuo a camminare.

Non sento i suoi passi, ma riesco a percepire la sua presenza alle mie spalle.

-Smettila di seguirmi – gli dico voltandomi.

-Non credo proprio ...

Mi volto e inizio a correre, ma lui mi afferra per un braccio.

Punta lo sguardo sul mio braccio, aggrottando la fronte.

-Dammi il telefono. Subito – mi ordina.

-Cosa? Non ho intenzione di ...

Non aspetta il mio consenso e mi strappa il telefono dalle mani, illuminando il mio braccio sinistro.

-Qual è il tuo problema?

-Sei mancina?

-Sì.

Passa le dita della mano in un punto, causandomi un brivido.

-Da quanto tempo hai questi segni?

Spalanco gli occhi.

-Quali segni?

-Non mentire anche su questo, Edwards. Hai delle venature nere che ti percorrono parte del braccio. Cresceranno sempre più, finché non sarai pronta.

-Come fai a vederle?

-Da quanto, Edwards?

-Io ... non lo so. Me ne sono accorta la prima volta quando ci siamo trasferiti qui. C'è uno specchio in casa mia e solo attraverso esso riesco a vederle. Non ad occhio nudo e nessun altro le ha mai viste. Come fai?

Si passa una mano tra i capelli.

-Non credevo potesse essere vero. Ho sempre creduto fosse una semplice leggenda.

-Di cosa stai parlando?

Riley mantiene lo sguardo basso, ma perlomeno adesso sembra più calmo.

Mi allontano leggermente indietreggiando senza staccare gli occhi da lui, saggiando la sua reazione.

Quando solleva lo sguardo su di me, la sua espressione non è più furiosa, bensì pensierosa.

-Ti prego, dimmi di cosa stai parlando.

Sono ancora dell'idea che sia un pazzo psicopatico, ma è riuscito a vedere i disegni sul mio braccio. Forse è un visionario, forse siamo entrambi pazzi, ma lui sembra sapere qualcosa che io non so.

Riley socchiude la bocca per dire qualcosa, ma non un soffio fuoriesce da questa.

Continuo a fissarlo in attesa, ma lui si siede poggiando la schiena ad una parete.

-Mettiti comoda. Sarà una lunga notte.

Lo fisso sgomenta.

-Parla, Riley.

Lui però non risponde.

-D'accordo, fa come vuoi. Sono certa ci sia un modo per uscire da questo posto e ho tutta l'intenzione di trovarlo.

Riprendo subito a camminare.

-Non troverai nulla, Edwards.

Non gli do retta e continuo a camminare.

La luce della mia torcia è fin troppo debole, ma almeno mi consente di vedere dove metto i piedi.

Man mano che avanzo, il tunnel si fa sempre più stretto e ho spesso la tentazione di fare marcia indietro. Sono molti i cunicoli più piccoli che si immettono in quello principale, ma decido di proseguire dritto.

Continuo ad avanzare perdendomi sempre più d'animo, controllando di tanto in tanto il cellulare nella speranza di trovare un punto in cui ci sia campo.

Poi però, il corridoio termina con un'altra frana. Non c'è modo di passare.

-Te l'avevo detto – dice una voce alle mie spalle.

Mi volto di scatto verso Riley. Non mi ero accorta che mi stesse seguendo.

-Sei soddisfatta della tua nuova scoperta?

-Come facevi a sapere che era crollato anche da questo lato? Era già crollato da tempo?

Ignora apertamente la mia domanda.

-Segui il mio consiglio, Edwards: arrenditi.

Sbuffo, quindi mi lascio cadere al suolo.

Una sola cosa mi rassicura: Riley non ha paura. Ciò significa che è convinto che presto ci troveranno. O forse è più pazzo di quanto creda e la nostra morte non gli dispiace. Rabbrividisco. Prospettiva agghiacciante.

-Visto che non abbiamo niente di meglio da fare, perché non mi spieghi per quale motivo ce l'hai tanto con me? – Gli chiedo.

-Veramente di meglio da fare ce l'avrei – risponde.

Lo ignoro.

-Parla – Gli dico protendendomi verso di lui con fare minaccioso.

Riley solleva un sopracciglio.

-Altrimenti?

Stringo gli occhi, ma non demordo. Non mi intimorisce.

-Semplicemente non mi piacciono i nuovi arrivati. In particolare, non mi piacciono gli Edwards e tu sei una di loro.

-Un Edwards non mette piede ad Oakstone Valley da parecchio tempo prima che tu nascessi, solo per informarti – gli dico.

-Questo lo so benissimo. Vedi, il nostro è un odio che si tramanda da secoli.

-Cosa siamo, i nuovi Montecchi e Capuleti senza la storia d'amore?

-No: siamo un gruppo molto più vasto contro voi Edwards.

-Perché?

-Lo puoi immaginare.

-Evidentemente mi sopravvaluti perché non ci riesco.

Solleva le spalle.

-Va bene, mi odi. Ma per quale motivo devi allontanare la tua sorellastra da me? Prima che tu intervenissi, io e Claire stavamo per diventare amiche.

-Credimi, non lo sareste diventate. Dovresti imparare a distinguere chi finge.

-Non credo proprio che Claire stesse fingendo.

Riley mi guarda si sbieco.

-E' così facile illuderti?

Stringo i pugni, ma non rispondo. Sta volta sono io a decidere di ignorarlo.

-Dicevi che suoni il violoncello?

-Suonavo – mi affretto a correggerlo, ma non aggiungo altro.

-Deve mancarti molto la tua passione.

Per tutti i procioni, perché per parlare di me è diventato loquace?

-E tu? Che passioni hai, a parte rendere la vita impossibile a quanti ti circondano? – Gli chiedo in risposta.

-Quello tesoro, è un trattamento che riservo solo a te e a tuo fratello.

-E a Mason.

Solleva un'altra volta un sopracciglio, con arroganza.

-Può darsi – dice con uno strano luccichio negli occhi.

Distolgo lo sguardo, improvvisamente a disagio.

Insieme agli occhi scosto anche la torcia che va ad illuminare una rientranza.

Una delle tante, in realtà. Però lì c'è qualcuno. Mi alzo di colpo, fissando la donna del quadro che da giorni mi perseguita.

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