Capitolo XXXIV

«È sempre utile e astuto conoscere la concorrenza», erano state le parole di Cornelia, dopo che Connor gli aveva chiesto perché insisteva ad essere accompagnata in quel locale dall'altra parte della città.

Non era convinto che fosse costruttivo andare a spiare la concorrenza, ma non potevo di certo rifiutare l'invito della bellissima Cornelia.

Sapeva che non era un appuntamento, non come quelli che intendeva lui, ma era comunque eccitato.

E come ogni volta che era uscito con la consapevolezza di incontrarla, aveva cercato di vestirsi e curarsi al meglio.

Il suo unico abito migliore era quello che gli era stato donato da Martin e un po' se ne dispiaceva.

Avrebbe voluto avere un armadio con più scelte. Ma poi si ricordò che in realtà non aveva affatto un armadio.

Però la mattina stessa di quell'incontro così importante, era uscito presto ed era andato in centro per comprare un profumo.

Si sentiva quasi uno stupido, mentre se ne tornava a casa con la tasca dei pantaloni più pesante a causa della boccetta, è quella della giacca più leggere dopo i soldi spesi.

Una parte di lui si era perfino sentita in colpa per aver speso quel denaro in qualcosa di così futile, quando stavano cercando di mettere i soldi da parte per una vita migliore.

Ma i sensi di colpa si erano attenuati di molto man mano che l'orario dell'appuntamento si avvicinava. 

Era così nervoso che aveva deciso di scendere dalla carrozza qualche miglio prima e farsela a piedi, per poter respirare all'aria fredda di quell'autunno che si avvicinava all'inverno, e ragionare su quale sarebbe stata la prima mossa da fare con Cornelia.

Si era preparato grandi discorsi, allo specchio, per non sembrare timido o stupido ma quando la vide dall'altra parte della strada, davanti all'entrata del locale, con un lungo e coprente mantello color blu notte che risplendeva alla luce di una lanterna lì vicino e con i biondi capelli raccolti in un'acconciatura abbastanza elaborata, la sua mente dimenticò ogni singola parola.

Lei era bella. Troppo bella per un simpatico campagnolo Irlandese con una vaga bravura nel suonare il pianoforte.

E questo pensò immediatamente, con l'unico desiderio di voltarsi e tornarsene a casa, con la coda tra le gambe. Lo avrebbe fatto, se non si fosse girata dalla sua parte e non lo avesse visto, sul marciapiede opposto, a torturarsi le mani.

«Connor, eccoti», gli sorrise e per qualche istante fu l'unica cosa che il ragazzo riuscì a vedere. Un sorriso splendente, così luminoso da oscurare tutto il resto.

A Connor non rimase che attraversare la strada e raggiungerla, salutandola con un inchino mentre si malediceva per aver accettato il suo invito.

In una situazione normale avrebbero tutti trovato sconveniente la proposta di Cornelia. Ma se c'era una cosa che Connor aveva imparato di quella ragazza, era la sua particolarità. Il suo non essere mai convenzionale. 

«Entriamo, presto, qui fuori si gela», gli aveva detto dopo qualche istante di silenzio imbarazzante durante il quale Connor non era stato in grado di fare nulla se non fissarla con devozione.

E la seguì con diligenza dentro il locale, dove un uomo in abito scuro attendeva gli avventori per prendere in consegna i loro soprabiti.

Fu in quell'istante che Cornelia si tolse prima i guanti e in seguito il mantello, mostrando un abito di un colore simile. Tra il blu e il pervinca, con la gonna tempestata di piccole pietruzze che rilucevano alla luce dando l'idea che stesse indossando un cielo stellato.

Connor ne rimase ammaliato, al punto da non riuscire a riprendere le sue facoltà mentali in tempo per non essere scoperto nell'atto di guardarla ad occhi spalancati e con la bocca aperta.

«Sei davvero molto bella», le sussurro avvicinandosi, dopo aver consegnato il cappotto all'uomo e averla seguito all'entrata del locale.

Lei sorrise, ma non disse nulla. Era evidente cosa stesse pensando, perché Cornelia era la classica donna consapevole della sua bellezza. Una donna in grado di sfruttare quella sua qualità a suo vantaggio.

E quando entrarono nella sala Connor ne ebbe la certezza. Lei si guardò attorno, valutando il locale, forse decidendo se quello del fratello fosse arredato meglio oppure no, e sembrò per qualche istante quasi ignara degli sguardi che si puntavano su di lei e sulla sua scollatura.

Mentre passava tra i tavoli, per raggiungere un posto che aveva scelto non appena entrati, tutti si voltavano a guardarla e la seguivano con gli occhi, senza neanche farsi intimorire troppo dal fatto che era in compagnia.

Normalmente nessun gentiluomo avrebbe fissato una donna accompagnata da un altro uomo a quel modo, ma erano troppo ammaliati da farsi caso. E Connor non poteva non comprenderli.

Anzi, sentì quasi più sicuro di sé quando ebbe la prova di non essere l'unico a subire il fascino ingannatore di Cornelia. Ma era l'unico che aveva il permesso di seguirla in quel groviglio di tavoli e sedersi accanto a lei.

Poteva solo immaginare quanto fossero invidiosi in quel momento e cosa stessero pensando di lui. Sicuramente si stavano chiedendo come un ragazzo come Connor, con indosso un vestito di seconda mano, potesse accompagnare una fanciulla come Cornelia.

«L'arredamento non è male, un po' antiquato però», il tono critico di lei lo ridestò dai suoi pensieri e quando distolse lo sguardo dai presenti, per posarlo su di lei, notò che si stava ancora guardando intorno.

Erano andati in quel luogo proprio per valutare e giudicare e Cornelia prendeva sul serio la sua missione. 

«Non male, sì», commentò lui, più per non dare l'idea che si fosse distratto, di nuovo, anche se in realtà non aveva prestato attenzione a niente se non gli sguardi lascivi degli altri uomini.

E per quanto si sforzasse di sembrare a proprio agio, come faceva lei, non poteva far altro che notare gli occhi che avevano addosso. 

«Non ti da fastidio?», le chiese prima che il cameriere si avvicinasse per chiedere le loro ordinazioni. Anche lui con indosso un abito scuro e fin troppo elegante. 

Solo quando furono di nuovo da soli, e con i loro bicchieri colmi di alcol, che aggiunse: «Intendo le attenzioni che attiri... non ti mette a disagio il non passare inosservata mai?».

Lei trovò la domanda alquanto divertente perché scoppiò a ridere e la sua risata, dolce e melodiosa, fece battere forte i cuori degli uomini seduti ai tavoli più vicini.

«A noi donne piace essere osservate», asserì con tono scontato, dopo aver smesso di ridere. 

Sapeva di essere in errore, ma ogni volta che si trovava con Cornelia, non riusciva a non compararla con la sua fidanzata che aveva lasciato in Irlanda. 

Erano completamente diverse e non riusciva a capacitarsi di come fosse riuscito ad innamorarsi di entrambe. 

Che cosa ci aveva trovato nella giovane figlia di contadini Irlandesi, timida e riservata? E cosa ci trovava in Cornelia, una fanciulla dall'aria pericolosa in grado di prendere il suo cuore e schiacciarlo nella sua mano?

«E non pensi che qualche uomo possa farsi un'idea sbagliata?».

«Io adoro le idee sbagliate», Cornelia prese in mano il suo bicchiere e lo sorseggiò senza mai smettere di guardarlo con un sorriso malizioso sul volto.

Era ovvio che lo stesse prendendo in giro, che stava giocando con lui come faceva con chiunque altro. E Connor cadde nella sua rete, senza pudore.

«Quindi, non ti dispiace se loro pensino che tu sia una donna dai facili costumi?», non voleva sembrare troppo tradizionalista, ma lui era cattolico, nato in una famiglia credente e molto rispettosa. 

Dalle sue parti c'erano delle regole da rispettare, e dei divieti che non andavano mai infranti. Per onore e anche per guadagnarsi un posto in paradiso.

Per questo tutta quella situazione lo metteva a disagio, anche se non voleva farglielo capire. Perché era evidente che invece Cornelia era cresciuta in modo completamente diverso dal suo.

«Che lo pensino pure... in fondo un po' hanno ragione», confessò lei, ridendo ancora e lasciando Connor nel dubbio riguardo alle parole che aveva appena pronunciato.

Poi Cornelia ammiccò in direzione di un uomo con la pipa seduto al tavolo accanto a loro che ne rimase più stupito di Connor e, dall'imbarazzo per essere stato scoperto nell'atto di fissarla senza pudore, si voltò di scatto e tornò a parlare con i suoi amici.

«Mi piace giocare, Connor», continuò lei tornando a dargli tutta la sua attenzione: «E non mi tiro mai indietro durante un gioco di seduzione... vado avanti, fino alla fine».

Stava per chiederle cosa intendesse, anche se in realtà ne era pienamente consapevole, quando la loro conversazione fu interrotta dall'arrivo dei due musicanti che avrebbero dovuto intrattenere i clienti.

«E ora vediamo se la cantante è più brava di me», cambiò discorso Cornelia, lasciando intendere che non sarebbe tornata sull'argomento precedente. E Connor perse l'occasione di farle altre domande.

La cantante del locale, per l'esattezza, non era minimamente brava quanto Cornelia. Ne tanto meno bella. 

E tra una stonatura e l'altra, Connor non poté non sentirsi in imbarazzo per lei e per il pianista che l'accompagnava, un uomo di mezza età che invece era abbastanza bravo da far sanguinare le orecchie.

Cornelia rise sotto i baffi per tutto il tempo, scuotendo la testa e non vergognandosi per niente di apparire inopportuna e maleducata. Forse la donna sul palco non riuscì a vederla, ma chiunque fosse abbastanza vicino a loro notò il suo divertimento.

E anche quando la serata finì e i due si ritrovarono a passeggiare per le vie della città, di ritorno verso casa, Cornelia non smise di deridere la sua collega.

«Era vestita malissimo... hai visto? Sembrava una torta farcita tutta storta», biascicava un po', leggermente ubriaca a causa di tutti i bicchieri che aveva bevuto. 

Dei due, senz'altro era Connor quello che reggeva meno l'alcol, e proprio per questo lui si era fermato al secondo bicchiere, mentre Cornelia aveva continuato a bere, senza mai dare segni di cedimento.

Ora però camminava con un'andatura incerta, appoggiandosi di quando in quanto a lui per non cadere, e non la smetteva di ridere. 

«E la sua voce... la sua voce sembrava quella di una gallina sgozzata, poverina!».

Quando per strada incontrarono due gentiluomini che passavano di lì, proprio mentre lei rideva euforica, d'istinto Connor si avvicinò a lei, la prese sotto braccio e sorrise ai due uomini, sperando che non si rendessero conto di quanto lei fosse ubriaca.

All'esterno potevano anche apparire come una coppia di giovani sposi di ritorno a casa e nessuno avrebbe mai immaginato cosa invece stava succedendo.

«Dovremmo prendere la corriera», azzardò lui una volta rimasti soli, guardandosi intorno per cercare di capire in che zona della città si trovassero. 

Con il buio faceva ancora più fatica a riconoscere le strade di quel luogo ancora non del tutto familiare per lui. Ma per sua fortuna Cornelia asserì: «No, casa di mio fratello è proprio dietro l'angolo».

Con la mano indicò la strada successiva, affrettando un po' il passo mentre fino a qualche istante prima non sembrava così desiderosa di tornare a casa. 

Connor tirò un sospiro di sollievo e la seguì fino al portone della sua dimora. Nn poté non guardarsi intorno, incuriosito dal quartiere e dall'abitazione, ma rimase deluso dal non poter notare i dettagli a causa del buio.

A prima vista sembrava un quartiere elegante, non come quello in cui abitava Martin, ma di certo molto diverso dai Five Points. E non riuscii a non chiedersi come avessero fatto Cornelia e suo fratello, immigrati dalla Germania, a crearsi un futuro così bello.

«Entra», lo invitò lei, afferrandogli i bordi nel cappotto e cercando di tirarlo dentro la casa con sufficiente decisione.

Per qualche istante Connor si lasciò trascinare, sorpreso dall'invito, ma rinsavì appena prima di varcare la soglia, si appoggiò allo stipite della porta e appose resistenza.

«Cornelia, non è opportuno», la redarguì a bassa voce, con la paura che qualcuno all'interno della casa potesse sentirlo.

Ma lei scoppiò a ridere in modo così rumoroso che, se non fossero stati soli, qualcuno sicuramente li avrebbe raggiunti per sapere cosa stesse succedendo. E invece nessuno si fece vivo.

«Tranquillo, Connor, siamo soli», confermò lei, continuando a ridere: «Avresti dovuto sentirti, sembravi un vecchio prete giudicante».

E ancora risate, sotto lo sguardo sconcertato e anche un po' offeso di Connor che, comunque, non riusciva a smettere di trovarla bella e affascinante.

Ancora qualche altro istante e sicuramente si sarebbe lasciato andare ai suoi più bassi istinti, e non poteva permetterlo.

«Ora io vado...», cercò in vano di levarsi di dosso la mano stretta a pugno sul suo capotto, con l'intento di liberarsi e fuggir via da quella tentazione, ma lei era decisa a non lasciarlo andare.

«Se sei preoccupato per il mio onore, posso assicurarti che non c'è più nulla da salvaguardare, mio caro Connor».

Lo strattonò così forte che lui inciampò e per non cadere fece due passi avanti, di fatto entrando in casa. Non fece in tempo a voltarsi per tornare indietro che lei, più veloce di quanto si fosse aspettato, aveva già chiuso la porta.

Poi lo aveva spinto contro il muro e si era appoggiata a lui con fare malizioso. Non poteva vederla in volto, a causa del buio, ma sentiva il suo alito alcolico sul collo, misto al buonissimo profumo che si era messa.

«Cornelia, per favore, sei ubriaca e questa situazione è disdicevole... per te quanto per me».

Ma invece di ascoltarlo seriamente, Cornelia rise ancora, di gusto. Rise di lui, principalmente, ma Connor non riuscii ad offendersi come avrebbe dovuto, non mentre la teneva stretta tra le sue braccia per non farla cadere.

Sapeva che non doveva farlo. Sentiva perfino la voce di suo padre, nella testa, che lo sgridava e gli intimava di uscire da quella casa di corsa. Eppure le sue gambe non volevano dargli retta.

Il suo cuore batteva a mille, ormai completamente perso, sul suo volto stava pian piano apparendo un sorriso divertito, e tutto il suo corpo lanciava segnali di eccitazione.

«E allora facciamo qualcosa di disdicevole, Connor», gli soffiò sul collo, avvicinando così tanto le labbra alla sua pelle da farlo rabbrividire. 

Poteva percepire la sua presenza così vicino che sapeva gli sarebbe bastato un leggero movimento per poterla trarre a sé completamente e baciarla. 

Ma non fu lui a fare la prima mossa. No, perché tra i due era ovvio chi fosse il più intraprendente e il più spudorato.

Connor aveva sognato il momento in cui finalmente avrebbe assaporato le sue labbra carnose, fino quasi alla noia. Ma quella notte scoprì che era anche meglio di tutti i suoi sogni.

Per l'esattezza, quella notte scoprì molte cose. 

Prima fra tutte, che infrangere le regole era più divertente di quanto mai avesse immaginato. 

Spazio autrice:

Buonasera a tutti!

Come va?

In questo capitolo Connor e Cornelia hanno fatto un grande passo avanti, ma funzionerà? Sono molto diversi ma soprattutto vogliono cose diverse...

Spero che il capitolo vi sia piaciuto,

a mercoledì prossimo,

Chiara😘

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