Capitolo XXX

«Allora ci sono dei vantaggi nell'essere amici del pianista», asserì Jasper, mentre con Edward prendeva posto al tavolo più vicino al palco.

«Alla fine sono sempre qui, anche quando non devo suonare», si lamentò Connor con voce poco convinta, mentre si rigirava tra le mani un bicchiere quasi mezzi vuoto.

Jasper non si lasciò impietosire anzi lo canzonò: «Non dire sciocchezze, ti dispiace solo che questa sera non ci sia Cornelia».

Non lo avrebbe mai ammesso ma in realtà aveva deciso di accettare l'invito dei suoi amici solo nella speranza di incontrare la bella fanciulla dall'ugola d'oro.

La sua espressione, quando aveva scoperto che non era lì, era stata di totale delusione, anche se aveva cercato di mascherarlo il più possibile.

Ma non poteva fare a meno di lanciare occhiate alla porta sul retro, per vederla sempre chiusa.

Il vecchio pianista stava suonando una sta lenta, quasi in sottofondo, ma nessuno ne sembrava infastidito.

Guardandosi intorno, Connor si accorse che era una serata più tranquilla del solito. E i clienti erano più interessati a conversare che a divertirsi.

«È una serata strana, non pare anche a voi?», chiese indicando con un leggero cenno del capo il locale.

I suoi amici seguirono con lo sguardo il suo movimento, si guardarono in volto e alla fine Edward azzardò: «Deve essere l'effetto dell'assenza di Cornelia... Quando non c'è lei perdono tutti la verve».

Jasper rise ma Connor si ritrovò a pensare che in effetti la ragazza poteva fare un certo effetto ai più.

Vitale, perspicace e gioviale, era in grado di animare chiunque, anche il più musone.

«O forse è a causa loro», continuò Edward, più serio, mentre indicava con la testa un gruppo di persone riunite tutte in angolo.

Connor li aveva notato fin dall'inizio perché erano più numerosi dei classici gruppetti, tanto che avevano unito ben tre tavoli per poter stare vicino.

Bevevano, fumavano ma soprattutto parlavano con tono concitato. Destavano sicuramente interesse eppure nessuno apparire incuriosito.

«Chi sono?», chiese Connor, senza avere l'illusione di ottenere una risposta concreta dagli amici.

E quando si voltò a fissarli Edward aveva alzato le spalle mentre Jasper si era limitato a proporre: «Gruppo rivoluzionario?».

«Rivoluzione per cosa?».

A quel punto fu il turno di Jasper di alzare le spalle: «Qualsiasi cosa... Non so se lo hai notato, ma negli ultimi tempi questa città, ma che dico il paese intero, sta diventando molto movimentato».

"Movimentato" era un eufemismo secondo Connor che si lasciò andare ad un lungo sospiro: «Io e la mia famiglia abbiamo lasciato il nostro paese in piena carestia con la speranza di una vita migliore...».

Lasciò cadere il discorso a metà, permettendo a suoi amici di notare dal suo tono di voce tutta la delusione che potesse esprimere senza le parole.

«Bè, le opportunità sono tante...», cercò di rincuorarlo Edward, l'ottimista tra i due, e si profuse perfino in un sorriso timido.

«Già», gli fece eco Jasper con più enfasi: «Basta solo cercare di comprendere di chi fidarsi».

Connor prese spunto dal discorso per confrontarsi con i suoi amici, visto che ancora non lo aveva fatto.

Per questo chiese: «Che ne pensate della Tammany Hall?».

«L'associazione a favore degli immigrati?», si domandò Edward, e quando Connor annuì aggiunse: «Bè, le opportunità che offrono non mancano...».

Connor ebbe la sensazione che il suo amico si era bloccato proprio nel momento in cui avrebbe dovuto dirgli cosa pensasse fino alla fine.

E per sua fortuna ci pensò Jasper, che non aveva peli sulla lingua, a colmare quel vuoto continuando: «... Ma sembra troppo bello per essere vero».

Edward non lo avrebbe mai ammesso, ma in fondo anche lui pensava che non fosse tutto così bello come invece affermavano.

E Connor era cinico e scettico proprio come Jasper, tanto che annuì. Eppure non poteva non prendere in considerazione l'aiuto che potevano offrire alla sua famiglia.

«Non dirmi che stai pensando di occuparti di politica?;», scherzò Jasper e anche a Connor venne da sorridere.

«Non credo per essere portato per le trame e i sotterfugi», bevve l'ultimo sorso rimasto nel suo bicchiere e continuò: «Però stavo sul serio prendendo in considerazione l'idea di offrirmi per il servizio militare».

Glielo vide negli occhi che i suoi amici ne furono sorpresi.

«Se affronto a me e alla mia famiglia la cittadinanza, potrei anche pensarci... E poi la paga è buona».

Ci stava riflettendo da qualche giorno, anche se era convinto che sua sorella non sarebbe mai stata d'accordo.

Lo stupore non lasciò il volto dei suoi amici e perfino Jasper si azzardò a chiedere: «Sei serio?».

Era indeciso se sentirsi offeso per la loro incredulità o grato per il loro interesse. Si limitò ad annuire perché neanche lui era convinto.

I dubbi lo assalivano ma più passava il tempo più il suo desiderio di andare via da quartiere dei Five Points diventava una vera ossessione.

Gli incendi erano aumentati, i furti erano all'ordine del giorno e aveva il sospetto che Kale e Loran facessero parte della banda di O'Neel.

«Capisco che tu voglia proteggere la tua famiglia», iniziò a dire Edward, con tono fin troppo affabile.

«No, voi non capite», lo interruppe bruscamente, facendoli quasi sussultare dalla sedia. Non si era mai rivolto a loro in quel modo.

«I Five Points non sono un posto sicuro per la mia famiglia», sentenziò senza dare ulteriori spiegazioni. Nessuno ne aveva bisogno.

Tutti sapevano quanto potesse essere problematico vivere lì, anche se non erano stati così sfortunati da doverlo fare.

Connor avrebbe voluto invitarli a passare una notte in casa sua, anche solo per rendersi conto del degrado in cui la maggior parte degli abitanti viveva.

Ma non era solo quello il problema. C'era qualcosa di molto più profondo, che nulla - o forse tutto - aveva a che fare con la povertà.

Era non sentirsi veramente a casa, appartenenti a quella terra. Era la sensazione di non aver posto in quella società, di non essere all'altezza. O peggio, di non essere desiderato.

E perciò si sentiva bloccato. Indietro non potevano tornarci, non c'era più niente in Irlanda ad aspettarli.

Ma avanti era impossibile andare, come se i Five Points fossero una prigione con le sbarre invisibili.

E loro ci erano finiti dentro senza neanche rendersene conto.

«Sembra sempre che i soldi non bastano, da questa parte del mondo», si lamentò, palesando la sua delusione ancor di più.

Si era illuso che con due lavori avrebbe dato una svolta alla loro vita. Ma la verità era dura e travolgente a volte.

Jasper sospirò: «Questa città è molto costosa».

«Ma vedrai che riuscirete ad ottenere ciò per cui state faticando», aggiunse Edward, tornando a sorridere con il suo solito ottimismo.

Connor avrebbe voluto rispondere al suo sorriso ma non ci riuscì.

«Sei preoccupato per i Bowery Boys e per i movimenti contro l'immigrazione?», insistette l'amico che proprio non voleva lasciarlo impensierito e triste.

In realtà i problemi che rilevava ogni giorno ai Five Points erano così tanti che ormai erano diventati solo dei numeri.

Non riuscendo neanche a comprendere quale fosse più urgente, o di quale preoccuparsi di più, non poteva fare altrimenti.

«Ho sentito dire che hanno preso di mira la drogheria nel quartiere...» sentì dire a Jasper con tono anonimo.

Non comprese subito, almeno fino a quando Edward aggiunse, chiedendogli: «Non è lì che lavora tua sorella?».

Solo in quel momento l'attenzione di Connor si fece più seria.

«Sì, perché?».

I due amici si scambiarono ancora un'occhiata eloquente, indecisi se raccontare oppure no quello che avevano sentito.

Alla fine Jasper, che non andava tanto per il sottile, spiegò: «Ho sentito dire che il negozio è stato preso di mira dai Bowery Boys perché il proprietario si rifiuta di fare campagna contro l'immigrazione».

Sicuramente Agatha sapeva cosa stesse succedendo all'interno della drogheria ma aveva deciso di non dirgli nulla.

Lo conosceva abbastanza bene da sapere che si sarebbe preoccupato. E in effetti la sua mente iniziava a fare pensieri oscuri.

Avrebbe voluto fare altre domande ai suoi amici, anche se era convinto che i due non sapessero poi più di tanto, ma non ebbe l'opportunità.

Infatti, proprio mentre stava per fare altre domande, una voce armoniosa e maliziosa interruppe la loro conversazione.

«Buonasera, signori... Se non ci sono io non ci si diverte?».

Connor si voltò in tempo per vedere Cornelia prendere posto proprio accanto a lui e posare sul tavolo un vassoio con quattro bicchieri.

Non l'aveva vista entrare perché si era distratto con la conversazione.

Gli sembrò strano che avesse deciso di sedersi con loro, ma d'altronde la sua solita compagnia quella sera era assente.

Jasper fu il primo a rivolgerle la parola: «La tua presenza rallegra gli animi, mia cara Cornelia».

Lei accolse la lusinga molto volentieri, sfiorandosi con le dita alcune ciocche dorate che scendevano sulla spalla.

«Sembra che oggi i clienti siano molto... Seri», borbottò lei con un certo tono lamentoso.

Lanciò una breve occhiata ai presenti, soprattutto al gruppo più numeroso e lanciò un sospiro sofferente.

Connor non riusciva a staccarle gli occhi di dosso mentre cambiava posizione e si appoggiava con tutta la schiena alla sedia.

Sembrava un piccolo uccellino in gabbia, desideroso di avere la libertà. Cornelia non stava ferma, amava la vita e odiava la noia.

Connor non poté non sorridere, pensando a quanto sarebbe stata sofferente nel vivere ai Five Points.

Per lei sarebbe stata come una condanna a morte, un luogo così insulso.

«Potresti cantare qualcosa», offrì Edward come proposta, vedendola annoiata.

Lei sbuffò ancora: «Non ne ho voglia», con sempre più tono da bambina, tanto da spingere Connor a sorridere ancora.

Non riusciva a capire perché ma invece di trovarla fastidiosa si divertiva nel constatare quanto fosse infantile.

Evidentemente lei era giunta in America, insieme al fratello, in un modo diverso rispetto alla sua famiglia.

O forse non avevano mai incontrato problemi.

Perché Cornelia sembrava essere viziata, come se mai avesse conosciuto la fame, la povertà, né tanto meno avesse mai visto i Five Points.

Ma forse, si rese conto, lei, da immigrata, poteva comprenderlo meglio dei suoi amici.

Anche per questo riusciva ad empatizzare con lei, e a vederla sempre con un occhio poco obiettivo.

Spazio autrice:

Buonasera!
Capitolo un po' corto dove succede poco ma che di vitale importanza perché Connor è venuto a sapere dei pericoli che potrebbe correre sua sorella.

Cercherà di convincerla a lasciare il lavoro? Oppure no?

Lo scopriremo... A venerdì con il prossimo capitolo.

Chiara 😘

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