Capitolo VIII

La prima volta che Agatha uscì da sola per il quartiere fu per andare in drogheria a fare la spesa. Sua madre avrebbe voluto accompagnarla ma quella mattina non si sentiva affatto bene. 

Aveva tentato di alzarsi e uscire di casa ma alla fine aveva convenuto insieme alla figlia maggiore che non poteva allontanarsi da casa.  

E la signora Murray inventò una scusa per non dover accompagnare Agatha, come ormai era suo solito fare. 

«Non è un problema, madre, posso andarci da sola», le aveva detto, dopo alcuni minuti di titubanza. 

«Possiamo rimandare a domani», aveva provato a dire in risposta la madre, ma Agatha aveva insistito: «Siamo rimasti senza nulla in casa, abbiamo bisogno di cibo perché questa sera torneranno quattro uomini affamati e non possiamo dargli solo pane e cipolla».

Lo sapeva che la madre stava vivendo un conflitto interiore. Da una parte voleva essere intransigente, ma dall'altra non poteva non darle ragione. 

Così fu costretta a cedere, con il cuore in mano, e a consegnare una borsellino con qualche spicciolo alla figlia.

«Mi raccomando, torna immediatamente a casa appena hai finito, e porta Molly con te», preferiva che uscissero insieme, anche se ciò significava essere preoccupata per entrambe.

Le figlie non nascosero neanche il loro entusiasmo mentre uscivano e si allontanavano a passo lento dal loro stabile, con l'unico intento di passare più tempo fuori casa. 

«Credi che dovremmo preoccuparci della salute di nostra madre?», le chiese ad un certo punto Molly, pensierosa. 

«E' solo molto stanca», fu la secca risposta di Agatha, che cercava in tutti i modi di nascondere alla sorella minore quanto fosse preoccupata. 

Non aveva mai visto sua madre così giù di morale neanche quando in Irlanda era rimasti senza nulla di che mangiare e il padre era stato licenziato. 

«Siamo tutti un po' sotto pressione, in questi giorni», aveva giunto, tornando con la mente alla seconda visita di Malone O'Neel, la sera dopo la rissa fuori dalla chiesa.

Il padre aveva chiesto alle figlie di portare al piano di sopra i più giovani dei ragazzi Murray, non appena l'uomo era entrato in casa, ma entrambe erano rimaste ad origliare seduto sul gradino più alto delle scale. 

E avevano sentito il capo dei Dead Rabbits chiedere a Connor, Kale e Loran di entrare nella sua banda di criminali.

«C'è sempre bisogno di personale», aveva asserito, fingendosi una specie d'imprenditore in regola. 

E mentre Connor rideva, forse incredulo, Fergus si era affrettato non solo a rifiutare l'offerta a nome di tutti e tre, ma anche ad insistere affinché l'uomo uscisse dalla loro casa. 

Malone aveva cercato di convincerli puntando sulla buona paga e su tutti i privilegi di cui godevano i suoi uomini, ma alla fine era stato costretto a cedere e ad andarsene.

Era seguita una breve conversazione concitata tra Fergus e Kale, unico forse dei tre ragazzi che si era lasciato un minimo allettare dalla proposta.

E il tutto si era concluso con il signor Doyle che intimava ai ragazzi di stare alla larga da Malone e dai suoi uomini e faceva promettere loro che non avrebbero mai accettato la sua proposta.

Quell'incontro, origliato di soppiatto, l'aveva lasciata così turbata che mentre passeggiavano per le vie del quartiere, furtiva e senza farsi notare da Molly, si guardava intorno.

Si chiedeva se ogni persona che incontravano, anche solo di sfuggita, fosse un membro di una di quelle gang che aveva sentito nominare da Kathleen e il non saperli riconoscere faceva salire in lei più dubbi che certezze. 

Ma si era imposta di non vivere nella paura, di essere forte. E per questo aveva preso sua sorella minore sottobraccio e, con voce sicura, aveva affermato: «Tutto andrà per il meglio, bisogna solo avere un po' di fede».

Quando vide la discreta insegna del negozio, il cuore iniziò a batterle come impazzito nel petto e si rese conto in quel momento di aver desiderato di rivedere Will, il giovane commesso.

Era la prima volta in tutta la sua vita che provava una sensazione del genere e non riusciva neanche a comprenderne il motivo.

Quasi si sentiva stupida, nell'essere felice all'idea di poter incontrare una persona che in realtà non conosceva neanche. 

Ma quando entrò nel negozio, al bancone c'era una donna, sola. Minuta, dal viso quasi angelico, nascondeva i suoi capelli sotto ad una grande cuffia ma era possibile intravedere qualche ciocca di ricci neri.

Sorrise alle clienti che erano appena entrate mentre il volto di Agatha si rabbuiò, un po' delusa.

«Will non c'è?».

«Questa mattina non è di turno, ma potete chiedere a me», la donna sorpasso il bancone, con passo svelto e le si avvicinò.

Agatha cercò di non farle notare quanto fosse dispiaciuta, e sorrise a sua volta alla donna che sembrava molto disponibile.

«Io sono la zia di Will, Lucy».

Agatha tirò fuori dalla manica del suo vestito un fogliettino, piccolo e un po' stracciato, sopra il quale sua madre aveva scritto, con calligrafia precisa, la lista della spesa. 

Un po' in imbarazzo lo porse alla donna: «Avrei bisogno di queste cose».

Miss Lucy fu efficiente, gentile e anche molto svelta nel procurarle tutto ciò che le serviva e Agatha mise tutta la merce nel cestino di vimini che avevano portato con sé mentre sua sorella si guardava intorno con una certa curiosità.

Se fosse stato per Molly, probabilmente avrebbe comprato tutto ciò sulla quale poteva posare i suoi occhi, ma fu costretta a seguire Agatha fuori dal negozio dopo aver salutato con educazione. 

In quel momento la sorella maggiore puntò gli occhi di nuovo sul cartello che aveva scorto la prima volta e si bloccò. 

«Che c'è?», le chiese MOlly, senza ottenere risposta. 

Agatha era rientrata, quasi di corsa, con un'idea folle in testa. Ma aveva perso lo slancio e la grinta iniziali nell'istante in cui si era resa conto di ciò che stava per fare.

Ferma, a metà tra l'entrare e l'uscire dal negozio, fissò la donna al bancone che, accortasi del suo ritorno chiese: «Avete bisogno di altro?».

Davanti agli occhi di Agatha si palesarono due possibilità. Voltarsi ed andarsene, oppure osare.

E nonostante fosse attanagliata dai dubbi, scelse la seconda quando chiese: «Cercate ancora personale?».

«Sì, certamente. Siete interessata?».

Agatha si morse il labbro inferiore prima di aggiungere: «Sì, sarei interessata».

«Avete mai lavorato in un negozio?».

Agatha, umilmente, abbassò la testa: «In verità no, ma posso imparare. E poi ci so fare con la gente».

Non poteva nascondere che una parte di lei era eccitata all'idea di lavorare e guadagnare qualche soldo. Ma poi c'era anche la paura di doverlo dire a suo padre.

E la consapevolezza che avrebbe potuto impedirglielo. 

Eppure non riuscì a non sorridere di gioia quando Lucy affermò: «Dovrò parlarne con mio marito, ma voi potete presentarvi domani mattina per il primo giorno di prova. E poi quel che sarà... sarà».

Uscì dal negozio quasi saltellando dalla gioia, sotto lo sguardo incredulo dalla sorella che però rimase stranamente silenziosa.

Forse aveva paura a chiedere alla sorella maggiore se fosse impazzita, o cosa le era saltato in mente. 

Ma Agatha non aveva tempo di preoccuparsi di lei, perché la parte più difficile sarebbe stata riuscire a convincere il padre a lasciarla andare. 

Il momento più giusto arrivò all'ora di cena, quando gli uomini erano così stanchi dopo la giornata di lavoro che sperava di poter prendere suo padre per il verso giusto.

Ad intavolare una conversazione, di solito, ci pensava la signora Murray che aveva dimostrato di amare molto i pettegolezzi. 

Era strabiliante come fosse riuscita a scoprire così tante cose sugli abitanti di Five Points restando quasi sempre all'interno, o nei paraggi, del loro palazzo. Come se le notizie venissero a bussarle alla porta direttamente, senza aspettare che fosse lei a cercare.

Diceva a tutti gli altri, compresa Agatha, di rimanere in disparte e farsi gli affari propri e poi lei era la prima che si permetteva di parlare, e sparlare, con tutti quanti.

Quella sera tra le sue labbra c'era sicuramente Malone O'Neel e i Dead Rabbits. Agatha aveva ascoltato attentamente, riconoscendo in alcune storie quelle che le erano state raccontate da Kathleen, ma leggermente diverse. In un certo senso esagerate, enfatizzate. 

E non le sfuggì il tono con il quale Abigail Murry parlava di quei criminali. Non sembrava spaventata, bensì affascinata.

Perciò Agatha fu costretta a trovare il momento giusto tra i tempi morti della signora Murray, che riprendeva fiato solo per mangiare, o meglio trangugiare tutto ciò che aveva davanti al naso.

«Ho trovato un lavoro», affermò all'improvviso la ragazza, rivolta a suo padre ma in realtà senza guardarlo un faccia. Era un po' come se volesse comunicarlo a tutti, visto che nessuno era a conoscenza di quella novella.

Aveva riflettuto tutta la giornata sul modo migliore per comunicare tale notizia, ma alla fine nessuna bella parola sarebbe servita, perciò aveva optato per servirla fredda, senza troppi giri di parole.

Calò il silenzio. Non le sfuggirono gli sguardi preoccupati della madre, quelli interessanti dei Murray e quello rassicurante di suo fratello. Ma soprattutto quello scioccato del padre, che alzò la testa a fissarla.

«Stavi cercando lavoro?», le chiese fingendosi confuso. Come se fosse la cosa che gli interessava di più.

«In realtà no, è capitato. Nel negozio dove andiamo a fare la spesa cercano un aiutante e...».

Ma il padre non ascoltò neanche una singola parola pronunciata dalla figlia e la interruppe, rivolgendosi alla moglie: «Tu lo sapevi?».

Maureen scosse la testa, abbandonando la figlia al suo destino. D'altronde non aveva molta scelta. 

La decisione era stata di Agatha, aveva tenuto all'oscuro anche la madre, e ora doveva prendersi le sue responsabilità.

Era successo tutto così in fretta, una scelta dettata più dalla foga del momento che da altro. Eppure Agatha era convinta di fare la cosa giusta e non si sarebbe arresa.

«La padrona si è offerta di farmi fare un turno di prova domani».

«Tu non andrai a lavorare. E non voglio più discutere di questo», tagliò corto il padre, fissandola negli occhi con una tale intensità che Agatha si sentì piccola piccola.

Le sue parole era state chiare, la sua voce era legge. Eppure la figlia non ci stava ad abbassare la testa senza nemmeno provarci.

«Abbiamo bisogno di soldi...», ma non appena disse ciò, il padre la fulminò con gli occhi e aggiunse, impedendola di parlare: «A sostenere la famiglia ci devono pensare gli uomini, è il nostro dovere. Tu e tua madre, invece, dovete restare a casa e occuparvi della casa, come abbiamo sempre fatto».

«Io non voglio restare a casa, io voglio essere utile. Voglio andare a lavorare», lo aveva detto, gonfiando perfino un po' il petto: «E se non lo avete notato, padre, non siamo più in Irlanda».

Si rese conto troppo tardi di aver usato un tono tagliente, quasi accusatorio, che causò un sussulto a Fergus.

«Non saremo più in Irlanda», tuonò Fergus, stringendo una mano a pugno sul tavolo vicino al piatto: «Ma resto sempre il capo di questa famiglia e si fa quel che dico».

«Forse dovreste ascoltare quello che ha da dire...», provò ad intromettersi Connor, forse più indignato di Agatha, ma Fergus si voltò a guardarlo mentre aggiungeva: «Non importa cosa pensate voi ragazzi, io so cosa è meglio per tutti voi».

«Fergus...», aveva sussurrato Maureen, un po' troppo timidamente, ed era stata ignorata dal marito che, in quel momento, non era neanche preoccupato degli sguardi interessati dei Murray.

Quando girò di nuovo il capo verso la figlia femmina, le sue parole furono abbastanza chiare: «Ti proibisco di accettare quel lavoro, sono stato chiaro?».

Ma quando Agatha non proferì parola, restando a fissarlo con grande vergogna, lui alzò la voce: «Sono stato chiaro?».

La vista di Agatha iniziò ad offuscarsi quando si rese conto che aveva le lacrime agli occhi. Una tale rabbia, che mai aveva provato prima, le montò fino al cervello. 

Si limitò solo ad acconsentire con un flebile: «Sì, padre», prima di alzarsi con uno scatto tale da far cadere la sedia a terra e correre fuori. 

Sentì appena il commento, del tutto fuori posto, della signora Murray quando disse: «Quella ragazza ha bisogno di più disciplina».

Raggiunse il cortile dietro alla casa e si buttò a terra, incurante di sporcarsi il vestito. Si lasci andare ad un pianto liberatorio, colmo di rabbia e frustrazione. 

Poteva perfino comprendere le ragioni di suo padre. Un uomo cresciuto con un certo stile di vita, bigotto e retrogrado, raramente poteva cambiare idea.

Ma ciò che le faceva più rabbia era di non essere riuscita a farsi valere. Di non aver risposto a tono, di non aver litigato con lui, anche se non sarebbe servito a nulla.

Una mano le accarezzò i capelli, delicatamente. Alzò la testa, quasi spaventata, ma incontrò gli occhi vispi e maliziosi di suo fratello, che la guardava con comprensione.

«Ignora le parole di nostro padre, lo sai che è un uomo all'antica».

Prese a sedersi accanto a lei, proprio come due giorni prima davanti al palazzo, le circondò le spalle con il braccio e la strinse a sé per confortarla.

«Volevo solo essere utile, ma se non sono in grado neanche di far valere i miei desideri... che senso ha?».

Era una sensazione del tutto nuova per lei, mai provata prima di quel momento. 

Quando erano in Irlanda, la vita di futura donna del focolare le piaceva. O meglio, le andava bene. 

Eppure lì, con tutti i problemi che avevano, restare in casa a rassettare le sembrava un'inutile perdita di tempo. 

«Dobbiamo andare via da questa casa, Connor», aveva aggiunto, quasi a voler giustificare la sua voglia di lavorare.

Lui aveva annuito, pensieroso: «Se possibile, dobbiamo andare via da questo quartiere». 

«E per farlo abbiamo bisogno di soldi».

Concordavano entrambi che quello non era il posto dove volevano vivere e che in quel momento, con le poche possibilità che gli venivano offerte, non avevano grandi scelte. 

«Bé, allora accetta il lavoro», le aveva detto Connor, dopo qualche secondo di silenzio. Lui non era tanto bigotto da pensarla come il padre, anche se una parte di lui era preoccupato per la sorella.

«Non hai sentito nostro padre?», lo redarguì Agatha, stizzita, asciugandosi le ultime lacrime con la manica del vestito.

Le sue parole le fecero guadagnare un'occhiata derisorio da parte di Connor: «E tu ti arrendi? No, non ci credo».

Agatha alzò le spalle, un po' ferita nell'orgoglio: «Che cosa possiamo fare? Lui non vuole...», si sentiva a disagio perfino a dirlo. 

Odiava dover ammettere che avrebbe ubbidito. Stranamente non voleva sembrava quella che era sempre stata, ovvero una figlia perfetta. 

Connor rimase ancora una volta in silenzio, per così tanto tempo Agatha pensò si fosse arreso come lei. Il che sarebbe stato un male, visto che le sue poche convinzioni si tenevano in piedi solo grazie alla sua testardaggine. 

«Io so come fare», la voce squillante di Molly, alle loro spalle, li fecero saltare di paura.

Voltandosi quasi all'unisono, videro la sorella minore, in piedi sull'uscio della porta, che li guardava con decisione. 

«Restane fuori tu, sei solo una ragazzina», l'ammonì Connor che per qualche secondo era sbiancato all'idea di essere stati scoperti.

«Non sono più una bambina, ho undici anni e mezzo», fece notare lei, incrociando le braccia al petto e sbuffando offesa. 

Agatha si commosse alla vista della sorella, e le sorrise dolcemente: «Sul serio Molly, meglio se torni in casa».

Non voleva escluderla, le faceva male anche solo guardarla mentre le intimava di tornare dentro, ma allo stesso tempo non voleva coinvolgerla in qualcosa che forse li avrebbe messi nei guai. 

Eppure Molly rimase lì, con un mezzo sorriso furbo in volto: «Io so come farti uscire domani, senza fare arrabbiare papà».

L'informazione attirò l'attenzione perfino di Connor, che forse fino a quel momento aveva pensato che la sorellina stesse scherzando e si voltò di nuovo a guardarla. 

Ma prima che potesse esortarla a dire qualcosa, lei aveva aggiunto: «Ma avrete bisogno del mio aiuto».

«Di che si tratta?», chiese curioso Connor. Non voleva ammettere che una parte di lui era scettico sull'idea della sorella, ma glielo si poteva leggere in faccia. 

«Prima dovete promettermi che non mi terrete fuori, e poi vi racconterò tutto», Molly non era mai sembrata così sicura di sé. 

«Anche io voglio andarmene da qui», aggiunse, a spiegazione: «Quei monelli di Matt e David non fanno altro che rendermi la vita un inferno con i loro scherzi, la signora Murray è sgradevole forse anche di più di suo figlio Kale, quel Malone mi spaventa e ormai sono abbastanza grande da sapere che la mamma non sta affatto male perché è stanca...».

Rimase in silenzio per qualche istante per dare modo ai suoi fratelli di pensare alle sue parole prima di concludere: «Voglio darvi una mano».

E, in fondo, sia Agatha che Connor sapevano di aver già deciso. 

Spazio autrice:

Buonasera!

Chissà che idea ha avuto Molly per ingannare i genitori? Lo scopriremo nel prossimo capitolo, che pubblicherà mercoledì...

A mercoledì,

Chiara 😘

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