Capitolo VII

Padre Donavan aveva lasciato L'Irlanda ormai da tre anni e in poco tempo aveva costruito una parrocchia stabile quanto quella che aveva nella sua patria. 

Non era stato difficile, essendo l'unico punto di riferimento religioso per tutti gli Irlandesi che sbarcavano a New York.

Nel tempo ritrovò perfino alcuni dei suoi vecchi fedeli, anime coraggiose in cerca di una vita migliore. E poteva ritenersi orgoglioso della comunità che aveva costruito, compatta anche se un po' isolata. 

Tutti ai Five Points lo reputavano la guida spirituale dalla quale andare in ogni occasione. Un uomo dalla fede ben radicata in lui fin da quando era piccolo. 

Era cresciuto in un convento, educato a pane e preghiere, e più volte il suo credo aveva cercato di metterlo in difficoltà, ma lui non si era mai piegato. 

Apriva le porte della sua povera e sgangherata chiesa a chiunque, anche a chi spesso non se lo meritava. E forse proprio per questo era tenuto in una buona considerazione da tutti. 

D'altronde, tra i cattolici Irlandesi la fede religiosa era una cosa seria e nessuno, proprio nessuno, si sarebbe mai sognato di prendersela con un prete. 

Spesso veniva fermato per strada, riconosciuto e apprezzato da tutti, e non mancava mai di offrire il suo aiuto o una parola di conforto, qualora servisse. 

Il suo portamento, umile e fiero allo stesso tempo, gli conferivano un aspetto che era un tratto suo distintivo, insieme alla sua altezza. 

Conosceva tutti, padre Donovan, dal primo all'ultimo dei suoi fedeli. Ogni membro della famiglia, ogni nome e ogni parentela. E non sbagliava mai.

La domenica di radunavano tutti in quella che lui aveva ribattezzato "chiesa", ma che altro non era che un vecchio stabile con la facciata che dava sulla piazza principale. 

Doveva essere stata una fabbrica, qualche anno prima, o qualcosa di simile, ma era disabitata da così tanto tempo che padre Donovan se ne era appropriato, ci aveva fatto montare una croce di legno al piano più alto e aveva sparso la voce. 

Ed è lì che, una domenica, conobbe i Murray e i Doyle. Giunti fin lì, come tutti, dopo un lungo viaggio e tante rinunce, cercavano solo un po' di conforto nella fede. 

Conoscendo tutti i suoi fedeli, quelle facce nuove attirarono subito la sua attenzione, mentre i fedeli prendevano posto sulle panche in legno posizionate in fila di fronte all'altare. 

«Vedo volti nuovi, padre», sussurrò miss Doherty, al suo fianco, cercando di alzarsi sulle punte per raggiungere il suo orecchio. Impresa non facile. 

Lei, come molti altri, si era ritrovata in quella terra lontano da casa a doversi occupare da sola di tre figli, e subito il parroco era diventato una guida insostituibile. 

«Dopo la messa andrò a presentarmi», le riferì, salendo sull'altare e aspettando ancora qualche minuto che tutta la chiesa, o quasi tutta, si fosse riempita. 

L'edificio aveva un soffitto molto alto, e si sviluppava su più piani che potevano essere visibili anche da terra. Corridoi e stanze immense che forse un tempo erano state dedicate alla produzione o alla vendita. 

Ogni volta che padre Donovan apriva la bocca e parlava, il suono rimbombava proprio come nella sua vecchia chiesa in Irlanda. Ma quella era l'unica cosa davvero identica. 

Per il resto tutto era improvvisato, a partire dal Gesù crocifisso alle sue spalle, creato da un fedele con le proprie mani che tutto era fuorché una grande opera di artigianato. 

Eppure il prete non si era mai sentito più a casa come in quel momento. Quella era la comunità che aveva creato con tanto amore e non importava che se la sua chiesa cadeva a pezzi. Ai suoi occhi era bellissima. 

Come aveva promesso, alla fine della messa si fece accompagnare da miss Doherty a conoscere i nuovi arrivati. 

Mentre la maggior parte dei fedeli si incamminava vero l'uscita, a passo lento, qualcuno si soffermava a salutare padre Donovan, le due famiglie gli andarono incontro.

«Benvenuti ai Five Points», esordì l'uomo con un lungo sorriso sul volto e le mani intrecciate: «Io sono padre Donovan, e lei è la mia instancabile assistente miss Doherty».

La donna al suo fianco, sentendosi chiamare, fece un passo avanti e salutò le famiglie con un leggero cenno di capo mentre loro si presentavano tutti quanti.

Così il prete scoprì che i Murray e i Doyle vivevano insieme, che erano stati entrambi famiglie di agricoltori e, anche se loro non lo dissero, avevano problemi di soldi.

Ma soprattutto capì immediatamente che avevano perso qualcuno. Ormai era diventato un vero maestro a scoprire il dolore che si celava dietro a un sorriso. 

Mentre miss Doherty si offriva loro di aiutarli ad ambientarsi, e consigliava alle giovani figlie dei Doyle si partecipare a qualche sua lezione, padre Donovan si rivolse direttamente a Maureen.

«Sapete, signora Doyle, la mia chiesa purtroppo non ha un confessionale tradizionale, ma io accolgo i miei fedeli in quello che mi piace chiamare "il mio ufficio", anche se miss Doherty afferma che sia uno sgabuzzino piccolo e buio. Ma trovo che sia molto intimo, e la porta è sempre aperta per tutti».

Aveva notato il bisogno di parlare nella donna ma non voleva essere troppo indiscreto, per questo aggiunse, rivolto anche agli altri: «Le porte sono aperte per tutti».

Ma non sfuggì all'occhio attento di padre Donovan l'espressione di preoccupazione mista a speranza di Maureen.

Sperava che prima o poi lei si sarebbe sentito abbastanza al sicuro nella sua chiesa da aprirsi, rivelando ciò che la tormentava.

Era quello che facevano tutti.

*****

Non appena furono fuori dalla chiesa, Agatha abbassò la testa a fissare la grande scalinata che la separava dal terreno, con un po' di apprensione.

La sua lunga gonna poteva farla inciampare e l'ultima cosa che voleva era fare una brutta figura, ruzzolando giù.

E in più non voleva rovinare il suo abito "della domenica".

Si apprestò a cercare l'aiuto di suo padre, o di suo fratello, ma quando alzò la mano, le sue dita s'intrecciarono a quelle di Loran che, alle sue spalle, si era fatto avanti prima di chiunque altro.

«Lasciatevi aiutare, Agatha».

Fu tentata di negarsi, perché non voleva dargli strane idee, ma alla fine si arrese all'evidenza che una mano non l'avrebbe fatta morire.

Scesero così le scale, mano nella mano e scoprì che in fondo il suo tocco non era poi così disgusto.

Ma quando arrivarono alla fine della scala, Agatha sciolse il loro contatto.

Sorrise semplicemente per ringraziarlo ma non disse nulla.

Lui fece un gesto leggero con la testa, nella sua direzione, ed ebbe la decenza di non farle notare che aveva avuto bisogno del suo aiuto. Galante, in fondo, da parte sua.

Si guardarono per qualche istante negli occhi e lei riuscì a scorgere qualcosa di strano nei suoi, come una scintilla di tenerezza e di inquietudine allo stesso tempo.

Si domandò ancora una volta cosa nascondesse quello strano ragazzo silenzioso, e perché mentre una parte di lei ne era turbata, un'altra ne era incuriosita.

Proprio mentre si stava chiedendo se riservasse solo a lei quelle occhiata misteriose, la sua attenzione fu attratta da un certo tumulto.

Si guardò in giro e vide i parrocchiani iniziare a farsi da parte, osservare punti precisi della piazza con apprensione e sussurrare qualcosa a chi gli stava più vicino.

Agatha intercettò quasi subito uno dei motivi di tanta apprensione. Il signor Malone O'Neel, in piedi appoggiato ad un palo di legno, guardava davanti a sé con l'aria di chi è consapevole di essere il padrone del mondo.

Era circondato da alcuni uomini, tutti dall'aspetto inquietante e spaventoso. I suoi galoppini.

Si agitavano, spostando il pese da un piede all'altro, evidentemente in attesa del momento giusto. E Agatha notò, con orrore, che tutti avevano in mano almeno un'arma. Chi un coltello, chi un'ascia, chi un bastone.

Seguendo il loro sguardo, intercettò un altro gruppo di loschi individui. Negli occhi la loro stessa voglia di uccidere e l'assenza di paura. Mettevano i brividi, ma non come gli amici di O'Neel.

Indossavano tutti dei grandi cappelli a cilindro e camice rosse, che sembravano quasi identificarli in un gruppo ben preciso e avanzavano con passo deciso, quasi correndo.

Agatha li fissò, senza riuscire a distogliere lo sguardo, nonostante sapesse che cosa stava per succedere. Non si rese neanche conto che stava trattenendo il fiato.

Tutti quelli intorno a loro, compresi suo padre e suo fratello, s'irrigidirono, aspettandosi il peggio.

Ma nessuno aveva il coraggio di andarsene, anche se sarebbe stata la cosa più sensata. Invece rimasero a osservare, come se non potessero farne a meno.

Alcuni curiosi di scoprire come sarebbe andata a finire, altri invece semplicemente troppo spaventati per correre via.

Quando il gruppo con le camice rosse si fermò a pochi passi da O'Neel, tutti trattennero il fiato.

I membri di entrambi gli schieramenti ai fissarono con odio reciproco, scrutandosi e lanciandosi silenziose minacce con gli occhi.

Sembravano in attesa, un po' come gli spettatori.

In attesa di osservare chi avesse fatto la prima mossa.

E fu Malone a spezzare quel fastidioso silenzio che si era insinuato nelle orecchie di Agatha, gridando per farsi sentire da tutti i presenti: «Non vi è bastata la lezione dell'ultima volta?».

Si rivolse a tutti i membri del gruppo ma alla fine puntò i suoi occhi inquientanti solo su uno di loro: «Andate via dal nostro territorio».

L'uomo in questione, probabilmente il capo della gang, non era molto alta ma sembrava che sotto la camicia fosse ben piazzato.

Con una folta barba a coprirgli gran parte nel volto, non esitò a rispondere: «Questa è la nostra città, noi siamo nati qui. Siete voi a non essere i benvenuti».

Agatha notò un certo turbamento anche tra i presenti. Intorno a lei tutti si stavano agitando.

«La mia gente», iniziò a dire Malone, alzando le braccia ad indicare la folla che, con il passare dei minuti, era aumentata: «Si è guadagnata il diritto di vivere qui, lavora e sputa sangue su questa terra proprio come la tua».

A sentirlo parlare sembrava quasi istruito e, suo malgrado, Agatha ne rimase sorpresa.

O forse era solo e semplice retorica fine a se stessa.

Comunque il suo interlocutore non si lasciò incantare dalle sue parole. Per tutta risposta gli rise in faccia.

«Facciamo anche a meno del sangue bastardo degli Irlandesi, non è vero ragazzi?», incitò i suoi amici che si profusero in grida di assenso.

E come a sancire le sue parole, l'uomo sputò la sua saliva in terra, a pochi centimetri dalle scarpe di Malone.

«Non lo ripeterò, andatevene», ringhiò l'Irlandese. Anche da quella distanza Agatha poté vedere una vena gonfiarsi sulla gola di O'Neel.

E aveva la percezione che una parte degli spettatori sarebbe stata dalla parte di Malone e dei Dead Rabbits.

«Altrimenti? I Bowery Boys non hanno paura di un branco di piccolo cattolici spaventati», lo derise ancora il suo avversario.

La situazione degenerò in fretta. Un attimo prima si stavano punzecchiando a vicenda, e un attimo dopo il capo dei Bowery Boys si era preso un pugno in pieno volto.

Lo scontro fu inevitabile e proprio come avrebbe immaginato Agatha.

Chiassoso, disordinato, una lotta che aveva più i connotati di una rissa da bar.

Volavano pugni, calci, bastonate e ognuno usava ciò che aveva disposizione, o ciò che trovavano in giro.

Sbraitavano, continuavano a prendersi in giro l'un l'altro e perfino tra il pubblico iniziarono ad infiammarsi gli animi.

La maggior parte erano tutti Irlandesi, perciò non stupì nessuno vederli insultare gli avversari di Malone.

Qualcuno decise perfino di dare una mano, ingrandendo così le file dei Dead rabbits, mentre padre Donovan, uscito dalla chiesa, osservava la scena dal gradino più alto con un certo disgustoso.

Ma d'altronde ben poco poteva fare un singolo uomo di chiesa.

L'unica cosa che fece fu quella di alzare la voce, sperando di poter essere udito da tutti sopra il frastuono delle grida, e avvertire: «Fratelli e sorelle, tornate a casa, tornate a casa».

La sua paura più grande era che qualche fedele innocente potesse finire in mezzo alla mischia e Agatha convenne con lui.

Era un pericoloso che rischiavano tutti i presenti, perfino lei e la sua famiglia.

Proprio in quel momento si voltò a cercare con lo sguardo di uno di loro, mentre la maggior parte dei fedeli correva via.

Ma si rese conto di averli persi. Nella folla, impegnata com'era ad osservare ciò che stava succedendo nella lotta, non trovava più la sua famiglia.

Il panico prese il sopravvento per qualche istante, spaventata più per i suoi cari che per la sua salute.

E quando sentì una mano afferrarle il braccio, il suo primo istinto di quello di divincolarsi per liberarsi.

«Agatha, figliola, dobbiamo andare», la voce del padre, rassicurato di averla trovata, la fece destare.

Ma per qualche secondo continuò a rimanere lì, immobile di fronte all'uomo che l'aveva messa al mondo e che le parlava.

Fu costretto a trascinarla con la forza, perché i piedi di Agatha non volevano muoversi da soli, mentre l'inferno si scatenava ai Five Points.

Per tutta la corsa verso casa, fu come se non fosse nel suo corpo, estranea e ancora turbata.

Lei e la sua famiglia stavano bene, non era successo nulla di grave, eppure non poteva smettere di pensare al rischio potevano aver corso.

E fu per questo che si rese conto che lei e Connor erano stati degli stupidi a credere di poter gestire tutto da soli.

Doveva parlare con la padre, doveva riferirgli tutto ciò che aveva scoperto grazie a Kathleen e magari scoprire anche nuove informazioni.

E ciò fu solo un bene, perché quando la sera seguente O'Neel fece loro visita, Fergus Doyle sapeva chi aveva davanti.

O, almeno, ne aveva un'idea.

*****

Spazio autrice:
Buonasera!
Prima di tutto stasera wattpad ha fatto i capricci peggio di mercoledì e non so perché ma non vuole farmi mettere i divisori che uso di solito, perciò ho dovuto inserire i buon vecchi asterischi. Un po' bruttini ma sempre funzionali😉.

Poi volevo fare una precisazione sulla ganga di New York, per rendere le cose un po' più chiare. Diciamo che in quel periodo ce ne erano davvero molte ma le due principali, quelle che poi sono presenti anche in questo capitolo, erano due: I Dead rabbits e i Bowery Boys.

I Dead Rabbits, che nella nostra storia sono capitanati da Malone O'Neel, erano una delle gangs Irlandesi più popolari della città, mentre i Bowery Boys erano i loro più acerrimi rivali poiché erano composti da membri "nativi", ovvero da persone nate in America, che mal vedevano gli immigrati. I Bowery erano infatti anti-cattolici, anti-immigrazione e perciò erano contro gli Irlandesi, accusati di aver portato cattive abitudini nel loro paese.

In questo capitolo abbiamo visto solo uno delle loro tante piccole baruffe che poi negli anni degenerano in una vera e propria guerra tra gangs.

Questo è tutto.

Il prossimo capitolo lo pubblicherò lunedì.

Buon weekend,

Chiara 😘

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