Capitolo VIII

Agatha non era più tornata ad una di quelle riunioni, da dopo la morte di Will.

Era stata così presa a riprendere le forze, poi il matrimonio e il nuovo lavoro che occupava gran parte del suo tempo.

Quando suo padre aveva saputo che sia lei che Loran erano stati assunti presso la stessa casa, non si era espresso ma aveva assunto una smorfia di disapprovazione.

Sapevano entrambi come Fergus la pensava riguardo al lavoro femminile, nonostante era stato costretto ad accettare che sua moglie guadagnasse un posto di soldi cucendo divise.

E ad Agatha non era sfuggita neanche l'espressione di Loran, a tavola tutti insieme.

Proprio per questo aveva sentito il dovere di rassicurarlo, quando erano rimasti da soli.

«Non far caso a mio padre, lo sai come sono fatti gli Irlandesi di una volta no? Ma non si permetterà mai di mettere bocca nel nostro matrimonio».

«Preferirei fare bella figura ai suoi occhi... Ma dovrò accontentarmi», il tono di voce le era parso fin troppo triste e si era chiesta cosa lo turbasse.

Se lo chiedeva anche mentre insieme si avvicinavano all'incontro segreto.

Si era sentita costretta a raccontare a Loran dove stava andando, ma non si sarebbe mai immaginata che lui volesse accompagnarla.

Continuava a chiedersi se lo aveva fatto più per non lasciarla sola - era molto protettivo in quel senso - o se invece fosse davvero curioso.

Non aveva fatto alcuna domanda, si era solo limitato a seguirla e la cosa la faceva anche un po' innervosire.

Una parte di lei era desiderosa di fargli mille domande e scoprire finalmente cosa pensava nel profondo del suo cuore.

E invece, pur di non apparire troppo curiosa, se ne restava anche lei in silenzio mentre attraversavano la città.

E pensava. Si chiedeva anche cosa avrebbe pensato Loran di quella riunione e se fosse stato davvero d'accordo a lasciarla andare.

Ora che era sposata, si faceva spesso domande su quanto la sua vita sarebbe dovuta cambiare.

Perché per quanto Loran sembrava un marito accondiscendente, e desideroso di accontentarla sempre, lei era comunque consapevole che prima o poi si sarebbe scontrata con i limiti di una vita di coppia.

E stava aspettando il giorno in cui le sarebbe stato detto che "una donna sposata certe cose non le fa".

Quel giorno ancora non era arrivato, ma il suo sesto senso le diceva che non avrebbe dovuto aspettare ancora per molto.

Forse Loran non si era ancora reso conto cosa significavano davvero quelle riunioni e una volta compreso avrebbe deciso che non era il posto giusto per lei.

E Agatha quasi lo sperava. Non perché voleva sentirsi dire di non poter fare una cosa che invece desiderava, ma perché voleva avere una scusa valida per odiare suo marito.

«Questo dovrebbe essere l'indirizzo che ti hanno dato, giusto?», la voce, monocorde, di Loran la tirò via dai suoi pensieri.

Agatha alzò lo sguardo verso la grande dimora che avevano davanti.

Per quella riunione aveva scelto un luogo in città, anche se ad Agatha sembrava una scelta alquanto azzardata.

Soprattutto perché la zona era molto altolocata. Distavano perfino pochi quartieri dal loro luogo di lavoro.

«Sì, è questo», un primo momento di titubanza lasciò il posto alla sicurezza quando vide alcuni volti familiari entrare all'interno dell'edificio, ed annuì ancora più decisa.

Loran si passò le dita sul cappello - che aveva comprato pochi giorni prima - e le sorrise mentre le offriva io braccio.

Per qualche istante Agatha guardò con un po' di sospetto il suo aiuto ma poi si aggrappò a lui e attraversarono la strada insieme, proprio come una vera coppia.

Non furono costretti a bussare per farsi aprire perché approfittarono della porta accostata per far entrare due donne prima di loro.

Loran allungò la mano e bloccò la porta prima che si chiudesse, attirando lo sguardo delle due davanti a loro che erano già entrate.

Li guardarono per qualche istante, prima con sospettato, ma quando Loran riservò loro un sorriso affabile, le due donne ricambiarono con un risolino quasi malizioso.

Ad Agatha non sfuggirono le loro occhiate vogliose e all'improvviso iniziò a sentirsi accaldata.

Raramente aveva provato il sentimento della gelosia, e mai per qualcosa di cose futile. E stentò perfino a riconoscerla a se stessa, eppure in quell'occasione avrebbe solo voluto sgridare le due donne e far notare loro che Loran era sposato.

Lui non si accorse di nulla, degnò le donne di un saluto formale e spalancò la porta per permettere ad Agatha di entrare.

Non c'era dubbio che la casa dove si stava per svolgere la riunione era di proprietà di qualcuno in vista nella società.

Lo si poteva constatare dai tappetti pregiati, fatti a mano, ai quadri e agli oggetti, per la maggior parte in porcellana, che i padroni di casa avevano deciso di mettere in bella mostra.

Agatha se ne stupì, forse perché non si aspettava di finire all'interno di una casa del genere, o perché stentava a credere che chiunque abitasse in quella dimora fosse così propenso a far entrare sconosciuti.

A quanto sembrava nessuno aveva paura di un possibile furto, eppure Agatha si sentì a disagio neanche fosse casa sua. E comprese che anche Loran si stava chiedendo perché fossero in quel luogo, nel momento in cui volse lo sguardo verso il suo accompagnatore.

Come al solito lui non disse nulla e si limitò a seguire le due donne davanti, che li condussero in un grande ed accogliente salottino, già gremito di altri ospiti.

Agatha si guardò intorno, cercando le sue amiche, ma a parte qualche volto noto, non c'era nessuno che conosceva abbastanza bene per poter intavolare una conversazione. C'erano molte più persone dell'ultima volta, e soprattutto molti più uomini.

E notò, quasi con stupore, che molti era nobili o appartenenti comunque alle classi più alte della società. Non lo sapeva, ma poteva immaginare quali fossero le loro carriere: medici, banchieri, possidenti, e molti altri.

Presero posto nelle ultime file, accanto ad un signore di bell'aspetto, con al barba curata, gli occhiali da vista e una chioma brizzolata. Indossava un abito costoso e un orologio da taschino che saltò subito all'occhio curioso di Agatha, non appena gli si mise seduta accanto.

Standogli così vicino riuscì perfino a sentire il suo profumo, molto delicato ma allo stesso tempo così deciso da lasciare il segno. Era un uomo raffinato quello le stava vicino e più di una volta sentì il bisogno di sbirciarlo, voltandosi ad osservarlo di nascosto.

O almeno lei sperava di essere discreta, visto che l'uomo non sembrò mai notarla, continuando a fissare davanti a sé o voltandosi a scambiare qualche chiacchiera con il suo amico al fianco.

Anche l'altro uomo sembrava venire dalla borghesia, ma quello con gli occhiali aveva qualcosa in più rispetto a tutti gli altri. Il suo modo di sedere, di sorridere e parlare con l'amico, la sua voce perfino. Tutto in lui attirava curiosità.

Agatha cercò di concentrarsi sulla riunione, mentre davanti alla folla si davano il cambio a parlare svariate donne, ma più di una volta la sua mente tornò all'uomo.

Si chiese, sempre più curiosa, se fosse u nobile o un borghese. E in quel caso iniziò a fantasticare su un suo possibile lavoro.

Ad un certo punto, nel bel mezzo della riunione, Agatha non si rese conto di aver fissato con troppa insistenza l'uomo, tanto da farlo voltare verso di lei.

I loro occhi s'incrociarono per qualche istante e lui per un attimo parve stupito dall'atteggiamento singolare della fanciulla. Poi le sorrise, le fece un leggero inchino con il capo e tornò a guardare davanti a sé, mentre Agatha diventava rossa dall'imbarazzo.

Non si accorse neanche che, per tutto il tempo, Loran la osservava. Attento a ciò che dicevano i vari ospiti, era però anche molto curioso di capirne di più del comportamento di sua moglie.

Aspettò però la fine dell'incontro, ore dopo, quando stavano tornando a casa, mentre il sole calava. Aveva raccolto abbastanza informazioni per potersi fare un'idea, eppure aveva bisogno di condividerle con lei.

«E così è questo che desideri? Intendo questo...», per qualche istante Loran rimase in silenzio, cercando di trovare le parole giuste per descrivere tutto quello che aveva visto e sentito: «Possiamo chiamarlo "movimento"?».

Anche per lei era tutto nuovo e ancora poco definito, perciò non corresse la sua definizione - che poteva anche essere esatta - ma si limitò a scrollare le spalle.

«Non so a cosa porterà questa cosa...», stava iniziando a dire, ma fu interrotta subito da Loran che affermò con sicurezza: «Sicuramente ad un bel po' di guai».

Non c'era alcun tipo di giudizio nel suo tono di voce, era più una constatazione reale ed Agatha si trovava pienamente d'accordo con lui.

«Le rivoluzioni portano sempre guai».

Loran rimase in silenzio a riflettere sulle sue poche, ma incisive, parole per svariati minuti. Così tanto che per qualche instante Agatha pensò che avesse deciso di concludere la conversazione.

Iniziava a fare freddo, e a tirar vento, perciò lei si strinse di più a Loran, lo prese sottobraccio come avevano fatto prima di entrare nella casa, e tentò di coprirsi quanto era in grado con il cappotto.

Fu a quel punto che Loran continuò: «Tu vuoi studiare, Agatha?!», suonava a metà tra un'affermazione e una domanda e lei impiegò più del dovuto per comprendere che avrebbe dovuto rispondere.

Era ovvio che lui stesse ripensando al momento della riunione in cui alcune studentesse avevano parlato della difficoltà per le donne di iniziare una carriera accademica.

«Credo di sì. Pensavo che mi piacerebbe fare il medico... Ma è un sogno che non riuscirò mai a realizzare».

Prima ancora di aver realizzare cosa le sarebbe piaciuto fare, aveva già deciso che non c'era speranza per lei.

Loran però si voltò a fissarla e la costrinse a fermarsi in mezzo al marciapiedi: «E perché mai?», dal tono di voce era davvero sorpreso dalle sue parole. Forse perché non poteva accettare di sentirla così arrendevole senza neanche averci provato.

Lei alzò di nuovo le spalle, come se ciò che stava per dire non fosse importante. Ma in realtà sapevano entrambi che era tutto il contrario.

«Studiare richiede molti soldi e tempo. Due cose che al momento non possiedo e che non credo riuscirò ad ottenere con tanta facilità».

Loran era una persona concreta, non certo un idealista, perciò poteva comprendere ciò che stava dicendo Agatha. E sapeva anche, in cuor suo, che aveva ragione.

Ripresero a camminare, in silenzio, quasi si fosse creato un muro invisibile tra di loro, pieno di parole non dette.

Di una cosa Agatha era certa: Lei e Loran condividevano molto, e più passava il tempo più se ne rendeva conto.

Entrambi avevano attraversato l'oceano con la speranza di una vita migliore, lasciando indietro la sua vecchia vita. Entrambi si erano resi conto che il Nuovo Mondo non era tutto oro, come invece si erano illusi prima di partire.

E soprattutto avevano entrambi la consapevolezza che, come immigrati, avrebbero dovuto fare il doppio della fatica per ritagliarsi un posto in quella società.

«Che cosa aveva quell'uomo dall'attirare così tanto la tua attenzione?», le chiese lui all'improvviso, dopo svariati minuti di silenzio.

Agatha si era illusa che Loran non se ne fosse accorto, ma c'erano poche cose che sfuggiva all'occhio attento del marito. E di solito era particolarmente attento quando si trattava di lei.

Non ebbe il coraggio di guardarlo in faccia, per paura di essere diventata tutta rossa dall'imbarazzo, mentre cercava di dare spiegazioni.

«Non so, mi sembrava un uomo molto interessante», era consapevole che in realtà non aveva detto nulla, ma era la prima cosa le veniva in mente.

Loran la guardo con la coda dell'occhio prima di affermare, scherzosamente: «Dovrei preoccuparmi?».

Per qualche istante Agatha non comprese la sua domanda, perché era troppo assurda. Ma quando capì si voltò di scatto con l'espressione scioccata.

«Non essere ridicolo, potrebbe essere mio padre».

«A molte fanciulle piacciono gli uomini con esperienza», continuò lui sempre con tono malizioso e con un velato sorriso divertito in faccia.

La sua sfacciataggine gli fece guadagnare una leggere spinta da parte di Agatha che scosse la testa e rise: «Non dire sciocchezze. E poi, cosa sei? Geloso?».

Loran fu preso in contropiede dalla domanda inaspettata, ma tentò di rispondere prontamente, senza perdere il suo sorriso: «Sono tuo marito».

Non ammise la sua gelosia, ma non la smentì neanche, lasciando Agatha con un filo d'incertezza. Una parte di lei era quasi lusingata da quel suo interesse, un'altra invece divertita.

Ma si sorprese nel constatare che non era affatto arrabbiata come invece avrebbe dovuto - o volute - essere.

«Io dovrei essere gelosa, visto come ti mangiavano con gli occhi quelle signore poche ore fa», detto ciò si voltò di nuovo e riprese il cammino.

Si lasciò andare ad un sorriso soddisfatto solo quando lui la tranquillizzò dicendole: «Agatha, mia cara, tu sei l'unico essere femminile che io guardo e la cui presenza mi crea gioia. Tutte e altre sono solo sagome».

Spazio autrice:

Buonasera a tutti! Come state?

Scusate per la prolungata assenza ma ora sono tornata e spero di riuscire a pubblicare di nuovo regolarmente anche questa storia. Spero di essermi fatta perdonare con questo capitolo. Ricordate l'uomo interessante che ha incuriosito Agatha, perché in futuro lo rivedremo.

A mercoledì prossimo,

Chiara 😘

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