Non era passato molto tempo dall'ultima volta che Connor era andato al locale. Solo qualche giorno.
Eppure erano successe così tante cose in quel poco lasso di tempo, che gli sembrava un'eternità.
Tra il suo rapporto ormai in frantumi con Cornelia, e tutto ciò che stava passando sua sorella, tante cose erano cambiate e quando fece il suo ingresso nel locale, si sentì strano.
Come se qualcosa si era rotto. Spezzato, portato via dagli avvenimenti degli ultimi giorni che lo avevano reso più consapevole. Più maturo.
Quella sera c'era anche i suoi amici, ad un tavolo vicino al palco e non era prevista nessuna performance sua o di Cornelia. In effetti non avrebbe neanche dovuto essere lì, ma voleva uscire e svagarsi un po'.
Il matrimonio improvviso di Agatha e il problema di Malone, lo avevano distratto dal suo cuore affranto e fatto in mille pezzi da Cornelia.
E forse si era illuso di essersi ripreso, per in fondo non conosceva bene Cornelia. Aveva sperato che il suo rifiuto avesse solo ferito il suo orgoglio, e invece non appena la vide seduta al suo solito tavolo, circondata da uomini ricchi e di bell'aspetto, tutto tornò a galla.
Lei lo vide con lo coda dell'occhio, i due si scambiarono un'occhiata così fulminea che per qualche istante fu perfino indeciso se l'avesse visto oppure no.
Cornelia lo ignorò, di sua spontanea volontà, e lui decise di fare lo stesso, avvicinandosi a passo svelto al tavolo dove i suoi amici lo stavano aspettando.
Nessuno dei presenti si rese conto del clima che intercorreva tra i due giovani, tutti intenti a farsi i fatti propri.
«Buonasera, signori», esordì lui, a voce un po' alta, annunciando così a tutti il suo arrivo.
Edward gli riservò subito un sorriso caloroso: «Salve, finalmente ti fai vivo da queste parti. Stavo iniziando a pensare che fossi diventato tutto casa e lavoro».
«O casa, chiesa e lavoro», aggiunse Jasper, da buon miscredente che non entrava in chiesa da almeno un paio di anni.
Connor prese posto di fronte a loro, in modo da poter dare le spalle a Cornelia e non averla mai davanti agli occhi. Non sarebbe stato in grado di guardarla.
«Ho bisogno di bere... bere tanto. Offrite voi?».
Doveva esserci qualcosa nella sua espressione, forse un sentore di disperazione, perché sia Edward che Jasper annuirono e chiamarono il cameriere, pronti a servire qualcosa da bere al loro amico.
Ma anche molto attenti ad ascoltare qualsiasi cosa avesse voluto raccontare loro.
E Connor lo fece. Iniziando a parlare di sua sorella Agatha, delle velate minacce di Malone e della decisione di farla sposare. Non risparmiò i dettagli, ritrovandosi a narrare la storia con un certo calore, quasi l'avesse vissuta di persona.
E più ne parlava più diventava vivida, vera. Fino a quel momento aveva quasi vissuto in una sorta di fantasia, chiedendosi più volte se fosse un sogno o la realtà.
«E così alla fine Agatha ha sposato Loran», aveva concluso, stanco come se avesse corso per tutta la città.
I suoi amici erano rimasti in silenzio, rapiti dal suo racconto. Un po' sconcertati in alcuni punti, ma curiosi in ogni momento.
«Loran Murray?», aveva chiesto Edward, stupefatto.
Connor aveva annuito prima di scolarsi in un sorso il suo bicchiere di whisky, colorandosi subito le guance di rosse. Ma ciò non lo fece desistere dal chiederne un secondo.
«Sì proprio lui. Non faccio i salti di gioia, ma non avevamo altra scelta».
I due amici si guardarono, quasi indecisi se parlare oppure restare in silenzio e alla fine Jasper asserì: «La tua deve essere proprio una vita per niente noiosa».
«E non sapete ancora cosa è successo a me», aveva iniziato Connor, quasi con coraggio. Forse era il secondo bicchiere di whisky che gli dava la forza di andare avanti. O forse era semplicemente uno stolto.
Poi però s'interruppe, scettico e titubante, anche se ormai aveva messo curiosità ai suoi amici che, ovviamente, iniziarono ad insistere per avere un secondo racconto.
Connor si voltò per qualche istante ad osservare ciò che stava avvenendo alle sue spalle. Da quando si era seduto aveva sentito più volte Cornelia ridere, fingendo di essere divertita da ciò che qualche spasimante le stava dicendo.
E per qualche istante si era chiesto se avesse riso con falso sentimento anche quando era con lui.
Lei non sembrava che stesse prestando attenzione al loro tavolo, tanto che non si rese conto dell'occhiata che gli lanciò. E gliene fu grato, perché l'ultima cosa che voleva era che lei comprendesse il suo dolore.
Quando tornò a guardare i suoi amici, alcuni secondi dopo, era pronto a condividere con loro tutta la storia. Spaventato che potessero giudicarlo, ma comunque ormai senza freni.
Doveva condividere con loro quella sua esperienza, voleva sapere cosa ne pensassero loro, che vivevano a New York ed erano cresciuti in una cultura differente dalla sua.
Così raccontò tutto, con ancora più calore ed emozione rispetto alla storia di sua sorella. Gesticolò perfino, ma mantenne sempre la voce bassa, per non farsi sentire da Cornelia.
Si chiese se non si fosse accorta che si era abbassato, più vicino al tavolo, e avvicinato ai suoi amici, per poter parlare senza essere ascoltato da nessuno al di fuori di loro tre. Ma poi si disse che non doveva curarsi delle sue reazioni. Non più almeno.
E ancora una volta Jasper ed Edward restarono in silenzio per la maggior parte del tempo, anche se entrambi non riuscirono a non farsi trasportare dagli eventi fino a lanciare qualche commento sporadico qua e là-
Il più stupito sembrava Jasper che continuava a scuotere la testa e a sussurrare: «Non ci posso credere», mentre Edward strabuzzava gli occhi e spalancava la bocca.
«E quindi non ha accettato di sposarti», concluse Jasper, questa volta annuì, come se si era aspettato che la storia andasse a finire a quel modo. Probabilmente conosceva meglio di lui il carattere di Cornelia.
«Non solo. Mi ha praticamente deriso ed umiliato. Non mi sono mai sentito così piccolo in tutta la mia vita e fidatevi, non è la mia prima delusione d'amore».
Jasper tornò a scuotere la testa: «Dovevi aspettartelo, Connor».
Proprio come aveva immaginato, i suoi amici sapevano già come Cornelia avrebbe reagito ad una proposta di matrimonio, perché Edward annuì immediatamente dopo le parole di Jasper.
Ciò lo indispettì ancora di più, forse perché avrebbe preferito che i suoi amici non lo facessero sentire più idiota di quanto già non si sentisse.
«Ma grazie tante, a quanto pare l'unico ingenuo da queste parti sono io».
Lo innervosiva non riuscire a comprendere cose che per gli altri sembravano scontate. Avrebbe dovuto prevedere che Cornelia non si sarebbe abbassata alle vecchie regole di una società cristiana, che la vedeva come protettrice del focolaio, moglie e madre devota.
Edward percepì il suo disagio e la sua tristezza perché aggiunse in fretta: «E' ovvio che la tua proposta sia stata un vero gesto da galantuomini, ma Cornelia non è proprio il tipo di fanciulla che si fa impressionare da certi atteggiamenti all'antica».
«Già, mi avevate avvertito», solo in quel momento si ricordò che la prima volta che aveva visto Cornelia i suoi amici l'avevano messo al corrente di chi fosse. Ma lui era testardo, doveva provare con le sue stesse mani, per poi lasciarsi ferire.
«Le ragazze come Cornelia non sono tipe che rinunciano ai proprio sogni solo per una famiglia. E di certo non si fa scrupoli ad andare a letto con chiunque, senza timore. Per qualcuno può essere considerata una sprovveduta, ma lei si sente uno spirito libero».
Connor non credeva che potesse esserci una definizione migliore per descrivere Cornelia. E solo in quel momento si rese conto di quanto la sua sofferenza per il rifiuto fosse stata un atteggiamento egoistico.
Certo, lei lo aveva ferito nell'orgoglio, ma lui aveva erroneamente dato per scontato che potesse volere le sue stesse cose. Una famiglia, una stabilità.
Non poteva prendersela con lei se il suo unico desiderio era quello di essere libera e indipendente. Se le piaceva divertirsi, con tutti, e non voleva legarsi a nessuno.
«E poi stai tranquillo, ti dimenticherai presto di lei», aggiunse Jasper, con l'intento di voler aggiungere qualcosa ma prontamente bloccato dall'amico Edward che gli diede una vigorosa gomitata per zittirlo.
Avrebbe voluto farlo in modo discreto, ma era impossibile non farlo notare a Connor che s'incuriosì subito. Volevano nascondergli qualcosa che lo riguardava, e non se ne sarebbe andato da quel locale fino a quando non avesse scoperto tutto.
Non dovette comunque supplicarli a lungo, perché dopo qualche minuto Jasper sospirò rivolto ad Edward: «Prima o poi lo verrà a sapere, tanto vale dirglielo adesso».
E ancor prima che l'amico potesse decidere se aveva ragione oppure no, Jasper era già partito ad annunciare la rivelazione. Prima, però, lanciò un'occhiata oltre la spalla di Connor, nel punto in cui sedeva Cornelia.
«Bè, Cornelia ha ricevuto un'offerta di lavoro per un teatro di Chicago e ha deciso di partire e provare a diventare una cantante d'opera».
La rivelazione lasciò Connor interdetto e sbalordito per qualche secondo di troppo. Era l'ultima cosa che si aspettava di sentire dalla bocca di Jasper e, onestamente, non aveva idea di quale fosse il comportamento più giusto da attuare.
Doveva andare da lei a complimentarsi per il successo? Oppure ignorare tutto?
Optò per la seconda ipotesi, dicendo a se stesso che avrebbe aspettato di sentire la notizia direttamente da lei. Ma la verità era che aveva così tanta paura di affrontarla che non si sarebbe mai alzato da quella sedia.
«Sono contento per lei», riuscì a dire, stringendo i denti, con una certa fatica. Nessuno a quel tavolo si sarebbe fatto ingannare dalle sue parole e dal suo tono calmo.
«Quando sarà lontana, ti sarà più facile dimenticarla e andare avanti», aveva detto Edward, per tirargli su il morale.
Connor voleva credergli, e in cuor suo sapeva che Cornelia non era quella giusta e quindi sì, non avrebbe fatto fatica a dimenticarla. Eppure c'era una parte del suo cuore, nel più profondo, che continuava a sanguinare.
«Buonasera, giovanotti. Disturbo?», la voce delicata e affabile che lo distrasse dai suoi pensieri dolorosi, apparteneva di sicuro a qualcuno che conosceva già.
Ed infatti non appena alzò la testa, incontrò il volto cordiale e il sorriso di John, l'amico di Martin, che teneva in mano due bicchieri di bourbon.
Uno lo porse a lui che accettò volentieri prima di fargli cenno con la testa di potersi sedere al suo fianco.
«Martin non è in città», annunciò subito, immaginando che stesse cercando lui, ma John annuì, pacato: «Lo so, ci siamo visti prima della sua partenza. In realtà stavo proprio cercando voi».
Gli rivolse uno sguardo eloquente prima di aggiungere: «Ho saputo dell'incendio che coinvolto la drogheria ai Five Points. Ne è rimasta coinvolta anche vostra sorella, se non sbaglio».
«Sì, ma le sta bene, grazie al cielo».
«Sono davvero addolorato dall'accaduto e tremendamente mortificato dalla piega che sta prendendo questa città».
Al tavolo tutti compresero che John era sul punto di iniziare a parlare di politica e cose fin troppo serie per tre ragazzi un po' ubriachi.
Eppure Connor non lo fermò, anzi, rimase ad ascoltare interessato. Forse per la prima volta da quando era giunto a New York, sentiva di provare un vivo interesse per qualcosa che non riguardasse lui o la sua famiglia.
John ci credeva fermamente nei suoi ideali, al punto che sarebbe stato in grado di trascinare qualcuno come Connor, un'anima in cerca di un obbiettivo.
E forse non doveva buttarsi tra le braccia di un'altra donna, per dimenticarsi Cornelia, ma impegnarsi in qualcosa di molto più grande.
Così quella sera fece molte domande al suo interlocutore, mentre Edward e Jasper, poco interessati, cercavo di capire se la sua fosse solo gentilezza.
Nessuno poteva capire in quel momento quanto avesse necessità di non sentirsi più inutile. Dopo che era stato costretto a vedere sua sorella prendere una decisione difficile, senza poter far di fatto nulla per lei, qualcosa era cresciuto nel profondo del suo cuore.
Rabbia, tristezza, senso d'ingiustizia. Desiderava tirare tutto fuori, per renderlo più costruttivo.
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