Capitolo I

Il matrimonio si era concluso in fretta, come era ovvio che fosse dato le circostanze.

Padre Donovan non aveva battuto ciglio quando gli era stato chiesto di sposare due ragazzi, così su due piedi.

Come se fosse normale per lui ricevere all'improvviso un gruppo di suoi parrocchiani con una richiesta quanto meno bizzarra.

Non aveva chiesto neanche il motivo, aveva accettato, quasi avesse compresso la gravità della situazione.

E non aveva fatto obbiezioni neanche quando il nome dello sposo era cambiato.

Invece Maureen e Fergus aveva fissato Loran davanti all'altare sconcertati. E quando poi si erano voltati a fissare il figlio maggiore, in cerca di risposte, lui li aveva tranquillizzati con un sorriso.

I coniugi Doyle non erano tanto convinti di quello che stava succedendo, ma avevano deciso di fidarsi dei loro figli.

L'unica che sembrava veramente felice, forse perché non comprendeva la situazione, era Molly.

Di sicuro era più raggiante della sposa stessa che, per quanto bella all'interno del suo abito, non sarebbe mai riuscita a sorridere in un momento del genere.

Per tutto il tempo Agatha pensò solo a quando tutta quella cerimonia sarebbe finita e non vedeva l'ora.

Così tirò quasi un sospiro di sollievo quando finalmente tornarono a casa.

Era tutto successo così in fretta, con una certa urgenza, che la sua mente, e anche quella degli altri, ancora faticava ad accettare.

Più volte si voltò a guardare Loran, durante il tragitto di ritorno a casa, domandandosi se davvero era diventato suo marito.

E non riusciva proprio a farsi un'idea precisa, e cercare di comprendere se ne era felice oppure no. Come tutti, del resto. 

Avrebbero dovuto parlarne, discuterne insieme, anche con la sua famiglia, ma non ne ebbero neanche il tempo. 

Entrati nel loro lugubre alloggio, trovarono una sorpresa ad aspettarli, oltre ovviamente alla faccia stupita e stizzita di Abigail Murray che si chiedeva dove fossero stati tutti. 

Seduti al tavolo da pranzo, infatti, oltre ad un Kale piuttosto pallido e nervoso, c'erano Malone e ben cinque dei suoi uomini. Comodi come se fossero a casa loro, completamente a loro agio.

Avevano perfino osato accendersi dei sigari, cosa che in una situazione normale avrebbe mandato fuori dai gangheri Agatha. Solo che in quel momento era troppo in apprensione perciò che sarebbe successo.

La tensione, nel momento in cui i Doyle entrarono, era così evidente che anche la signora Murray, che non spiccava per intelligenza, comprese che tutte le sue lamentele potevano aspettare. E ancor prima che Fergus potesse zittirla, lei aveva già compreso, dagli sguardi glaciali, che doveva farsi da parte.

Almeno una volta nella sua vita aveva preso una decisione sensata, pensò Agatha, concentrandosi solo perché qualche istante sulla donna, mentre il padre iniziava a parlare. 

«Sbaglio, signor O'Neel, o siete sempre a casa nostra negli ultimi tempi?». 

Malone non raccolse la provocazione, anche se a nessuno sfuggì l'irritazione dei suoi uomini, uno dei quali portò la mano vicino alla cintura, dove probabilmente teneva qualche arma nascosta. 

Il loro capo, invece, sorrise semplicemente: «Come amo ripetere sempre, mi piace prendermi cura personalmente dei miei concittadini», si alzò facendo due passi verso di loro e avvicinandosi pericolosamente.

Non che fosse difficile, la stanza era piccola e molto affollata, perciò bastava poco per sentirsi sopraffatti, considerata anche la stazza di Malone e il suo atteggiamento inquietante. 

«Soprattutto quando ho un interesse personale nei confronti di qualche concittadina particolare...», aggiunse fissando incessantemente Agatha, senza timore di apparire inopportuno.

Quello era il momento che tutti avevano aspettato, e temuto, e il primo istinto di suo fratello Connor e di Loran fu quello di spingere la ragazza dietro di loro, mettendo i propri corpi davanti come se fossero scudi.

Non che servisse poi a qualcosa, contro sei uomini armati, e per qualche istante Agatha pensò di farsi valere e impedire loro di sacrificarsi in modo così stupido. Poi però decise che quello non era il momento più adatto per sembrare forte e indipendente. 

Avrebbe solo peggiorato una situazione già di per sé svantaggiosa per loro, e non voleva essere un ulteriore problema. Così permise agli uomini di fare tutto il lavoro, anche se dentro le ribolliva il sangue dalla voglia di farsi valere. 

«Bè, questa è proprio una coincidenza piacevole, signor O'Neel, perché torniamo da un matrimonio e stavamo proprio per festeggiare questa felice giornata», esordì con un finto sorriso Fergus, cercando di mantenere la calma.

Da fuori, all'apparenza, sembrava davvero tranquillo e completamente a suo agio. Ma Agatha notò che stava sudando e che stringeva così forte i pugni da fargli venire le nocche bianche. 

«Un matrimonio?», chiese Malone.

«Sì, se volete unirvi ai festeggiamenti, siete tutti i benvenuti», continuò Fergus, voltandosi poi a guardare Loran e dietro di lui sua figlia: «Festeggiamo tutti insieme la mia amata bambina, che ormai è una donna, Agatha e suo marito Loran».

Calò il silenzio, glaciale. Di quelli carichi di tensione perché consapevoli che porteranno tempesta, fulmini e saette. 

Ci si aspetta di tutto alla fine di quel silenzio e si è pronti a dover affrontare il peggio. Come una reazione sconsiderata. 

La prima emozione che passò, velocemente, sul volto di Malone fu quella di sorpresa. Era scontato, considerato che non si aspettasse una cosa del genere.

Ma fu solo per poco tempo. Perché presto i suoi lineamenti vennero deturpati dalla rabbia pura. Era strano che Agatha non avesse mai visto veramente Malone perdere le staffe, ed era quasi sicura che quel giorno era arrivato. 

Non era sicura di cosa aspettarsi veramente, ma una parte di lei preferiva di gran lunga vedere la furia nei suoi occhi, piuttosto che la calma finta che di solito lo distingueva dagli altri delinquenti.

Ma durò poco anche l'espressione arrabbiata, perché Malone riprese in poco tempo il controllo di se stesso, come se stesse recitando una parte. Un ruolo che non si concludeva mai, almeno non davanti ad altre persone. 

Tornò a sorridere, in un modo così finto e ipocrita che ad Agatha vennero i brividi. Era impressionante come riuscisse a cambiare espressione e fingere in modo così perfetto. 

«Congratulazioni, Agatha», si voltò a guardare i suoi scagnozzi, che si era raddrizzati sulle loro sedie e sembravano sul punto di aggredire i presenti al minimo accenno del loro capo. 

Abigail Murray tentò d'intromettersi, con la bocca spalancata dalla sorpresa, ma fu interrotta dal loro ospite in atteso che si rivolse ai suoi amici. 

«Bè, non è una bella notizia, ragazzi? Due giovani, come Agatha e Loran, che convolano a nozze...», li indicò senza neanche guardarli ai suoi compagni che rimasero in silenzio e immobili.

Neanche loro sapevano come doversi comportare in una situazione del genere e sembrava quasi che chiedessero, con la loro espressione, di ricevere ordini chiari. 

Malone poi si voltò ancora verso Agatha, o almeno all'inizio a lei parve che la stesse fissando, ma in realtà, essendo lei ancora dietro Loran, si rese conto immediatamente che Malone si stava rivolgendo a lui.

«Mio caro ragazzo, congratulazioni! Credo che tu sia molto fortunato».

«Lo credo anche io», rispose lui, rispondendo al suo sguardo intenso, ancora irrigidito dalla sua presenza. Non sarebbe comunque riuscito a rilassarsi fino a quando Malone non fosse uscito dalla loro casa. 

Malone lanciò uno sguardo a tutti i presenti, in evidente disagio solo per il fatto di non avere il controllo della situazione. In altre circostanze Agatha avrebbe gioito delle sue difficoltà, ma trattandosi di Malone aveva la paura che potesse reagire in modo negativo.

Lui però continuò a sorridere: «E sei anche un ragazzo molto coraggioso, con del fegato», aggiunse sempre rivolto a lui, mentre tutti gli altri aspettavano.

«O forse, quello che tutti scambiano per coraggio, è solo sconsideratezza», le sue ultime parole bloccarono tutti sul posto. 

Per qualche istante Agatha pensò di intromettersi, mettersi in bella vista e dirne quattro a Malone, perché non poteva permettergli di minacciare Loran. Ma la sua parte più ragionevole la convinse a restare al suo posto.

Abbassando lo sguardo vide che Loran teneva una mano dietro alla schiena, e che nella mano impugnava un piccolo coltello, che probabilmente portava sempre con sé, che fino a quel momento lei non aveva visto.

Era pronto a reagire, qualora Malone si fosse fatto avanti in maniera più minacciosa, era pronto a combattere e non a cadere senza far nulla. E questo la diceva lunga su quanto effettivamente fosse coraggioso.

Ma anche coscienzioso, perché decise di non raccogliere la sua provocazione. Uno come Kale avrebbe senz'altro risposto cercando di attaccare, perché ferito nell'orgoglio. Mentre Loran decise di mettere da parte il suo onore e non peggiorare la situazione. 

«Bene», riprese Malone voltandosi a guardare Fergus e quindi spostando la sua attenzione: «Vi ringrazio per l'invito, ma credo che io e i miei amici ce ne torneremo a casa».

Ancor prima di fare o dire qualcosa, i suoi scagnozzi si alzarono, come burattini mossi dallo stesso filo e si avvicinarono, pronti ad andarsene.

Per qualche istante Agatha pensò di aver sentito male, perché non poteva credere che si sarebbe arreso così facilmente. E sicuramente fu quello che pensarono tutti, poi si fecero da parte per permettere all'uomo di uscire senza però mai smettere di osservarlo, per paura che potesse fare qualcosa all'ultimo minuto. 

I suoi uomini uscirono per prima e quando lui rimase solo, davanti alla porta, si voltò per l'ennesima volta e sussurrò: «Vi consiglio di tenere gli occhi aperti», non lo disse a nessuno in particolare, ma il suo tono di voce lasciava intendere che non era finita.

Poi si rivolse a Kale, con tono quasi paterno: «E' giunto il momento di scegliere con chi stare, ragazzo mio».

In risposta Kale non esitò un attimo, anche se ancora era pallido e spaventato, e si alzò dal suo posto, con l'intento di seguirlo. 

Nessuno tentò di fermarlo, forse perché in pochi effettivamente riuscirono a comprendere in tempo cosa stesse succedendo. O forse perché in realtà non se lo aspettavano. Non che Kale non avesse dato segnali di squilibrio, ma una decisione del genere sembrava comunque fuori dalla sua portata. 

L'unica che provò a dire qualcosa fu sua madre: «Kale, dove stai andando?».

«Madre, ho scelto la mia famiglia», fu l'unica risposta del ragazzo, senza neanche avere il coraggio di guardarla in faccia, prima di seguire Malone fuori dalla loro casa, lasciando tutti un po' scossi.

Non ci fu però nessuna giustificazione per tirare un sospiro di sollievo e rilassarsi, perché tutti sapevano che anche se Malone li aveva lasciati andare quella sera, non significava che si fosse arreso.

Uno come lui avrebbe cercato la sua vendetta per sempre, ed era questo che spaventava di più Agatha e gli altri.

«Qualcuno può spiegarmi che cosa è successo?», la voce fastidiosa di Abigail, stizzita e triste per aver visto il figlio maggiore andarsene, forse per sempre, interruppe qualsiasi pensiero  qualsiasi altra spiegazioni.

«E' una lunga storia», cercò di concludere in fretta la conversazione Fergus, che, come chiunque altro, non aveva proprio voglia di spiegare ad Abigail tutta la storia.

Erano stanchi, stravolti, scioccati e turbati e nessuno di loro voleva mettersi a spiegare per filo e per segno tutto quello che era successo nella lunga giornata. 

Ma la donna quel giorno non avrebbe ammesso repliche e, con le mani posate sui grossi fianchi, abbaiò con risentimento: «Non m'importa. Il mio piccolo figliolo ha appena abbandonato la sua famiglia mentre mio nipote sembra essere sposato con una Doyle... quindi ho tutto il diritto di capire cosa sta succedendo, subito».

Fergus alzò gli occhi al cielo e sbuffò, per la prima volta manifestando il fastidio che quella donna poteva far provare, ma alla fine fu costretto ad accettare: «E va bene, ma ci vorrà del whisky».

Non gli servì neanche chiedere che Maureen corse subito in cucina per accontentare il marito, mentre Loran aggiungeva: «Se non vi dispiace, mentre voi parlate, io porto Agatha di sopra... siamo stanchi e desideriamo solo andare a dormire».

Non le piaceva che Loran parlasse anche a suo nome, ma in quel caso era la pura verità, perciò rimase in silenzio, massaggiandosi la tempia a causa di un mal di testa che stava probabilmente per renderle difficile la nottata. 

Loran aspettò solo il consenso di Fergus, che annuì silenziosamente, e spinse la moglie verso le scale, allontanandosi da quella che sapevano sarebbe stata la conversazione più lunga e strana che avessero mai sentito.

Agatha seguì Loran al piano di sopra senza dire nulla, un luogo così buio che lui fu costretto ad accendere una candela per poter vedere. 

Lei era stata lì solo poche volte, quando aveva portato i panni puliti ai Murray o per altre breve circostanze, e aveva sempre constato che, per quanto fosse piacevole avere delle camera da letto private, il difetto di quel piano era la temperatura.

Infatti rabbrividì subito non appena mise piede sul pianerottolo del corridoio e Loran lo notò: «Ci sono alcune coperte nella nostra stanza, ma se non dovessero bastare, provvederò a procurarmene delle altre».

Allungò verso di lei una mano, come invito, e Agatha la osservò per qualche istante, prima di stringerla e farsi condurre lungo il corridoio freddo e buio, fidandosi.

La camera da letto di Loran era l'ultima del corridoio e quando entrarono lui posò la candela su un piccolo mobile in legno proprio accanto alla porta. 

C'era solo una piccola finestrella, molto alta e che sicuramente non sarebbe mai riuscita ad illuminare tutta la stanza. Le pareti erano scure e basse, quasi da dare l'idea di essere in una piccola prigione, ma il posto era pulito.

O meglio, una parte della stanza era pulita e ordinata, con un letto in legno e un piccolo comodino. Mentre la parte speculare, era completamente in disordine, con panni e sporcizia sopra il secondo letto.

«E' una fortuna per noi che Kale abbia deciso di andarsene, ora la stanza è tutta nostra», affermò Loran, in evidente in imbarazzo mentre chiudeva la porta alle loro spalle e Agatha si guardava attorno.

«Mi dispiace per il disordine, quella era la zona di Kale», si giustificò quando notò che gli occhi della ragazza si era soffermati sul casino: «Domani sistemo tutto». Il disagio e l'imbarazzo che provavano entrambi sarebbe stato percepito anche da un'estraneo. 

«Quindi», continuò Loran, avvicinandosi al centro della stanza: «Visto che Kale non tornerà, possiamo unire i due letti per farne uno».

Prima ancora che si avvicinasse a quello di Kale, con l'intento di liberarlo da tutto quel disastro che c'era sopra, per poi spostarlo nella direzione del suo, Agatha parlò, per la prima volta da quando erano rimasti soli.

«Non ce n'è bisogno, non dormiremo insieme».

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