Epilogo
Sette mesi dopo
Per farla finita basta un attimo. Quell'attimo che potrebbe distruggerti per sempre e distruggere chi è intorno a te.
Io mi sono distrutta un paio di volte e poi mi sono ricostruita. Ho cercato di mettere a posto i pezzi, li ho incollati come meglio ho potuto, ma non sono tornata mai ad essere quella di prima.
Ho capito che stare male e piangere non significa che stai perdendo la battaglia, e anche quando stai per mettere fine all'ultimo capitolo della tua vita, non sei debole. C'è chi vuole andare avanti e si fa forza, e c'è chi ne ha le scatole piene e decide di andarsene.
Non è vero che se parli gli altri ti capiscono. È per questo motivo che spesso non ho chiesto aiuto a chi sapevo che non avrebbe capito. Ed è anche per questo se mi sono allontanata e ho chiesto aiuto ad uno psichiatra.
Sono stata seguita da persone che mi hanno insegnato ad amarmi e a guardare la vita con occhi diversi. Perché quando non ce la fai più, devi per forza rivolgerti a chi è davvero capace di aiutarti. Sembra impossibile, e per alcuni forse sembra stupido, ma chiedere aiuto non significa essere pazzi.
Ti serve una buona dose di coraggio, sia per farla finita, sia per parlare, sia per chiedere aiuto.
Ed è per questo che spesso penso a Hunter e a quanto io gli sia grata per ciò che ha fatto.
Ho capito che sentirsi amati è bello, ma non così bello quando sei tu ad amare te stessa. È stato difficile.
Ho pianto molte volte.
Ho urlato spesso.
Ho tirato pugni.
Mi sono strappata i capelli dal nervoso e dalla delusione di ritrovarmi ad essere sola.
E ora mi sento stupida. Ho chiesto scusa a me stessa un sacco di volte. Ho pianto mentre mi sono guardata allo specchio e ho sussurrato a me stessa che tutto sarebbe andato bene.
E poi mi veniva in mente lui, sempre. Lo amo, anche a distanza di mesi, perché è forse l'unico che mi ha accettato per come sono e ha voluto combattere accanto a me. Ma la verità è che non volevo che lui si prendesse carico dei miei problemi o del mio dolore.
È uno dei motivi per cui non sono rimasta a Portland.
Forse amare significa anche lasciare andare. Non voglio che la mia felicità dipenda soltanto da una persona che mi sta accanto. Ho sentito il bisogno di vivere distaccata dagli altri e imparare a capirmi da sola.
Mentirei se dicessi che è facile.
Non è facile niente. Non lo sarà mai. Sta a te, però, decidere cosa fare.
A volte devi toccare il fondo per capire se vuoi risalire o restare negli abissi.
C'è chi ce la fa. C'è chi no...
E oggi quando guardo il cielo, sorrido. Qua il cielo non mi chiama mai. C'è quasi sempre il sole, ed è bello.
E quando piove, scelgo di essere quel tipo di pioggia che ti rinfresca la pelle e ti regala una bella sensazione.
E oggi è la mia ultima seduta e sono felice. Mi sento bene. Non è cambiato tutto. Il dolore non è andato via del tutto, perché certe cose rimangono incastrate negli occhi, sulla pelle, nel cuore e, soprattutto, nella mente.
E ora sono pronta per andare via e pensare al mio futuro. Ho capito che se la vita è brutta, devi essere tu a renderla bella, perché lei non cambierà magicamente.
«Ricordi cosa ti ho detto?» chiede lo psicologo, alzando il palmo della mano.
«Non è mai tardi per ricominciare. E amerò l'arcobaleno anche quando i suoi colori saranno sbiaditi.» gli batto il cinque e rido a bassa voce.
Lo psicologo annota qualcosa sul suo taccuino, poi si alza e allunga la mano verso di me.
Mi alzo e gliela stringo anche io, poi mi dice: «È un piacere vederti stare bene. Spero di non vederti più qui. Ti auguro il meglio, Hayra Mason.»
«Grazie. Per tutto quello che ha fatto per me.» gli dico, poi lo saluto ed esco fuori. Sorrido lentamente, finché il mio sorriso non diventa sempre più ampio.
Metto le cuffiette nelle orecchie e ascolto Colors, di Halsey. Sorrido e mi metto a correre verso casa. Non ho mai provato questo senso di libertà che provo ora.
E non mi pento di nessuna scelta che ho preso, perché altrimenti ora non sarei qui.
Non è stato sbagliato lasciarmi aiutare.
E non è stato sbagliato aver deciso di seguire i corsi a casa. Non volevo abbandonare la scuola. Forse ora mia madre sarebbe felice di me, perché ce l'ho fatta. Sono la figlia che lei ha sempre desiderato di avere.
Negli ultimi mesi l'ho sentita poco, ma le cose vanno meglio. Mio fratello ha finito il liceo a Portland e ogni tanto mi ha raccontato di Hunter.
«Papà? Lindsay? Dov'è Sir Lancillotto?» grido nell'atrio. La casa è abbastanza grande, mi sento libera e non mi sento soffocata. Papà ha scelto che la mia stanza si affacci sull'oceano, perché secondo lui mi trasmetterà tranquillità.
«È con Ginevra!» grida Lindsay dalla cucina. Alzo gli occhi al cielo e rido. Lindsay ha una cagnolina e ha deciso di chiamarla Ginevra. È buffo, perché l'ha fatto per farmi sorridere e per rendere felice anche il mio cane.
«Lo porto in spiaggia! Torno subito, va bene?»
«Hay, non vuoi aspettare cinque minuti?» esce dalla cucina e si pulisce le mani sul grembiule. Nonostante sia giovane, cucina da Dio.
Diamine, amo vivere qui.
«Perché non vai nella tua stanza a cambiarti, magari? Mettiti qualcosa di più leggero.» le faccio la linguaccia e salgo nella mia stanza. Apro la porta e me la chiudo alle spalle con un tonfo.
Intono a bassa voce le note di una canzone dei BMTH, e faccio mosse strane, mentre mi avvicino all'armadio.
Sull'anta dell'armadio trovo un bigliettino appiccicato. E io riconosco questa calligrafia.
"Tu e io, un appuntamento nella tua stanza e la canzone Follow you, dei BMTH? Ci stai?"
Eh?
«Almeno sorridi, Masy. Ci metti troppo a reagire.» mi giro di colpo e lo trovo in un angolo della stanza, esattamente accanto alla porta. Come diavolo ho fatto a non capire che lui era qui con me?
«Sei qui.» dico, sgranando gli occhi.
«No, hai le allucinazioni.» risponde, trattenendo un sorriso.
«Sei venuto per me?»
«No, sono venuto per portare il tuo cane a spasso...» alza gli occhi al cielo e scoppio a ridere, poi corro verso di lui e gli salto in braccio, allacciando le gambe intorno alla sua vita e stringendolo forte.
«Un bacio non me lo dai?» mi chiede, leccandosi le labbra.
«Ah... Ci vai giù pesante, vedo.» lo prendo in giro.
«Beh, quando ti manca qualcosa, devi azzerare la distanza no? E ora sono qui...e ora ti bacio, perché mi sei mancata da impazzire.» non ho neanche tempo di ribattere, perché la sua bocca è già sulla mia. Il punto è che non mi dà soltanto un bacio, ma più di uno, e mi fa ridere.
«Scusa, è per tutte le volte che ho voluto baciarti e non ho potuto.» sussurra contro la mia bocca, dandomi un altro bacio.
Il mio cane abbaia.
«Ehm, Hunter...»
«E sono orgoglioso di te. Dio, lo sono così tanto.» mi dà un altro bacio sulla punta del naso e poi sulla fronte. «E ti amo, Masy. Ti amo davvero troppo e mi dispiace non avertelo detto prima.» mi stringe a sé, senza lasciarmi dire la mia. Forse perché non c'è bisogno...o forse perché ci siamo già detti tutto.
«Ti amo anche io, Hunter.» e grazie a lui ho capito che l'amore è anche aspettare e accettare una persona, con tutti i suoi difetti e tutti i suoi demoni.
«Se scopro che state scopando, giuro che ti castro il cane, Hayra!» grida Ethan nel corridoio.
«Oddio!» scendo giù e apro la porta. Mio fratello è in corridoio, con un mazzo di fiori tra le mani.
«Ti trovo bene, sorellina.» dice, allargando le braccia.
«Ciao, stupido.» lo abbraccio forte e lui non mi molla più.
«Hunter...che diavolo stai facendo?» chiede Ethan e mi stacco da lui, per girarmi verso l'altro ragazzo, che è seduto sul mio letto e sta... abbracciando il mio cane.
«Mi sono emozionato.» fa spallucce e poi si alza e viene verso di me. Tira fuori dalla tasca la collana e me la mette intorno al collo. «Questa deve stare qui. È tua.» e noto che il ciondolo di Kayden è al suo collo. Poso i fiori sul comodino e Ethan esclama: «Chi vuole andare in spiaggia?» ed esce già dalla mia stanza. Hunter inclina la testa e risponde: «Sono venuto per restare.»
E avanza ancora verso di me.
«Io ti tengo, Hayra. Te l'ho promesso.» e mi bacia sulle labbra. Un bacio che promette tanto. Un bacio che non mi deluderà. Con la fronte contro la sua, sorrido e gli prendo la mano, facendo intrecciare le nostre dita.
«E chi intende mollarti ora, Hunter?»
«È ciò che volevo sentirmi dire.» e restiamo abbracciati al centro della stanza, con lo sguardo rivolto verso l'oceano. Il sole splende alto nel cielo. Il sole è con noi, Kayden.
E avevi ragione tu. Sono stata pioggia, finché non ho deciso di essere sole. Con la vista appannata, chiudo gli occhi e posso dire finalmente di essere a casa.
Ecco qui. La storia di Masy è finita. ❤️
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