28. Nemmeno io mi capisco più
Il ragazzo che mi piace – sì, l'ho già ammesso un paio di volte – mi ha detto che ha voglia di baciarmi. In una situazione del genere cosa avreste fatto voi? Perché io non sono ancora abituata a queste situazioni. Anzi, mi correggo: non sono abituata a stare così vicina ad un ragazzo.
Non ho mai avuto questa fortuna, in realtà. Da quando anni fa la mia vita è diventata uno schifo, soprattutto a scuola, nessuno si è più avvicinato a me. Avevo delle amiche, o almeno credevo lo fossero, finché non mi sono trasferita qui e non mi hanno più cercata. Nemmeno una misera volta.
Voglio dire, so di essere un disastro, ma pensavo che almeno loro mi avrebbero capito, soprattutto dopo ciò che ha fatto Adelaide. Era la mia migliore amica, ma lei era molto diversa da me. Certe volte la invidiavo, in modo positivo. Avrei voluto essere come lei, magari la mia vita sarebbe stata diversa.
Adelaide era quel genere di persona che da un "Ti voglio bene, non sono come gli altri" sarebbe passata nell'arco di un secondo a "Ti spacco la faccia se ti azzardi a fare cazzate".
E mi piaceva un sacco il suo carattere, proprio perché era particolare e amato da pochi. Forse è per questo che l'avevo scelta come migliore amica; perché ciò che piaceva di meno agli altri, piaceva a me.
Adelaide se ne fregava della metà delle persone intorno a lei, certe volte se ne fregava addirittura della sua famiglia. Era un animo libero e spensierato. A volte superava i limiti imposti da se stessa e dalla sua famiglia e altre volte seguiva le regole, senza trasgredire nemmeno una.
Era strana, ma mi ero legata a lei per questo motivo. Con tutto il casino che succedeva nella mia famiglia, con il disastro che stavo diventando a scuola e con tutte le persone che mi prendevano in giro, lei era l'unica che mi difendeva e mi diceva che avrei dovuto essere forte e che avrei dovuto tenere testa a quelle "quattro fighette", come li chiamava lei.
Aveva tutto ciò che io non avevo, caratterialmente. Aveva coraggio, fiducia in se stessa, donava amore a chi glielo dava, rispettava soltanto chi la rispettava, teneva testa anche ai miei genitori. Diceva sempre quello che pensava, non se ne faceva degli scrupoli quando si trattava di dire come la pensava. Lei era sempre la bocca della verità. E poi ha fatto quello che ha fatto e ho capito che in realtà forse non l'ho mai conosciuta davvero.
Ma ora che ci penso, non pretendo di essere capita fino in fondo. È quasi impossibile comprendere del tutto la mente di una persona. I nostri pensieri cambiano continuamente. Io stessa, da un secondo all'altro, passo dall'essere felice ad essere triste. Dipende un po' dalle persone, dalle situazioni, dai luoghi. Ed è un po' brutto quando il nostro umore dipende davvero da qualcuno o qualcosa.
Da quando mi sono trasferita a Portland ho cercato di lasciare indietro la mia vita ed essere quella che ero un tempo. Io rivoglio la me del passato, ma so che non tornerà mai più. Nemmeno se le mie ferite dovessero rimarginarsi, la vera me non si farà più viva, perché è rimasta sepolta da qualche parte a Nashville.
E ora vorrei non essere a casa dei fratelli Black. Mi sento davvero bene in loro compagnia, non sempre, ma quasi. E ho paura. Questo non durerà per sempre e ho paura di lasciarmi andare e godermi il momento, perché so che poi potrei stare peggio.
Una volta mi fidavo quasi subito delle persone; mi piaceva trovare del buono in tutti. Ora sto facendo degli sforzi enormi a fidarmi di qualcuno, senza farmi mille paranoie.
E parlando di fiducia, non ho baciato Hunter. O meglio, non gliel'ho permesso. Sono troppo fifona per baciarlo di mia spontanea volontà. Perché se lui mi avesse baciata, avrei dovuto ricambiare. E ho voluto evitare tutto ciò.
Perché questa volta nessuno dei due avrebbe dovuto fingere per dimostrare qualcosa a qualcuno. Questa volta saremmo stati solo io e lui, così come siamo.
E ora ci troviamo in salotto, mentre Kayden si sta ingozzando di popcorn e Hunter sta ignorando del tutto il film, perché sta fissando me, lo so.
Sì starà chiedendo cosa diamine c'è in me che non va. Se fosse stata un'altra probabilmente lo avrebbe baciato eccome!
«Non mi stancherò mai di vedere questi film, anche se li ho visti un sacco di volte!» Kayden rompe il silenzio, mentre continua a fissare lo schermo della TV.
«Eh, tutto ciò che piace a me, piace anche agli altri.» dice Hunter, sorridendo lievemente. Stiamo guardando il primo film di Mission Impossible, perché Hunter ci teneva a farmelo vedere. Probabilmente, però, gli ho rovinato l'umore. E ora mi sento in colpa per non averlo baciato, non perché avrei voluto farlo, ma perché lui ci è rimasto male.
«Anche la ragazza?» chiede suo fratello, alzando un sopracciglio, facendo vacillare lo sguardo tra noi due. Hunter non risponde, ma alza gli occhi al cielo e sposta lo sguardo sullo schermo.
Sbuffo mentalmente e mi mordo il labbro. Il cellulare di Kayden inizia a squillare facendo risuonare in tutto la stanza il rumore della batteria e della chitarra. Con un gesto annoiato spegne il cellulare e si gira verso di me, sorridendomi. «Dunque, hai mai pensato di imparare a suonare qualcosa? Dicono che sia rilassante.»
«Già, hai detto che suoni la batteria. E ora? Non lo fai più?» azzarda a chiedere Hunter, confuso.
«No... Non suono da un bel po'.» ammetto, dispiaciuta.
«Perché? Deduco che ti faceva stare bene, quindi perché hai smesso?» domanda Kayden, smettendo di mangiare e posando la ciotola sul tavolo.
«La mia batteria è rimasta a Nashville. E comunque, non è una cosa essenziale.» cerco di sminuire l'importanza di ciò che per me ha significato tanto, una volta.
«Cos'altro ti piaceva fare?» le parole di Hunter sembrano entrare nella mia mente con la forza, mi fanno male, perché mi porta a ripensare ad alcune cose che avevo sepolto nelle parti più recondite del mio cervello.
«Già, parlaci un po' di te.» mi esorta Kayden, sorridendomi come un bambino. E io ai sorrisi non riesco a resistere; il suo sorriso ha qualcosa di speciale, di vero.
«Mi piaceva un sacco suonare la batteria. Nel senso, facevo impazzire tutti a casa, è vero, ma era il modo più bello per sentirmi me stessa. Era semplicemente... parte di me», inizio a dire, un piccolo sorriso si fa spazio sul mio volto. «E poi adoravo ballare. Da piccola avevo preso delle lezioni, ma... Ora lo odio. Non mi piace, mi sembra quasi di non sapermi muovere più. Sembro fatta, ridicola, non so.» sento i battiti del mio cuore aumentare, segno che mi sto innervosendo. Non mi piace tirare fuori i ricordi. I due ragazzi mi ascoltano attentamente, con curiosità.
«La domenica mi piaceva andare a fare colazione dai miei vicini, perché mi facevano sentire bene. Inoltre, mi trattavano come se fossi loro nipote e io mi divertivo a leggere loro un libro.» sorrido al ricordo. Un po' mi mancano.
«Io ed Ethan il sabato mattino preparavamo la colazione; un sabato ascoltavamo la musica che piaceva a me e un altro sabato, quella che piaceva a lui.» continuo con voce fiacca.
«E per quale motivo è cambiato tutto?» chiede Hunter, alzandosi per venire verso di me. Kayden, seduto sulla poltrona alla mia sinistra, appoggia gli avambracci sulle ginocchia e si protende in avanti per sentire meglio.
«Perché la mia famiglia fa schifo», dico, sento un groppo in gola. «I miei non sono stati mai la coppia perfetta. Litigavano già prima, ma non mi importava più di tanto, perché non avevano messo mai in mezzo noi, quindi andava tutto bene.» la voce mi si spezza. «Poi mia madre divenne sempre più nervosa e non faceva altro che prendersela con noi, soprattutto con me, perché all'improvviso non le andava bene il mio comportamento; perché così, a caso, sono diventata la figlia peggiore, inutile, che non avrebbe fatto niente nella vita.»
Mi prendo la testa tra le mani. «Mi dispiace, non voglio più continuare.»
Hunter mette una mano sulla mia schiena e si avvicina di più a me.
«È questo il punto, Masy. Devi parlare con qualcuno, e non intendo lo psicologo. Devi sfogarti.» sfrega piano la mano sulla mia schiena e Kayden si siede alla mia destra.
«Quando ho capito di essere gay e l'ho detto alla mia famiglia, le prime parole di mia madre sono state "Ma perché non posso avere un figlio normale?" e quelle di mio padre sono state "Qualcuno ha sbagliato a fare il genitore, qui".» esordisce e lo ascolto in silenzio. Sì porta i ricci dietro l'orecchio e sorrido nell'osservare il suo profilo. È un ragazzo così bello!
«Mia madre ha ereditato da suo padre la sua fortuna e ha aperto una serie di negozi d'abbigliamento, guadagna un sacco, fa la sua bella vita.» afferma quasi con indifferenza. Non sento nemmeno un minimo di tristezza nella sua voce.
«Ah, e i miei si sono separati perché "Cosa dirà di noi la gente? Siamo una famiglia molto affermata in questa città"e niente, non ho ben capito se sia stato il mio coming out ad averla fatta rincoglionire, oppure si era semplicemente rotta le scatole di vivere con noi. »
«Nostro padre alla fine ha accettato Kayden. È solo che, tutte le loro parole, tutti i loro litigi, tutti i loro rifiuti nei confronti di Kayden, sono ricaduti su di lui.»
«Poi ho scoperto di essere uno schizzato.» dice Kayden, ridacchiando in modo nervoso. Sento Hunter irrigidirsi accanto a me.
«Non lo sei! Smettila di ripeterlo.» il tono del fratello maggiore è basso e profondo.
«Sì, va bene. Ho provato ad uccidermi due volte, sono stato così sfigato, guardami, nemmeno la morte mi vuole! » apre le braccia, sbuffando. «Tutte le persone mi guardano male. Mi perseguitano i loro sguardi, quando sono sveglio e quando dormo, loro mi fissano.» dice, gesticolando. Si alza in piedi e inizia a fare avanti e indietro.
«E nessuno mi crede quando dico che le loro fottute voci mi irritano! I loro sguardi non li reggo, le loro parole sono insopportabili e vorrei tagliare la lingua ad un sacco di gente.» si lascia sfuggire una sorta di risata sadica. Guardo di sottecchi Hunter, il quale si prende la testa tra le mani e sospira.
«E sai cosa odio di più?» chiede, girandosi verso di me. «Ti ho portata qui perché inizialmente mi sei sembrata stramba e ingenua e volevo dimostrare a mio padre che sono ancora in grado di farmi qualche amico. Ma no, l'imbecille di mio fratello ha avuto la fottuta magnifica idea di dimostrare a nostro padre che non è il solito puttaniere come dicono i genitori dei suoi amici del cazzo, e che si è trovato finalmente una ragazza!» scoppia a ridere in modo nervoso, gettando la testa all'indietro.
«Kayden!» lo riprende suo fratello. Sono totalmente sbigottita da questo suo cambiamento repentino d'umore.
«Kayden un cazzo! Tu sei quello normale, io sono quello schizzato e gay.» grida, stringendo con forza i pugni. La rabbia gli ha quasi deformato il viso. Non vedo più quei tratti dolci, che emanano tenerezza. Vedo soltanto un ragazzo incazzato, che soffre e che vorrebbe farla finita. Forse è vero che quando una persona butta fuori tutto ciò che prova, non sta per niente mentendo. È per questo che le parole cattive ci restano impresse nella mente durante un litigio; perché non ci aspettiamo che vengano dette da certe persone.
«Sei meglio di così, Kay. Stai bene così come sei, noi ti abbiamo accettato così. Non sei un problema, sei ancora il solito Kayden. Sei mio fratello e non mi importa se sei gay, a me basta che tu sia felice e che ti accetti come abbiamo fatto noi.» dice Hunter, mantenendo un tono calmo e caldo. Si alza in piedi e si avvicina a Kayden. I due si guardano in faccia, ma poi Kayden guarda me.
«Puoi provare a capire quanto vuoi una persona, ma se lei non te lo permette del tutto, non puoi farci niente. La mia mente non è un fottuto supermercato e non ha le porte scorrevoli, dove ognuno entra ed esce quando diavolo gli pare.» dice, passandosi una mano tra i capelli, che rimangono per pochi secondi incastrati tra le sue dita.
«Sono stanco; lo sono, perché nemmeno io mi capisco più.» abbassa di colpo la voce, quasi come se avesse paura di dire altro. «Ho sonno.» si gira verso di me e mi sorride. «Sei fantastica, Hayra. La tua mente è fantastica!» lo dice con un tale entusiasmo che mi lascia spiazzata. Perché mai dovrebbe dire una tale cazzata? Sa benissimo che pensiamo quasi uguale.
Hunter si acciglia, aspettando forse che lui continui la frase, eppure Kayden non dice più niente. Vedo il suo petto alzarsi e abbassarsi velocemente, la mandibola serrata e un sorriso nervoso a dipingergli il viso.
Kayden si avvicina a me, mette una mano sulla mia spalla sinistra e avvicina la bocca al mio orecchio, sussurrando: «Se la tua mente è la prigione, tu avrai mai il coraggio di togliere le manette ai tuoi pensieri e lasciarli liberi?» chiede, staccandosi da me. Mi fissa negli occhi e scuoto leggermente la testa. Lui sorride, forse perché si aspettava già questa risposta.
«Vado a riposarmi un po'.» ci informa, stiracchiandosi, ed esce dal salotto.
Hunter lo guarda andare via, ma poi si gira verso di me. «Che cosa ti ha detto?»
Potrei dirglielo, ma non lo faccio. Perché quello che mi ha detto Kayden la reputo una cosa... tra me e lui.
«Mi dispiace per questo... non è stato previsto, sai? Mio fratello è...»
«Non devi darmi spiegazioni, Hunter. Lo so già. E non importa, è tutto a posto.» gli sorrido, come se effettivamente non fosse successo niente.
«Hai fatto bene a non baciarmi.» dice. Cerca di sorridere, ma la tristezza che ha sul viso non gli permette di fingere.
Vorrei chiedergli perché, ma lui mi precede. «Al momento sembri l'unica cosa bella che Kayden ha trovato, anche se per caso. Sei importante per lui; c'è questa strana sintonia tra di voi che io purtroppo non capirò mai. E ora che lui si sente felice, e dopo il suo sfogo, mi sembra quasi di rubargli una cosa che appartiene a lui; tu lo fai sentire capito.»
«Capisco il tuo punto di vista, Hunter, ma-»
«Voglio che lui sia felice. Grazie di essere venuta, comunque. Spero che tu stia bene e che questo non ti abbia turbato troppo. Puoi parlare con me se vuoi... Puoi dirmi tutto quello che desideri, io non ti giudicherò, se vuoi...» incespica nelle sue stesse parole. Si passa nervosamente le mani tra i capelli, poi sulle guance e sospira. Mi avvicino a lui a piccoli passi. Lui evita di guardarmi. L'aria è talmente tesa che non sto capendo più cosa sto facendo. Probabilmente sto impazzendo sul serio. Capisco ciò che intende Hunter. Ora vuole starmi lontano per non ferire Kayden, ma questo sarebbe un po' da egoisti. Per rendere felice un'altra persona non devi annullarti tu.
Di colpo Hunter sembra mostrarmi un lato di lui che non avevo mai visto prima. Sembra fragile, a modo suo. Non è come me e Kayden; non parla in codice, non ha un colore, non prova nulla. Hunter soffre a modo suo e nessuno se ne accorge.
Ho capito soltanto che ognuno combatte una propria guerra dentro se stesso; una guerra che spesso viene camuffata da una risata, da una battuta stupida, da una parte di noi, che in realtà non siamo, perché non vogliamo essere soggetti a una sfilza di domande alle quali spesso non sappiamo rispondere.
«Perché vuoi privarti dall'essere felice per accontentare tuo fratello?» gli chiedo, quasi ad un soffio dalle sue labbra.
«Perché la sua felicità è più importante della mia.»
«Chi decide una cosa del genere?» chiedo, ma lui fa spallucce.
«Perché non fai per una volta ciò che rende felice te?» gli chiedo, incrociando le braccia al petto, lui sorride.
«Secondo te farei la cosa giusta?» mi chiede, sollevando un sopracciglio.
«Se non è una cosa illegale, penso di sì.» dico, facendolo sorridere ancora di più.
«Va bene. Lo farò.» dice, assottigliando le labbra.
«Questo è lo spirito giusto! Devi essere deciso e-» e porca paletta, le sue labbra sono incollate alle mie. È successo tutto in una frazione di secondo che non ho avuto nemmeno il tempo di vederlo mentre si piegava verso di me per baciarmi. Penso di essere rimasta col pensiero fisso a poco fa, mentre ero pronta per andare via dopo averlo incoraggiato. Di certo non pensavo che lo stessi invitando a baciarmi. Se prima mi ero tirata indietro, ora mi beo quasi del suo profumo, della sua vicinanza, delle sue labbra sulle mie e delle sue mani che mi tengono saldamente. Fa tremare così tanto il mio cuore dall'emozione che ho paura. Non ho mai provato nemmeno lontanamente qualcosa di simile. Gli altri baci, nonostante fossero stati dati quasi con la stessa passione, non li ho mai considerati così intimi o personali come questo. Hunter mi bacia come se avesse aspettato anni per farlo. Questo bacio è tutto tranne che dolce e delicato. È una dolce agonia, quella di essere trattenuta da lui ed essere baciata come se fossi per lui una boccata d'ossigeno. Nonostante la mia scarsa esperienza in fatto di relazioni, baci e altre cose del genere, non demordo, anzi, ricambio il bacio con lo stesso fervore. Mi aggrappo alle sue spalle, i nostri nasi si scontrano, lo stesso i denti, la sua lingua irrompe nella mia bocca, aggressiva. Il mio corpo sta andando in iperventilazione, ma mi piace; mi piace il modo in cui mi sta regalando emozioni nuove. Eppure tutto questo mi spaventa e mi odio per questo. Mi odio così tanto, perché non riesco a lasciarmi andare come vorrei.
Ho sempre un blocco che non riesco mai a superare. Anche quando tutto è meraviglioso e magico, non riesco a demolire il muro intorno a me. E mi dispiace così tanto di essere così sbagliata.
Sto per staccarmi da lui, ma non mi lascia. Sposta soltanto la bocca dalla mia, per poi abbracciarmi forte.
«Non tirarti indietro, ti prego», sussurra al mio orecchio, impedendomi quasi di muovermi. «Non sono attratto da te fisicamente quanto lo sono mentalmente. » mi confessa e io non so cosa dovrei dirgli. Dovrei sorridere e annuire? Dovrei ringraziarlo per aver calcolato una povera sfigata come me?
«Dimmi qualcosa...» mi prega, staccandosi da me, tenendo le mie mani tra le sue.
«Grazie per avermi dimostrato di essere qualcuno per te.» riesco a dire.
E questo punto, lui mi bacia di nuovo, ma questa volta sorride contro le mie labbra e dice: «Te l'avevo detto che sarei stato felice quando saresti diventata qualcuno.»
Forse quello che lui non ha preso in considerazione, è che anche qualcuno può diventare, quasi ancora più facilmente, nessuno. È un ciclo che non avrà mai fine, così come i miei maledetti pensieri, che spuntano anche quando provo ad essere felice. Perché i miei maledetti demoni mi faranno sentire sempre la loro presenza. Avvicinarmi alla felicità è come se mi avvicinassi al bianco. E a loro è sempre piaciuta l'oscurità.
«Vedo un certo riflesso grigio su di me.» dice e mi fa sorridere, seppur si tratti di un sorriso mezzo triste. E mi chiedo se meriti davvero avere su di lui il riflesso del mio colore.
Tra circa 10 capitoli la storia finirà. 🌺
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