25. Sei di nuovo con i fratelli Black

Piove.
Appena siamo tornati si è messo a piovere. Non mi dispiace, proprio per niente. Ma il fatto che siamo scesi dall'autobus e che nostra madre si sia dimenticata di noi non è il massimo. Non so che persona io gradisca di meno in questo momento, se le persone che sorridono continuamente o mio fratello.

All'andata Ethan aveva lasciato le chiavi della macchina in segreteria, così nostra madre sarebbe tornata a prenderla. Non ha senso, ma non mi meraviglio: nella mia famiglia niente funziona.
Certe volte appaio come la più strana, ma in realtà io mi ritengo la più normale.

E ora, giustamente, siamo rimasti come degli stolti qui, senza un passaggio. Guardo alcuni amici e genitori che sono venuti a dare un passaggio al resto degli studenti e mi viene in automatico alzare gli occhi al cielo.

«Vieni, almeno ripariamoci dalla pioggia.» mi dice Ethan, facendomi segno di attraversare la strada e ripararci vicino ad un edificio.

«Che cosa assurda! Hai chiamato nostra madre?» l'irritazione che trapela nella mia voce fa irritare anche Ethan, il quale si gira verso di me e fa spallucce.

«Ho il cellulare morto, ma il professore l'aveva chiamata.» ribatte, battendo un piede a terra impazientemente.

«Che palle! C'è qualche autobus a quest'ora?» chiedo, posando le borse a terra e sedendomici di sopra.

«Che ne so, Hay!» sbuffa, poi allunga leggermente il collo per guardare tra le persone.

«Hey, Ethan! Noi andiamo in un locale qui vicino a bere qualcosa di caldo, vieni? Hai bisogno di un passaggio?» chiede un suo compagno di squadra, fermatosi con la macchina davanti a noi. In realtà mi rendo conto di non essere molto a conoscenza di certe persone e che sicuramente mio fratello si è fatto più amici di me. Fingerò di essere sorpresa anche questa volta.

«Sarebbe bello, amico!» risponde Ethan e sgrano di poco gli occhi. Ha davvero intenzione di lasciarmi qui da sola? Do uno sguardo veloce nella macchina e vedo un altro ragazzo seduto davanti e due ragazze sedute dietro.

«Hay, vieni con noi?» chiede mio fratello quasi con aria ingenua.

Risponderei di sì, perché: non ho un passaggio e rischio di prendermi una broncopolmonite. Ma la risposta è: «No, vai pure! Sicuramente nostra madre è in ritardo.» la verità è che c'è un posto libero in macchina e non intendo stare in braccio a mio fratello o stare schiacciata come una sardina.
Sì, sarebbe davvero fantastico se il motivo fosse soltanto questo. In realtà il mio rifiuto sociale si fa sempre più presente. Ho detto di no, anche perché non li conosco, so che mi sentirei a disagio in loro compagnia e so che, per quanto possa sembrare stupido da parte mia, non riuscirei nemmeno a parlare perché sono asociale a livelli estremi. Certo, parlo, ma soltanto con chi mi sento a mio agio. Ci devo lavorare su, decisamente!

«Okay, avvisami quando arrivi a casa!» dice, prende le sue cose e va verso la macchina. Se fosse realmente attento, saprebbe che il suo cellulare è morto e che non potrebbe leggere il messaggio a prescindere.

E quindi resto qui, da sola, a guardare la pioggia che cade, e a sorridere. Probabilmente chi mi vede penserà che sia pazza; come se fosse una cosa nuova per me.

Faccio qualche passo in avanti e allungo la mano. Le gocce cadono con rapidità, precipitano con forza sul mio palmo e stringo la mano a pugno.

Una macchina si ferma di colpo davanti a me e il finestrino si abbassa. Alla guida c'è Kayden e seduto accanto a lui c'è suo fratello.

«Ehi.» si limita a dire. Mi verrebbe da sorridere quanto una casa grazie alla sua presenza, eppure non ci riesco. Mi limito a fare un piccolo sorriso, soltanto perché lui ha un'espressione strana in viso e non capisco. Lo sportello si apre, Kay scende e viene verso di me. Mi acciglio, incapace di prevedere la sua prossima mossa, poi fa un altro passo e così, sotto la pioggia, mi abbraccia.

«Ciao, mia sposa cadavere.» mormora stringendomi forte a sé. Resto piacevolmente sorpresa da questo suo gesto affettuoso e intimo. Sì, perché gli abbracci così li reputo intimi, che non si danno ad una persona qualsiasi.

«Ciao, Kay.» appena ricambio l'abbraccio lo sento ridere per un secondo, quasi come se fosse una mia allucinazione.

«Forse sono stato fatto per scarrozzarti a casa» dice, staccandosi da me. «Avanti, ti do un passaggio io.» si ferma e alza lo sguardo verso il cielo. I ricci sono leggermente bagnati e appiccicati alla fronte; gli occhi marroni sembrano di una sfumatura più scura e le occhiaie non passano inosservate. Angoli della bocca quasi piegati in quello che sembra un sorriso triste, poi le sue labbra si schiudono e lo sento canticchiare a bassa voce: «So come rain on my parade, cause I want to feel it...» e continua a canticchiare dimenticandosi quasi della mia presenza. Mi aiuta a prendere le borse, senza smettere di intonare le note della canzone.

Hunter si acciglia e mi guarda in modo curioso. Salgo sul sedile posteriore e si gira verso di me.
«Ciao, Masy. Sei di nuovo con i fratelli Black, che coincidenza, eh?» dice in tono scherzoso facendomi sorridere. Annuisco impercettibilmente e vedo Kayden salire alla guida. Non dice niente, quasi ignora completamente la nostra presenza. Sta imprecando mentre cerca la canzone giusta.

«Lascia questa, è carina.» gli dice Hunter, ma Kayden scuote la testa.

«No, mi serve la mia.» appura e non appena la trova si rilassa e lo vedo sorridere nello specchietto retrovisore. Sorrido anche io, perché sapevo che avrebbe messo questa canzone.

«La versione live è forte, cazzo!» commenta, sorridendo come un ebete. Alza di più il volume, Hunter non dice niente. Sento l'orchestra iniziale risuonare nell'abitacolo, facendomi venire i brividi.

«Hai ragione.» rispondo, ma per un secondo lui sembra totalmente immerso nei suoi pensieri.

«Vuoi che guidi io?» chiede Hunter, ma Kayden fa cenno di no con la testa. Se il mio umore prima vacillava tra l'irritazione e la tristezza, ora non so esattamente cos'è che provo. So cosa significa per lui questa canzone e so cosa significa per me. Ed è per questo che, con la pioggia che colpisce il parabrezza, mi sento come ammaliata. Kayden parte e io appoggio la testa al finestrino, mentre l'unica voce in grado di capirmi e tenermi compagnia quando sono sola e persa, si fa spazio dentro di me, facendomi sentire quasi drogata. Ma sento che qualcosa non va. Perché non appena arriva ad un determinato verso, Kayden accelera e non capisco se lo abbia fatto apposta o no.

«Kayden!» lo riprende Hunter, cercando di mantenere la calma.
«Amo dannatamente tanto questa canzone.» afferma, con un'espressione incantata.Hunter sembra rilassarsi, ma quando si gira verso di me, corruga subito la fronte, confuso.

«Tutto bene, Hayra?» chiede Kayden. La testa mi sta scoppiando e non riesco a ragionare come vorrei.

«Sì.» taglio corto, chiudendo nuovamente gli occhi.
Dopo pochi secondi sento qualcuno toccarmi il ginocchio e apro le palpebre. Hunter mi guarda con sospetto e gli sorrido per rassicurarlo, ma sembra non servire a niente.

Kayden mi offre una gomma da masticare e accetto, pensando nel frattempo a cosa diavolo starà facendo mia madre. Mastico e mastico finché la gomma non perde tutto l'aspartame.

«Hayra, cosa farai domani?» chiede Kayden, picchiettando le dita sul volante.

«Non so.»

«Mi sei mancata. Sai?» dice e Hunter sorride sotto i baffi.

«Anche tu.» rispondo, ma la risposta sembra detta su un tono piuttosto freddo. Kayden alza un sopracciglio e contrae la mascella, quasi infastidito.

«Scusa, mi dispiace. Mi sei mancato davvero.» dico, sfregando le mani sulle guance, in un gesto quasi disperato.

«Lo sa, tranquilla.» si intromette Hunter. Kayden non dice più niente, ma appena ferma la macchina davanti a casa mia, afferma: «Porti ancora la collana.» osserva, contento.

Mi porto due dita al collo per toccarla. «Beh, sì. Non avrei dovuto?»

«Certo. Ma è bello sapere che sia ancora lì.» indica il mio collo.

«Grazie per il passaggio.» dico ed esco fuori, impaziente. Sembro quasi alla ricerca di ossigeno o come se non vedessi l'ora di stare da sola.

So che qualcosa mi sta danneggiando dentro. E so cos'è. Ma faccio finta di niente e sarò positiva per una volta. Mia madre sarà in casa ad aspettarmi con dei biscotti e una tazza di latte caldo, magari. Mi piace pensare che sia così. E ora non sono in grado di comunicare con nessuno. Perché quando sono in questo stato, non riesco a parlare nemmeno con chi mi vuole bene. Ho la capacità di respingere anche le persone che vorrebbero soltanto aiutarmi.

«Ti capisco, Hayra. Ma decidi tu come e quando.» mi dice Kayden a bassa voce, facendo poi spallucce, innocentemente. Ed è in questo momento che capisco: nemmeno lui sta bene.

«Sono ottimista.» ribatto, cercando di convincere me stessa.

«Certo, ti credo. L'unica persona che non mi ha permesso di scegliere il momento e il luogo, sei stata tu.»

«Grazie per il passaggio.» ripeto, prendendo le mie borse.

«Ciao, Masy!» grida Hunter, da dentro la macchina. Alzo una mano per salutarlo e poi, con un peso che grava sul mio cuore, vado verso la porta. Kayden va via; non ha nemmeno smesso di piovere. Appena la porta si apre, mia madre fa una faccia sorpresa.

«Tesoro, cosa ci fai qui?» chiede, battendo le palpebre incredula.

«Ci vivo, forse?», rispondo inacidita. «Grazie di essere venuta a prendermi.»

Si incupisce di colpo in volto. «Mi è totalmente sfuggito di mente, stavo... Ero sovrappensiero e...» si sposta di lato e il mio cane mi corre contro, quasi come impazzito. Si alza su due zampe e mi salta addosso, quasi come se volesse abbracciarmi.

«Ehi, piccolino.» dico mentre mi abbasso per abbracciarlo meglio. Posa le zampe sulle mie spalle e la testa sulla spalla sinistra; io lo stringo ancora più forte.

«Oh, gli sei mancata davvero tanto!» esclama mia madre, sorpresa e cercando di cambiare argomento.
Ora, confermo: mia madre non mi è mancata così tanto. Più che altro, perché mi sarei aspettata che mi abbracciasse lei, non il mio cane. Quindi da questo deduco che non ci saranno dei biscotti ad aspettarmi in cucina.

«Dov'è tuo fratello?» chiede lei, ancora sull'uscio della porta.

«Tra poco torna. Mi aiuti?» il mio tono è sempre più aggressivo. Non vorrei rispondere così, ma mi è impossibile. Sembra che la mia presenza l'abbia quasi disturbata.

«Sì, tesoro devo dirti una cosa...» esordisce. L'aria inizia a farsi tesa. Intanto entro in casa e trattengo quasi il respiro. Mia madre ha il suo solito abbigliamento da casalinga: pantaloni della tuta e una maglietta che sembra essere maschile. I capelli raccolti in una coda, ma gli occhi sempre sorridenti e sorriso perfetto. Quindi, se è vestita così, significa che non ha avuto niente d'importante da fare, o almeno non così tanto da dimenticarsi di venire a prendere i suoi figli.

«Sir Lancillotto ha distrutto le mie scarpe o cosa?» chiedo, fermandomi nel corridoio, davanti al salotto.

«Abbiamo compagnia.» mi informa, mettendo su un sorriso forzato.

«Ah, ora capisco. Hai compagnia. Parla per te, mamma.»

«Clelia, tesoro, è lei tua figlia?» dice un uomo, facendo la sua apparizione sgradevole davanti a noi. È vestito piuttosto in modo informale. Sembra quasi che sia venuto qui dopo aver fatto jogging.
Dal suo aspetto deduco che sia sulla cinquantina. I capelli neri e grigi, sguardo che emana allegria e forse ipocrisia. Dubito sia così felice di conoscermi.
Mi osserva con i suoi piccoli occhi azzurri quasi in modo scrutatore.
«Sì, lei è mia figlia, Hayra!» esclama mia madre, l'uomo allunga la mano verso di me e l'afferro, dicendo: «Felice di conoscere la ragione per cui mia madre si è dimenticata di avere una figlia.»

«Hayra!» mi riprende lei. Incurante, lascio la presa e faccio un passo indietro, quasi pronta a svignarmela.

«Hayra, lui è Dave. Fa lo psicologo e-» non la lascio finire perché esplodo in una risata nervosa. Sto ridendo per tante ragioni, tra cui la disperazione e la voglia di andarmene di casa.

«E quindi?» chiedo, tornando in me.

«Non comportarti in questo modo.» mi intima, poi si gira verso Dave. «Perdonala, te l'ho detto che ha bisogno di aiuto e di imparare a-»

«Fanculo!» grido, lasciando le mie borse dove sono e corro nella mia stanza, con il cane che mi segue. Sbatto la porta, chiudendola a chiave, poi mi siedo sul letto e mi prendo la testa tra le mani. Sir Lancillotto rimane seduto davanti a me e mi fissa.

«Non mi guardare così.» dico con un nodo alla gola. Il dolore mi sta quasi soffocando. Il mio migliore amico appoggia il muso sui miei piedi e poi sfrega la testa, facendomi sentire che lui c'è e non mi lascia.

«Non sono pazza. Non ho bisogno d'aiuto.» gli dico, come se potesse rispondermi. Sale sul letto e si distende, appoggiando la testa sulle mie cosce.

Mi alzo e metto il mio cellulare sottocarica. Lo accendo, le mani mi tremano e ho voglia di lanciare questo aggeggio contro il muro.
Lo lascio cadere sulla sedia e mi copro le orecchie con le mani, mentre inizio a cantare nella mia mente. Sempre la solita canzone, ma mai la mia preferita. La canzone che mi legge dentro la canto soltanto quando mi sento sempre ad un passo dal farla finita.

E già immagino i loro sussurri edonici sul divano, le conversazioni su di me. Forse ora gli starà dicendo che sono pazza, depressa, che ho bisogno d'aiuto, perché lei non sa cosa farsene di una figlia così.

Apro l'armadio e rovisto tra i vestiti alla ricerca delle medicine. Prendo la confezione tra le mani e mi siedo davanti alla scrivania, mettendo il telefono sopra di essa. Metto in fila circa venti pillole e le fisso.

"Decidi tu come e quando" aveva detto.

Sir Lancillotto scende dal letto e emette un guaito.

«Sei abituato anche tu, eh? Mi dispiace.» dico, asciugandomi le lacrime. Salta e appoggia le zampe sulle mie gambe, emettendo un altro guaito.

«Sono davvero stanca, ma tu lo sai già. La mia testa non ce la fa più.» i singhiozzi diventano più forti.

«Quello che non ti uccide, ti fa venire voglia di essere morto. » dico al mio cane «Amo questa canzone, perché mi ricorda la situazione di merda che vivo ogni giorno.» appoggio la testa sulla scrivania, mentre passo le dita sulle pillole.

Prendo la bottiglia d'acqua, ma prima che possa prendere la manciata di pillole, guardo la busta di carta sopra la scrivania, la quale contiene ciò che mi ha scritto Kayden. L'afferro, pronta a leggerla.

La spiego, impazientemente, quasi strappandola, e rimango sorpresa. Mentre l'urlo lotta nella mia gola di uscire, mentre le lacrime si riabbracciano impedendo l'una all'altra di cadere e mentre il mio cuore batte piano, come se non volesse far rumore per disturbare i miei pensieri, io leggo:

Morire
è un'arte, come qualunque altra cosa.
Io lo faccio in modo magistrale,

lo faccio che fa un effetto da impazzire
lo faccio che fa un effetto vero.
Potreste dire che ho la vocazione.

Forse non ho nemmeno tempo di bearmi delle parole di Sylvia Plath, perché il cellulare vibra sulla mia scrivania.

In una guerra contro me stessa, decido di leggere il messaggio.

Hunter: Mio fratello non fa altro che parlare di te. Dice che sei fantastica e riesci sempre a capirlo attraverso sguardi, colori e canzoni. Penso di essere un po' geloso, ma a quanto pare i fratelli Black ci tengono a te, Masy.

Chiudo gli occhi e trattengo le lacrime. Non sono fantastica come dicono. Se sapessero ciò che sto per fare, non lo penserebbero ancora.

Mi arriva un altro messaggio.

Hunter: E comunque io posso farti una cosa che Kayden non può. ;) Uno a zero per me?

Scoppio a ridere, facendo spaventare il mio cane.

E rispondo.

Io: Sei un maiale.

Hunter: Però hai sorriso. Domani vengo a casa tua. Preparati Masy, anche Kayden ha delle strane idee. ;) Te l'ho detto che non hai scampo.

Sorrido tristemente e chiudo la schermata del cellulare. Guardo le pillole davanti a me e ne prendo una.

«Non posso nemmeno uccidermi in santa pace, vero?» dico, guardando il mio cane. Sbuffo una piccola risata e rimetto le pillole a posto.
Se avessi saputo prima che i sorrisi sono come degli antidepressivi naturali, avrei preferito andare in overdose di risate. Ma sarebbe stato troppo bello e troppo semplice, no? Magari basterebbe guardare un film comico per sorridere un po'. Ma non è così che funziona, a quanto pare.

Se genero il caos più totale nella mia testa, non posso pretendere di vivere in ordine. Lui governa la mia mente, ma il dolore governa il mio corpo; ed ecco, io, sono la sua schiava più fedele.

Ho due ore di sonno addosso, mi sono svegliata alle cinque del mattino, sono in viaggio da ore e sto aggiornando mentre sono sul traghetto e probabilmente tra poco vomiterò😂 nonostante ciò, ce l'ho fatta ad aggiornare. Apprezzate l'impegno, perché sono veramente uno zombie vivente. Addio 😭

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